Codice di Procedura Penale art. 41 - Decisione sulla dichiarazione di ricusazione .

Aldo Aceto

Decisione sulla dichiarazione di ricusazione.

1. Quando la dichiarazione di ricusazione è stata proposta da chi non ne aveva il diritto o senza l'osservanza dei termini o delle forme previsti dall'articolo 38 ovvero quando i motivi addotti sono manifestamente infondati, la corte [o il tribunale], senza ritardo, la dichiara inammissibile con ordinanza avverso la quale è proponibile ricorso per cassazione. La corte di cassazione decide in camera di consiglio a norma dell'articolo 6111.

2. Fuori dei casi di inammissibilità della dichiarazione di ricusazione, la corte [o il tribunale] può disporre, con ordinanza, che il giudice sospenda temporaneamente ogni attività processuale o si limiti al compimento degli atti urgenti2.

3. Sul merito della ricusazione la corte [o il tribunale] decide a norma dell'articolo 127, dopo aver assunto, se necessario, le opportune informazioni3.

4. L'ordinanza pronunciata a norma dei commi precedenti è comunicata al giudice ricusato e al pubblico ministero ed è notificata alle parti private [44].

art. 174, d.lg. 19 febbraio 1998, n. 51.

Inquadramento

La dichiarazione di ricusazione apre un sub-procedimento incidentale di natura giurisdizionale, definito con ordinanza, la cui scansioni sono disciplinate dalla norma in commento.

La dichiarazione inammissibile. La camera di consiglio “non partecipata”

In ciascuno dei casi in cui, alternativamente: a) la dichiarazione di ricusazione sia presentata da chi non ne aveva il diritto; oppure b) sia presentata senza l'osservanza dei termini o delle forme previsti dall'art. 38 (al cui commento si rinvia); c) i motivi siano manifestamente infondati, la Corte di appello la dichiara “de plano”inammissibile con ordinanza impugnabile con ricorso per cassazione.

La Corte di cassazione, a sua volta, decide in camera di consiglio a norma dell'art. 611, a prescindere dall'uso nel dispositivo dell'ordinanza impugnata del termine «rigetto» o “inammissibilità”, quando risulti chiaro che l'istanza è stata ritenuta manifestamente infondata (Cass. III, n. 6211/2014).

La Corte di cassazione — quale giudice della ricusazione - decide de plano anche quando ritenga inammissibile la dichiarazione di ricusazione nei confronti di un giudice della stessa corte (Cass. III, n. 46032/2008) e in caso di ricorso proposto personalmente dall'interessato (Cass.  II, 5 marzo 2018) giusto il combinato disposto dell'art. 613, comma 1, come modificato dall'art. 1, comma 63, l. n. 103/2017, e il comma 5-bis dell'art. 610, aggiunto dall'art. 1, comma 64, l. n. 103/2017.

La procedura de plano esclude il contraddittorio e dunque l'avviso alle parti della fissazione della camera di consiglio; il che non costituisce violazione dell'art. 6, della Convenzione europea dei diritti dell'uomo (Cedu) che non riguarda i procedimenti o subprocedimenti incidentali e perché l'art. 111 Cost. rimette all'insindacabile discrezionalità del legislatore la scelta di graduare forme e livelli differenti di contraddittorio, sia esso meramente cartolare o partecipato, atteso che resta sempre garantito il diritto di difesa (Cass. VI, n. 44713/2013 che ha dichiarato manifestamente infondata l'eccezione d'illegittimità costituzionale dell'art. 41, comma 1, per asserita violazione dell'art. 6 Cedu e dell'art. 111 Cost., nella parte in cui consente al giudice collegiale competente di dichiarare inammissibile la richiesta di ricusazione senza previa fissazione dell'udienza camerale; nello stesso senso anche Cass. II, n. 8808/2010).

Tuttavia, ove la Corte di appello acquisisca irritualmente il (non previsto) parere del P.G., tale parere, ai fini di una corretta instaurazione del contraddittorio, deve essere comunicato, a pena di nullità, al ricusante (Cass. II, n. 13595/2013; si veda, sull'argomento, anche se relativa al giudizio di revisione, Cass.S.U., n. 15189/2012).

La dichiarazione non inammissibile. La camera di consiglio “partecipata”

In caso di dichiarazione non inammissibile, la Corte di appello decide nel merito della ricusazione in camera di consiglio “partecipata” a norma dell'art. 127 (Cass. V, n. 43761/2008), dopo aver assunto, se necessario, le opportune informazioni. Il provvedimento di rigetto della richiesta di informazione presentato dalla parte istante deve essere adeguatamente motivato (Cass. II, n. 2675/1994).

