Codice di Procedura Penale art. 33 - Capacità del giudice (1).Capacità del giudice (1). 1. Le condizioni di capacità del giudice e il numero dei giudici necessario per costituire i collegi [178] sono stabiliti dalle leggi di ordinamento giudiziario. 2. Non si considerano attinenti alla capacità del giudice le disposizioni sulla destinazione del giudice agli uffici giudiziari e alle sezioni, sulla formazione dei collegi e sulla assegnazione dei processi a sezioni, collegi e giudici [ 7-bis e 7-ter ord. giud.]. 3. Non si considerano altresì attinenti alla capacità del giudice né al numero dei giudici necessario per costituire l'organo giudicante le disposizioni sull'attribuzione degli affari penali al tribunale collegiale o monocratico [33-bis, 33-ter]. (1) Articolo così sostituito, unitamente all'intero contenuto del Capo, originariamente costituito dal solo art. 33, dall'art. 169 d.lg. 19 febbraio 1998, n. 51, con la decorrenza indicata dall'art. 247, comma 1, del citato decreto, come modificato dalla l. 16 giugno 1998, n. 188. InquadramentoLa funzione giurisdizionale è esercitata (esclusivamente) dai magistrati istituiti e regolati dalle norme sull'ordinamento giudiziario (art. 102, Cost.) ed è attuata mediante il giusto processo regolato dalla legge (art. 111, comma 1, Cost.). Non si dà giurisdizione (né processo) senza giudice ed il giudice privo di munus non è tale. La norma in commento ne disciplina le conseguenze ma indica anche i limiti entro il quali il giudice può essere considerato “incapace”. La capacità del giudice. La capacità generica (o di esercizio)La “capacità” esprime, nel linguaggio giuridico, l'attitudine (statica) della persona ad essere titolare di situazioni giuridiche soggettive attive e passive, ma anche quella (dinamica) di costituirle, modificarle, estinguerle. Lo “stato (status)” costituisce il presupposto (per taluni l'insieme) dei poteri e dei doveri che fanno capo ad una persona e che la contraddistinguono nella collettività di appartenenza. Il concetto di “capacità” del giudice esprime, in questo senso, non solo l'attitudine alla titolarità del rapporto giuridico processuale, quanto (e forse più propriamente) lo status vero e proprio di giudice, l'insieme, cioè, di quelle condizioni che ne contraddistinguono normativamente la figura e costituiscono il presuppongono della attitudine allo svolgimento della relativa attività. La dottrina distingue tra “capacità generica” (che si acquista con la nomina e la ammissione in ruolo) e “capacità specifica” (che riguarda l'attitudine del giudice allo svolgimento di uno specifico processo). Si distingue anche tra “capacità di acquisto” (che indica il possesso dei requisiti richiesti per la nomina di giudice) e “capacità di esercizio” della funzione giurisdizionale (che riguarda, per esempio, il decreto ministeriale di nomina del magistrato). Le condizioni di capacità di cui parla la norma in commento sono quelle che comportano la “capacità generica” (o se si vuole la “capacità di esercizio”) del giudice, la sua idoneità a rendere il giudizio, «la riferibilità del giudizio ad organi titolari, secondo il disegno dell'ordinamento giudiziario, della funzione giurisdizionale, quindi anche nella composizione prevista per la loro formazione collegiale» (Corte cost. n. 419/1998). La capacità del giudice di cui all'art. 33, comma 1, riguarda la titolarità della funzione, non il suo esercizio (Corte cost. n. 419, cit.). Il giudice “capace” è (solo) quello che costituisce o comunque appartiene all'ordine giudiziario (art. 104 Cost.), perché nominato per concorso o anche elettivamente (art. 106 Cost.). Attualmente il d.lgs. n. 160/2006 disciplina l'accesso in magistratura dei magistrati ordinari. L'art. 8, comma 1, in particolare prevede che «i concorrenti dichiarati idonei all'esito del concorso per esami (...) sono nominati, con decreto ministeriale, magistrato ordinario, nei limiti dei posti messi a concorso». I magistrati onorari (giudici di pace, giudici onorari di tribunale, vice procuratori onorari, giudici onorari del tribunale per i minorenni, esperti della sezione specializzata