Codice di Procedura Penale art. 47 - Effetti della richiesta (1).Effetti della richiesta (1). 1. In seguito alla presentazione della richiesta di rimessione il giudice può disporre con ordinanza la sospensione del processo fino a che non sia intervenuta l'ordinanza [48] che dichiara inammissibile o rigetta la richiesta. La Corte di cassazione può sempre disporre con ordinanza la sospensione del processo [18 1 lett. b)]. 2. Il giudice deve comunque sospendere il processo prima dello svolgimento delle conclusioni e della discussione e non possono essere pronunciati il decreto che dispone il giudizio o la sentenza quando ha avuto notizia dalla Corte di cassazione che la richiesta di rimessione è stata assegnata alle sezioni unite ovvero a sezione diversa dall'apposita sezione di cui all'articolo 610, comma 1. Il giudice non dispone la sospensione quando la richiesta non è fondata su elementi nuovi rispetto a quelli di altra già rigettata o dichiarata inammissibile. 3. La sospensione del processo ha effetto fino a che non sia intervenuta l'ordinanza che rigetta o dichiara inammissibile la richiesta e non impedisce il compimento degli atti urgenti [392, 467, 554]. 4. In caso di sospensione del processo si applica l'articolo 159 del codice penale e, se la richiesta è stata proposta dall'imputato, sono sospesi i termini di cui all'articolo 303, comma 1. La prescrizione e i termini di custodia cautelare riprendono il loro corso dal giorno in cui la Corte di cassazione rigetta o dichiara inammissibile la richiesta ovvero, in caso di suo accoglimento, dal giorno in cui il processo dinanzi al giudice designato perviene al medesimo stato in cui si trovava al momento della sospensione. Si osservano in quanto compatibili le disposizioni dell'articolo 304. (1) Articolo così sostituito dall'art. 1 2 l. 7 novembre 2002, n. 248. Il testo originario recitava: «1. La richiesta di rimessione non sospende il processo, ma il giudice non può pronunciare sentenza fino a che non sia intervenuta l'ordinanza che dichiara inammissibile o rigetta la richiesta. 2. La corte di cassazione può disporre con ordinanza la sospensione del processo. La sospensione non impedisce il compimento degli atti urgenti». V. la disposizione transitoria dettata dall'art. 1 comma 5 l. n. 248, cit. La Corte cost., con sentenza 22 ottobre 1996, n. 353 aveva dichiarato l'illegittimità costituzionale del comma 1 «nella parte in cui fa divieto al giudice di pronunciare la sentenza fino a che non sia intervenuta l'ordinanza che dichiara inammissibile o rigetta la richiesta di rimessione». InquadramentoLa norma disciplina esclusivamente le conseguenze, sul processo in corso, della presentazione della richiesta, stabilendo, a livello generale, la sua inattitudine a paralizzare l'istruttoria Le conseguenze della presentazione della richiesta. I doveri/poteri del giudice a quoLa richiesta di rimessione non determina la automatica sospensione del processo che può essere però discrezionalmente disposta dal giudice di merito, con ordinanza motivata, o dalla stessa Corte di cassazione (anch'essa con ordinanza, resa con la procedura «de plano» e non con quella camerale, in considerazione della natura cautelare del provvedimento richiesto, diretto a paralizzare con urgenza il pregiudizio, imminente e irreparabile, che potrebbe derivare dall'illegittima prosecuzione del processo principale in costanza del predetto procedimento incidentale, Cass. S.U., n. 14451/2003). Tuttavia il giudice deve sospendere il processo prima dello svolgimento delle conclusioni e della discussione, e non può pronunciare il decreto che dispone il giudizio o la sentenza, se ha avuto notizia, ai sensi dell'art. 48, comma 3, che la richiesta non è stata ritenuta inammissibile in sede di esame preliminare del ricorso e non è stata dunque assegnata alla apposita sezione della Corte di cassazione di cui all'art. 610, ma alle sezioni unite o ad altra sezione. Se invece la richiesta è meramente ripetitiva di altra già rigettata o dichiarata inammissibile, il giudice può emettere il decreto che dispone il giudizio o la sentenza, e ciò anche in pendenza della pronuncia che decida sull'inammissibilità o il rigetto della proposta (Cass. II, n. 25012/2005). Il divieto di pronunciare sentenza integra un temporaneo difetto di potere giurisdizionale, limitato alla possibilità di pronunciare la sentenza stessa e condizionato alla decisione della Corte di cassazione dichiarativa della sussistenza delle condizioni per la rimessione del processo ad altro giudice, e quindi della competenza, con la conseguenza che la valutazione di validità o meno della sentenza irritualmente adottata avviene secundum eventum. Sicché, la sentenza è nulla solo nel caso in cui la Corte di cassazione abbia accolto l'istanza, mentre conserva piena validità tutte le volte che essa sia dichiarata inammissibile o rigettata (Cass. S.U., n. 6925/1995). La presentazione della richiesta, dunque, non paralizza automaticamente l'istruttoria dibattimentale che il giudice può condurre fino all'esaurimento di tutte le prove ammesse. Resta però fermo il disposto dell'art. 48, comma 5, circa la utilizzabilità delle prove così assunte in caso di accoglimento della richiesta (si rinvia al relativo commento). La durata e gli effetti della sospensione del processoLa sospensione del processo ha effetto fino a quando la richiesta di remissione non sia decisa ma non impedisce il compimento degli atti urgenti; essa comporta, in ogni caso, la sospensione del corso della prescrizione e, quando la richiesta di remissione è stata presentata dall'imputato, anche dei termini di durata massima delle misure cautelari di cui all'art. 303. La sospensione del processo, conseguente alla presentazione da parte di uno solo dei coimputati della richiesta di rimessione, si estende a tutte le posizioni processuali e al computo dei termini di custodia cautelare per ciascun imputato (Cass. I, n. 6128/2009). I termini suddetti riprendono a decorrere dal giorno in cui la Corte di cassazione rigetta o dichiara inammissibile la richiesta ovvero, in caso di accoglimento, da quello in cui il processo dinanzi al giudice designato perviene al medesimo stato in cui si trovava al momento della sospensione. Si è precisato, in giurisprudenza, che il momento nel quale interviene l'ordinanza della Corte di cassazione che decide sulla relativa istanza coincide con quello nel quale la deliberazione collegiale è assunta e resa nota mediante la comunicazione del dispositivo e non con quello del deposito della motivazione (Cass. S.U., n. 14451/2003; Cass. VI, n. 38757/2016). BibliografiaCaputo, sub art. 47, in Codice di procedura penale, a cura di Canzio e Tranchina, t. I, Milano, 2012, 594 ss. |