Prima di decidere, la Corte può disporre, con ordinanza motivata non impugnabile, che il giudice sospenda ogni attività processuale e si limiti al compimento degli atti urgenti (fermo restando quanto prevede l'art. 37, al cui commento si rinvia), ma non ha il potere di sospendere i termini di durata della custodia cautelare durante il corrispondente periodo di sospensione dell'attività processuale (Cass. S.U., n. 31421/2002). Se il giudice ricusato respinga, nelle more della decisione, la richiesta di sospendere l'attività processuale, la relativa ordinanza non è impugnabile (Cass. VI, n. 20101/2013).

È evidente che un meccanismo procedurale così delineato comporta una delibazione preliminare della dichiarazione di ricusazione che, seppur non espressamente regolamentata, può essere effettuata analogamente a quanto dispone l'art. 610, comma 1 per l'esame preliminare dei ricorsi per cassazione.

La manifesta infondatezza dei motivi, che legittima la declaratoria di inammissibilità, si caratterizza infatti per una sommaria delibazione che si arresta «in limine» rispetto all'ambito peculiare dello scrutinio di merito e che consiste in una verifica esterna di corrispondenza al modello legale, concernendo il sindacato del giudice la mera plausibilità, risultante «ictu oculi», dei motivi che sorreggono l'atto (Cass. VI, n. 37112/2012). Tuttavia non vi è incompatibilità logica tra la dichiarazione di inammissibilità dell'istanza di ricusazione, avanzata dall'imputato nei confronti di componenti del collegio, basata su motivi manifestamente infondati, e la circostanza che il provvedimento dichiarativo illustri le ragioni della ritenuta manifesta infondatezza con motivazione complessa (Cass. II, n. 27611/2007).

È stato precisato in giurisprudenza che è illegittima l'ordinanza di inammissibilità adottata all'esito di procedura camerale «de plano» ai sensi dell'art. 41, comma 1, quando i motivi addotti concernono questioni controverse nella giurisprudenza, poiché tale circostanza ne esclude la manifesta infondatezza (Cass. I, n. 1634/2015).

Il diritto di intervento delle parti

Secondo un indirizzo interpretativo le parti processuali che non hanno proposto dichiarazione di ricusazione hanno diritto di intervenire alla relativa udienza camerale di discussione, fissata per iniziativa di altra parte, perché hanno comunque interesse alla verifica, in effettivo contraddittorio, della condizione di imparzialità e di effettiva terzietà del giudice ricusato (Cass. I, n. 8212/2010; Cass. I, n. 38590/2003); cfr. altresì  Cass. S.U., n. 13626/2010, secondo cui in tema di astensione e ricusazione, le questioni sollevate da una parte, inerenti all'incompatibilità per precedenti funzioni svolte, hanno natura oggettiva e sono estensibili a tutti i coimputati, poiché le relative norme attuano i principi costituzionali di imparzialità e terzietà del giudice, a garanzia del giusto processo). Si è però precisato in senso contrario, che l'avviso dell'udienza camerale non deve essere notificato agli imputati od indagati diversi da quello che abbia proposto l'istanza, se il motivo dedotto abbia natura personale: in tal caso, infatti, lo stesso ed eventuale accoglimento della domanda implicherebbe un provvedimento di separazione dei procedimenti, con continuità del giudice per quello riguardante le parti non ricusanti, di talché non sarebbe configurabile, per queste ultime, la qualità di «persone interessate» a norma del primo comma dell'art. 127 del codice di rito (Cass. VI, n. 36340/2003; nello stesso senso Cass. VI, n. 36339/2003; si veda altresì, Cass. I, n. 8212/2010).

Le conseguenze pratiche risiedono anche nella possibilità, per la parte non ricusante, di proporre ricorso per cassazione avverso l'ordinanza che decide sulla dichiarazione di ricusazione. Soluzione non condivisa dalla più recente sul rilievo che la partecipazione all'udienza della parte non ricusante, non comporta per quest'ultima l'attribuzione di un autonomo e indipendente titolo di legittimazione ad impugnare l'ordinanza di rigetto (Cass. VI, n. 24087/2016; contra Cass. I, n. 5293/1996; contra Cass. I, n. 5293/1996).

