Codice di Procedura Penale art. 90 ter - Comunicazioni dell'evasione e della scarcerazione 1 .

Irma Conti

Comunicazioni dell'evasione e della scarcerazione 1 .

1. Fermo quanto previsto dall'articolo 299, nei procedimenti per delitti commessi con violenza alla persona sono immediatamente comunicati alla persona offesa che ne faccia richiesta, con l'ausilio della polizia giudiziaria, i provvedimenti di scarcerazione e di cessazione della misura di sicurezza detentiva emessi nei confronti dell'imputato in stato di custodia cautelare o del condannato o dell'internato, ed è altresì data tempestiva notizia, con le stesse modalità, dell'evasione dell'imputato in stato di custodia cautelare o del condannato, nonché della volontaria sottrazione dell'internato all'esecuzione della misura di sicurezza detentiva, salvo che risulti, anche nella ipotesi di cui all'articolo 299, il pericolo concreto di un danno per l'autore del reato2.

1-bis. Le comunicazioni previste al comma 1 sono sempre effettuate alla persona offesa e al suo difensore, ove nominato, se si procede per il delitto previsto dall'articolo 575 del codice penale, nella forma tentata, o per i delitti, consumati o tentati, previsti dagli articoli 572, 609-bis, 609-ter, 609-quater, 609-quinquies, 609-octies e 612-bis del codice penale, nonché dagli articoli 582 e 583-quinquies del codice penale nelle ipotesi aggravate ai sensi degli articoli 576, primo comma, numeri 2, 5 e 5.1, e 577, primo comma, numero 1, e secondo comma, del codice penale3.

 

[1] Articolo inserito dall'art. 1 d.lgs. 15 dicembre 2015, n. 212.

[2] Le parole «emessi nei confronti dell'imputato in stato di custodia cautelare o del condannato o dell'internato» sono state inserite dopo le parole «i provvedimenti di scarcerazione e di cessazione della misura di sicurezza detentiva» dall'art. 14, comma 1, lett. a), l. 24 novembre 2023, n. 168.

[3] Le parole «per il delitto previsto dall'articolo 575 del codice penale, nella forma tentata, o per i delitti, consumati o tentati,» sono state sostituite alle parole «per i delitti» dall'art.2, comma 11, lett. a), l. 27 settembre 2021, n. 134, in vigore dal 19 ottobre 2021. Precedentemente il comma era stato aggiunto dall'art. 15, comma 1, legge 19 luglio 2019, n. 69, in vigore dal 9 agosto 2019. 

Inquadramento

La nuova disposizione in esame tutela la persona offesa, attraverso un obblig informativo posto a carico dell’Autorità Giudiziaria, dalle possibili ripercussioni che possono derivare dalle modifiche del regime cautelare, a cui può essere sottoposto l’imputato.

Ambito di applicazione

L'obbligo di informativa, posto nei confronti dell'Autorità procedente, integra l'attuale regime delle comunicazioni di cui all'art. 299, commi 2-bis, 3 e 4-bis, in tema di sostituzione o revoca di misure cautelari. In conformità con quanto previsto dalle citate norme, infatti, si è imposto un generale dovere di informazione nell'interesse della persona offesa non più solo in conseguenza delle modifiche delle misure cautelari disposte nei confronti dell'indagato/imputato, ma anche in conseguenza di eventuali evasioni o volontarie sottrazioni dello stesso imputato dall'esecuzione di misure di sicurezza.

La disposizione attua l'art. 6, § 5, della Direttiva che obbliga gli Stati membri a garantire alla vittima la possibilità, su richiesta, di essere informata senza ritardo della scarcerazione o dell'evasione della persona indagata, imputata o condannata.

Con l’approvazione del c.d. “D.D.L. Roccella”, ossia la Legge 24 novembre 2023, n. 168, è stato ulteriormente specificato l’ambito di applicazione dell’obbligo di comunicazione dell’evasione o di scarcerazione previsto dalla norma in esame, precisando che tale obbligo si estende anche nel caso in cui i provvedimenti di scarcerazione e di cessazione della misura di sicurezza de­tentiva riguardino l’imputato in stato di custo­dia cautelare o del condannato o dell’inter­nato. Ciò al fine di far sì che la persona offesa di reati particolarmente allarmanti riceva in ogni caso notizia della scarcerazione o della cessazione della misura.

Reati commessi con violenza alla persona

L'obbligo di comunicazione è stato circoscritto ai procedimenti per “delitti commessi con violenza alla persona”, intendendo il legislatore tradurre con tale espressione l'indicazione contenuta nella direttiva al & 6 dell'art. 6, che prescrive la comunicazione della scarcerazione o dell'evasione, «almeno nei casi in cui sussista un pericolo o un rischio concreto di danno» nei confronti della vittima. Diversamente da quanto inteso dalla direttiva, che pone l'attenzione sulla persona o, meglio, sulle ripercussioni che può subire a seguito della remissione in libertà dell'autore del fatto, il decreto sembra, ad una prima lettura, incentrato sulle fattispecie di reato. Ciò che deve essere tenuto in considerazione, quindi, sembra essere il dato oggettivo della delitto posto in essere. Più in generale, tuttavia, va osservato che in tema di violenza alla persona si registrano discordanti orientamenti atti a condizionare l'applicazione della norma e, per quanto qui riguarda, l'ambito applicativo dell'obbligo di comunicazione. Trattasi di orientamenti sorti successivamente, in particolare, dell'introduzione dell'art. 299, comma 2-bis, e che riguardano tre aspetti fondamentali. Il primo attiene al concetto di violenza ed in particolare se lo stesso debba essere riferito alla fattispecie astratta ovvero se occorra richiamare le modalità di attuazione concrete del fatto. Il secondo ha ad oggetto l'estensione del concetto di violenza ossia se  debba intendersi come tale solo quella fisica o anche quella di carattere psicologico ed il terzo se la violenza richiamata dalla norma sia solo quella manifestatasi nelle relazioni interpersonali di tipo domestico o affettivo, ovvero riferita a tutte le forme di condotte violente anche con vittima occasionale. Allo stato tali questioni non sono del tutto risolte, e va affermato che  ai fini di una precisa determinazione del concetto di violenza alla persona  e del suo ambito applicativo, non può che darsi conto della finalità perseguita dalle direttiva che è certamente quella di tenere nella giusta considerazione il rischio che in concreto possa gravare sulla vittima a seguito della scarcerazione del presunto responsabile di un delitto ai suoi danni.

In tale ultima prospettiva, quindi, la problematica non attiene tanto al delitto commesso, quanto alle conseguenze che la vittima possa subire a seguito della liberazione dell'autore del fatto e caratterizza per violenti quei reati per i quali tale rischio ricorra. La correttezza di questa interpretazione, a ben vedere, si ravvisa nella scelta del legislatore di demandare alla vittima stessa la possibilità di valutare l'esistenza del rischio. Non va dimenticato, infatti, che l'obbligo di avviso è condizionato alla richiesta della persona offesa. Nell'attribuire tale potere, a ben vedere, si definisce l'ambito applicativo della norma e la determinazione del concetto di violenza. Il profilo soggettivo è scriminante ed emerge chiaramente nella scelta del legislatore per cui l'interprete non può in alcun modo trascurarla. Ma se ciò che rileva è la ripercussione sulla persona del rischio personale, ne consegue il superamento delle questioni sollevate con riferimento alle citate norme del codice di rito. In particolare l'obbligo di comunicazione non sarà condizionato dalla occasionalità o sistematicità del delitto in quanto la capacità di condizionare la persona offesa può conseguire sia da delitti in cui a vittima occasionale che sistematica. Parimenti va ritenuta irrilevante la distinzione tra violenza astratta o concreta in quanto un reato che contiene astrattamente l'esplicazione di un comportamento violento può condizionare la vittima mentre l'esecuzione in concreto di attività violente nella commissione del delitto può non causare alcun ulteriore timore nella persona offesa.  La chiave interpretativa proposta appare essere anche un valido discrimen per definire lo stesso concetto di violenza, dovendosi ritenere tale anche la semplice minaccia nella misura in cui sia idonea ad ingenerare un timore di reiterazione nella vittima. La minaccia, in quanto idonea ad incidere sulla libertà anche se solo psichica della vittima, si sostanzia in una violenza che va certamente ricompresa nel concetto normativo.

Con l'approvazione del cd. “Codice Rosso”, l. n. 69/2019, all'art. 90-ter  è stato inserito il comma 1-bis il quale, per determinate categorie di reati, prevede che le comunicazioni di cui  al comma 1 siano sempre trasmesse alla persona offesa e al suo difensore, se nominato. Si tratta delle persone offese dai reati di cui agli artt. 572, 609-bis, 609-ter, 609-quater, 609-quinquies, 609-octies e 612-bis, 582 e 583- quinquies aggravati ai sensi degli articoli 576 comma  1, numeri 2, 5 e 5.1, e 577, comma 1 n. 1 e comma 2 del codice penale. Tale enumerazione è stata integrata dalla l. n. 134/2021 (cd. “Riforma Cartabia”) introducendo l’ipotesi di cui all’art. 575 c.p. nella forma tentata o consumata. Con l'introduzione di questo comma, inserito nel contesto di misure volte a combattere il fenomeno della violenza domestica e di genere, il legislatore ha inteso ampliare la tutela delle vittime dei reati di violenza di genere. Come emerge dai lavori preparatori (cfr. Dossier n. 77 del 2019), infatti, si è inteso rendere più stringente l'obbligo di comunicazione alla persona offesa e al suo difensore dell'adozione di provvedimenti di scarcerazione, di cessazione della misura di sicurezza detentiva, di evasione. Come evidenziato nel summenzionato dossier, rispetto alla formulazione vigente, che prevede tale comunicazione per tutti i reati commessi con violenza alla persona, ma solo previa richiesta della vittima, la riforma aggiunge per le vittime degli specifici delitti di violenza domestica l'obbligo di comunicazione.

Scarcerazione

Secondo presupposto oggettivo ha ad oggetto la scarcerazione dell'imputato. Anche in tal caso, diverse sono le questioni che si sono presentate. In primis con riferimento alle scarcerazioni consentite per brevi periodi a seguito della concessione di misure alternative alla detenzione o di benefici penitenziari, quali i permessi-premio o licenze. Un criterio più o meno estensivo andrebbe ad incidere in modo significativo sulla quantità di avvisi da effettuare alla persona offesa che ne abbia fatto richiesta così come la sua più ampia applicazione richiederebbe un costante coordinamento e scambio di informazioni aggiornate tra i diversi soggetti istituzionali coinvolti. Sotto tale aspetto il dovere primario di informazione che grava sull'autorità dovrà essere inteso in senso ampio atteso che anche un periodo transitorio di scarcerazione è idoneo a ridestare nei confronti della persona offesa il timore posto a fondamento dell'obbligo di comunicazione.

Richiesta della vittima

Diversamente dai precedenti, la richiesta della persona offesa è un presupposto di carattere soggettivo che sembra condizionare l'obbligo di informazione. Quanto alle modalità di formazione dell'atto, stante la sua rilevanza e per gli effetti che genera, deve ritenersi che possa farsi rientrare tra gli atti che la parte deve compiere personalmente ovvero tramite procuratore speciale.

Bibliografia

V. sub art. 90 bis

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