Codice di Procedura Penale art. 118 - Richiesta di copie di atti e di informazioni da parte del ministro dell'interno.Richiesta di copie di atti e di informazioni da parte del ministro dell'interno. 1. Il ministro dell'interno, direttamente o a mezzo di un ufficiale di polizia giudiziaria [57] o del personale della direzione investigativa antimafia appositamente delegato, può ottenere dall'autorità giudiziaria competente, anche in deroga al divieto stabilito dall'articolo 329, copie di atti di procedimenti penali e informazioni scritte sul loro contenuto, ritenute indispensabili per la prevenzione dei delitti per i quali è obbligatorio l'arresto in flagranza [380]. L'autorità giudiziaria può trasmettere le copie e le informazioni anche di propria iniziativa1. 1-bis. Ai medesimi fini l'autorità giudiziaria può autorizzare i soggetti indicati nel comma 1 all'accesso diretto al registro previsto dall'articolo 335, anche se tenuto in forma automatizzata2. 2. L'autorità giudiziaria provvede senza ritardo e può rigettare la richiesta con decreto motivato. 3. Le copie e le informazioni acquisite a norma del comma 1 sono coperte dal segreto di ufficio [326 c.p.]3.
[1] Comma così modificato dall'art. 4, d.l. 8 giugno 1992, n. 306, conv., con modif., nella l. 7 agosto 1992, n. 356. V., inoltre, il comma 12 del medesimo art. 4, d.l. n. 306, cit. [2] Comma inserito dall'art. 4, d.l. 8 giugno 1992, n. 306, conv., con modif., nella l. 7 agosto 1992, n. 356. V., inoltre, il comma 12 del medesimo art. 4, d.l. n. 306, cit. [3] V. l'art. 102 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309. Per altre ipotesi di trasmissione di copia di atti del procedimento, v. art. 1-quinquies d.l. 6 settembre 1982, n. 629, conv., con modif., nella l. 12 ottobre 1982, n. 726; art. 6 l. 28 dicembre 1989, n. 422; art. 26 l. 9 luglio 1990, n. 185; art. 4 d.l. 15 gennaio 1991, n. 8, conv., con modif., nella l. 15 marzo 1991, n. 82, come modificato dalla l. 13 febbraio 2001, n. 45. InquadramentoLa disposizione riproduce il contenuto dell'articolo precedente, riconoscendo al Ministro dell'interno la possibilità, già attribuita al pubblico ministero dall'art. 117, di ottenere copie di atti provenienti da procedimenti penali ovvero informazioni scritte sul loro contenuto; e ciò anche quando tali atti siano ancora coperti dal segreto di cui all'art. 329. Profili generaliScopo della norma è quello di potenziare le capacità informative delle forze dell'ordine, rendendo acquisibili, su iniziativa del ministro dell'interno, atti formati in un qualunque procedimento, in qualunque fase o grado tale ultimo si trovi. La ratio sottesa alla disposizione è intuitiva, e risponde alla esigenza di efficacia dell'azione di contrasto al crimine, consentendo la non dispersione di informazioni che, acquisite dall'autorità giudiziaria in relazione ad uno specifico procedimento, possono essere utili per il compimento di investigazioni preventive di competenza delle forze dell'ordine. E proprio in questo risiede la principale differenza con l'art. 117, che precede la disposizione che si esamina. Se, infatti, tale norma legittima il pubblico ministero a chiedere atti od informazioni quando ciò sia necessario per una indagine che egli ha in corso, dunque per accertare responsabilità in ordine ad un fatto già accaduto, tale limite non è invece posto al ministro dell'interno. La norma, per esaltare la natura preventiva dell'istituto, prevede solo che le informazioni siano, dal medesimo ministro, ritenute indispensabili per la prevenzione di reati. In definitiva, quando atti di un procedimento si rendano necessari per una indagine in corso in relazione ad un fatto — reato già verificatosi, spetta al pubblico ministero che procede chiederne la trasmissione a norma dell'art. 117. Se, invece, l'acquisizione sia determinata da esigenze informative finalizzate alla prevenzione dei reati, il compito è invece attribuito al ministro dell'interno. DisciplinaLa disciplina ricalca quella del 117. La richiesta di acquisizione di atti del procedimento può provenire solo dal ministro dell'interno, che tuttavia può delegare per l'incombente un ufficiale di polizia giudiziaria ovvero personale della direzione investigativa antimafia. Presupposto per l'applicabilità dell'istituto è, come si è detto, che tale acquisizione sia ritenuta indispensabile per la prevenzione di delitti. Non però di ogni delitto, ma solo di quelli per i quali sia obbligatorio l'arresto in flagranza a norma dell'art. 380. Dunque, il legislatore ha inteso circoscrivere l'applicabilità di tale disposizione solo alla prevenzione dei reati di maggiore allarme sociale. Non costituisce ostacolo all'esercizio di tale potere l'eventuale sussistenza del segreto investigativo sugli atti da acquisire nel procedimento a quo. Il segreto costituisce, del resto, un limite interno al processo che condiziona la conoscibilità degli atti per le parti processuali, e non è di per se stesso di ostacolo al trasferimento di atti al di fuori del processo. Ma la norma non prevede un diritto incondizionato del ministro ad ottenere le copie e le informazioni che egli giudichi necessarie a fini preventivi, ma gli riconosce una mera facoltà. Spetta infatti al giudice (od al pubblico ministero) titolare del procedimento nel quale sono stati formati gli atti richiesti stabilire se essi siano o meno trasmissibili. La norma richiede solo che l'eventuale diniego assuma la forma del decreto motivato. Non risultano peraltro fissati i parametri ai quali il giudice deve ancorare la decisione di accordare o denegare la richiesta di trasmissione, essendo rimessa alla sua esclusiva responsabilità la ponderazione comparativa degli interessi coinvolti. Decisione, peraltro, insindacabile poiché non suscettibile di impugnazione. Esulando dalle attribuzione del potere giudiziario il compimento di indagini aventi unicamente finalità preventive, deve ritenersi che la decisione del ministro circa la indispensabilità degli atti, purché fornita di adeguata motivazione, non sia sindacabile dal giudice destinatario della richiesta. Dunque, gli unici motivi ostativi alla trasmissione risiedono nella esigenza di salvaguardare il segreto processuale nel processo a quo ovvero la riservatezza di soggetti particolarmente esposti. La norma, inoltre, faculta l'autorità giudiziaria che sia in possesso di atti od informazioni che ritenga utili per la prevenzione di reati a trasmetterli direttamente al Ministro dell'interno. Il Ministro dell'interno, ovvero i soggetti da lui delegati, possono inoltre essere autorizzati ad accedere, sempre alle medesime condizioni, al registro delle notizie di reato. Appare, infine, pleonastico il riferimento, contenuto nell'ultimo comma della disposizione in esame, al segreto di ufficio che incombe sugli atti e le informazioni acquisiti attraverso l'istituto previsto dall'art. 118. Infatti, vertendosi in ipotesi di notizie od atti rilevanti ai fini della prevenzione di gravi delitti, e quindi per loro natura strettamente riservati, l'obbligo del segreto discende autonomamente dall'art. 326 c.p., che sottopone a sanzione penale la sua violazione. BibliografiaV. sub art. 109. |