In ogni caso l'avviso dell'udienza camerale è dovuto al difensore di fiducia del ricusante, da lui nominato nel procedimento principale, atteso che, per principio generale, la nomina del difensore di fiducia è valida non solo per il procedimento principale nel quale sia intervenuta, ma anche per quelli incidentali che ne siano derivati, pur se di competenza di un ufficio giudiziario diverso, salvo che, in contrario, non risulti un'espressa manifestazione di volontà dell'interessato (Cass. V, n. 7297/2002).

Le conseguenze dell'ordinanza che definisce il procedimento

L'ordinanza di inammissibilità, accoglimento o rigetto della ricusazione deve essere comunicata al giudice ricusato ai fini di quanto dispone l'art. 37.

L'ordinanza che accoglie la dichiarazione di astensione o di ricusazione dichiara se ed in quale parte gli atti compiuti precedentemente dal giudice astenutosi o ricusato conservano efficacia (art. 42, comma 2). Contro tale ordinanza è proponibile, anche in caso di omessa pronuncia sulla conservazione dell'efficacia degli atti, ricorso per cassazione nelle forme dell'art. 611 (Cass. S.U. n. 37207/2020).

Al fine di individuare gli “atti compiuti precedentemente”, Cass. VI, n. 8962/2023, ha precisato che il momento “pregiudicante” deve farsi risalire alla lettura del dispositivo della sentenza non al deposito dei motivi, poiché è nella sentenza-decisione che si invera la valutazione di merito attinente al giudizio sulla responsabilità penale, con la conseguente determinazione degli effetti pregiudicanti sullo svolgimento della successiva attività processuale del giudice, da accertare in concreto con il ricorso agli istituti dell'astensione e della ricusazione.

Gli effetti del provvedimento che accoglie la dichiarazione di ricusazione non sono sospesi in pendenza di ricorso per cassazione proposto contro di esso, in quanto alla regola generale dell'art. 588 secondo cui, in pendenza di impugnazione, l'esecuzione del provvedimento impugnato è sospesa salvo che la legge disponga altrimenti, deroga la norma dell'art. 127, comma 8, stesso codice, richiamato dall'art. 41, comma 3, secondo la quale il ricorso non sospende l'esecuzione dell'ordinanza, a meno che il giudice che l'ha emessa non decida diversamente con decreto motivato (Cass. III, n. 12987/2015).

Casistica

È legittima l'adozione della procedura «de plano» — che comporta la fissazione dell'udienza e la deliberazione senza avvisi alle parti — per la dichiarazione di inammissibilità di istanza di ricusazione proposta dal difensore non legittimato in quanto non munito di procura speciale o di mandato specifico (Cass. I, n. 24099/2009).

In tema di ricusazione, qualora il giudice di merito abbia ritenuto la manifesta infondatezza della relativa dichiarazione e ne abbia, di conseguenza, dichiarato l'inammissibilità con provvedimento adottato «de plano», non sussiste, in capo all'istante, interesse a proporre ricorso per cassazione per inosservanza dell'art. 127, previsto per il caso in cui debba rigettarsi la richiesta di ricusazione nel merito, non potendo egli conseguire alcun vantaggio da una decisione di rigetto in luogo di quella di inammissibilità (Cass. I, n. 23502/2003).

In tema di ricusazione del giudice, è inammissibile una istanza generica e indeterminata relativa a procedimento non ancora instaurato ovvero ad un giudice non ancora costituito, atteso che una siffatta istanza potrebbe condizionare l'individuazione del giudice naturale e far eludere i termini decadenziali previsti dall'art. 38. (In applicazione del principio la Corte di cassazione ha dichiarato inammissibile la istanza con cui il ricorrente aveva ricusato tre consiglieri presso la corte di appello di L'Aquila, ove chiamati a comporre il collegio che avrebbe dovuto trattare istanze di revisione da lui proposte) (Cass. II, n. 29736/2001).

In tema di ricusazione del giudice, permane l'interesse a proporre ricorso per cassazione avverso l'ordinanza della corte di appello, reiettiva della istanza di ricusazione, nonostante il g.u.p. abbia già emesso il decreto di rinvio a giudizio in relazione al quale detta istanza era stata sollevata, in quanto, pur se l'istanza di ricusazione non ha effetto sospensivo del procedimento — che prosegue con il solo limite del divieto di pronunciare sentenza —, l'eventuale accoglimento dell'impugnazione, con rinvio a nuovo giudice, può determinare un esito diverso rispetto a quello configurato dal giudice ricusato (Cass. IV, n. 36424/2001).

