Codice di Procedura Penale art. 33 sexies - Inosservanza dichiarata nell'udienza preliminare 1 .Inosservanza dichiarata nell'udienza preliminare1. 1. Se nell'udienza preliminare il giudice ritiene che per il reato deve procedersi con citazione diretta a giudizio pronuncia, nei casi previsti dall'articolo 550, ordinanza di trasmissione degli atti al pubblico ministero per l'emissione del decreto di citazione a giudizio a norma dell'articolo 552. 2. Si applicano le disposizioni previste dagli articoli 424, commi 2 e 3, 553 e 554.
[1] V. nota alla rubrica del capo VI-bis. Il testo precedente recitava: «1. Se nell'udienza preliminare il giudice ritiene che il reato appartiene alla cognizione del tribunale in composizione monocratica, pronuncia ordinanza e contestuale decreto di citazione a giudizio a norma dell'articolo 555, disponendo la trasmissione degli atti al pubblico ministero. 2. Si applicano le disposizioni previste dagli articoli 424 commi 2 e 3, 557, 558 e 559». InquadramentoLa norma in commento disciplina le ricadute sul corretto esercizio dell'azione penale dell'inosservanza delle disposizioni sulla composizione del giudice dichiarata nell'udienza preliminare. Le conseguenze dell'esercizio dell'azione penale con forme diverse da quelle consentiteSe il pubblico ministero esercita l'azione penale con richiesta di rinvio a giudizio per uno dei reati previsti dall'art. 550, o comunque per un reato per il quale è prevista la citazione diretta a giudizio di cui all'art. 552, il giudice per l'udienza preliminare, d'ufficio o su eccezione di parte, pronuncia ordinanza, necessariamente motivata (art. 125, comma 3), con cui dispone la trasmissione degli atti al pubblico ministero perché citi direttamente a giudizio l'imputato. È altresì possibile che nel corso dell'udienza preliminare il fatto risulti diverso da come descritto nell'originaria imputazione e che il pubblico ministero contesti pertanto all'imputato un reato per il quale è prevista la citazione diretta a giudizio (art. 423). Anche in questo caso il giudice (d'ufficio o su sollecitazione di parte) deve disporre la restituzione degli atti al pubblico ministero perché proceda nei modi previsti dall'art. 552. Nel caso in cui il giudice trasmette gli atti al pubblico ministero si applicano le disposizioni di cui agli artt. 424, commi 2 e 3, e 553 e 554, al cui commento si rinvia. La latitudine applicativa della normaSi discute se l'art. 33-sexies riguarda il fatto-reato così come contestato dal pubblico ministero o quello, eventualmente diverso, ritenuto dal giudice all'esito dell'esame nel merito della richiesta di rinvio a giudizio e degli atti sui quali si fonda. Se, per fare un esempio, il pubblico ministero richiede il rinvio a giudizio dell'imputato per il reato di furto aggravato a norma dell'art. 625 c.p., non v'è dubbio che il giudice dell'udienza preliminare possa restituirgli gli atti perché proceda ai sensi dell'art. 552. Se, invece, il pubblico ministero esercita l'azione penale chiedendo il rinvio a giudizio dell'imputato per il reato di rapina di cui all'art. 628 c.p., ci si chiede se il giudice possa, anche all'esito di una valutazione di merito e in assenza di una modifica dell'imputazione effettuata ai sensi dell'art. 423, riqualificare il fatto come furto e restituire gli atti al pubblico ministero perché proceda con citazione diretta. Secondo la giurisprudenza più recente, è inibita al giudice la restituzione degli atti al pubblico ministero ai sensi dell'art. 33- sexies mediante un provvedimento irritualmente adottato a seguito della modificazione della regiudicanda prospettata nella richiesta di rinvio a giudizio e non suscettibile di impugnazione. Ciò perché tale provvedimento si colloca al di fuori della sequenza procedimentale disposta dagli artt. 425 e 429 e perché il rifiuto di celebrazione dell'udienza opposto dal giudice confliggerebbe con la previsione dell'art. 521-bis, produttiva, potenzialmente, di una situazione di stallo. Sicché, l'art. 33-sexies dovrebbe essere interpretato nel senso che il suo ambito di operatività è riservato alle sole ipotesi in cui