Codice di Procedura Penale art. 65 - Interrogatorio nel merito (1).Interrogatorio nel merito (1). 1. L'autorità giudiziaria [294, 299, 301, 363, 364, 388, 391] contesta alla persona sottoposta alle indagini in forma chiara e precisa il fatto che le è attribuito, le rende noti gli elementi di prova esistenti contro di lei e, se non può derivarne pregiudizio per le indagini, gliene comunica le fonti. 2. Invita, quindi, la persona ad esporre quanto ritiene utile per la sua difesa e le pone direttamente domande. 3. Se la persona rifiuta di rispondere, ne è fatta menzione nel verbale [134]. Nel verbale è fatta anche menzione, quando occorre, dei connotati fisici e di eventuali segni particolari della persona. (1) Per la responsabilità degli enti per gli illeciti amministrativi dipendenti da reato, v. art. 44 2 d.lg. 8 giugno 2001, n. 231. InquadramentoLa norma prende in esame le modalità concrete di svolgimento dell’interrogatorio e detta le regole cui deve attenersi l’autorità interrogante nello svolgimento dell’atto. Profili generaliLa norma in esame costituisce il paradigma di tutti gli istituti che, ancorché con denominazione diversa, sono predisposti dal legislatore per contestare alla persona sottoposta alle indagini, all'imputato, in forma chiara e precisa, il fatto che gli è attribuito, rendendogli noti gli elementi esistenti contro di lui e, se non può derivarne pregiudizio per le indagini, comunicandogli le fonti. Pertanto tale norma rappresenta il modello sulla cui base è sono disciplinate anche le sommarie informazione dalle persona nei cui confronti si svolgono indagini (art. 350), l'assunzione di informazioni da persona imputata in procedimento connesso o di un reato collegato (art. 351), l'interrogatorio dell'arrestato o del fermato (artt. 388 e 391), quello della persona sottoposta ad indagini (art. 299) o imputata in procedimento connesso. In virtù di questa trasposizione deve ritenersi che tutti i singoli istituti risentano in primo luogo della natura di atto difensivo che va certamente riconosciuta all'interrogatorio in genere. In tale prospettiva, quindi, la norma in esame finisce per collegarsi direttamente al disposto dell'art. 64 e completi la tutela ivi predisposta per i soli aspetti formali. ContestazioneDefinisce l'oggetto dell'interrogatorio ma non va confusa con l'imputazione (art. 405). Diversamente da quest'ultima, che costituisce la sintesi dell'attività investigativa e viene formulata in conclusione delle indagini preliminari, la contestazione, in quanto funzionale all'interrogatorio, ben può precedere la chiusura delle indagini, intervenendo in un momento in cui le indagini non sono state integralmente svolte ed una vera e propria imputazione non è formulabile. Per questa ragione al giudice è imposto solo l'obbligo di contestare, ossia portare a conoscenza dell'indagato, il fatto e non la sua qualificazione giuridica. Pertanto, diversamente dalla imputazione, la contestazione può avere ad oggetto anche singole specifiche circostanze atte, in via autonoma o unitariamente valutate, a definire profili indiziari nei confronti della persona sottoposta alle indagini. L'obbligo imposto all'A.G. procedente ha necessariamente una funzione di garanzia per l'indagato in quanto lo mette in condizione di conoscere gli elementi a suo carico, di cui legittimamente può non aver avuto aliunde conoscenza. Si evidenzia che di sovente accade che sia proprio l’interrogatorio il primo atto con il quale si porti a conoscenza della parte l’esistenza dell’indagine nei suoi confronti. In tal senso attraverso l’interrogatorio si realizza una sorta di prima discovery. L'obbligo di contestazione degli elementi di prova esistenti contro la persona, non implica che tale autorità sia obbligata a dare lettura delle fonti di prova, dovendo la disposizione coordinarsi sia con l'obbligo del segreto, ex art. 329, comma 1, sugli atti di indagine compiuti dal P.m. e dalla polizia giudiziaria, sia con la previsione di cui al primo comma dell'art. 511, che riserva alla sola istruzione dibattimentale la lettura degli atti contenuti nel fascicolo per il dibattimento (Cass. III, n. 5738/2014). Modalità di formulazione Come è stato più volte evidenziato, la contestazione ha la funzione di mettere a conoscenza l’indagato delle risultanze in atti, e ciò deve avvenire in forma chiara e precisa, anche in relazione alle condizioni della singola persona. E ciò al fine di mettere in condizione la parte di avere una piena ed effettiva conoscenza delle risultanze in funzione della possibilità di autodeterminarsi in maniera consapevole. La funzione di tutela e garanzia cui assolve la norma, esplica la sua finalità solo nel caso in cui il soggetto possa liberamente e consapevolmente scegliere i propri comportamenti in funzione della propria difesa, il che presuppone la piena conoscenza di tutte le risultanze a suo carico. Ed invero si ritiene che non sussista una discrezionalità nello scegliere gli elementi acquisiti, né sia possibile effettuare una contestazione parziale da integrarsi nel corso dell'interrogatorio. Diritto all'interpreteL'insuperabile necessità che l'informazione giunga in maniera completa e comprensibile implica, altresì, che l'imputato, il quale non conosca la lingua italiana, abbia diritto all'assistenza di un interprete al fine di poter comprendere l'accusa contro di lui formulata (Cass. I, n. 48797/2003). La presenza dell'interprete si pone solo in rapporto all'interrogatorio cui deve essere sottoposto l'arrestato ma non certo per la decisione sulla convalida, di talché la sua irreperibilità non costituisce motivo ostativo all'adozione di tale provvedimento. L'ordinamento richiede, infatti, che il giudice decida in via primaria sulla legittimità dell'arresto anche nel caso in cui l'indagato sia stato posto in libertà dal pubblico ministero o non possa essere interrogato per forza maggiore, e di certo l'impossibilità di reperire, nei ristretti termini della convalida, un interprete costituisce un caso inquadrabile nella forza maggiore (Cass. I, n. 12575/2006). Diritto al difensoreLa presenza del difensore è requisito essenziale per la validità dell’atto e diretta esplicazione del diritto di difesa: è questa la ragione per la quale il legislatore impone che la persona sia informata anche della facoltà, che le riconosce la legge, di nominare un difensore di fiducia e che, in mancanza, sarà assistita da un legale nominato d’ufficio. La persona, altresì, deve essere informata che è onere pagare il difensore anche di ufficio, a meno che non possa beneficiare del patrocinio a spese dello Stato in presenza delle condizione previste dalla legge e qualora l’avvocato sia iscritto nelle liste dei difensori abilitati al gratuito patrocinio . Qualora il legale sia assente ovvero abbia abbandonato la difesa, è possibile, al fine di non bloccare il prosieguo dell’attività investigativa, nominare in sostituzione un difensore immediatamente reperibile. Invito a rendere dichiarazioniAll'esito dell'esposizione delle risultanze, ed al fine di garantire la più ampia libertà all'indagato, l'autorità procedente è tenuta ad invitare la persona sottoposta all'atto a rendere le proprie dichiarazioni e successivamente le pone direttamente le domande. La possibilità di poter, in assenza di domande, rendere la propria rappresentazione delle risultanze, costituisce la maggior caratterizzazione dell'atto quale strumento di difesa, in tale ottica egli ben può non solo giustificare le risultanze contestategli ma rendere osservazioni critiche sulle stesse ovvero prospettare ulteriori spunti investigativi. Non si dimentichi che la totale libertà assicurata al soggetto, ben può giungere sino all'esercizio del diritto al silenzio. InterrogatorioIn senso stretto, viceversa, presuppone la preventiva formulazione di domande rivolte dall'A.G. procedente all'interrogato. Ciò non fa alterare la natura o il contenuto dell'atto stesso che resta in tutti i suoi profili strumento di difesa. La formulazione di domande, peraltro, è del tutto facoltativa in quanto l’A.G. potrebbe legittimamente limitarsi ad invitare la parte a rendere dichiarazioni senza porre specifiche domande. Deve, pertanto, ritenersi pienamente valido in ordine a tutte le imputazioni, l’interrogatorio nel quale il G.i.p. aveva contestato all'indagato i fatti attribuitigli, come da rubrica elevata dal P.m. — e cioè i reati di omicidio volontario e associazione per delinquere di stampo mafioso — gli aveva resi noti gli elementi di prova comunicandogli le fonti e lo aveva avvertito della facoltà di non rispondere, ma non gli aveva rivolto domande in ordine al delitto di cui all'art. 416-bis c.p. (Cass. I, n. 2512/1994). Spontanee dichiarazioniVanno tenute distinte dall'interrogatorio in quanto si sostanziano in una spontanea presentazione del soggetto all'A.G. e si svolge al di fuori di ogni forma di interrogatorio trovando nella volontà della parta la sua sola origine. La diversità introduttiva e formale dei due atti non incide sull'identità della loro natura atteso che anche le dichiarazioni rese in sede di presentazione spontanea all'autorità giudiziaria, equivalgono «ad ogni effetto» all'interrogatorio, ed a tal fine sono state anche ritenute idonee ad interrompere la prescrizione, purché l'indagato abbia ricevuto una contestazione chiara e precisa del fatto addebitato, in quanto gli atti interruttivi indicati nell'art. 160 c.p. Si connotano per essere l'esplicitazione, da parte degli organi dello Stato, della volontà di esercitare il diritto punitivo in relazione ad un fatto-reato ben individuato e volto a consentirne la conoscenza all'incolpato (Cass. S.U., n. 5838/2013). Facoltà di non rispondereCome già evidenziato nel commento al precedente articolo, in seguito all’invito dell’A.G. a rendere dichiarazione dopo aver esposto l’esito delle risultanze, la parte può ben decidere di avvalersi della facoltà di non rispondere. Facoltà che, se esercitata, non può essere in alcun modo “contestata dalla A.G. procedente che non può che prendere atto. La generale portata e valenza della facoltà non incontra alcun limite temporale al suo esercizio e consente alla parte di poter esercitare la propria facoltà successivamente l’inizio dell’interrogatorio ovvero circoscriverla a singole domande. Nulla esclude, infatti, che l’esercizio della facoltà di non rispondere possa essere parziale, né può ritenersi irreversibile la manifestata volontà di sottoporsi all’interrogatorio. SilenzioPur non potendo l’A.G. contrastare l’espressione della facoltà di non rispondere, ciò non esclude che il silenzio sia privo di qualsiasi valenza. Anche in mancanza di un contenuto specifico al silenzio può essere riconosciuto un sia pur limitato, significato. Certamente in quanto silenzio pur non potendo essere mai utilizzato quale elemento di prova a suo carico, come fosse una implicita confessione di responsabilità in ordine alle contestazioni elevategli, da tale comportamento il giudice può trarre argomenti di prova, utili per la valutazione delle circostanze aliunde acquisite (Cass. II, n. 6348/2015). In particolare il silenzio non esclude che il giudice possa tenere conto, al fine di ritenere i gravi indizi di colpevolezza necessari per l'adozione di misura coercitiva, della mancata contrapposizione, ai fatti narrati dalla persona offesa, di alcuna diversa versione difensiva (Cass. III, n. 45245/2014). In sintesi deve ritenersi che sia nella logica del sistema processuale che l'imputato possa non fornire risposte su fatti leggibili contra se ovvero contrarie al vero e possa negare la propria responsabilità anche contro l'evidenza, stante il principio nemo tenetur se detegere, ma al giudice non resta non di meno precluso valutare la condotta processuale del giudicando coniugandola con ogni altra circostanza sintomatica (Cass. II, n. 22651/2010). CasisticaLe modalità dell'interrogatorio, specificate nell'art. 65 vanno adattate al concreto espletamento dell'atto. Ne deriva che, quando dal testo dell'ordinanza cautelare risultano sia gli elementi di prova, che le fonti — qualora sia possibile, anche con la indicazione delle generalità — l'obbligo di contestazione è adempiuto, senza che si renda necessaria la ripetizione orale e la trascrizione nel verbale, che viene redatto (Cass. III, n. 1877/1993); - sul principio testé indicato, peraltro, è stato ritenuto non lesivo del dettato dell'art. 65, il comportamento dell'autorità giudiziaria che abbia posto