Codice di Procedura Penale art. 22 - Incompetenza dichiarata dal giudice per le indagini preliminari.Incompetenza dichiarata dal giudice per le indagini preliminari. 1. Nel corso delle indagini preliminari il giudice, se riconosce la propria incompetenza per qualsiasi causa, pronuncia ordinanza e dispone la restituzione degli atti al pubblico ministero (1). 2. L'ordinanza pronunciata a norma del comma 1 produce effetti limitatamente al provvedimento richiesto. 3. Dopo la chiusura delle indagini preliminari [405], il giudice [328], se riconosce la propria incompetenza per qualsiasi causa, la dichiara con sentenza e ordina la trasmissione degli atti al pubblico ministero presso il giudice competente. (1) Per il potere del giudice dell'udienza preliminare di pronunciare sentenza ex art. 22 c.p.p., v. Corte cost. 23 luglio 1991, n. 372. InquadramentoLa norma disciplina il modo con cui deve essere verificata la competenza del giudice adito nel corso delle indagini preliminari e fino all'udienza preliminare compresa, indicando gli atti che possono essere adottati e le relative conseguenze. L'incompetenza dichiarata nel corso delle indagini preliminariNel corso delle indagini preliminari, sulle richieste del pubblico ministero, della persona offesa e della persona sottoposta alle indagini provvede il giudice per le indagini preliminari del tribunale astrattamente competente, per materia e per territorio, a conoscere del reato iscritto nel registro di cui all'art. 335. Prima della conclusione delle indagini l'ipotesi di lavoro che ne costituisce l'oggetto è materia fluida, non ancora fissata nell'atto tipico che la definisce con il quale il pubblico ministero esercita l'azione penale in una delle forme indicate dall'art. 405. La natura dinamica dell'attività di indagine, inevitabilmente soggetta ai continui mutamenti che ogni acquisizione investigativa comporta, spiega la ragione per cui il giudice per le indagini preliminari, quando richiesto del compimento di un atto del suo ufficio, possa (e debba, quando ne sussistono i presupposti) declinare la propria competenza (compresa la giurisdizione) con ordinanza non impugnabile (Cass. S.U., n. 42030/2014) che, adottata rebus sic stantibus, produce effetti limitatamente al provvedimento richiesto (una richiesta cautelare, di intercettazione di conversazioni, di proroga delle indagini, di incidente probatorio, solo per fare degli esempi), senza alcun pregiudizio per l'ulteriore prosecuzione delle indagini da parte dello stesso pubblico ministero né di una diversa valutazione da parte del giudice ove venga successivamente richiesto il suo intervento (così la Relazione definitiva al codice di procedura penale). Tuttavia, in caso di richiesta di misura cautelare, personale e reale, se ne ricorre l'urgenza, il giudice che si dichiari contestualmente incompetente può adottare, in via provvisoria, il provvedimento richiesto che, proprio perché legittimato dall'urgenza, conserva una efficacia temporale limitata, destinata ad essere consolidata o rimossa dal giudice competente nei termini indicati dall'art. 27 (al cui commento si rinvia). Se però il giudice, richiesto dell'applicazione di una misura cautelare, si dichiari incompetente a provvedere, non perché ritenga puramente e semplicemente la competenza di altro giudice, ma a seguito di una valutazione di merito attinente all'esistenza di gravi indizi di colpevolezza in ordine al reato per il quale la misura è stata richiesta, il relativo provvedimento è di sostanziale rigetto ed è appellabile innanzi al tribunale (Cass. V, n. 2453/2000; si veda, altresì, in motivazione, Cass. S.U., n. 42030/2014, cit., che ha precisato che l'ordinanza non è impugnabile solo nel caso in cui il giudice si limiti puramente e semplicemente a declinare la propria competenza, non se la relativa decisione costituisce frutto di una diversa ricostruzione o valutazione dei fatti, o ritenga insussistente i presupposti di fatto del proprio agire). L'incompetenza dichiarata dopo la chiusura delle indagini preliminariQuando il pubblico ministero si determini, a conclusione delle indagini preliminari, a esercitare l'azione penale, la decisione del giudice che, anche a seguito di diversa definizione giuridica del fatto (Corte cost. n. 347/1991) si ritenga incompetente deve essere sempre adottata con sentenza con cui deve necessariamente indicare il giudice competente a procedere e deve disporre la trasmissione degli atti al pubblico ministero presso quest'ultimo. Come spiegato dalla Corte costituzionale, “non vi è dubbio che l'art. 22, terzo comma, attribuendo al giudice il potere di dichiarare con sentenza la propria incompetenza per qualsiasi causa «dopo la chiusura delle indagini preliminari», sia pienamente applicabile — ed anzi si riferisca essenzialmente — proprio alla fase dell'udienza preliminare, come risulta anche espressamente dalla relazione al progetto preliminare, nella quale si sottolinea la ratio di favorire la soluzione delle questioni di competenza fin da tale udienza» (Corte cost. n. 372/1991). Benché la norma faccia indistinto riferimento alla “chiusura delle indagini preliminari” e dunque a qualsiasi atto tipico del pubblico ministero che sancisca in modo definitivo le sue determinazioni in ordine all'esercizio dell'azione penale, ovvero all'inazione, mediante richiesta di archiviazione, si ritiene che l'adozione della sentenza sia preclusa quando il giudice sia investito della richiesta di archiviazione, non essendo concepibile una sentenza in assenza di domanda di pretesa punitiva. Secondo Cass. I, n. 1981/1998, sarebbe abnorme il provvedimento adottato in forma