agraria, esperti del tribunale di sorveglianza, giudici popolari) sono invece nominati in base a procedure selettive diverse definite comunque da un provvedimento amministrativo che attribuisce loro la “capacità generica” (o “di esercizio”) di giudice. Per meriti insigni possono essere chiamati all'ufficio di consiglieri di cassazione professori ordinari di università e avvocati che abbiano 15 anni di esercizio, iscritti negli albi speciali per le giurisdizioni superiori (art. 106, comma 2, Cost.). La nomina è conferita con decreto del Presidente della Repubblica, su designazione del Consiglio superiore della magistratura (art. 1, comma 2, l. n. 303/1998). Segue. La capacità specifica. Le tabelle. La destinazione del giudice all'ufficio giudiziario di appartenenza e/o alla relative sezioni (ove esistenti), la formazione del collegio (non il numero dei componenti), l'assegnazione del processo alla sezione, a quel collegio o a quel giudice monocratico, attengono alla “capacità specifica” del giudice (collegiale o monocratico) alla trattazione di quello specifico processo, regolata dalle norme dell'ordinamento giudiziario in base alle cd. tabelle degli uffici giudicanti. A norma dell'art. 7 (“Tabelle degli uffici giudicanti”), comma 1, r.d. n. 12/1941 (Ord. giud.), la ripartizione degli uffici giudiziari di cui all'articolo 1 in sezioni, la destinazione dei singoli magistrati alle sezioni e alle corti di assise, l'assegnazione alle sezioni dei presidenti, la designazione dei magistrati che hanno la direzione di sezioni a norma dell'articolo 47-bis, secondo comma, l'attribuzione degli incarichi di cui agli articoli 47-ter, comma 3, 47-quater, comma 2, e 50-bis, il conferimento delle specifiche attribuzioni processuali individuate dalla legge e la formazione dei collegi giudicanti sono stabiliti ogni triennio con decreto del Ministro di grazia e giustizia in conformità delle deliberazioni del Consiglio superiore della magistratura assunte sulle proposte dei presidenti delle corti di appello, sentiti i consigli giudiziari. Decorso il triennio, l'efficacia del decreto è prorogata fino a che non sopravvenga un altro decreto. La violazione dei criteri per l'assegnazione degli affari, salvo il possibile rilievo disciplinare, non determina in nessun caso la nullità dei provvedimenti adottati. Il successivo art. 7-bis, stabilisce che l'assegnazione degli affari alle singole sezioni ed ai singoli collegi e giudici è effettuata, rispettivamente, dal dirigente dell'ufficio e dal presidente della sezione o dal magistrato che la dirige, secondo criteri obiettivi e predeterminati, indicati in via generale dal Consiglio superiore della magistratura ed approvati contestualmente alle tabelle degli uffici e con la medesima procedura. Nel determinare i criteri per l'assegnazione degli affari penali al giudice per le indagini preliminari, il Consiglio superiore della magistratura stabilisce la concentrazione, ove possibile, in capo allo stesso giudice dei provvedimenti relativi al medesimo procedimento e la designazione di un giudice diverso per lo svolgimento delle funzioni di giudice dell'udienza preliminare. Qualora il dirigente dell'ufficio o il presidente della sezione revochino la precedente assegnazione ad una sezione o ad un collegio o ad un giudice, copia del relativo provvedimento motivato viene comunicata al presidente della sezione e al magistrato interessato. Il Consiglio superiore della magistratura stabilisce altresì i criteri per la sostituzione del giudice astenuto, ricusato o impedito. Il giudice “incapace”L'osservanza delle norme che riguardano la “capacità generica” (o “di esercizio”) del giudice e il numero dei giudici necessario per costituire i collegi è prescritta a pena di nullità assoluta, insanabile e rilevabile d'ufficio in ogni stato e grado del procedimento (artt. 178, lett. a, 179, comma 1). L'inosservanza delle norme che riguardano la “capacità specifica” del giudice alla trattazione di quel procedimento non produce nullità. Come spiegato dal Giudice delle leggi, «il principio costituzionale di precostituzione del giudice non implica che i criteri di