il giudice, preso atto della qualificazione giuridica del fatto data dal pubblico ministero, rilevi che per il reato contestato l'azione penale avrebbe dovuto essere esercitata attraverso il decreto di citazione diretta a giudizio (Cass. III, 18297/2020); ; nello stesso senso, altresì, Cass. III, n. 51424/2014, secondo cui sia la norma in commento che l'art. 550, comma 3, richiedono una verifica formale e meramente cartolare). Secondo altro indirizzo, invece, il giudice dell'udienza preliminare può autonomamente riqualificare il fatto oggetto di imputazione, anche in disaccordo con la qualificazione operata dal pubblico ministero con la richiesta di rinvio a giudizio, e restituirgli gli atti se ritenga che per esso debba procedersi con citazione diretta a giudizio; ed il relativo provvedimento non sarebbe impugnabile per abnormità nemmeno se erroneo o irritualmente adottato, ciò perché l'art. 33-sexies ha introdotto un ulteriore epilogo dell'udienza preliminare che si aggiunge ai provvedimenti tipici (sentenza di proscioglimento o decreto che dispone il giudizio) che definiscono la relativa fase processuale (Cass. VI, n. 6945/2019; Cass. VI, n. 41037/2009). Il contrasto è stato risolto dalla S.C. secondo cui “ E' abnorme, e quindi ricorribile per cassazione, l'ordinanza del giudice dell'udienza preliminare che, investito di richiesta di rinvio a giudizio, disponga, ai sensi dell'art. 33-sexies c.p.p., la restituzione degli atti al pubblico ministero sull'erroneo presupposto che debba procedersi con citazione diretta a giudizio , trattandosi di atto che impone al pubblico ministero di compiere una attività processuale contra legem ed in violazione dei diritti difensivi, successivamente eccepibile, ed è idoneo, pertanto, a determinare una indebita regressione, nonché la stasi del procedimento (Cass. S.U., n. 37502/2022). CasisticaÈ abnorme in quanto determina una indebita regressione del processo, il provvedimento del giudice del dibattimento che dichiari la nullità del decreto di citazione a giudizio con restituzione degli atti al pubblico ministero, ritenendo desumibile "in fatto" la contestazione di un ulteriore reato per il quale è necessaria la celebrazione dell'udienza preliminare (Cass. III, n. 55516/2017). In tema di estinzione della custodia cautelare per il decorso dei termini di durata massima, i termini stabiliti dall'art. 303, comma primo, lett. a), per la fase che inizia con l'esecuzione della misura cautelare e si conclude con il provvedimento che dispone il giudizio, non decorrono nuovamente qualora, nel corso dell'udienza preliminare, il giudice - ritenendo che per il reato contestato debba procedersi con citazione diretta a giudizio - pronunci ordinanza di trasmissione degli atti al pubblico ministero, ai sensi dell'art. 33-sexies, per l'emissione del decreto di citazione (Cass. II, n. 43666/2016). In caso di riqualificazione giuridica del fatto nell'udienza preliminare e conseguente restituzione degli atti al Pubblico Ministero perché eserciti l'azione penale a norma dell'art. 552, il successivo decreto di citazione a giudizio non deve essere preceduto dall'avviso di conclusione delle indagini preliminari poiché questo, siccome finalizzato a introdurre un contraddittorio anticipato, è adempimento che conserva la sua ragion d'essere laddove il pubblico ministero intenda coltivare una prospettiva di esercizio dell'azione penale, e non quando tale esercizio è imposto dal Giudice a seguito di un contraddittorio già assicurato all'imputato (Cass. III, n. 43809/2015); È manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 33-sexies, nella parte in cui non prevede — nell'ipotesi in cui il giudice dell'udienza preliminare abbia erroneamente disposto il rinvio a giudizio, omettendo di rilevare che per il reato contestato doveva procedersi con citazione diretta — la rimessione in termini dell'imputato per la richiesta di applicazione della pena o di giudizio abbreviato (Corte cost. ord., n. 183/2003). BibliografiaCiarniello, sub art. 33-sexies, in Codice di procedura penale, a cura di Canzio e Tranchina, t. I, Milano, 2012, 409 ss. |