È manifestamente infondata l'eccezione di legittimità costituzionale della normativa sulla ricusazione, nella parte in cui non consente al difensore dell'imputato di partecipare alla camera di consiglio fissata in cassazione per la trattazione della relativa istanza, prospettata sotto il duplice profilo della mancanza di delega e della violazione del diritto di difesa. Sotto il primo profilo, in quanto, in assenza di specifiche direttive della legge delega, è stata dettata una disciplina desunta dai principi generali e diretta ad accentuare il carattere giurisdizionale del procedimento (v. Rel. Min. al nuovo codice); sotto il secondo, essendo pacifico che le modalità attraverso le quali il diritto di difesa trova attuazione nelle singole procedure possono essere stabilite di volta in volta dal legislatore adattandole alla natura della materia e alle esigenze di celerità e semplificazione, ed anche facendo ricorso al contraddittorio scritto, specie quando ponga le parti in situazione di piena parità (Cass. IV, n. 1003/1999).

In tema di decisione sulla richiesta di ricusazione, quando risulti chiaro ( indipendentemente dall'uso nel dispositivo dell'ordinanza del termine «rigetto» o «inammissibilità»), che la dichiarazione è stata ritenuta manifestamente infondata, il provvedimento può essere adottato «de plano» e non è necessario ricorrere alla procedura camerale. La situazione non muta quando preliminarmente alla decisione sull'ammissibilità, sia stata posta una questione di legittimità costituzionale ritenuta anch'essa manifestamente infondata. Infatti il procedimento incidentale in cui si inserisce l'eccezione viene a rappresentare un momento del procedimento principale — che nel caso di specie è quello della ricusazione del giudice — del quale segue necessariamente le forme (Cass. VI, n. 706/1997).

Di fronte a un'ordinanza emessa in tema di ricusazione, che disattende l'eccezione di inammissibilità della relativa dichiarazione per inosservanza del termine previsto dall'art. 38 e decide nel merito rigettando l'istanza proposta, la parte che si oppone al mutamento del giudice ha interesse, in sede di impugnazione, a far valere l'eccezione disattesa, per l'ipotesi che il giudice dell'impugnazione accolga il ricorso proposto dalle altre parti e coinvolgente il merito della decisione assunta (Nella specie, l'eccezione di inammissibilità era stata formulata dall'imputato e la S.C. ha ritenuto che il suo interesse, in sede di ricorso per cassazione, ad ottenere una preventiva decisione di inammissibilità, pur a fronte del rigetto nel merito della dichiarazione di ricusazione, fosse concreto e attuale, in quanto non mirante esclusivamente all'esattezza teorica della decisione, ma al fine di evitare il formarsi del giudicato sull'eccezione di rito disattesa, e il conseguente pregiudizio che gliene sarebbe potuto derivare dall'accoglimento dell'impugnazione proposta dalle altre parti processuali sul merito della ricusazione stessa) (Cass. I, n. 5293/1996).

In tema di procedimento di ricusazione, il presidente del collegio, chiamato a decidere sull'istanza, deve dare avviso alle parti ed ai difensori della data fissata per la trattazione del procedimento di ricusazione in camera di consiglio, almeno dieci giorni prima di tale data, a pena di nullità ex art. 127. Tale disposizione di legge è da annoverare tra quelle concernenti l'intervento, l'assistenza e la rappresentanza dell'imputato, costituenti nullità di ordine generale ai sensi dell'art. 178, lett. c). La inosservanza lede il diritto di difesa dell'imputato, perché impedisce la presentazione di eventuali memorie fino a cinque giorni prima della data fissata per l'udienza, ed il diritto di intervento e rappresentanza dell'imputato, perché non consente al medesimo ed al suo difensore di comparire in camera di consiglio e di essere sentiti, né permette l'allegazione di un eventuale impedimento a comparire dell'imputato, allo scopo di ottenere un rinvio dell'udienza (Cass. VI, n. 218/1992).

Bibliografia

Caputo, Sub art. 41, in Codice di procedura penale, a cura di Canzio e Tranchina, t. I, Milano, 2012, 548 ss.; Ceresa Gastaldo, Dichiarazione di ricusazione, sospensione del processo ex art. 37 comma 2 cod. proc. pen. ed effetto sospensivo sui termini di custodia cautelare: una importante sentenza chiarificatrice delle Sezioni Unite (con una «distrazione» finale?), in Cass. pen. 2003, 426; Patané, Accoglimento del ricorso avverso l'ordinanza di rigetto della dichiarazione di ricusazione e nullità della sentenza pronunciata medio tempore dal giudice ricusato, in Cass. pen. 1998, 862.

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