assegnazione dei singoli procedimenti nell'ambito dell'ufficio giudiziario competente, pur dovendo essere obiettivi, predeterminati o comunque verificabili, siano necessariamente configurati come elementi costitutivi della generale capacità del giudice, alla cui carenza il legislatore ha collegato la nullità degli atti. Questo non significa che la violazione dei criteri di assegnazione degli affari sia priva di rilievo e che non vi siano, o che non debbano essere prefigurati, appropriati rimedi dei quali le parti possano avvalersi» (Corte cost. n. 419/1998, cit.). La giurisprudenza di legittimità ha precisato che anche l'assegnazione dei processi in violazione delle tabelle di organizzazione dell'ufficio può incidere sulla costituzione e sulle condizioni di capacità (“generica”) del giudice, determinando la nullità di cui all'art. 33, comma 1. Ciò avviene, in particolare, quando si determini uno stravolgimento dei principi e dei canoni essenziali dell'ordinamento giudiziario, per la violazione di norme quali quelle riguardanti la titolarità del potere di assegnazione degli affari in capo ai dirigenti degli uffici e l'obbligo di motivazione dei provvedimenti (Cass. IV, n. 35585/2017), o quando, per esempio, le irregolarità in tema di formazione dei collegi sono volte ad eludere o violare il principio del giudice naturale precostituito per legge, attraverso assegnazioni extra ordinem perché del tutto al di fuori di ogni criterio tabellare (Cass. VI, n. 39239/2013; Cass. I, n. 16214/2006). Ciò, come detto, sul rilievo che nell'ambito delle condizioni di capacità del giudice rientra l'imparzialità degli organi giudiziari, a sua volta strettamente collegata al principio di precostituzione del giudice naturale (art. 25 Cost.) nel quadro della garanzie costituzionali espressamente previste per assicurare al cittadino un giusto processo, per cui la generale operatività dell'art. 33, comma 2, trova un limite esclusivamente in quelle situazioni extra ordinem, caratterizzate dall'arbitrio nella designazione del giudice e realizzate al di fuori di ogni previsione tabellare, proprio per costituire un giudice ad hoc, situazioni dinanzi alle quali non può più affermarsi che la decisione della regiudicanda è stata emessa da un giudice precostituito per legge (Cass. I, n. 13445/2005; Cass. I, n. 27055/2003). Un'ipotesi particolare è quella del giudice al quale siano stati direttamente trasmessi gli atti da quello originariamente designato per la trattazione, che si sia spogliato in via unilaterale dell'affare assegnatogli una volta rilevata la sua incompatibilità ex art.34. Secondo la giurisprudenza ormai prevalente non sono affetti da alcuna causa di nullità gli atti compiuti dal giudice investito della trattazione del procedimento a seguito della trasmissione diretta da altro giudice che, rilevata una propria causa di incompatibilità, si sia unilateralmente spogliato dell'affare assegnatogli, senza l'osservanza delle disposizioni riguardanti la procedura di sostituzione prevista dall'art. 36 (così, da ultimo, Cass. III, n. 46475/2017; in senso contrario, cfr. Cass. I, n. 45378/2004, secondo cui il dubbio di incompatibilità comporta l'obbligo del giudice designato di astenersi e di attivare la procedura di cui all'art. 36, la cui osservanza non attiene soltanto all'assetto ordinatorio ed organizzativo dell'ufficio giudiziario, ma è anche funzionale alla garanzia costituzionale della precostituzione per legge e della terzietà ed imparzialità del giudice; in senso analogo, Cass. I, n. 11791/1997 ha affermato che quando nell'ambito dello stesso ufficio giudiziario, un giudice si sostituisce arbitrariamente a quello designato per legge ad assumere un determinato provvedimento, si verifica una situazione sostanzialmente analoga a quella dell'incompetenza per materia, così che l'atto emesso dal giudice che non era funzionalmente competente è affetto da nullità insanabile ed assoluta, rilevabile d'ufficio in ogni stato e grado del processo). Il giudice “incompatibile”. RinvioLe norme sulla incompatibilità non attengono alla capacità “generica” del giudice e la loro violazione non determina la nullità del provvedimento ex artt. 178 e 179, ma costituisce soltanto motivo di possibile astensione ovvero di ricusazione dello stesso giudice, che deve essere fatto valere tempestivamente con la procedura di cui all'art. 37 (Cass. II, n. 12896/2015; Cass. I, n. 10075/2015; Cass. I, n. 24919/2014). Si rinvia, al riguardo, al commento degli artt. 34 e ss. CasisticaIn tema di capacità del giudice, la trattazione in dibattimento, da parte del giudice onorario, di un procedimento penale diverso da quelli relativi ai reati previsti dall'art. 550, non è causa di nullità, in quanto la disposizione ordinamentale di cui all'art. 43-bis, comma 3, lett. b), r.d. n. 12/1941 (ordinamento giudiziario) introduce un mero criterio organizzativo dell'assegnazione del lavoro tra i giudici ordinari e quelli onorari (Cass. III, n. 1735/2015; si veda, nello stesso senso, Cass. IV, n. 41988/2006). L'integrazione del collegio del Tribunale da parte di un giudice onorario non viola l'art. 43-bis r.d. 30 gennaio 1941, n. 12, che si riferisce all'esercizio delle funzioni del tribunale in composizione monocratica, né è causa di nullità processuale, atteso che detta previsione normativa introduce un mero criterio organizzativo di ripartizione dei procedimenti tra i giudici ordinari e quelli onorari (Cass. II, n. 26834/2018). Non integra alcuna nullità la trattazione e decisione di un procedimento da parte del giudice onorario, al quale sia stato assegnato un ruolo d'udienza in mancanza della dimostrazione dell'impedimento o della indisponibilità di un giudice togato (Cass. VI, n. 46398/2017). Non dà luogo ad alcuna nullità la celebrazione del giudizio di rinvio davanti ad un collegio, in diversa composizione, della medesima sezione della corte d'appello che aveva emesso la decisione annullata (Cass. VI, n. 27738/2013). Non è nulla la richiesta di sequestro preventivo avanzata da parte di un pubblico ministero diverso dal titolare delle indagini, dovendo ritenersi estranea alla materia della capacità del magistrato dell'accusa la violazione delle regole di individuazione del rappresentante della procura della Repubblica nel procedimento penale (Cass. II, n. 19925/2013). La violazione di disposizioni relative alla concreta individuazione del rappresentante della pubblica accusa nel procedimento non integra la nullità prevista dall'art. 178, lett. b), una volta che colui che è chiamato a svolgere tali funzioni sia comunque soggetto investito delle relative attribuzioni e che sia garantita la partecipazione del suddetto organo al procedimento medesimo (fattispecie relativa all'esercizio delle funzioni di pubblico ministero nel giudizio d'appello da parte di un sostituto Procuratore della Repubblica presso il Tribunale designato senza l'osservanza delle disposizioni dettate in materia di applicazione e in assenza dei presupposti per procedere ai sensi dell'art. 570, comma 3) (Cass. V, n. 754/2013). La partecipazione al processo per lo svolgimento delle funzioni del Pubblico Ministero di vice-procuratori onorari al di fuori dei casi previsti dall'art. 72 r.d. n. 12/1941 (ord. giud.) costituisce mera irregolarità, non sanzionata da alcuna nullità (Cass. IV, n. 22555/2017). In tema di capacità del giudice, in caso di assenza o mancanza del giudice professionale, i giudici onorari, in base all'art. 43-bis r.d. n. 12/1941 (ord. giud.), possono trattare tutti i processi di cui all'art. 550, senza alcuna distinzione tra fase di cognizione e fase di esecuzione (Cass. III, n. 55119/2016). Le modalità di ripartizione degli affari per la trattazione dei procedimenti di ricusazione in materia penale all'interno degli uffici giudiziari non possono dar luogo a rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia previsto dall'art. 234 TCE, poiché la materia riguarda l'ordinamento giudiziario, che è una disciplina non riferibile al diritto dell'Unione europea (Cass. III, n. 40584/2012). È manifestamente infondata, in riferimento agli artt. 2, 3, 25, 101, 111 e 117 Cost., la questione di legittimità costituzionale degli artt. 33, comma 2, nonché 7-bis e 7-ter r.d. n. 12/1941 (disciplina di ordinamento giudiziario) nella parte in cui, in caso di incompatibilità di tutti i magistrati dell'ufficio G.i.p.