Codice di Procedura Penale art. 77 - Capacità processuale della parte civile.

Irma Conti

Capacità processuale della parte civile.

1. Le persone che non hanno il libero esercizio dei diritti non possono costituirsi parte civile se non sono rappresentate, autorizzate o assistite nelle forme prescritte per l'esercizio delle azioni civili [75 c.p.c.].

2. Se manca la persona a cui spetta la rappresentanza o l'assistenza e vi sono ragioni di urgenza ovvero vi è conflitto di interessi tra il danneggiato e chi lo rappresenta, il pubblico ministero può chiedere al giudice di nominare un curatore speciale [338 4]. La nomina può essere chiesta altresì dalla persona che deve essere rappresentata o assistita ovvero dai suoi prossimi congiunti [307 4 c.p.] e, in caso di conflitto di interessi, dal rappresentante.

3. Il giudice, assunte le opportune informazioni e sentite se possibile le persone interessate, provvede con decreto, che è comunicato al pubblico ministero affinché provochi, quando occorre, i provvedimenti per la costituzione della normale rappresentanza o assistenza dell'incapace.

4. In caso di assoluta urgenza, l'azione civile nell'interesse del danneggiato incapace per infermità di mente o per età minore può essere esercitata dal pubblico ministero [83 1, 4], finché subentri a norma dei commi precedenti colui al quale spetta la rappresentanza o l'assistenza ovvero il curatore speciale.

Inquadramento

L'articolo in esame disciplina la capacità processuale del danneggiato predisponendo i rimedi in caso di sua assenza ovvero di un non corretto esercizio in caso di situazioni di incompatibilità tra rappresentante e rappresentato.

Soggetti incapaci

La capacità processuale rappresenta infatti un presupposto essenziale non solo per l’imputato, ma anche per la persona danneggiata, in quanto deve essere sempre garantito il diritto della parte a doversi rendere conto della realtà processuale. Per tale motivo, il legislatore ha richiesto la sussistenza di tale presupposto anche nei confronti del danneggiato il quale, nel caso sia privo, deve essere rappresentato nelle stesse forme previste per l’imputato. La sostanziale natura civilistica del rapporto, ha legittimato il richiamo alle disposizioni del codice civile per l'individuazione delle forme, modalità di tutela e rappresentanza dei soggetti incapaci. Ne consegue che i minori devono essere rappresentati dai genitori ovvero dal tutore; gli interdetti, parimenti, devono essere rappresentati dal tutore, previa autorizzazione del giudice tutelare. Quanto agli emancipati e gli inabilitati, gli stessi devono stare in giudizio tramite l'assistenza del curatore. Nel caso di fallimento la legittimatio ad processum deve essere riconosciuta al curatore fallimentare il quale, dopo aver ottenuto l’autorizzazione dal giudice delegato, potrà validamente costituirsi in giudizio per ottenere le restituzioni ed il risarcimento dei danni cagionati da reato relativi a rapporti di diritto patrimoniale rientranti nella sfera del fallimento. L’incapacità del fallito, naturalmente, non rileva per i danni derivanti da reato cagionati prima della dichiarazione di fallimento in rapporto ai reati quali si ritiene che lo stesso possa legittimamente costituirsi parte civile.

Decesso del danneggiato

In questo caso i successori universali sono legittimati a proseguire l’azione civile nel processo penale, ovvero ad intraprenderla per la prima volta. Nel primo caso, ossia quando vi sia stata già costituzione del de cuius, gli eredi agiranno in base a diritto ereditario; viceversa, faranno valere un diritto proprio nel caso in cui daranno inizio all'azione, come nel caso di costituzione dei familiari della vittima di un omicidio. In tal caso, peraltro, potrà essere validamente richiesto il risarcimento del proprio danno conseguente alla lesione diretta della propria sfera giuridica alla stregua dei rapporti patrimoniali con la vittima.

