Codice di Procedura Penale art. 116 - Copie, estratti e certificati.

Francesco Mancini

Copie, estratti e certificati.

1. Durante il procedimento e dopo la sua definizione [675], chiunque vi abbia interesse può ottenere il rilascio [42 att.] a proprie spese di copie, estratti o certificati di singoli atti [141 2, 243, 258, 329, 335, 366] 1. Non puo' comunque essere rilasciata copia delle intercettazioni di cui e' vietata la pubblicazione ai sensi dell'articolo 114, comma 2-bis, quando la richiesta e' presentata da un soggetto diverso dalle parti e dai loro difensori, salvo che la richiesta sia motivata dall'esigenza di utilizzare i risultati delle intercettazioni in altro procedimento specificamente indicato2.

2. Sulla richiesta provvede il pubblico ministero o il giudice che procede al momento della presentazione della domanda ovvero, dopo la definizione del procedimento, il presidente del collegio o il giudice che ha emesso il provvedimento di archiviazione o la sentenza [43 att.].

3. Il rilascio non fa venire meno il divieto di pubblicazione stabilito dall'articolo 114.

3-bis. Quando il difensore, anche a mezzo di sostituti, presenta all'autorità giudiziaria atti o documenti redatti in forma di documento analogico, ha diritto al rilascio di attestazione dell'avvenuto deposito, anche in calce ad una copia 3.

 

 

[1] Per la copia di atti richiesta da organi della disciplina sportiva, v. art. 2 l. 13 dicembre 1989, n. 401.

[2] Comma modificato dall'art. 2, comma 1, lett. c) l. 9 agosto 2024, n. 114, che ha aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Non puo' comunque essere rilasciata copia delle intercettazioni di cui e' vietata la pubblicazione ai sensi dell'articolo 114, comma 2-bis, quando la richiesta e' presentata da un soggetto diverso dalle parti e dai loro difensori, salvo che la richiesta sia motivata dall'esigenza di utilizzare i risultati delle intercettazioni in altro procedimento specificamente indicato».

[3] Comma così modificato dall'art. 6, comma 1, lett. d), d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, che ha inserito, dopo le parole: «atti o documenti», le parole: «redatti in forma di documento analogico». Precedentemente, il comma era stato aggiunto dall'art. 21l. 7 dicembre 2000, n. 397. Per le disposizioni transitorie in materia di processo penale telematico v. art. 87, comma 4, d.lgs. n. 150, cit. che prevede:  «Sino al quindicesimo giorno successivo alla pubblicazione dei regolamenti di cui ai commi 1 e 3, ovvero sino al diverso termine di transizione previsto dal regolamento di cui al comma 3 per gli uffici giudiziari e per le tipologie di atti in esso indicati, continuano ad applicarsi, nel testo vigente al momento dell'entrata in vigore del presente decreto, le disposizioni di cui agli articoli 110, 111, comma 1, 116, comma 3-bis, 125, comma 5, 134, comma 2, 135, comma 2, 162, comma 1, 311, comma 3, 391-octies, comma 3, 419, comma 5, primo periodo, 447, comma 1, primo periodo, 461, comma 1, 462, comma 1, 582, comma 1, 585, comma 4, del codice di procedura penale, nonché le disposizioni di cui l'articolo 154, commi 2, 3 e 4 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271».

Inquadramento

Quando sugli atti sia cessato il segreto processuale a norma dell'art. 329, e fermi i divieti di pubblicazione di cui all'art. 114, “chiunque vi abbia interesse” può ottenere il rilascio di copie, certificati o estratti di singoli atti. In alcuni casi specifici, come previsto dall'art. 43 disp. att., il diritto ad ottenere il rilascio di copie è stabilito direttamente dal legislatore, e non necessita di autorizzazione.

Profili generali

La norma conferisce effettività al principio di trasparenza dell'azione giudiziaria consentendo, sia durante il processo che dopo di esso, la acquisizione di copie, estratti e certificati degli atti. Ma tale facoltà, riconosciuta come si vedrà a chiunque vi abbia interesse, sconta forti limitazioni, sia per tutelare la riservatezza dei soggetti coinvolti nella indagine, che per garantire il rispetto delle altre regole processuali.

La facoltà concerne sia gli atti processuali in senso stretto, che gli atti extraprocessuali acquisiti al processo (per la distinzione commento sub art. 109).

In corso di indagini la facoltà di richiedere copie ed estratti, pur formalmente riconosciuta, incontra un primo pregnante limite nel segreto processuale a norma dell'art. 329. Solo dopo che gli atti siano divenuti conoscibili all'indagato ed al suo difensore, infatti, sarà possibile richiederne copia, mai prima. Ed altri limiti, questa volta relativi non già al rilascio quanto all'uso esterno al processo che di quegli atti possa farsi, è posto dall'art. 114, che ne disciplina la pubblicazione.

Inoltre, eccettuati i casi di cui all'art. 43 disp. att. che di seguito si esamineranno, non può affermarsi che nell'ordinamento esista un incondizionato diritto ad ottenere copia degli atti del processo.

Bisogna infatti distinguere i casi nei quali le copie siano ottenibili senza necessità di una specifica autorizzazione, dai casi in cui questa sia, invece, richiesta.

Casi nei quali è possibile ottenere copie, estratti e certificazioni senza autorizzazione. Il tribunale del riesame

L’art. 43 disp. att. prevede, infatti, che alcuna autorizzazione sia richiesta nei casi in cui è riconosciuto espressamente al richiedente il diritto al rilascio di copie da specifiche norme. È quanto avviene, a titolo esemplificativo: a) nel caso di dichiarazioni orali delle parti a norma dell’art. 141; b) in caso di riesame delle ordinanze che dispongono misura coercitiva a norma dell’art. 309 o di appello a norma dell’art. 310; c) a seguito della notifica dell’avviso ex art. 415-bis; d) nel caso di giudizio direttissimo a norma dell’art. 449; e) nel caso di citazione diretta a giudizio di cui all’art. 552; f) in relazione atti contenuti nel fascicolo per il dibattimento a norma dell’art. 466.

In tutte tali ipotesi, dunque, le parti avranno diritto alla copia integrale del fascicolo o degli specifici atti di loro interesse, senza necessità di alcuna autorizzazione del giudice che procede. Si è in presenza, del resto, di atti che preludono a scelte difensive in relazione alle quali è lo stesso legislatore ad accordare tutela massima al diritto di difesa, in alcun modo comprimibile.

Non si verte in tale ipotesi, però, in caso di deposito presso la cancelleria del Gip degli atti sui quali si fondi una misura cautelare; infatti la l. n. 332/1995, art. 16, modificando l'art. 309, ha espressamente previsto per il difensore il diritto di estrarre copia degli atti depositati presso la cancelleria del tribunale del riesame quando acceda a tale forma di impugnazione, ma ha lasciato immutata la formulazione dell'art. 293 che prescrive la semplice notifica al difensore dell'avviso del deposito dell'ordinanza custodiale (Cass. VI, n. 1450/1996).

Con specifico riferimento al tribunale del riesame la giurisprudenza afferma che non è tuttavia enucleabile un diritto della parte interessata ad ottenere de plano copia degli atti di indagine. In questo caso, anche per evitare che i tempi tecnici del rilascio delle copie possano ritardare la decisione sullo status libertatis, la possibilità di esaminare gli atti depositati in cancelleria e, quindi, di estrarne copia informale, garantisce l’integrità del diritto di difesa (Cass. II, n. 36191/2017).

L'autorizzazione

Profili generali

In tutti i casi diversi da quelli esaminati al paragrafo precedente, e dunque in tutti i casi nei quali la legge non conceda direttamente la facoltà di copia a determinati soggetti, costoro hanno l'onere di chiedere l'autorizzazione al giudice che procede. E, dunque:

nel corso delle indagini di regola il pubblico ministero, salvo che il fascicolo processuale sia stato trasmesso al Gip in uno dei casi in cui ciò sia previsto (incidente probatorio, richiesta di misure cautelari reali o personali, richiesta di archiviazione, esercizio dell'azione penale);

nel corso del giudizio, dunque nella udienza preliminare, nel dibattimento, nel giudizio di appello e di cassazione, il giudice che procede ovvero il presidente in caso di organo collegiale;

dopo la conclusione del procedimento, il giudice che lo ha definito, precisandosi che in caso di archiviazione è competente il giudice per le indagini preliminari.

Gli aventi titolo a richiedere l'autorizzazione

Per individuare i soggetti legittimati ad avanzare richieste di copia, estratti e certificati il legislatore impiega una definizione volutamente generica: chiunque vi abbia interesse. L'uso di una simile espressione rende assolutamente evidente come fra i soggetti legittimati il legislatore non abbia inteso ricomprendere solo le parti processuali, ma abbia attribuito tale facoltà anche a soggetti esterni al processo.

Peraltro, la norma non delimita l'ambito di valutazione del giudice nella concessione o nel diniego della autorizzazione, rimettendo alla sua esclusiva responsabilità la ponderazione comparativa, da un lato, dell'interesse del richiedente a conoscere il contenuto del fascicolo e, dall'altro, il diritto alla riservatezza delle persone cui gli atti si riferiscono. Decisione peraltro, come si vedrà, insindacabile poiché non suscettibile di impugnazione.

In assenza di una specifica determinazione dei parametri ai quali il giudice deve ancorare tale potere discrezionale per non farlo sconfinare nell'arbitrio, utile appare il richiamo alle norme contenute nella l. n. 241/1990, ed in particolare alle norme sull'accesso agli atti amministrativi. «Interessati», ai fini dell'accesso agli atti del procedimento amministrativo, sono considerati tutti i soggetti privati, compresi quelli portatori di interessi pubblici o diffusi, che abbiano un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l'accesso.

Ed in tal senso si ritiene debba essere intesa anche la norma in esame. Ne discende, per quanto non espressamente previsto, che la istanza debba contenere una motivazione che, sia pur succinta, ponga però in condizioni il giudice che procede di conoscere e valutare l'interesse che muove il richiedente all'atto, ed eventualmente porlo in comparazione con gli altri coinvolti.

Dunque, la norma pone, come regola generale, una mera possibilità e non un vero diritto della parte interessata ad ottenere il rilascio di copia degli atti, posto che un «diritto» alla copia sussiste solo nelle situazioni indicate dall'art. 43 disp. att.

La giurisprudenza ritiene certamente legittimato a richiedere copie di atti di un processo colui che, imputato in altro processo, abbia interesse a far valere il verificarsi di cause di nullità o inutilizzabilità collegate ad atti rinvenibili nel fascicolo processuale del quale chiede copia (Cass. S.U., n. 39061/2009); più in particolare si è ritenuto legittimato a richiedere copia ex art. 116 di atti relativi ad intercettazioni svolte in altro procedimento colui nei confronti del quale penda altro distinto procedimento in cui il P.M. intenda utilizzare quelle intercettazioni; ciò al fine di contestarne la regolarità (Cass. II, n. 6947/2019).

Contenuto dell'autorizzazione

Nei casi in cui sia richiesta una autorizzazione, essa avrà di regola ad oggetto specifici atti e non l'intero fascicolo processuale. Non sussistendo, al di fuori dei casi di cui all'art. 43 disp. att. un “diritto alla copia”, l'apprezzabile interesse alla richiesta è di norma riscontrabile in relazione a singoli atti e non alla loro indistinta totalità. Ciò per la necessità di salvaguardare il diritto alla riservatezza degli altri soggetti cui gli atti del procedimento si riferiscono (Cass. VI, n. 36167/2008).

La non impugnabilità del provvedimento del giudice

Pacifico è che il provvedimento con il quale il giudice rigetta l'istanza di rilascio di copia all'esito di una valutazione degli interessi coinvolti nel procedimento, non è impugnabile, neppure quale atto abnorme (Cass. VI, n. 14999/2013). Del resto, l'art. 116, che disciplina la materia, non prevede la possibilità di impugnare i provvedimenti adottati al riguardo, e nell'ordinamento processuale non vi è altra disposizione che preveda una tale facoltà. Ne consegue, in forza del principio di tassatività dei provvedimenti impugnabili e dei relativi mezzi di impugnazione (art. 586, comma 1) che il ricorso per cassazione proposto avverso il rifiuto di rilasciare copie di atti processuali deve ritenersi inammissibile (Cass. VI, n. 1412/1995).

La medesima giurisprudenza ha altresì stabilito che possibilità di impugnare non è neppure desumibile dall'art. 111 Cost., in quanto si tratta di provvedimenti che non rientrano nelle categorie contemplate dalla norma costituzionale, in quanto non ricompresi nel novero dei provvedimenti giurisdizionali.

Il diritto alla ricevuta di avvenuto deposito

La l. n. 397/2000, ha opportunamente stabilito che quando il difensore presenti, anche a mezzo di proprio sostituto, atti o documenti, ha diritto al rilascio di una attestazione la quale dia atto dell'avvenuto deposito. Nella pratica, come peraltro espressamente consentito dalla norma, tale attestazione è apposta in calce ad una copia.

Scopo della disposizione è quello di fornire al difensore tutela processuale per il caso, purtroppo non infrequente, in cui atti da lui depositati, vadano smarriti, con conseguenze talora molto gravi sul piano processuale; si pensi alle opposizioni, alle impugnazioni ma anche alle stesse nomine difensive.

Il d. lgs. 10 Ottobre 2022, n. 150, attuativo della cd. Riforma Cartabia, ha espressamente chiarito che il diritto alla ricevuta di avvenuto deposito concerne i soli atti redatti in formato analogico. Del resto, in un contesto normativo che ormai prevede la modalità telematica come lo strumento ordinario di deposito degli atti e del tutto residuale quella analogica (vedi commento sub art. 111 bis) sarà lo stesso sistema a generare, in automatico, attestazioni di avvenuto deposito.

Casistica

Sulla scorta di questi principi la giurisprudenza ha ritenuto:

a) il diritto dell'imputato e del suo difensore ad  estrarre copia degli atti di indagine prima dell'interrogatorio preliminare all'emissione della misura dell'interdizione dall'esercizio di un pubblico ufficio o servizio, previsto dall'art. 289, comma 2, per approntare una adeguata difesa (Cass. VI,  n. 26929/2018);

  e la violazione di un tale diritto determina una nullità a regime intermedio dell'interrogatorio e del conseguente provvedimento, da ritenersi sanata se non eccepita prima dell'interrogatorio stesso (Cass, V, n. 8977/2021);

b) il diritto della parte, che eccepisce l'illegittimità dell'autorizzazione alle intercettazioni telefoniche in un procedimento diverso da quello nel quale esse furono disposte, ad ottenere il relativo atto, richiedendone copia ex art. 116 (Cass. VI, n. 41515/2015);

c) la inutilizzabilità di un supporto audio acquisito al processo come prova documentale laddove il giudice neghi ingiustificatamente il rilascio di copia, anche se ciò sia dovuto alla mancanza della strumentazione necessaria per la duplicazione (Cass. III, n. 32950/2010);

d) avere diritto alla estrazione di copia integrale del fascicolo processuale la persona offesa che ha dichiarato di volere essere informata circa l'eventuale archiviazione, in caso di proposizione della richiesta di archiviazione; ma, l'omesso rilascio non è causa di nullità, posto che il diritto di prendere visione degli atti impedisce ogni pregiudizio all'esercizio del diritto di difesa (Cass. II, n. 15500/2007);

e) non abnorme il diniego del giudice per le indagini preliminari alla richiesta dell'indagato di visionare ed ottenere copia degli atti relativi ad un procedimento conclusosi con decreto d'archiviazione, posto che l'interesse alla richiesta è riscontrabile in relazione a singoli atti e non alla loro indistinta totalità e che può esservi la necessità di salvaguardare il diritto alla riservatezza di altri (Cass. VI, n. 36167/2008);

f) più in generale, non impugnabile da parte dell'indagato il provvedimento con il quale il giudice per le indagini preliminari rigetta istanza da egli proposta per di rilascio di copia della richiesta di archiviazione all'esito di una valutazione degli interessi coinvolti nel procedimento (Cass. VI, n. 14999/2013);

g) non impugnabile il provvedimento con il quale il giudice rigetta la richiesta di visione e rilascio copia degli atti dell'udienza presentata da soggetto a cui non riconosce la qualifica di persona offesa dal reato (Cass. VI, n. 27737/2013);

h) utilizzabili le intercettazioni telefoniche anche quando l'imputato adduca l'impossibilità di sostenere le spese per ottenere copia dei supporti magnetici delle registrazioni, ritualmente messi a disposizione dal pubblico ministero, essendo posto a carico della difesa, cui è pienamente garantito il diritto all'ascolto, l'onere di munirsi del materiale tecnico necessario (Cass.III, n. 16677/2021).  

Bibliografia

V. sub art. 109.

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