di sentenza dal giudice per le indagini preliminari con il quale detto giudice, a fronte di richiesta di archiviazione avanzata dal pubblico ministero, dichiari, ai sensi dell'art. 22, comma 3, la propria incompetenza e disponga la trasmissione degli atti all'ufficio del pubblico ministero presso il giudice ritenuto competente. L'eventuale situazione di stallo che potrebbe determinarsi qualora, dichiarata invece ritualmente l'incompetenza con ordinanza, ai sensi del comma 1 del citato art. 22, e disposta la restituzione degli atti allo stesso pubblico ministero richiedente, questi, dissentendo da detta ordinanza, rinnovasse la richiesta di archiviazione, potrebbe essere superata, secondo la sentenza citata, mediante ricorso, da parte del giudice per le indagini preliminari, al meccanismo dell'imputazione coatta previsto dall'art. 409, comma 5. Questo, infatti, dando luogo ad una forma di esercizio dell'azione penale, ben potrebbe consentire una successiva dichiarazione di incompetenza in forma di sentenza, quale prevista dall'art. 22, comma 3. Percorso decisamente tortuoso e non convincente che non considera, all'opposto, che non necessariamente all'esercizio dell'azione penale corrisponde una sentenza che ne sancisca l'infondatezza o l'improcedibilità (cfr., per esempio, i casi disciplinati degli artt. 459, comma 3, e 455, comma 1, in tema, rispettivamente, di restituzione degli atti a seguito di richiesta di decreto penale di condanna o di richiesta di giudizio immediato). Dato processuale, quest'ultimo, dal quale è stata tratta l'ulteriore conseguenza che, in realtà, la fase disciplinata dall'art. 22, comma 3, riguarda esclusivamente quella introdotta con la richiesta di rinvio a giudizio o il decreto di citazione diretta a giudizio, con esclusione, quindi dell'udienza fissata dal giudice ai sensi dell'art. 447, a seguito di richiesta congiunta di applicazione della pena in fase di indagini preliminari, che dovrebbe, pertanto, limitarsi ad emettere ordinanza di restituzione degli atti al pubblico ministero. La sentenza con cui il giudice declina la giurisdizione del giudice ordinario o la propria competenza non è impugnabile, né ricorribile per cassazione, ma può solo provocare il conflitto di negativo di competenza di cui all'art. 28, al cui commento si rinvia (art. 568, comma 2; Cass. S.U., n. 42030/2014, cit.). CasisticaLa trasmissione degli atti ad altro ufficio del Pubblico Ministero, conseguente ad una decisione del giudice dichiarativa d'incompetenza territoriale, non impone la rinnovazione della notifica all'imputato dell'avviso di conclusione delle indagini preliminari, se già ritualmente effettuata dal P.M. (Cass. III, n. 20765/2010). È inammissibile, in base al principio di tipicità dei mezzi di impugnazione, il ricorso per cassazione proposto dal pubblico ministero contro l'ordinanza di incompetenza emessa dal giudice per le indagini preliminari nel corso delle indagini preliminari (Fattispecie in cui il giudice per le indagini preliminari si era dichiarato incompetente ai sensi dell'art. 27 ed aveva emesso il provvedimento di sequestro preventivo, in relazione al quale la Corte ha anche rilevato carenza di interesse in concreto a ricorrere da parte del pubblico ministero (Cass. V, n. 54016/2018). Il giudice per le indagini preliminari è giudice del singolo atto e non anche giudice del processo e, pertanto, è legittimato ad esprimere valutazioni sulla propria competenza soltanto limitatamente al provvedimento richiestogli. Ne consegue che, una volta che abbia provveduto (nella specie emettendo ordinanza di custodia cautelare in carcere), senza avere rilevato l'incompetenza, la sua potestà decisoria è esaurita, sicché non gli è consentito sollevare questioni di competenza con separata ordinanza (Cass. I, n. 31060/2018). Non costituisce provvedimento abnorme, e non è quindi ricorribile per cassazione, il provvedimento con il quale il giudice per le indagini preliminari, richiesto dal P.M. di emettere provvedimento di archiviazione, abbia invece dichiarato la propria incompetenza per territorio, dal momento che un tale provvedimento è inquadrabile nello schema processuale di cui all'art. 22 nel quale trova disciplina la incompetenza dichiarata dal giudice per le indagini preliminari (Cass. III, n. 1700/1998). È abnorme il provvedimento emesso in forma di sentenza con il quale il giudice per le indagini preliminari, a fronte di richiesta di archiviazione per un certo fatto addebitato ad un determinato soggetto, ritenuta la configurabilità di altra ipotesi di reato a carico di altro soggetto, per cui sarebbe competente a procedere un diverso giudice, dichiari, ai sensi dell'art.22, comma 3, la propria incompetenza e disponga la diretta trasmissione degli atti al pubblico ministero presso quel giudice (Cass. I, n. 2108/1998). Il principio secondo il quale l'ordinanza ammissiva di incidente probatorio non ha carattere decisorio ma strumentale e non è pertanto soggetta ad alcuna forma di gravame, si estende anche alla pronuncia con la quale il giudice dichiari, a seguito di eccezione di incompetenza territoriale, la propria competenza in ordine all'assunzione della prova, provvedimento che, non essendo suscettibile di causare alcuna lesione, non è ricorribile per cassazione, ben potendo la questione della competenza territoriale essere proposta nell'udienza preliminare oppure nel dibattimento, dopo la chiusura delle indagini preliminari, e decisa con effetto sull'intera fase (Cass. VI, n. 1938/1998). BibliografiaCampilongo, Sub art. 22, in Codice di procedura penale, a cura di Canzio e Tranchina, Milano, 2012, t. I, 303 ss. |