Segue. Casistica

Il raggiungimento della maggiore età fa confluire la legittimazione dei genitori che avevano proposto querela nell'interesse dell'allora minore danneggiato dal reato in quella del figlio, di talché deve ritenersi nulla l'udienza fissata dal G.i.p. per la deliberazione della richiesta di archiviazione (Cass. IV, n. 27007/2004);

la parte civile, qualora divenga maggiorenne dopo la nomina del difensore, ritualmente compiuta da parte del genitore esercente la potestà, deve rendersi parte attiva presso il difensore medesimo o provvedere alla sua eventuale sostituzione. Diversamente, non può addurre alcuna nullità della citazione, poiché la nomina del difensore precedentemente eseguita mantiene intatti i suoi effetti (Cass. III, n. 10851/1995);

rimane escluso che la mancata dichiarazione del raggiungimento della maggiore età, nell'ipotesi di parte civile minorenne costituitasi a mezzo del genitore, possa essere interpretata come un'implicita rinuncia alla costituzione da parte del minore medesimo (Cass. n. 9725/1997);

sulla stessa scia si è affermato che la costituzione di parte civile da parte di un minore, avvenuta a mezzo dell'esercente la potestà genitoriale, conserva la sua validità, pur in assenza di rinnovazione, anche nel caso che il minore, nel corso del giudizio, raggiunga la maggiore età, in assenza di dichiarazione al riguardo da parte del difensore e di iniziative delle controparti (Cass. I, n. 24683/2006).

Curatore speciale

Nel caso in cui la persona incapace sia priva di adeguata assistenza, ovvero versi in una condizione di conflitto di interessi con la persona che lo rappresenta, l'azione civile può essere esercitata da un curatore speciale (art. 78 c.p.c.) nominato, in presenza di ragioni di urgenza, dal giudice su richiesta del P.M., al quale spetta solo un potere di iniziativa. Il giudice cui è rivolta l’istanza, dovrà svolgere una breve attività istruttoria volta ad acquisire le informazioni necessarie ai fini della decisione ascoltando, qualora indispensabile, anche le persone interessate. Esaurita tale fase, provvede con decreto che viene comunicato al P.M.

Giudice competente a provvedere sulla richiesta di nomina del curatore speciale ed al quale dovrà correttamente essere rivolta la richiesta, è quello procedente che ha la materiale disponibilità degli atti.

Come affermato anche recentemente dalla Suprema Corte di Cassazione, la necessità di una stabile rappresentanza legale, in luogo di quella interinale assicurata, nei soli casi di urgenza, dal P.m. ai sensi dell'art. 77, comma 4, comporta che alla nomina del curatore si proceda quanto prima da parte del giudice procedente il quale, in forza di una applicazione analogica, pienamente consentita, dell'art. 554 o del pari analogamente in base a quanto stabilitosi in tema di giudice competente per le misure cautelari ex art. 279 (ex plurimis v. Cass. S.U., n. 7/1995, confl. comp. Ass. Catanzaro e Gip Trib. Catanzaro in proc. Ranieri) deve essere individuato per quello che materialmente e giuridicamente dispone degli atti del procedimento (Cass. VI, n. 47137/2014).

Enti pubblici

La normativa in esame non trova applicazione nei confronti degli enti pubblici. E ciò in quanto i concetti di « rappresentanza » ed « assistenza »  aderiscono a soggetti che non hanno il libero esercizio dei loro diritti e non possono in alcun modo riferirsi all'ente pubblico per il quale, anche quando si parla di legale rappresentanza da parte del soggetto (persona fisica) legittimato a esprimere la volontà dell’ente nei rapporti esterni, non ci si trova mai di fronte ad una vera e propria rappresentanza in senso civilistico. Si precisa, infatti, che il rapporto  (organico) tra ufficio e persona (fisica) ad esso preposta si risolve piuttosto, secondo la più accreditata dottrina pubblicistica, in una «immedesimazione» tale che il preposto non risulta mai un soggetto a sé stante rispetto all'ente. In secondo luogo, è nei cardini del sistema che l'ufficio del titolare — inteso come un tutt'uno di persone e mezzi, organizzato per lo svolgimento di quell'attività — non può non avere carattere istituzionale ed è questo che ne spiega in dottrina la sua continuità e indefettibilità anche in caso di mutamento degli elementi che lo compongono o di temporanea mancanza di taluno di essi. Preso dunque atto che non è concepibile un ufficio privo di un preposto, il diritto positivo ha elaborato, a fianco alla figura del titolare (colui che d’ordinario riveste quel ruolo), quella del  vicario, del facente funzioni o del reggente (che normalmente opera nell'intervallo tra la cessazione di un titolare e la nomina del successore), del sostituto (che di solito agisce per delega), del supplente che opera in caso di assenza o di impedimento, fisico o giuridico, del titolare e di regola gli subentra in modo automatico.

Ne consegue che, nei confronti dell'ente pubblico, non si configurano ipotesi né di incapacità né di conflitto di interessi ben potendosi, anche in questo caso, risolversi le problematiche del conflitto di interessi tra il preposto e l'ente attraverso una sostituzione interna all'ente del soggetto preposto ed in conflitto di interessi (Cass. VI, n. 9663/2001).

