Codice di Procedura Penale art. 69 - Morte dell'imputato.

Irma Conti

Morte dell'imputato.

1. Se risulta la morte dell'imputato [150 c.p.; 60], in ogni stato e grado del processo il giudice, sentiti il pubblico ministero e il difensore, pronuncia sentenza a norma dell'articolo 129 [411].

2. La sentenza non impedisce l'esercizio dell'azione penale [405] per il medesimo fatto e contro la medesima persona, qualora successivamente si accerti che la morte dell'imputato è stata erroneamente dichiarata.

Inquadramento

L’articolo in esame disciplina gli effetti della morte dell’imputato sul processo in corso nei suoi confronti. La morte del reo, cui l’art. 150 c.p. collega l’estinzione del reato, è un evento che ovviamente comporta diverse conseguenze sul procedimento in quanto viene meno il suo destinatario. In questo caso, ovviamente, non si può, sul piano strettamente processuale, portare avanti il giudizio nei confronti dell’imputato deceduto. Si pongono, quindi, come cause di improcedibilità. Del resto, in mancanza di due elementi essenziali del giudizio, il processo non può che trasformarsi in una sorta di pseudo processo. In linea con la superfluità di ulteriori accertamenti, il legislatore ha previsto che in tal caso il giudice, sentiti il P.M. e la difesa, pronunci sentenza che dichiari l’estinzione del reato ai sensi dell’art. 129.

Accertamenti del giudice

Prima della declaratoria di estinzione del resto per morte del reo, si ritiene che il giudice abbia l'obbligo di accertare l'effettivo decesso dell'imputato. Il dovere di accertare l'esistenza in vita dell'imputato, ancorché non scritto ma naturalmente desumibile dal sistema, è certamente un obbligo che grava sul giudice per tutta la durata del processo. Poiché tale obbligo non può tradursi, nella pratica, in una costante attività di indagine, la tardiva conoscenza dell'evento morte, verificatasi nel corso del processo, può essere considerata errore di fatto paragonabile all'errore materiale e soggetto, con applicazione estensiva dell'art. 130, al procedimento della correzione degli errori materiali, anche nei gradi successivi del giudizio (Cass. VI, n. 4069/1999).

Sottendono a questa incombenza anche esigenze di economia processuale attesa l'invalidità della celebrazione di un processo nei confronti di una persona defunta. Diversamente da quanto previsto nel codice previgente gli accertamenti che dovrebbero ritenersi necessari non possono determinare una sospensione del processo e del connesso termine di prescrizione del reato.

Nel caso in cui non si riesca a risolvere il dubbio in ordine all'effettiva esistenza in vita dell'imputato, il giudice non avrà alternative al proscioglimento dell'imputato, imposto dall'art. 531 comma 2.

Durante la fase delle indagini preliminari il compito di accertare l'esistenza in vita dell'indagato, grava sul pubblico ministero. Nel caso in cui si ritiene che sia acclarato l'avvenuto decesso dell'imputato, stante il mancato esercizio dell'azione penale, non sarà possibile pronunciare sentenza di estinzione del reato ai sensi dell'art. 129, ma il P.m. dovrà richiedere l'archiviazione ai sensi dell'art. 411. Analogamente l'organo inquirente dovrà comportarsi in presenza di un dubbio circa l'esistenza in vita della persona.

Sentenza dichiarativa della morte

In seguito all'accertamento in ordine all'effettivo decesso dell’imputato disposto d’ufficio o su richiesta del P.M., il giudice , pronuncia sentenza di non doversi procedere per morte del reo, ai sensi dell'art. 129. La sentenza, pur determinando una chiusura del processo, non preclude un secondo giudizio nei confronti della medesima persona per i fatti oggetto del precedente giudizio in caso di errore nella dichiarazione della morte dell'imputato. L’avvenuta declaratoria di estinzione del reato, pertanto, non incontra il limite del principio del ne bis in idem in quanto, ovviamente, in tale sentenza non sarà operata alcuna valutazione in merito alla sussistenza del reato e della penale responsabilità dell’imputato.

Si è ritenuto, peraltro, che la deroga introdotta al principio del giudicato, qualificherebbe il provvedimento emesso coma una pseudo-sentenza inidonea ad acquisire piena efficacia di giudicato e ciò in considerazione, come detto, del proprio contenuto non accertativo ma meramente dichiarativo di una situazione di fatto che renderebbe nulla l'eventuale sentenza pronunciata.

Rapporti della sentenza dichiarativa della morte dell'imputato

La norma in oggetto, come detto, impone al giudice in caso di effettiva ed accertata morte del reo, di emettere sentenza ai sensi dell’art. 129. Tale norma, infatti,  sancisce tutti i casi in cui si configura per il giudice “l’obbligo dell’immediata declaratoria di cause di non punibilità”. Tra queste vi è anche l’estinzione del reato, ossia l’ipotesi relativa al caso di specie. Tuttavia il richiamo operato in via integrale all'art. 129 ha lasciato presumere che il giudice non sia vincolato a dichiarare l’estinzione del reato ma ben possa, nella misura in cui ciò comporti una decisione più favorevole per il defunto, ricorrere ad altra formula riportata nell'art. 129, purché ne ricorrano i presupposti.  Pertanto, al contrario di quanto quanto previsto in vigenza dell’abrogato codice da un orientamento ritenuto all'epoca prevalente, la causa di improcedibilità per morte del reo non deve essere applicata con prevalenza su ogni altra formula di proscioglimento o di assoluzione per essere venuto meno il rapporto processuale penale. Sulla base di quanto fino ad ora osservato, in presenza di elementi certi dai quali desumersi l’innocenza del deceduto, il giudice, in applicazione di un favor innocentiae, dovrà pronunciare una sentenza di proscioglimento nel merito (art. 129, comma 2).

