Codice di Procedura Penale art. 67 - Incertezza sull'età dell'imputato.

Irma Conti

Incertezza sull'età dell'imputato.

1. In ogni stato e grado del procedimento, quando vi è ragione di ritenere che l'imputato [60, 61] sia minorenne [98 c.p.; 3 min.], l'autorità giudiziaria trasmette gli atti al procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni [8 min.] 1.

[1] Ai sensi dell'art. 50 d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149,  le parole «tribunale per i minorenni», ovunque presenti, in tutta la legislazione vigente, sono sostituite dalle parole «tribunale per le persone, per i minorenni e per le famiglie», con la decorrenza indicata dall'art. 49, comma 1, d.lgs. 149, cit.

Inquadramento

Tale norma è di estrema rilevanza in quanto il dubbio sull'età dell’indagato può comportare problematiche relative alla determinazione del giudice che deve procedere. Il dubbio è pertanto relativo alla data di nascita in quanto nei confronti dei soggetti minori è prevista una specifica normativa diversa da quella applicabile agli adulti, tesa a salvaguardare la completa formazione della personalità dei soggetti minorenni da eventuali traumi che possano derivare dal coinvolgimento in vicende giudiziarie.

Presupposti

Come evidenziato, si tratta di una rilevante problematica strettamente connessa all'obbligo di una corretta ed effettiva identificazione dell’indagato/imputato La questione è di particolare importanza per il rilievo attribuito dal legislatore alla tutela del minore, che ha portato alla creazione di un giudice competente solo per i reati commessi da chi non ha raggiunto la maggiore età, ed all'introduzione di una specifica disciplina tesa a tutelare la loro crescita e formazione. Proprio al fine di garantire e di rendere prioritaria la salvaguardia della personalità del minore, il legislatore ha stabilito l’obbligo per il giudice di procedere ad accertamenti finalizzati a verificare l’effettiva età dell’imputato, in presenza anche solo di un ragionevole dubbio.

Nozione dubbio

Il concetto di ragionevole dubbio va interpretato in senso ampio, non essendo in alcun modo definito dal legislatore. Si ritiene pertanto corretto fa rientrare in tale definizione tutti i casi in cui vi sia una incertezza su elementi essenziali che possano influire in ogni caso sull'accertamento dell’età della persona imputata. Può sorgere in qualsiasi stato e grado del giudizio.

Dubbio sull'età

Ulteriore effetto del principio di ragionevolezza in ordine alla sussistenza del dubbio, è rappresentato dal fatto che la valutazione della sua sussistenza è demandata dal legislatore al giudice procedente il quale ha il compito di effettuare una preventiva delibazione da operarsi alla stregua di tutte le risultanze in atti non potendosi ritenere sufficiente la semplice deduzione dell'interessato.

Il dubbio sull'età, quindi, non conosce presunzioni. Deve, pertanto, ritenersi che il giudice, in ordine alla sussistenza del dubbio e della conseguente attività di delibazione, non debba ritenersi vincolato né dalla sola dichiarazione dell'imputato né dai dati anagrafici risultanti da un documento di identità i quali legittimamente possono essere valutati come non attendibili.

Corretta, pertanto, è stata ritenuta la decisione del giudice il quale, in presenza di un documento di identità rilasciato da un comune italiano ad un cittadino straniero sulla scorta di un certificato di nascita francese e delle dichiarazioni del genitore, aveva disatteso il documento ed individuato l'età sulla scorta di plurimi esami radiologici (Cass. I, n. 35890/2012). Tale principio è assolutamente coerente con la natura stessa del documento di identità, il quale è atto fidefacente solo con riferimento all'autorità che lo ha emanato e non per quanto riguarda la veridicità delle attestazioni ivi contenute e discendenti dalle dichiarazioni dell'intestatario del documento, di talché nulla esclude il potere disapplicativo del giudice ordinario. Su tali basi, peraltro, la Cassazione ha confermato una misura cautelare emessa nei confronti di un soggetto ritenuto maggiorenne e come tale riconosciuto attraverso una apposita consulenza tecnica, nonostante che lo stesso, dalla dichiarazione annotata sul passaporto rilasciato dal consolato in Italia dello stato di appartenenza al proprio genitore, risultasse essere indicato come minorenne (Cass. V, n. 183/1997).

Ancor più fondato sarà il dubbio sull'effettiva età dell'imputato in presenza di un documento del quale non si conosca neanche con certezza l'efficacia identificativa e fidefacente — indipendentemente da una formale contestazione di falsità — promanando esso da autorità estera, non essendo tradotto e non evidenziandosene la certa provenienza. In tal caso l'insussistenza di elementi atti a dissipare le incertezze ed i dubbi del giudice, debbono necessariamente imporre il ricorso alle procedure di accertamento dell'età effettiva dell'imputato (Cass. I, n. 2993/1993).

Dubbio sul tempo di commissione del reato

La problematica dell'accertamento dell'età del soggetto agente è funzionale all'individuazione dell'autorità competente a procedere, e la competenza, soprattutto per i reati istantanei, si radica al momento della commissione del fatto, di talché può diventare rilevante anche avere certezza in ordine al momento in cui il reato è stato eseguito che ben può incidere, in maniera anche determinante, per individuare l'autorità giudiziaria compente. La problematica non ha una sua propria disciplina ma — in applicazione del generale principio del favor rei — deve ritenersi che anche in questo caso debba trovare applicazione la disciplina prevista per l'ipotesi di accertamento dell'età.

In altri termini l'accertamento del momento di commissione del reato e dell'età del soggetto agente, convergendo concordemente verso il medesimo fine, devono ritenersi circostanze sostanzialmente omologhe, per cui l'identità di disciplina si impone, dovendosi ridurre al minimo, nel processo da celebrarsi eventualmente a carico di un minore, «ogni stimolazione inutilmente negativa» e di valorizzare, al contempo, le sollecitazioni positive che provengono «da un corretto confronto con la società civile e con le sue regole», in modo che il minore possa prendere coscienza in ordine al significato delle attività processuali ed alle ragioni etico-sociali delle decisioni. Anche qualora sia necessario accertare il momento di commissione del fatto, va richiamato il principio espresso dalla Corte Edu 16 dicembre 1999 (V. contro Regno Unito) la quale ha affermato, al riguardo, che «è essenziale trattare un bambino accusato di reato con modalità che tengano pienamente in considerazione la sua età, la sua maturità e la sua capacità sul piano intellettuale ed emotivo, adottando misure atte a favorire la sua comprensione e partecipazione al processo».

Competenza

L'unico giudice competente a svolgere accertamenti finalizzati ad accertare l'età dell'imputato è il giudice minorile. Il legislatore, infatti, anche nell'ottica della salvaguardia del minore, ha inteso individuare come unica autorità competente ad accertare l'età dell'agente, ovvero il momento di commissione del reato, il giudice minorile per l'evidente ragione che anche in questa fase, prodromica alla corretta celebrazione del giudizio, si è ritenuto di voler salvaguardare la personalità del minore e preservarlo, nei limiti del possibile, da ogni rapporto con la giustizia degli adulti.

Allorquando si ponga innanzi all'A.G. un ragionevole dubbio in ordine all'età dell'indagato, non superabile attraverso una disamina delle risultanze in atti, il giudice procedente dovrà necessariamente trasmettere gli atti al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale dei minorenni. Il contenuto di tale provvedimento si concreta in una pratica declaratoria di difetto di competenza che non è determinato da un accertamento giudiziale ma si fonda, come detto sul semplice dubbio (Cass. I, n. 3945/1990). Innanzi al Procuratore presso il Tribunale dei minori avrà inizio il relativo procedimento incidentale di accertamento sull'età, ovvero del tempus commissi delicti il cui esito sarà determinante in tema di radicamento della competenza.

Deroga al principio della competenza

Unica deroga al principio si rinviene nei casi di urgenza conseguente al fermo o all'arresto del soggetto. In tali casi, in ragione dei tempi ristretti in cui l’autorità giudiziaria deve provvedere, stante lo stato detentivo in cui si trova l’indagato, non  sarebbe possibile della procedura ordinaria, di talché, in deroga alla normativa generale, è stata affermata la competenza del Gip del Tribunale ordinario a provvedere non solo in ordine alla convalida ma anche in ordine all'accertamento della effettiva età del soggetto e ciò, come detto, esclusivamente in considerazione della natura perentoria dei brevissimi termini fissati per la convalida e della sanzione dell'inefficacia della misura precautelare prevista nel caso di loro violazione (Cass. I, n. 10041/2002). Siffatto principio ha trovato ampia applicazione anche nella giurisprudenza della Suprema Corte la quale, nel risolvere conflitti di competenza negativi tra giudici ordinari e minorili ha sempre ritenuto il giudice ordinario ritualmente investito, in tutti i casi in cui l'arrestato era stato presentato innanzi a lui per provvedere in ordine alla convalida del fermo e dell'arresto e che solo all'esito di tale indefettibile adempimento doveva trovare applicazione l'art. 67 (Cass. I, n. 36262/2004).

Modalità di accertamento dell'età

Secondo il disposto dell'art. 8 d.P.R. n. 488/88, quando vi è incertezza sulla minore età dell'imputato, il giudice (minorile) dispone, anche di ufficio, perizia. Pur in assenza della previsione di specifiche modalità di accertamento, deve ritenersi che particolare rilievo deve essere riconosciuto agli accertamenti tecnici di natura medica che saranno oggetto della perizia. In tale prospettiva è stato ritenuto che costituisca strumento idoneo ad accertare l'età dell'imputato l'esame radiografico del polso in quanto consente di valutare il processo di accrescimento dell'organismo nell'età evolutiva (Cass. IV, n. 16946/2015).

La previsione dell’obbligo di svolgimento di perizia è strettamente connesso con la previsione della competenza limitata al solo accertamento dell’età e non comprende l’ipotesi di accertamento del momento consumativo del reato. In tali casi, infatti, deve ritenersi che non possa sussistere tale vincolo in quanto diverse possono essere le modalità di accertamento non di una condizione personale ma di un fatto esterno al soggetto.

Naturalmente l'obbligo insorge solo in presenza di un dubbio che le risultanze in atti non hanno in alcun modo escluso ed in tal senso il giudice deve preventivamente svolgere una approfondita verifica degli atti in suo possesso.

Esiti della perizia

Le determinazioni cui perverrà il giudice dei minori, all'esito delle attività peritali svolte, determineranno la competenza del giudice ordinario quando venga accertata la maggiore età del periziato, ovvero, nel caso contrario, radicheranno quella del Tribunale per i minorenni. Nel primo caso, il Procuratore dei minorenni dovrà ritrasmettere gli atti all'autorità giudiziaria rimettente per la prosecuzione del procedimento principale e gli atti eventualmente posti in essere prima dell'instaurazione del procedimento principale, saranno pienamente validi ed utilizzabili. Nel secondo caso, viceversa, gli atti rimarranno all'autorità procedente ed il giudizio principale dovrà essere trattato ex novo davanti al tribunale specializzato (Cass. VI, n. 22536/2003).

In presenza di un dubbio, quindi, il legislatore ha optato per ritenere la competenza del giudice dei minori sulla base di una presunzione di carattere relativo che potrà essere superata da successive acquisizioni. In tal caso il procedimento dovrà essere trattato ex novo davanti al tribunale specializzato e gli atti precedentemente compiuti, compresa la sentenza di primo grado resterà inutiliter data, in quanto emessa da giudice incompetente (Cass. VI, n. 22536/2003).

Casistica

La sola dichiarazione dell'imputato che faccia risultare la sua minore età al momento del fatto non è sufficiente per determinare un'incertezza sull'età in presenza di accertamenti agli atti che dimostravano che un anno prima della commissione del fatto l'imputato stesso fosse già risultato maggiorenne attraverso gli esami radiografici cui era stato sottoposto (Cass. I, n. 7328/2008);

- il giudice non può ritenersi vincolato dalle dichiarazioni dell'imputato non solo relative alla sua età ma anche in ordine al momento di commissione del fatto. Ne consegue che solo dichiarazioni circostanziate e munite di riscontri, anche di natura logica, possono far insorgere un ragionevole dubbio tale da legittimare la trasmissione degli atti al P.m. c/o il Tribunale dei minorenni, come imposto dalle norma in esame (Cass. III, n. 33002/2015);

- la ragionevolezza del dubbio sull'età dell'imputato è esclusa dalla presenza in atti di risultanze documentali univoche e di precedenti giudicati, che hanno stabilito la maggiore età dell'imputato (Cass. I, n. 2810/2007);

- nel caso in cui, nonostante la presenza di accertamenti tecnici in atti, non sia possibile ritenere con certezza la maggiore età dell'indagato, persiste un dubbio che impone la celebrazione del procedimento incidentale e radica la competenza del giudice dei minori (Cass. I, n. 1449/2000);

- ai fini dell'accertamento dell'età della persona non è necessario un'approfondita perizia in presenza di accertamenti eseguiti tramite consulenza tecnica (accertamento radiografico del polso) che dia conto dei risultati di un esame esperito in tutti i casi consimili ed in grado di offrire un tranquillizzante grado di sicurezza in ordine ai suoi esiti circa il processo di accrescimento dell'organismo nell'età evolutiva (Cass. IV, n. 16946/2015).

Bibliografia

Pansani, Sulla possibilità di qualificare come inesistente la sentenza emessa a carico di infraquattordicenne, in Cass. pen. 1999, 1501; Ricciotti, Rapporto tra processo penale e processo minorile, in Quad CSM, 1989, 27, 759; Tonini, Manuale di procedura penale, Milano, 2010.

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