- G.u.p. del tribunale, consentono al Presidente del tribunale medesimo di designare alla celebrazione dell'udienza preliminare un magistrato in servizio presso sede distaccata, utilizzando in via analogica i criteri per la composizione dei collegi giudicanti (Cass. I, n. 31695/2010). Non è causa di nullità della decisione la partecipazione al collegio del tribunale di sorveglianza di magistrato diverso da quello - pur regolarmente in servizio e non impedito - sotto la cui giurisdizione sia posto il condannato, non potendo tale irregolarità ricondursi a una violazione delle regole relative alle condizioni di capacità del giudice (Cass. I, n. 20291/2008). Non integra alcuna violazione processualmente rilevante - ostandovi l'espresso disposto di cui all'art. 33, comma 2 - la circostanza che, nell'ambito di un'unica operazione di intercettazione, si avvicendino diversi magistrati dell'ufficio del G.i.p. nell'emanazione dei decreti di autorizzazione e di proroga, senza l'osservanza dei criteri fissati in sede tabellare (Cass. VI, n. 47109/2007). La previsione di cui all'art. 12 lett. a), l. n. 287/1951 — che prevede l'incompatibilità, con l'ufficio di giudice popolare, dei funzionari in servizio appartenenti o addetti all'ordine giudiziario — non concerne la capacità del giudice, sicché la sua inosservanza non comporta alcuna nullità ma costituisce motivo di ricusazione, che, tuttavia, non può essere dedotto «a posteriori» con riguardo a rapporti processuali esauriti (Cass. V, n. 39474/2006). Alla composizione delle Corti di assise si applica, dopo l'eliminazione dell'autonomia rispetto all'ufficio di appartenenza avvenuta col d.P.R. n. 449/1988, la disposizione prevista dall'art. 33, secondo la quale la destinazione del giudice all'ufficio giudiziario e alle sezioni non è attinente alla sua capacità, sicché è legittima la destinazione in supplenza di un magistrato in servizio in altro circondario disposta dal presidente della Corte d'appello ai sensi della l. n. 58/1989, sussistendo una situazione di incompatibilità degli altri magistrati appartenenti all'ufficio (Cass. I, n. 14483/2006). Un provvedimento di custodia cautelare in carcere emesso da più giudici per le indagini preliminari appartenenti allo stesso ufficio e, quindi, tutti egualmente competenti, costituisce non un atto collegiale ma un atto congiunto, processualmente irregolare ma non nullo, stante il principio della tassatività delle nullità (art. 177). In particolare non è ravvisabile nullità ai sensi dell'art. 178, comma 1, lett. a), giacché il provvedimento stesso conclama che identica è la volontà dei giudici, sicché il fatto che non possano venire in considerazione le regole per la formazione della volontà nei collegi dimostra che i giudici non sono costituiti in collegio e che l'atto è attribuibile a ciascuno di essi singolarmente considerato (fattispecie in cui tre giudici per le indagini preliminari, in seguito al fermo, disposto dal pubblico ministero, di vari indagati, avevano proceduto ciascuno per proprio conto all'interrogatorio ed alla convalida del fermo di una parte degli indagati, emettendo, poi, nei confronti di costoro, in luogo di tre distinti provvedimenti, un'unica ordinanza di custodia in carcere) (Cass. S.U., n. 1/1993). BibliografiaBeltrani, Quei «distinguo» sul giudice naturale: le tabelle non contano come le garanzie. La violazione di norme amministrative non genera nullità di atti, in Dir. e giust. 2005, fasc. 37; Ciarniello, Sub art. 33, in Codice di procedura penale, a cura di Canzio e Tranchina, Milano, 2012, I, 375 e ss.; La Rocca, Il caso delle «applicazioni» in soprannumero, in Giur. it. 2007, 2034; Mari, L'applicazione di magistrati può compromettere il processo. La violazione dei criteri tabellari quale causa di nullità, in Dir. e giust. 2003, 12; Santoriello, Ancora in tema di inosservanza dei criteri ordinamentali nell'assegnazione degli affari penali, in Giur. it. 2005, 1907; Tonini, Manuale di procedura penale, Milano, 2012, 38 e ss. |