La stessa Corte di Cassazione, in presenza della causa di estinzione, può prendere in esame gli atti per accertare se sussista in modo evidente una ragione di proscioglimento, pur nei limiti propri del giudizio di legittimità (Cass. III, n. 3028/1997).

Condizione non dissimile deve ritenersi sussistere in caso di sentenza che accerti che il fatto non costituisce reato. Anche in questo caso ,pertanto, non si verificheranno problemi relativi ad una riapertura atteso la mancanza di rilevanza penale del fatto contestato.

Ed ancora l'eventuale morte dell'imputato non potrà prevalere in mancanza di querela in quanto la mancanza di una condizione di procedibilità, come la querela, osta all'inizio di qualsiasi attività processuale, e quindi, di qualsiasi altra indagine in fatto, compresa quella riguardante l'esistenza in vita dell'imputato (Cass. S.U., n. 49783/2009).

Viceversa La declaratoria di estinzione del reato per morte dell'imputato prevale su quella di prescrizione, pur maturata anteriormente, avendo quest'ultima carattere di accertamento costitutivo, precluso nei confronti di persona non più in vita e in relazione a un rapporto processuale oramai estinto (Cass. S.U., n. 49783/2009).

Decesso verificatosi dopo la sentenza

La sentenza emessa ai sensi dell’art. 129, come è noto, può essere pronunciata in ogni stato e grado del procedimento e pertanto, nel caso in cui la morte dell’imputato si verifichi o venga accertata dopo una pronuncia di merito, sarà sempre possibile emettere una sentenza ex art. 129 in un momento successivo sia nel giudizio di appello, che in quello di legittimità.

Ricorso avverso sentenza dichiarativa estinzione reato

In linea generale deve ritenersi che il ricorso proposto successivamente alla morte dell’imputato, sia inammissibile, per l’ovvia ragione che il ricorso presentato per un imputato non più esistente difetterebbe di uno degli essenziali presupposti processuali, rappresentato dal soggetto nei cui confronti si esercita l’azione penale (Cass. VI, n. 34400/2001).

Il decesso dell'imputato nel periodo intercorrente tra la lettura del dispositivo in udienza e il deposito della sentenza, rende improponibile l'impugnazione in quanto comporta il venir meno del rapporto di impugnazione e, conseguentemente rende l'atto inidoneo a produrre gli effetti processuali necessari ad originare il giudizio di appello (Cass. VI, n. 22392/2008).

È inammissibile anche il ricorso per cassazione proposto da un terzo, anche se prossimo congiunto di imputato deceduto. L'ordinamento giuridico, invero, non prevede in assoluto tale possibilità. L'obbligo del giudice di privilegiare, in caso di decesso dell'imputato, la pronuncia nel merito se dagli atti risulta evidente che il fatto non sussiste, l'imputato non lo ha commesso, il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato, sussiste nel caso in cui il decesso si verifica nel corso del procedimento. Al contrario, quando la causa di morte, che è estintiva del reato, è già stata dichiarata, non può essere processualmente proposto alcun rimedio da alcun soggetto e ciò, sulla scorta della previsione dell'art. 568 comma 3, secondo cui il diritto di impugnazione spetta soltanto a colui al quale la legge espressamente lo conferisce (Cass. VI, n. 14631/1999).

Successivo accertamento in vita

Come evidenziato in precedenza, la sentenza per morte del reo non è soggetta al ne bis in idem e vi è sempre la possibilità di procedere nei confronti della persona di cui si era erroneamente dichiarata la morte. Per potersi legittimamente ricominciare l'azione penale occorrerà la prova certa dell’esistenza in vita dell’imputato.

Casistica

La decisione da parte del giudice della Cassazione avvenuta successivamente al decesso dell'imputato ma non conosciuta dal collegio, può essere considerato un errore paragonabile all'errore materiale e, in quanto tale, soggetto, con applicazione estensiva dell'art. 130, al procedimento di correzione degli errori materiali ed è di competenza del giudice di legittimità in applicazione del principio che l'inesistenza, causata dal venir meno di uno dei presupposti essenziali del processo penale, va dichiarata dallo stesso giudice che ha deliberato la sentenza (Cass. VI, n. 12841/2012);

- diversamente dal caso su esposto, la pronuncia di estinzione del reato per morte del reo, pronunciata a seguito di acquisizione di un certificato di morte rilasciato a persona omonima dell'imputato, non costituisce errore materiale emendabile con la procedura di cui all'art. 130 in quanto nessun errore presenta la decisione pronunciata in base ad un certificato di morte allegato, ancorché relativo a persona diversa. Non si tratta, neppure, di errore, materiale o di fatto, cui possa ovviarsi con la procedura di cui all'art. 625-bis, a parte che il rimedio straordinario previsto dalla menzionata norma processuale è applicabile solo alla sentenza di condanna. Si tratta solo di una tipica fattispecie di erronea dichiarazione di morte dell'imputato, espressamente prevista dall'art. 69, secondo cui, nell'ipotesi anzidetta, la sentenza non impedisce l'esercizio dell'azione penale per il medesimo fatto e contro la medesima persona (Cass. V, ord. n. 22817/2004).

Bibliografia

Tonini, Manuale di procedura penale, Milano, 2010.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario