Codice di Procedura Penale art. 96 - Difensore di fiducia.

Irma Conti

Difensore di fiducia.

1. L'imputato [60, 61] ha diritto di nominare non più di due difensori di fiducia [655 5; 24-26 att.]1.

2. La nomina è fatta con dichiarazione resa all'autorità procedente ovvero consegnata alla stessa dal difensore o trasmessa con raccomandata [27, 65 att.].

3. La nomina del difensore di fiducia della persona fermata, arrestata [386] o in custodia cautelare [293], finché la stessa non vi ha provveduto, può essere fatta da un prossimo congiunto, con le forme previste dal comma 2.

 

[1] Per i procedimenti a carico del personale di polizia v. l'art. 9 l. 7 agosto 1990, n. 232 e l'art. 32 l. n. 152 del 1975.

Inquadramento

La norma garantisce e disciplina l’esercizio del diritto irrinunciabile di difesa dell’imputato. Il diritto di essere difesi e il connesso obbligo ad avere un difensore, confermano la volontà del legislatore di escludere in sede penale la possibilità di difendersi da soli, e di rendere effettiva la realizzazione del contraddittorio. La nomina è ovviamente un atto personale a forma libera, essendo legittima anche la nomina che emerga, anche per facta concludentia, l’esistenza del rapporto fiduciario tra imputato e difensore. Il difensore ha compiti di assistenza e rappresentanza dell’assistito, sebbene, come è noto, esistano degli atti che possono essere compiuti soltanto previo conferimento di una specifica procura speciale. È possibile la nomina di un massimo di due difensori, restando improduttive di effetti quelle eccedentarie. Nell'ipotesi in cui il soggetto da difendere sia in vinculis, pur essendo la nomina un atto personale, è possibile la nomina di un difensore da parte dei prossimi congiunti.

La dimensione pubblicistica

l fondamento della norma è rappresentato dall'art. 24 Cost., che garantisce il diritto di difesa a tutte le persone. Ulteriormente, anche la CEDU ha previsto all'art. 6, comma 3, lett. c), il diritto di ogni accusato di avere l'assistenza di un difensore di sua scelta. Sebbene la Costituzione garantisca a tutte le parti private il diritto ad un'assistenza tecnica all'interno di un processo, il ruolo del difensore dell’imputato riveste una rilevanza maggiore ed è caratterizzato da maggiori diritti e garanzie, in considerazione valore pubblicistico della stessa difesa. Il legislatore ha ritenuto, inoltre, di realizzare la parità delle parti processuali anche attraverso la previsione di una serie di diritti volti a rendere effettiva la difesa tecnica tra i quali il patrocinio a spese dello Stato e la difesa d'ufficio in assenza di un difensore di fiducia. Un’ulteriore conferma della dimensione pubblicistica della difesa tecnica  si ritrova nella sua irrinunciabilità, in quanto soltanto le competenze di cui è dotato il difensore possono garantire i diritti dell'imputato durante il compimento di determinate attività e durante lo stesso svolgimento del processo. In tal senso si ritiene che nel processo penale non possa trovare alcuno spazio l'autodifesa, laddove si consideri che il legislatore all'art. 97 ha previsto la necessaria nomina di un difensore d'ufficio. Va sottolineato, tuttavia, che la possibilità dell'autodifesa non è esclusa dalla C.E.D.U., anche se non viene considerato quale diritto assoluto; ragion per cui non è imposta agli Stati membri, il che rende legittima la decisione del legislatore nazione di decidere autonomamente in ordine a tale profilo.  Unico limite che deve essere garantito in ambito comunitario è la piena garanzia della difesa dell’imputato che nel nostro ordinamento è stata perseguita con l’esclusione in senso assoluto dell'autodifesa che è inibita anche nel caso in cui l'imputato o indagato sia dotato delle competenze professionali necessarie. In ogni caso l'imputato conserva una propria capacità, atteso che l'art. 99, comma 2, gli permette di revocare effetto agli atti posti in essere dal suo difensore prima che dagli stessi sia derivato un provvedimento del giudice. Fino a poco tempo fa tra questi poteri attribuiti all'imputato, si doveva annoverare anche la possibilità per lo di proporre anche personalmente ricorso per Cassazione ai sensi dell’art. 607. Tale possibilità è stata però esclusa dall’art. 1, comma 54, l. n. 103/2017 e anche in seguito ad un contrasto interpretativo sul punto, le Sezioni Unite hanno sancito che "il ricorso per cassazione avverso qualsiasi tipo di provvedimento non può essere personalmente proposto dalla parte, ma deve essere sottoscritto, a pena di inammissibilità, da difensori iscritti nell'albo speciale della Corte di cassazione" (Cass. S.U., n. 8914/2018).

Attività del difensore

Nell'ambito dell’attività prestata dal difensore è necessario distinguere tra quelle poste in essere in forma di rappresentanza e quelle in forma di assistenza. Quest’ultima ha ad oggetto la collaborazione svolta sia fuori che durante il processo per il compimento di determinati atti quali consulenze, anche stragiudiziali, o l’attività strettamente di assistenza svolta in occasione del compimento di specifici atti. La prima, viceversa, ricomprende le attività che vengono svolte attraverso atti presentati in nome e per conto dell’imputato, anche attraverso l’esercizio di poteri attribuiti al soggetto difeso. In ogni caso, la rappresentanza dell'imputato desumibile dalla norma codicistica non può essere equiparata a quella civilistica, in quanto il difensore in alcuni casi per poter svolgere determinate attività, soprattutto di rappresentanza, è tenuto al preventivo conferimento di una specifica procura speciale (si pensi alla richiesta di riti alternativi); in altre ipotesi, il codice considera l'imputato l'unico titolare di determinati diritti (si pensi alla sospensione del processo nelle ipotesi di cui all'art. 420, comma 2).

Capacità del difensore

La legge prevede, ovviamente, dei requisiti che devono essere rispettati affinché l’incarico sia validamente conferito. In primis è necessario che il professionista sia abilitato secondo quanto previsto dalla legge e che non si trovi in una posizione di conflitto con gli interessi coinvolti nel procedimento. Dalla dimensione pubblicistica della difesa tecnica e dalla necessità che si tratti di un soggetto abilitato, discende l’obbligo che il difensore sia effettivamente iscritto all'albo degli avvocati e, quindi, sia nelle condizioni di capacità previste dalle leggi sull’Ordinamento forense. Presupposto per l’iscrizione è l’acquisizione dell’abilitazione all'esercizio della professione che si acquisisce in seguito al superamento di un esame e in seguito al giuramento. La capacità del difensore è requisito fondamentale per lo svolgimento delle attività previste dal codice, in quanto l'esercizio della professione senza iscrizione comporta la nullità degli atti compiuti ai sensi degli artt. 178 lett. c) e 179 comma 1.

Per i giudizi innanzi la Corte di Cassazione, inoltre, è previsto un apposito albo cui devono essere iscritti i difensore per poter legittimamente patrocinare innanzi le magistrature superiori (art. 613). La specifica previsione è giustificata delle particolari competenze tecniche necessarie per i relativi giudizi; di talché, il ricorso per cassazione sottoscritto da un avvocato non abilitato al patrocinio dinanzi la Corte di Cassazione deve essere dichiarato inammissibile, salvo non si tratti di difensore di un latitante, nel qual caso la peculiarità della situazione permette di derogare alla regola generale (Cass. I, n. 2298/2004). Il difensore non abilitato, tuttavia, potrà sempre ricorrere in Cassazione nominando quale suo sostituto processuale un legale abilitato. E ciò in quanto il potere di impugnativa, proprio del difensore sia di fiducia sia di ufficio, legittima la nomina di un sostituto a tal fine. E ciò proprio in applicazione delle regole stabilite dall'art. 102, là dove si prevede che il difensore di fiducia e il difensore di ufficio possono nominare un sostituto (comma 1) e che il sostituto esercita i diritti e assume i doveri del difensore (comma 2) (Cass. S.U., n. 40517/2016; Cass. S.U., n. 40518/2016).

Va precisato che l'assistenza tecnica può essere fornita anche dai praticanti avvocati che dopo un anno di pratica forense abbiano superato una prova di abilitazione. Tale patrocinio può essere effettuato solo all'interno del distretto della Corte d’Appello di appartenenza e in relazione ai reati di cui all'art. 550 per i quali è prevista la citazione diretta, oltre a quelli di competenza del Giudice di Pace. Inoltre, la Corte costituzionale ha introdotto un'ulteriore limitazione per i praticanti avvocati, in quanto ha stabilito che non possono essere nominati difensori d'ufficio (Corte cost. n. 106/2010). A seguito dell'attuazione della direttiva 98/5/CE, è permesso l'esercizio della professione forense anche a coloro che si siano abilitati in uno degli Stati dell'Unione Europea. Tuttavia, deve essere necessariamente assicurato che tali soggetti abbiano la conoscenza teorica e pratica richiesta per poter esercitare effettivamente l’ufficio difensivo. La l. n. 96/2001 ha previsto che sia istituita un'apposita sezione dell'albo in cui tali soggetti devono essere registrati. Solo dopo tre anni di attività tali soggetti possono essere considerati avvocati integrati. Va ancora osservato che, ai fini della abilitazione all'esercizio dell'assistenza difensiva in un procedimento giurisdizionale davanti all'autorità giudiziaria italiana da parte di legale cittadino di uno Stato membro dell'Unione Europea, costituisce presupposto indispensabile la formale comunicazione prescritta dall'art. 9 l. n. 31/1982, diretta al presidente dell'ordine degli avvocati nella cui circoscrizione l'attività deve essere svolta, in difetto della quale il professionista — pur nominato difensore dell'imputato — non è abilitato a svolgere attività defensionale, dovendo, quindi, l'autorità procedente prescindere da tale nomina (Cass. V, n. 39199/2015).

Soggetto conferente l'incarico

Con riferimento al soggetto conferente l’incarico è evidente che si tratti dell’indagato o dell’imputato. Si tratta di un atto che va compiuto personalmente, ma vi sono alcune deroghe, come quella prevista per l’imputato/indagato minorenne. Ed invero, la disciplina sul processo a carico di imputati minori degli anni diciotto prevede che gli stessi genitori abbiano la capacità di nominare un difensore di fiducia per il minore, come è esplicitamente previsto all'art. 18 ultimo comma d.P.R. n. 448/1988, che richiama gli artt. 390 e 391 per il procedimento di convalida all'arresto. Detta facoltà prescinde dalla sussistenza dei presupposti di cui all'art. 96 comma 3. Si precisa, infatti, che i genitori dell'imputato minorenne rappresentano l'imputato stesso, non sono una parte autonoma, né sono portatori di un proprio interesse, essi agiscono a nome dell'imputato e, quindi ne interpretano l'interesse processuale.

Se, dunque, i genitori non possono essere ritenuti altro da sé rispetto all'imputato minorenne, è agevole affermare che gli stessi possano esercitare le facoltà riconosciute all'imputato tra cui la nomina del difensore (Cass. II, n. 9246/2004). Diversa problematica può porsi con riferimento alle persone giuridiche. Ai sensi dell'art. 39 d.lgs. n. 231/2001, la partecipazione della persona giuridica al procedimento penale avviene attraverso il proprio rappresentante legale, individuato in base alla disciplina contenuta nello statuto o nell'atto costitutivo dell'ente, che designa l'organo — cioè la persona fisica che ne è titolare — a cui spetta la competenza ad esternare la volontà del soggetto collettivo. In altri termini, la nomina potrà essere rilasciata da colui che ha la rappresentanza dell'ente stesso. Non a caso la disciplina dell'articolo citato prevede che l'ente che intenda partecipare al procedimento si costituisca depositando nella cancelleria dell'autorità giudiziaria procedente una dichiarazione contenente a pena di inammissibilità in primo luogo la denominazione dell'ente e le generalità del suo legale rappresentante. Tuttavia, la diversità tra ente e persona che lo rappresenta pone qualche problema in caso di responsabilità degli enti, potendosi ipotizzare che il rappresentante legale possa essere indagato o imputato del reato presupposto. In tale evenienza, ovviamente, questi non potrebbe provvedere, a causa di una condizione di incompatibilità, alla nomina del difensore dell'ente, per il generale e assoluto divieto di rappresentanza posto dall'art. 39 d.lgs. n. 231/2001 (Cass. S.U., n. 33041/2015). Accanto alle ipotesi di incapacità vanno collocate, poi, i casi di incompatibilità generale nei quali si trovano quei soggetti che, in ragione dello svolgimento di altre attività, non possono esercitare la professione forense sebbene siano iscritte al relativo albo. Diversa ancora è, poi, l'ipotesi dell'incompatibilità in concreto che si realizza ogni volta in cui il difensore si trovi a poter assumere la difesa di parti o imputati che, nel contesto dello stesso procedimento, rivestono posizioni inconciliabili.

Il rapporto fiduciario

L'imputato, così come l'indagato, ha il diritto a che la sua difesa venga assunta da un soggetto di sua fiducia. La scelta del difensore presuppone l'esistenza di un rapporto fiduciario del soggetto nei confronti del legale che deve persistere per tutta la durata dell'incarico. Il rapporto fiduciario deve essere, infatti, considerato biunivoco, atteso che è possibile tanto la revoca da parte dell’assistito (revoca del mandato), quanto la rinuncia da parte del difensore (rinuncia al mandato).

Legittimo impedimento e astensione

La particolare rilevanza riconosciuta al rapporto fiduciario si ravvisa nella volontà del legislatore di assicurare la presenza del difensore di fiducia nello svolgimento della causa e di riconoscere diritto della parte a chiedere il rinvio dell'udienza in caso di assenza del difensore determinata dall'assoluta impossibilità a comparire del difensore per legittimo impedimento o per astensione. La definizione di legittimo impedimento è abbastanza elastica in quanto il  legislatore non ha volutamente predeterminato quali siano le situazioni ascrivibili all'interno di tale categoria. Si deve comunque trattare di ipotesi per le quali il difensore si trova nell'impossibilità di espletare il proprio mandato difensivo ed è imprescindibile che tale impossibilità venga comunicata tempestivamente all'Autorità Giudiziaria. La necessità di assicurare la presenza del difensore va, in ogni caso, rapportata all'esigenza di una celere definizione del giudizio. Conseguentemente l'obbligo di rinvio ad altra data non opera nei casi in cui l’imputato sia assistito da due difensori di fiducia e solo uno risulti impedito. Si ritiene, infatti, che la presenza del secondo difensore elida alla radice le ragioni giustificative del differimento dell’udienza. Sotto un profilo pratico, le ipotesi più comuni di legittimo impedimento sono la contestualità di impegni difensivi che impongono non solo la tempestiva comunicazione ma anche l’esplicazione delle ragioni dell’essenzialità della difesa nell'altra sede giudiziaria e dell’impossibilità di provvedere alla nomina di un sostituto tanto nel processo in cui non si interviene quanto nell'altro.

Non rientra tra le ipotesi di legittimo impedimento l’adesione individuale ad iniziative di astensione dalle udienze legittimamente deliberate da associazioni forensi in conformità al codice di autoregolamentazione, in quanto in questo caso non si vi sarà alcun “impedimento” da parte del difensore, bensì l’esercizio, riconosciuto ed inviolabile, di un autonomo diritto di libertà associativa con fondamento costituzionale. La sua particolare natura comporta l’obbligo di rinvio anche delle udienze trattate con rito camerale, purché accompagnata dall’espressa indicazione della volontà di partecipare a tale trattazione. Da ciò deriva che la mancata concessione da parte del giudice del rinvio della trattazione dell’udienza camerale in presenza di una dichiarazione effettuata o comunicata dal difensore secondo le modalità ed i tempi previsti dall’art. 3, comma 1, del vigente codice di autoregolamentazione, determina una nullità per la mancata assistenza dell’imputato, ai sensi dell'art. 178 c.p.p., comma 1, lett. c), che ha natura assoluta quando si verta in ipotesi di udienza camerale a partecipazione necessaria del difensore, ovvero di ordine generale e di tipo intermedio nei casi in cui la partecipazione delle parti non sia obbligatoria, come accade nel giudizio abbreviato in grado di appello (Cass. III. n. 51675/2016).

Nelle ipotesi di legittimo impedimento, secondo la normativa sul punto, il rinvio dell’udienza non può avvenire oltre sessanta giorni, e secondo un’interpretazione giurisprudenziale, laddove tale termine non possa essere rispettato la sospensione della prescrizione opererà comunque nel limite di tali giorni, dovendosi applicare la disposizione di cui all'art. 159, comma 1, n. 3, c.p., nel testo introdotto dall'art. 6 l. n. 251/2005 (Cass. IV, n. 10926/2013). Ipotesi diversa è quella relativa al rinvio dell'udienza conseguente alla decisione del difensore di aderire all'astensione dal lavoro proclamata dagli organi rappresentativi della categoria. Anche in tal caso il giudice dovrà valutare la necessità di effettuare un rinvio ma ciò non per garantire la parte in merito alla presenza del suo difensore, quanto per assicurare a quest’ultimo l’esercizio di un diritto riconosciuto dall'ordinamento. In tali ipotesi, pertanto, come evidenziato in precedenza, non si può parlare di legittimo impedimento ma di esercizio di un diritto di libertà, in quanto manifestazione incisiva della dinamica associativa volta alla tutela di una forma di lavoro autonomo, che va ricondotta nell'ambito dei «diritti di libertà dei singoli e dei gruppi che ispira l'intera prima parte della Costituzione» e che appartiene all'ambito del diritto di associazione (Corte cost. n. 171/1996). Ne consegue che l'adesione all'astensione dalle udienze, proclamata dall'associazione di categoria, in quanto dipendente da libera scelta del professionista, che non è giuridicamente vincolato alla decisione dell'associazione, non costituisce legittimo impedimento a comparire (Cass. VI, n. 20398/2014). Il difensore, in ogni caso, è tenuto a comunicare la volontà di adesione all'astensione in forma libera,  non potendo la stessa essere presunta dal giudice attesa la non vincolatività per il singolo associato della deliberazione dell'organismo associativo. In presenza di tutte le prescrizioni formali e sostanziali indicate dalle pluralità delle fonti regolatrici, il giudice sarà tenuto a rispettare l'esercizio del diritto di libertà del difensore e disporre il differimento dell'udienza. Non rientrando il caso di astensione dalle udienze nei casi di legittimo impedimento, non potrà trovare applicazione, in caso di astensione, il dettato dell’art. 420-ter comma 5 anche in presenza di procedimenti camerali con presenza obbligatoria del difensore. Lo slittamento della celebrazione dell’udienza, al pari di quanto previsto per il legittimo impedimento, comporta una sospensione della decorrenza del termine prescrizionale che, in tal caso, durerà per tutto il periodo di rinvio anche nel caso in cui questo superi i sessanta giorni.

La nomina

L’imputato conferisce l’incarico della propria difesa attraverso l’atto di nomina. Si tratta di un atto assolutamente personale (a parte le summenzionate deroghe enunciate in premessa e che verranno a breve esaminate) che non può avvenire a mezzo di procuratore speciale attesa l’estrema delicatezza ed importanza dei diritti in questione e la rilevanza del vincolo fiduciario che si instaura con il difensore.

Modalità

L’art. 96 comma 2, c.p.p. prevede come modalità alternative di nomina, il mandato conferito oralmente attraverso la dichiarazione resa all'autorità procedente, oppure il conferimento dello stesso in forma scritta con atto depositato alla stessa Autorità da parte del difensore o, ancora, la trasmissione con raccomandata. Nel caso in cui la nomina avvenga in forma scritta, va rilevato che non è necessaria l'autentica della sottoscrizione, pure nell'ipotesi in cui venga inviata per raccomandata. L'atto di nomina è infatti a forma libera e rinvia alle norme civilistiche della locazione d'opera intellettuale di cui all'art. 2230 c.c. La nomina, resa oralmente o resa per iscritto, non necessita, quindi, di formule sacramentali, come quelle richieste dall'art. 83, per la procura alle liti. È sufficiente, ai fini della sua validità, che l’atto o la dichiarazione dell’interessato contenga una chiara manifestazione della volontà di essere assistito da un determinato avvocato.

L’inequivoca volontà di nominare un determinato difensore, postula  che, indipendentemente dalla forma, la dichiarazione di volontà di affidare il mandato sia univocamente indirizzata  nei confronti di un determinato legale mediante una completa esposizione dei suoi elementi identificativi (nome e cognome, recapito professionale). In assenza di questi dati, la dichiarazione non può essere ritenuta sufficientemente dimostrativa della volontà di nominare un determinato avvocato (Cass. V, n. 34266/2009). In caso di dubbio spetta comunque al giudice di merito stabilire se le espressioni e le indicazioni in concreto utilizzate siano a tal fine sufficienti e, cioè, se siano chiaramente dimostrative della manifestazione della volontà di nominare quel determinato avvocato come difensore di fiducia (Cass. S.U., n. 26549/2006). La possibilità che la nomina risulti da atto scritto ha posto il problema della sottoscrizione da parte degli analfabeti e, in particolare, della legittimità della sottoscrizione con la croce, il cd. “crocesegno”. Secondo un primo orientamento una nomina così sottoscritta non sarebbe valida in quanto il segno di croce null'altro è che un segno grafico inidoneo ad individuarne l'autore e che lo stesso non possa costituire equipollente della sottoscrizione. Conseguentemente deve ritenersi inoperante la funzione stessa dell'autenticazione (Cass. VI, n. 5573/1998). A fronte del citato orientamento si riscontra un indirizzo di segno contrario secondo il quale sarebbe valido ed efficace il mandato difensivo conferito mediante crocesegno autenticato dal difensore ai sensi dell'art. 39 disp. att.; in tal caso, infatti, l'autentica assicura, per la sua efficacia certificativa, la conoscenza dell'identità della persona da cui proviene il segno grafico. Resta così sostanzialmente osservato il disposto dell'art. 110, il quale, nel prevedere il caso in cui la persona che deve firmare non sia in grado di scrivere (in quanto analfabeta o per qualsiasi altro motivo), stabilisce che il pubblico ufficiale il quale riceve l'atto in forma orale o redatto per iscritto deve farne annotazione su di esso, previa identificazione della persona stessa (Cass. II, n. 1062/1997). Pur non richiedendo formule sacramentali, secondo parte della giurisprudenza la nomina del difensore di fiducia è pur sempre atto formale che non ammette equipollenti e per la cui validità processuale è necessaria l'osservanza delle forme e modalità di cui all'art. 96, commi 2 e 3 (Cass. I, n. 11268/2007). Tuttavia, l'assenza di alcuna sanzione nei casi in cui la nomina venga effettuata in modo diverso, fa ritenere che le prescrizioni dell'art. 96 comma 2, non siano ipotesi tassative. In quest’ambito, rilevano le cd. modalità di nomina atipica, così definite in quanto non ricomprese tra quelle di cui al citato art. 96. Si pensi all'ipotesi di nomina effettuata a mezzo telegramma. Va immediatamente rilevato che si è inteso negare riconoscimento a tale modalità di nomina per l'inidoneità a realizzare l'effetto processuale previsto dall'art. 96, non potendosi presumere, in mancanza di sottoscrizione, una sicura riferibilità dell'atto alla parte (Cass. VI, n. 15311/2007). In altri termini, il rigetto è determinato dalla inettitudine dell'atto a dimostrarne con certezza la paternità, funzione assolta dall'autentica. Il problema, quindi, è di natura strettamente sostanziale e non esclude che, anche in assenza di sottoscrizione, possa essere possibile ritenerla valida se, anche in assenza di sottoscrizione, sia certamente dimostrativa della provenienza da parte del soggetto indagato/imputato. Discorso analogo può farsi per il caso della nomina trasmessa via fax, in quanto in questo caso manca una sicura valenza certificativa dell’atto ma può ritenersi che lo stesso sia certamente dimostrativo della provenienza e possa essere ritenuta valida modalità di nomina anche se non effettuata nel rispetto delle formalità di cui all'art. 96. Per quanto attiene, invece, alla nomina trasmessa dal difensore a mezzo pec, la giurisprudenza di legittimità ha specificato che la stessa, essendo trasmessa con una modalità “equivalente alla raccomandata” non necessita di essere autenticata dal difensore (Cass. IV, n. 10551/2021). Più in generale, può affermarsi che anche le ipotesi di nomine atipiche rientrano nella categoria delle nomine desumibili per «facta concludentia», ossia delle nomine che, pur se non effettuate con il puntuale rispetto delle formalità indicate dall'art. 96, possono ritenersi valide in presenza di elementi inequivoci dai quali possa desumersi la designazione del difensore e la provenienza soggettiva dell'atto (Cass. II, n. 31193/2015). Quanto qui asserito, peraltro, non risulta neanche in reale contrasto con quanto pure sostenuto dallo stesso giudice di legittimità il quale, come sopra indicato, ha riaffermato il carattere formale della nomina del difensore di fiducia  da effettuarsi con le modalità previste dall'art. 96. Ed invero il principio illustrato è stato sostenuto in relazione a fattispecie relative ad atti di nomina non provenienti dall'imputato ovvero disconosciuti dal medesimo e comunque con riferimento a casi in cui la volontà di quest’ultimo di conferire mandato professionale ad un certo difensore era dubbia o in cui la nomina era stata invalidamente effettuata ad autorità diversa da quella procedente. È dunque evidente che la formalità della nomina non contrasti con la possibilità che la stessa sia resa anche attraverso comportamenti di fatto sempre nei limiti in cui non si ponga alcuna incertezza in ordine alla volontà dell'imputato di accreditare il difensore presso l'autorità giudiziaria procedente (Cass. II, n. 31193/2015).  Sul punto, la più recente giurisprudenza di legittimità, ha precisato che In tema di nomina del difensore di fiducia, è necessario che l'autorità giudiziaria abbia la certezza della riferibilità alla parte della volontà di avvalersi del professionista incaricato, la prova della quale può inferirsi anche da comportamenti concludenti idonei a documentare l'esistenza di un rapporto fiduciario. La Corte ha altresì specificato, nel corso della motivazione, che la disposizione di cui all'art. 96 c.p.p. ha natura di norma ordinatoria e regolamentare, suscettibile di interpretazione in "bonam partem", in conformità al principio del "favor defensionis" (Cass. II, n. 9914/2024). Su tale scia, pertanto, deve ritenersi sussistere la nomina del difensore anche nel caso in cui il difensore abbia prestato la propria attività di assistenza, senza contestazioni, all'interrogatorio svoltosi nella fase delle indagini preliminari, onde non può valutarsi come abnorme il provvedimento del giudice dell'udienza preliminare che rilevi la nullità dell'avviso di conclusione delle indagini preliminari e restituisca gli atti al P.M., per omessa notifica al difensore di fiducia dell'imputato (Cass. I, n. 38626/2014). Pur potendosi ritenere valida la nomina avvenuta per facta concludentia, la Cassazione ha affermato che l'obbligo per l'ufficio giudiziario di procedere agli avvisi al difensore sorge solo in presenza di atto di parte che rispetti le forme richieste, senza che ciò impedisca all'incarico defensionale di esercitarsi qualora sussistano i presupposti per ritenere la nomina effettiva anche sulla base di «facta concludentia» (Cass. III, n. 37817/2013). In ogni caso la nomina deve ritenersi un atto recettizio e quindi produttivo di effetti solo a partire dal momento in cui ne viene a conoscenza dell’Autorità Giudiziaria. Nel caso in cui la stessa si attui attraverso il deposito nella segreteria del P.M. ovvero nella cancelleria del giudice, sarà onere del difensore la dichiarazione all'autorità procedente di non accettare la notifica eseguita nelle forme dell'art. 157, comma 8-bis,  che deve essere «immediata», ossia contestuale al deposito della nomina fiduciaria ex art. 96 ovvero comunicata, senza apprezzabile indugio, dopo tale deposito (Cass. III, n. 41063/2007).

Nomina effettuata del detenuto

La dichiarazione di nomina del difensore di fiducia effettuata dal soggetto in stato detentivo deve avvenire secondo il dettato dell'art. 123, ossia con atto rivolto al direttore dell'Istituto penitenziario, il quale ha soltanto l'obbligo di comunicarla all’Autorità giudiziaria ma non anche al professionista designato, in quanto tale onere spetterà esclusivamente all'imputato, con la conseguenza che il mancato intervento del fiduciario determinato dalla negligenza del nominante non può costituire causa di invalidità degli atti processuali (Cass. I, n. 23611/2014). Quanto all'efficacia della nomina, si ritiene che sia da ricondurre al momento in cui la stessa sia stata comunicata al direttore dell'istituto penitenziario, in quanto il detenuto, attesa la sua condizione, può avere difficoltà nell'individuazione dell'autorità procedente a cui indirizzare la nomina. Si è affermato, infatti, che la dichiarazione di nomina del difensore di fiducia effettuata dall'imputato (o indagato) detenuto con atto ricevuto dal direttore dello stabilimento di custodia a norma del citato art. 123 ha immediata efficacia come se fosse direttamente ricevuta dall'autorità giudiziaria destinataria, alla quale deve essere comunicata con urgenza con le modalità e gli strumenti previsti dall'art. 44 norme att. (Cass. S.U., n. 2/1997).

Nomina dei prossimi congiunti per imputato detenuto

Come anticipato, pur essendo la nomina un atto personalissimo in quanto idoneo a far sorgere e a certificare un vincolo fiduciario, esiste un’eccezione (oltre a quella dell’imputato minorenne) ovvero l’ipotesi in cui l’imputato si trovi in uno stato di particolare difficoltà nel quale gli è impedita la libera scelta del difensore. Ci si riferisce alle ipotesi in cui il soggetto è stato arrestato, fermato o sottoposto a misura cautelare. In ragione della natura stessa di siffatta situazione, il legislatore consente che la nomina del difensore di fiducia possa essere effettuata anche dai prossimi congiunti. Va immediatamente evidenziato che si tratta di una legittimazione sostitutiva, per la nomina del difensore di fiducia, al prossimo congiunto della persona detenuta atteso che lo stesso legislatore la consente «finché la stessa (persona) non vi ha provveduto» (art. 96 comma 3). Dalla mera analisi letterale della norma si desume, pacificamente, il carattere eccezionale della legittimazione sostitutiva riconosciuta al prossimo congiunto, la quale non può sovrapporsi alla diversa volontà eventualmente già espressa o da esprimersi dal diretto interessato. Ne consegue che il prossimo congiunto è legittimato ad effettuare una nomina per il familiare solo in assenza di una determinazione da parte del detenuto ed in ogni caso tale designazione verrà meno in caso di un mandato conferito ad altro difensore da parte dell’interessato. In ogni caso, infatti, deve ritenersi la prevalenza della volontà del diretto interessato

In questo caso il familiare non sarà legittimato a sovrapporre le proprie determinazioni a quelle liberamente formulate dall'imputato, e non può trovare applicazione l'art. 96, trattandosi di disposizione eccezionale,  non suscettibile di interpretazione analogica (Cass. V, n. 15068/2011). La nomina ad opera del prossimo congiunto , pur rivestendo carattere di eccezionalità, non si sottrae alle normali disposizioni previste dal legislatore, di talché la stessa deve intervenire con le forme previste dall'art. 96, comma 2, ovvero con modalità tali da evidenziare con certezza non solo la provenienza del soggetto ma anche la persona cui la stessa si rivolge e, deve ritenersi, l'esistenza di un rapporto di parentela tale da legittimare la nomina in favore del congiunto. In applicazione di questi principi, deve ritenersi inidonea la nomina del difensore di fiducia della persona fermata, arrestata o in custodia cautelare fatta a mezzo fax dal prossimo congiunto, per la mancanza di una certa riconducibilità della manifestazione di volontà al suo autore, soggetto estraneo al processo (Cass. III, n. 46034/2008). In linea col carattere eccezionale della disposizione, la stessa interpretazione del concetto è sempre stata ritenuta estremamente rigorosa e restrittiva ed ha portato, ad esempio, ad escludere la legittimazione del convivente more uxorio a designare il professionista. In tale ipotesi il difensore opera come se fosse stato nominato dallo stesso imputato, in quanto non è necessaria alcuna ratifica della sua nomina da parte dell'interessato.

Nomina imputato latitante

Con riferimento al soggetto latitante, la ratio dell’art. 96, comma 3, pur rivestendo lo stesso carattere di eccezionalità, è totalmente diversa in quanto consiste nell'ovviare alla situazione di impossibilità o difficoltà di comunicazione in cui possono trovarsi le predette persone nell'operare una libera scelta: conseguentemente la norma in questione non sarà mai suscettibile di applicazione analogica.

Di talché, non essendo il latitante nelle medesime condizioni in cui si trova il detenuto, non è possibile in suo favore la nomina del difensore da parte dei prossimi congiunti. Questa possibilità, invero, riguarda esclusivamente le persone «in vinculis» e non i latitanti (Cass. I, n. 35955/2015). Va, tuttavia, sottolineato il diverso orientamento secondo il quale la disposizione dell'art. 96, comma 3, sia suscettibile di estensione anche al caso dell'imputato-indagato latitante (Cass. II, n. 19619/2014). Secondo l'interpretazione data, la «ratio» della norma intende agevolare l'intervento di un difensore di fiducia a preferenza di quello d'ufficio, tutte le volte in cui l'interessato si trovi in difficoltà e non possa agevolmente provvedere all'incombente personalmente: il che soprattutto accade nel caso del latitante, che, attesa la necessità di nascondersi e non potendo neppure utilizzare il mezzo postale per rendere la dichiarazione di nomina del difensore, stante la esigenza di autenticazione della sottoscrizione, è davvero nella impossibilità materiale di provvedere personalmente (Cass. IV, n. 7962/1999).

Ambito di applicazione della nomina

Per il principio di immanenza, la nomina del difensore di fiducia da parte dell'imputato esplica efficacia nel solo procedimento al quale la nomina stessa si riferisce e non si estende ad altri successivi procedimenti che abbiano, per ipotesi, ad oggetto lo stesso fatto (Cass. III, n. 48977/2014). La validità va, quindi, circoscritta all'intero giudizio, ma non non può mai andare oltre il giudizio stesso. Pertanto, una volta che questo sia definito con sentenza non più soggetta ad impugnazione, occorrerà un nuovo mandato per l’esercizio delle funzioni di rappresentanza ed assistenza tecnica coerentemente con il carattere fiduciario della nomina, che non tollera estensione oltre l'ambito prescelto dal mandante, rappresentato, in mancanza di diversa volontà, dal procedimento penale nelle sua varie fasi e gradi. La giurisprudenza ha infatti chiarito che l’atto di nomina del difensore deve riferirsi a un procedimento specifico ai fini dell’art. 96, non essendo possibile un mandato “generico”che  sarebbe inefficace, in quanto privo di oggetto e di causa (Cass. VI, n. 34671/2007). Va però precisato che ai fini della validità dell'atto di nomina del difensore di fiducia non è necessaria che la stessa riporti necessariamente l'indicazione specifica del procedimento a cui si riferisce, quando la procura è ritualmente depositata agli atti di un procedimento precedentemente individuato, in quanto il conferente è libero di disporre per più procedimenti, salvo che non ritenga di circoscrivere espressamente il mandato con un'indicazione puntuale in tal senso (Cass. VI, n. 49291/2015). La nomina in un procedimento “principale” è valida ed efficace anche in quelli incidentali che ne derivano in maniera diretta e ciò anche quando rientrino nella competenza di uffici diversi (Cass. V, n. 1702/1996), ma non vale il contrario, nel senso che la nomina fatta per un procedimento incidentale (come il giudizio di riesame) non spiega effetti nell'autonomo e separato giudizio principale nemmeno se indica il numero di quest'ultimo (Cass. III, n. 32323/2015). La giurisprudenza più recente ha però evidenziato come il principio dell’autonomia dei procedimenti (quello di merito e quello cautelare) con riferimento agli effetti del mandato difensivo, non si applichi nel caso in cui ove la nomina del difensore avvenga contemporaneamente all'attivazione di istanze in materia cautelare quando il processo risulta già nella fase del giudizio. In questo caso, precisa la Corte, l’istanza de libertate contenente il mandato del nuovo difensore è diretta alla medesima autorità che deve procedere al giudizio e, dunque, diviene patrimonio di conoscenza del giudice che procede. In tal caso, pertanto, il mandato depositato in allegato ad un’istanza de libertate è efficace ance nel procedimento di merito (Cass. II, n. 40458/2023). A conclusioni opposte si perviene nel caso in cui la nomina del difensore di fiducia sia intervenuta nel procedimento di cognizione o di esecuzione. In questo caso non spiega effetti in quello di sorveglianza (Cass. I, n. 26881/2015). Anche per il procedimento di revoca dell'indulto deve ritenersi priva di effetto la nomina relativa alla fase di cognizione o quella avente ad oggetto il procedimento di sorveglianza, trattandosi di procedure autonome (Cass. I, n. 5972/2014). Il procedimento di sorveglianza, relativo all'esame dell'istanza di concessione della misura alternativa dell'affidamento in prova al servizio sociale, è del tutto diversa rispetto a quella, del tutto eventuale e diversa, del procedimento di revoca della misura stessa, di iniziativa del magistrato di sorveglianza nella cui giurisdizione essa è in corso e che provvede con decreto alla provvisoria sospensione, con la conseguenza che la parte, qualora voglia continuare a essere difesa dallo stesso legale, deve procedere a nuova nomina, in mancanza della quale viene nominato il difensore di ufficio (Cass. I, n. 24938/2014). Allo stesso modo dovrà agire il giudice che precede per tutte le ipotesi sopra riportate in cui, per l’autonomia delle fasi, la nomina rilasciata non abbia valore in quella della fase diversa. Del tutto diverso è il caso in cui il difensore viene nominato per alcuni reati connessi:  egli sarà legittimato a richiedere la riunione di tutti i procedimenti e legittimamente patrocinare in tutti anche in assenza di una nuova nomina. E ciò in quanto, da un lato si tratta di procedimenti relativi alla medesima fase, dall'altro il giudice gli organi giudiziari e la cancelleria hanno conoscenza della nomina la quale è inclusa nel fascicolo del pubblico ministero, che confluisce in quello per il dibattimento (Cass. III, n. 48977/2014) e ciò per tutti i procedimenti oggetto di riunione.

Efficacia della nomina e obbligo degli avvisi

 La nomina ha anche il compito di individuare il soggetto con il quale il Giudice dovrà interagire. Si tratta di un atto che può intervenire ed operare già prima della formulazione del capo d’imputazione, in quanto le garanzie previste per l’imputato sono estese anche all'indagato e, quindi, il rapporto difensivo può originare anche durante la fase delle indagini. Peraltro l'art. 335,  come è noto, consente ai difensori di richiedere le informazioni contenute nel registro delle notizie di reato a carico del loro assistito e da ciò si desume che l’incarico può essere precedente anche al compimento del primo atto garantito per il quale è prevista l’assistenza necessaria del difensore. In realtà l'art. 391-nonies l. n. 397/2000 prevede persino la possibilità di  conferire un mandato difensivo nell'eventualità sia instaurato un procedimento penale. Il mandato, però, come da principio generale sopra esaminato, produce effetti nei confronti dell'Autorità Giudiziaria solo dopo che  quest'ultima sia venuta a conoscenza dell'esistenza della nomina ed è tenuta ad effettuare gli avvisi al difensore solo dopo che le sia stata comunicata la nomina. Unica eccezione, come sopra esaminato, è relativa al caso della nomina effettuata dall'indagato/imputato in vinculis. La conoscenza da parte dell'Autorità procedente dell'esistenza di un difensore di fiducia e della sua identità, non solo lo legittimano ad intervenire nel processo ma lo rendono destinatario degli avvisi e delle notifiche. Per tale ragione è necessario che la nomina venga effettuata nelle modalità prescritte che rendono certa l’individuazione del difensore, oltre che della persona che ebbe a rilasciarla. La conoscenza da parte dell’Autorità procedente dell’identità del difensore è essenziale in quanto ineludibile presupposto per l’effettuazione degli avvisi. Da qui il principio per il quale tenuto a ricevere l’avviso è solo colui che ha ricevuto il mandato difensivo prima del compimento dell’atto che impone l’avviso non quello successivamente nominato. 

Il principio è stato recentemente ed ulteriormente ribadito dalle stesse Sezioni Unite della Corte di Cassazione che hanno statuito che l'avviso di fissazione dell'udienza deve essere effettuato al difensore di fiducia dell'imputato che rivestiva tale qualità all'atto di fissazione dell'udienza e non anche all'avvocato che abbia acquistato successivamente tale veste, in quanto con l'emissione dell'avviso si cristallizza la situazione processuale relativa agli adempimenti di cancelleria (Cass. S.U. n. 24630/2015). In caso di nomina formalizzata successivamente alla notificazione dell'avviso di udienza, il difensore scelto dall'imputato ha il diritto di intervenire alla stessa, ma non di essere avvisato, spettando al suo assistito informarlo della relativa data (Cass. VI, n. 27059/2008). Tuttavia va evidenziato che L'omesso avviso dell'udienza al difensore di fiducia tempestivamente nominato dall'imputato o dal condannato integra una nullità assoluta ai sensi degli artt. 178, comma 1, lett. c), e 179, comma 1 (Cass. S.U., n. 24630/2015). Diversamente deve ritenersi che l'omesso avviso ad uno dei due difensori dà luogo ad una nullità a regime intermedio (Cass. S.U., n. 39060/2009; Cass. S.U., n. 33540/2001). Sul punto le Sezioni Unite hanno sottolineato come gravi sui difensori un dovere di leale collaborazione al regolare svolgimento del procedimento e come, in tale ottica, vada ritenuta l'esistenza di vincoli di solidarietà fra i codifensori, tra i quali non deve mancare quel reciproco obbligo di comunicazione, che è aspetto tipico e istituzionale della cooperazione nell'esercizio del diritto di difesa. Ciò è peraltro conforme anche alla giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo, che ha enucleato l'esistenza, a carico del difensore, di uno specifico onere informativo, deplorando la mancanza di comunicazione all'interno della posizione difensiva (Corte Edu, Grande Camera, 18 ottobre 2006, Hermi c/Italia; Corte Edu 28 febbraio 2008, Demebukov c/Bulgaria). In questa prospettiva, anche la Corte costituzionale ha sottolineato che il dovere di lealtà gravante sul difensore non implichi collaborazione con l'autorità giudiziaria ma certamente comporta che anche l'attività della difesa debba convergere verso la finalità di un processo di ragionevole durata, poiché si tratta di un risultato il cui perseguimento deve essere posto a carico di tutti i soggetti processuali, una volta rispettate le insopprimibili garanzie difensive. In quest'ordine di idee, il bene costituzionale dell'efficienza del processo è stato utilizzato dal giudice delle leggi quale parametro per censurare la razionalità di norme processuali che consentivano il perseguimento di intenti dilatori (Corte cost. n. 353/1996; Corte cost. n. 10/1997), dovendosi sempre tener presente che ogni garanzia difensiva perde la propria funzione tipica laddove venga interpretata in modo distorto rispetto alla sua stessa essenza garantistica (Cass. S.U., n. 155/2011).

Il numero di difensori

All'imputato è consentito nominare al massimo due difensori, sebbene l'espletamento del mandato difensivo debba considerarsi unitario.

Ed invero i due difensori costituiscono un unico soggetto processuale e cioè il «difensore», che si contrappone in tale unità agli altri e segnatamente al pubblico ministero (Cass. II, n. 28563/2015). Il diritto ad avere un doppio difensore non può essere limitato nemmeno nelle ipotesi in cui il procedimento sia caratterizzato da particolare urgenza. Ed invero anche nel procedimento di sorveglianza il condannato può avvalersi di una difesa plurima. La possibilità di operare due nomine, in uno con la possibilità di poter sempre revocare i difensori pregressi e nominarne nuovi, ha posto il problema della nomina di difensori in eccesso rispetto a quelli previsti dalla legge. Ai sensi dell'art. 24 disp. att. si deve ritenere che la nomina di difensori eccedentari non produca effetti finché non interviene una revoca dei precedenti. All'ipotesi della revoca, tuttavia, va affiancata quella della rinuncia del difensore. Ne consegue che il venir meno di un difensore, a seguito di rinuncia dello stesso al mandato, rende possibile che la parte che aveva nominato un difensore in soprannumero si ritrovi assistita da quel difensore, appunto prima in soprannumero. Ciò, ovviamente, quando la revoca non contenga diverse ed estensive indicazioni (Cass. VI, n. 53695/2014). Nonostante il disposto dell'art. 24 disp. att. si era posta la questione della eventuale possibilità che la nomina di un difensore in sovrannumero potesse determinare una revoca implicita di un precedente difensore. La problematica è stata posta anche all'attenzione delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione la quale ha ribadito la regola generale per la quale la nomina effettuata da una parte privata di altro difensore in eccedenza rispetto alle precedenti e non accompagnata dalla revoca prevista dall'art. 24 disp. att., è inidonea ad attribuire al terzo legale la qualità di difensore. Ha, tuttavia, ritenuto che nel caso in cui tale nomina sia effettuata dall'imputato al fine della proposizione della impugnazione, in tal caso deve essere ritenuta valida perché vale a conferire al nuovo difensore il relativo incarico di proporre impugnazione e renderà, pertanto, ammissibile l’atto di impugnazione stesso; tale nuovo legale viene con ciò stesso ad assumere la qualità di difensore per il prosieguo del procedimento, non essendo prevista dal nostro ordinamento una investitura del difensore per un singolo atto (Cass. S.U., n. 12164/2011). Ed invero le Sezioni Unite hanno ritenuto che la validità della nomina operata anche se in soprannumero, trova agevole e razionale spiegazione nella particolare significatività e importanza dell'atto di impugnazione e, soprattutto, nella considerazione che nella fattispecie in esame non si tratta di nuova nomina genericamente in esubero a quelle precedenti, ma della investitura di un ufficio difensivo specificamente e strutturalmente orientata dall'imputato alla proposizione di tale atto. Parimenti deve ritenersi che il principio fissato dall'art. 24 disp. att. non trovi applicazione, nel caso in cui la nuova nomina sia effettuata per il giudizio in cassazione nel quale prevale, in quanto speciale, la norma dell'art. 613, comma 2, in forza della quale la nomina di un terzo difensore iscritto nell'albo delle giurisdizioni superiori ai fini della presentazione del ricorso o successivamente non può essere considerata eccedente e conferisce a quest'ultimo in via esclusiva nella fase di legittimità la titolarità della difesa ed il diritto a ricevere i relativi avvisi (Cass. S.U., n. 12164/2011). Infatti in tali ipotesi non si avrà un reale ampliamento del numero di difensori dell’imputato, in quanto sarà solo uno il soggetto dotato delle competenze richieste dall'art. 613. Va precisato che, però, in base al principio di immanenza, in assenza di una specifica nomina, la difesa continuerà ad essere svolta dal precedente difensore, purché abilitato a patrocinare dinanzi la Corte di Cassazione. Nel caso in cui l'imputato sia difeso da due legali, entrambi sono destinatari dei diritti riconosciuti alla difesa, in quanto entrambi devono poter esercitare pienamente il mandato difensivo ricevuto anche in maniera disgiunta l'uno dall'altro.

Casistica

Nell'ipotesi in cui il difensore decida di rinunciare al mandato è necessario che l'imputato esplicitamente e formalmente revochi l'elezione di domicilio effettuata presso lo studio di tale difensore, in quanto diversamente non potranno essere considerate nulle le notifiche eventualmente effettuate presso tale domicilio eletto. Infatti la rinuncia al mandato non può essere considerata da sola sufficiente a far venire meno l'efficacia dell'elezione di domicilio precedentemente effettuata. (Cass. I, n. 31969/2015);

analogamente in caso di precedente elezione di domicilio, lo stesso non può essere sostituito con dichiarazione resa contestualmente alla nomina del difensore di fiducia e da costui autenticata e depositata in cancelleria, atteso che l'elezione di domicilio è un atto personale a forma vincolata da compiersi esclusivamente secondo le modalità indicate nell'art. 162 (Cass. III, n. 42971/2015);

nel caso in cui l'imputato abbia nominato tempestivamente e ritualmente un suo difensore di fiducia, l'omesso avviso dell'udienza a tale soggetto comporta una nullità assoluta ex art. 178, comma 1, lett. c) ed art. 179 anche nell'ipotesi in cui sia stata effettuata la notifica di tale avviso al difensore d'ufficio ed in udienza sia stato nominato un difensore ai sensi dell'art. 97, comma 4. Tale nullità deriva dalla necessità di garantire il diritto dell'imputato ad essere difeso dal soggetto di cui ha fiducia così come prescritto dall'art. 6 CEDU (Cass. S.U., n. 24630/2015);

nel caso di imputato assistito da due difensori l'omessa notificazione dell'avviso di fissazione dell'udienza camerale ad uno dei due difensori dà luogo ad una nullità a regime intermedio da ritenersi sanata nel caso di mancata comparizione di entrambi i difensori all'udienza, implicando tale condotta la volontaria e consapevole rinuncia della difesa e della parte, globalmente considerata, a far rilevare l'omessa comunicazione ad uno dei difensori. Viceversa la regolarità dell'avviso vale a far ritenere presente il difensore anche in caso di sua materiale assenza (Cass. II, n. 28563/2015);

nell'ipotesi in cui non vi sia stata la nomina da parte del condannato di un difensore per l'udienza davanti al tribunale di sorveglianza volta ad ottenere la concessione di una misura alternativa alla detenzione presentata a seguito della sospensione dell'ordine di esecuzione, l'avviso di fissazione dell'udienza camerale deve essere effettuato al difensore che lo abbia assistito durante la fase di cognizione (Cass. I, 21761/2014).

la nomina del difensore di fiducia ha effetto solo nel procedimento al quale si riferisce e non si estende ad altri successivi giudizi anche nel caso in cui abbiano ad oggetto lo stesso fatto (Cass. III, n. 48977/2014);

nel procedimento di revoca dell'indulto davanti al giudice dell'esecuzione, non spiega alcun effetto la nomina intervenuta in fase di cognizione o nel procedimento di sorveglianza, attesa l'autonomia tra le diverse procedure (Cass. I, n. 5972/2014);

la nomina del difensore di fiducia designato in procedimento cautelare non spiega effetti in quello principale, nemmeno se indica il numero di quest'ultimo (Cass. III, n. 32323/2015);

l'avviso di fissazione dell'udienza in camera di consiglio per la trattazione, davanti al tribunale di sorveglianza, dell'istanza di concessione di una misura alternativa alla detenzione presentata a seguito della sospensione dell'ordine di esecuzione della pena, deve essere notificato, in assenza di diversa nomina dell'interessato, al difensore che ha assistito il condannato nella fase di cognizione. (Cass. I, n. 21761/2014);

in assenza del conflitto tra rappresentante dell'ente e l'ente stesso, viceversa, va ritenuta è ammissibile la richiesta di riesame avverso il decreto di sequestro preventivo presentata, ai sensi dell'art. 324 dal difensore di fiducia nominato dal rappresentante dell'ente, anche in assenza di un previo atto formale di costituzione a norma dell'art. 39 d.lgs. n. 231/2001, a condizione che, precedentemente o contestualmente all'esecuzione del sequestro, non sia stata comunicata l'informazione di garanzia prevista dall'art. 57 d.lg. n. 231/2001 (Cass. S.U., n. 33041/2015);

la nomina per facta concludentia può essere desumibile anche dalla presentazione dell'atto di querela all'autorità competente ad opera del legale e che l'autentica del difensore, può ritenersi assolta dal difensore mandatario e depositante, che abbia apposto la sua firma sull'atto di querela di seguito a quella del titolare del diritto (Cass. VI, n. 13813/2015).

la nomina allegata all’istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato ritualmente presentata al G.I.P. deve ritenersi valida ed efficace nel procedimento principale, al quale quello incidentale accede. Non può che gravare sull’autorità dinanzi alla quale detto procedimento incidentale si è svolto l’onere di trasmettere all’Ufficio procedente per il procedimento principale, se diverso, (nel caso di specie, al P.M.) tutti gli atti della relativa procedura (istanza di ammissione al gratuito patrocinio, documenti allegati, nomina del difensore e elezione di domicilio, parere del Consiglio dell’ordine, decreto di ammissione, eventuale decreto di revoca). (Cass, V, n. 160/2021).

Bibliografia

Amato, Nel procedimento sulla responsabilità amministrativa l'indagato non può essere il rappresentante dell'ente. La costituzione del legale in conflitto d'interesse rende non ammissibili gli atti processuali, in Guida dir. 2010, n. 7, 72; Bronzo, sub art. 96, in Codice di procedura penale. Rassegna di giurisprudenza e dottrina, a cura di Lattanzi-Lupo, I Agg., Milano, 2007; Caprioli, Abuso del diritto di difesa e nullità inoffensive, in Cass. pen. 2012, 2410; Caraceni, La nomina del difensore di fiducia da parte dell'imputato in vinculis, in Cass. pen. 1997, 175; Ferrua, La difesa nel processo penale, Torino, 1988; Frigo, La nullità dell'interrogatorio di garanzia può interrompere la custodia cautelare, in Guida dir. 1997, n. 40, 0074; Marandola, Imputato detenuto e nomina difensore, in Cass. pen. 1996, 2253; Rafaraci, Una “presa d'atto molto attesa: l'adesione del difensore all'astensione collettiva dalle udienze impone il rinvio anche nei riti camerali a partecipazione facoltativa, in Cass. pen. 2014, 2075; Scarcella, Omesso avviso al secondo difensore, sanatoria della nullità a regime intermedio ed onere comportamentale del codifensore comparso, in Cass. pen. 2010, 896.

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