all'imputato, formalmente e direttamente, le domande sui fatti relativi all'imputazione, essendo sufficiente che lo stesso abbia avuto contezza dei fatti medesimi. La consapevolezza di tali elementi può essere desunta anche dal contenuto dell'atto soprattutto quando lo stesso lasci intendere che l'imputato è stato sollecitato sui fatti oggetto di contestazione e su tutti gli aspetti delle prove, tanto da ricostruire la vicenda nella sua interezza e da rendere un'ampia ammissione di responsabilità. Nello specifico, inoltre, l'ammissione di responsabilità da parte dell'imputato stesso, rimane priva di ogni rilevanza la censura sulle modalità, di carattere meramente formale, con cui è stato assunto l'interrogatorio (Cass. III, n. 205/2008); - il silenzio serbato in sede di interrogatorio di persona sottoposta a fermo ai sensi dell'art. 391, comma 4, qualora siano state rispettate le previsioni generali di cui agli artt. 64 e 65, non può che comportare le conseguenze previste nelle norme per ultimo citate e non potrà in alcun modo paralizzare l'attività processuale, né può venir meno l'efficacia della misura cautelare prevista dall'art. 302 se l'indagato non sia sottoposto a nuovo interrogatorio (Cass. II, n. 2222/1998); - In tema di misure cautelari personali, l'esercizio da parte dell'indagato della facoltà di non rispondere o di non collaborare non consente di desumere alcuna prognosi sfavorevole in ordine al pericolo di commissione di altri reati o altra conseguenza negativa diversa dall'impossibilità di accedere ad eventuali benefici che possono legittimamente derivare dalla collaborazione (Cass. V, n. 39523/2018); - qualora l'interrogatorio di garanzia non abbia luogo per la preventiva manifestazione della persona a non voler rispondere alle domande, lo stesso non può ritenersi nullo per mancanza della contestazione e la misura cautelare applicata non può ritenersi perenta per mancato interrogatorio dell'indagato (Cass. II, n. 9338/2001); - il silenzio serbato in sede di interrogatorio non consente di dedurre elementi per supportare una valutazione di ai fini dell'accertamento della pericolosità sociale e del rischio di reiterazione del reato (Cass. VI, n. 38139/2008); - il riconoscimento all'indagato della facoltà di non rispondere o non collaborare non esclude che il giudice possa tenere conto, al fine di ritenere i gravi indizi di colpevolezza necessari per l'adozione di misura coercitiva, della mancata contrapposizione, ai fatti narrati dalla persona offesa, di alcuna diversa versione difensiva (Cass. III, n. 17205/2010); - il comportamento dell'imputato prima, durante e dopo la commissione del reato (e, dunque, anche in sede processuale) può essere preso in esame dal giudice per trame elementi di prova, ma a condizione che ciò non si risolva nell'inversione della regola sull'onere probatorio e che l'esercizio stesso del diritto di difesa non ne venga sostanzialmente condizionato, il che invece avviene se si afferma che la menzogna difensiva o, addirittura, il semplice silenzio serbato su circostanze indizianti costituisce prova della verità del fatto dedotto dall'accusa, esonerando questa dal provare positivamente il suo assunto. La negazione o il mancato chiarimento, da parte dell'imputato, di circostanze valutabili a suo carico può dunque fornire argomenti di prova solo con carattere residuale e complementare ed in presenza di univoci elementi probatori di accusa (Cass. I, n. 2653/2011). BibliografiaConso-Illuminati, Commentario breve al c.p.p., Padova, 2015; Grifantini, Sull'inutilizzabilità contra alios delle dichiarazioni indizianti di cui all'art. 63 comma 2 c.p.p., in Cass. pen. 1996, 2647; Lorusso, Interrogatorio della persona sottoposta alle indagini preliminari e comunicazioni delle fonti di prova, in Cass. pen. 1995, 3421; Ramajoli, Nullità delle dichiarazioni rese dall'imputato o dall'indagato sul fatto altrui: limiti di utilizzabilità nei confronti dei terzi, in Cass. pen. 1996, 2257; Tonini, Manuale di procedura penale, Milano, 2010; Triggiani, Interrogatorio “nel merito”: obbligo o facoltà per il giudice di porre direttamente le domande all'indagato, in Cass. pen. 1997, 441; |