La costituzione del P.m.

Nei casi di assoluta urgenza, nei quali non sarebbe possibile svolgere il normale iter per la nomina di un curatore speciale, è prevista la possibilità per il P.m. di esercitare l'azione civile nell'interesse del soggetto incapace per età o per condizione psichica. Tale particolare forma di costituzione, per la sua stessa natura, ha una valenza limitata e finalizzata a consentire l’intervento di colui al quale spetta la rappresentanza o assistenza della persona incapace, ovvero alla nomina del curatore speciale. Si tratta, quindi, di un potere di supplenza funzionale solo ad arginare le emergenze.

È il caso della celebrazione di un giudizio direttissimo nel quale la tempistica normativa è oggettivamente incompatibile con i tempi necessari non solo per la nomina di un curatore speciale ma, del caso, anche con quelli necessari all'individuazione della persona cui spetti la rappresentanza dell'incapace. Anche in caso di esercizio dell'azione civile, il P.M. resta organo della pubblica accusa e, in quanto tale, resta sostanzialmente estraneo al rapporto processuale civile. Come sottolineato, infatti, la sua  funzione è solo temporanea ed è tesa a non arrecare, in situazioni eccezionali, pregiudizio al danneggiato incapace. Tale potere di sostituzione non potrà essere esercitato, invece, con riferimento all'imputato nella censura di provvedimenti per far valere l’illegittimità della mancata concessione di benefici, rimessi al potere dispositivo della parte e al potere discrezionale del giudice. Non può sostituirsi all'offeso dal reato, costituitosi parte civile, per sindacare, con l'impugnazione, statuizioni ritenute pregiudizievoli degli interessi civili, in un processo dispositivo nel quale viene garantita la posizione, tendenzialmente paritetica, dei vari soggetti e il diritto dell'imputato non solo ad essere giudicato da un giudice «terzo», ma anche a non essere contrastato, fuori dei limiti di un legittimo contraddittorio, dal pubblico ministero. Quale parte tecnica «non imparziale», in ambiti che esulano dalla di lui legittimazione. Poiché, infatti, non è prevista come esigenza di ordine pubblico la difesa degli interessi civili, che possono essere tutelati con azioni spettanti ai rispettivi titolari, il pubblico ministero rimane estraneo al rapporto processuale civile e non è portatore di un interesse concreto e giuridicamente apprezzabile, in tale ambito e in siffatti limiti, per svolgere una attività surrogatoria (Cass. V, n. 10366/1999).

Segue. Casistica

Il p.m., al di fuori dei casi e dei limiti segnati dall'art. 77 non può, sostituendosi ai soggetti interessati chiedere il sequestro conservativo a tutela di interessi civili in quanto si tratta di un'istanza che spetta esclusivamente a coloro cui il reato ha recato danno ovvero ai loro eredi che possono agire per le restituzioni ed il risarcimento e ciò in quanto esplicazione dell'azione civile esercitata nel giudizio penale la cui legittimazione è riservata alla sola parte privata. Né la circostanza che detta azione possa essere esercitata nel processo penale comporta delega di esercizio alla parte pubblica (Cass. VI, n. 3565/1996);

esula dal concetto di interesse concreto ed attuale dell'accusa per l'impugnazione quello proprio della parte civile a far valere le proprie pretese risarcitorie. Ne consegue che deve ritenersi inammissibile l'impugnazione della parte pubblica per il mutamento della formula assolutoria «perché il fatto non sussiste» in quella «perché il fatto non è più previsto dalla legge come reato» proposta al solo fine di consentire una tutela degli interessi privati. Ciò in quanto il P.m. è estraneo al rapporto processuale civile instauratosi incidentalmente nel processo penale tra i soggetti danneggiati dal reato e l'imputato, ed è perciò indifferente ai profili di soccombenza propri dell'azione civile risarcitoria e non è, pertanto, legittimato ad impugnare un provvedimento all'esclusivo fine di tutelare gli interessi civili delle parti private, né a surrogarsi all'eventuale inerzia delle stesse (Cass. I, n. 9174/2007).

Bibliografia

Conso, Capacità processuale penale (diritto processuale penale) in Enc. dir., Milano, 1960, 134; Satta, Capacità processuale (diritto processuale civile), in Enc. dir., Milano, 1960, 130; Tonini, Manuale di procedura penale, Milano, 2011.

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