Codice di Procedura Penale art. 123 - Dichiarazioni e richieste di persone detenute o internate.Dichiarazioni e richieste di persone detenute o internate. 1. L'imputato detenuto o internato in un istituto per l'esecuzione di misure di sicurezza ha facoltà di presentare impugnazioni [582], dichiarazioni e richieste [121] con atto ricevuto dal direttore [161 3]. Esse sono iscritte in apposito registro, sono immediatamente comunicate all'autorità competente [44 att.] e hanno efficacia come se fossero ricevute direttamente dall'autorità giudiziaria 1. 2. Quando l'imputato è in stato di arresto [284] o di detenzione domiciliare ovvero è custodito in un luogo di cura [286], ha facoltà di presentare impugnazioni, dichiarazioni e richieste con atto ricevuto da un ufficiale di polizia giudiziaria [57], il quale ne cura l'immediata trasmissione all'autorità competente [44 att.]. Le impugnazioni, le dichiarazioni e le richieste hanno efficacia come se fossero ricevute direttamente dall'autorità giudiziaria2. 2-bis. Le impugnazioni, le dichiarazioni, compresa quella relativa alla nomina del difensore, e le richieste, di cui ai commi 1 e 2, sono contestualmente comunicate anche al difensore nominato3. 3. Le disposizioni del comma 1 si applicano alle denunce, impugnazioni, dichiarazioni e richieste presentate dalle altre parti private o dalla persona offesa.
[1] Vedi, in tema di ammissione al patrocinio a spese dello Stato, gli artt. 78-79 e 93-99 d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115. [2] Per l'istituto della detenzione domiciliare, v. art. 47-ter l. 26 luglio 1975, n. 354. [3] Comma inserito dall'art. 2, comma 14, l. 27 settembre 2021, n. 134, in vigore dal 19 ottobre 2021. InquadramentoIl legislatore processuale, con la norma in commento, si fa carico delle particolari condizioni e delle specifiche esigenze dei soggetti detenuti, internati o comunque sottoposti a limitazioni della libertà personale, individuando meccanismi alternativi di deposito degli atti al fine di non pregiudicare il pieno esercizio del diritto di difesa di costoro. Profili generaliIn attuazione del principio del contraddittorio, alle parti, ed in particolare all'imputato, sono nel processo garantiti i più ampi spazi di interlocuzione con il giudice ed il pubblico ministero. Ad esempio, l'art. 121 stabilisce che in ogni stato e grado del procedimento le parti hanno facoltà di presentare memorie o richieste scritte mediante deposito nella cancelleria del giudice. Specifiche disposizioni sono poi dettate per le impugnazioni cautelari reali (art. 324), personali (art. 309) nonché per le sentenze (art. 582). Tutte tali disposizioni configurano, però, un onere di deposito a carico dell'interessato. Ma le persone sottoposte a privazioni della libertà personale sono, nella generalità dei casi, in condizione di non poter assolvere tale onere. Per evitare che tale condizione si traduca in un pregiudizio per il diritto di difesa del singolo, il legislatore ha individuato dei meccanismi alternativi di deposito degli atti, che rispondano ad una duplice esigenza: siano accessibili in modo agevole anche ai soggetti che subiscano le dette limitazioni della libertà personale, e non determinino conseguenze per essi pregiudizievoli. L'art. 123 è, dunque, una norma di garanzia diretta ad evitare che alla restrizione conseguano incolpevoli decadenze o non volute limitazioni al diritto di difesa. L'imputato detenuto od internatoGli imputati, detenuti in istituti di custodia ovvero internati in esecuzione di misure di sicurezza, hanno facoltà di presentare impugnazioni, dichiarazioni e richieste con atto ricevuto dal direttore. Benché nulla sia espressamente previsto al riguardo, nel caso in cui la misura di sicurezza sia eseguita presso una delle Rems (acronimo che individua le residenze per la esecuzione di misure di sicurezza in capo alle Asl che hanno sostituito gli Ospedali Psichiatrici giudiziari), titolato alla ricezione degli atti sarà il responsabile di tale ultima. Tali atti devono essere iscritti in apposito registro ed immediatamente comunicate alla autorità giudiziaria. La giurisprudenza ha peraltro chiarito che tale facoltà di deposito riguarda soltanto le dichiarazioni e le richieste connesse a diritti o facoltà riconosciuti all'imputato detenuto nell'ambito del procedimento e non scritti che, per quanto diretti all'autorità giudiziaria, debbano considerarsi alla stregua di corrispondenza privata (Cass. VI, n. 42151/2010). L'obbligo di ricezione dell'atto e di immediata trasmissione vige non solo nelle ipotesi in cui esso sia formato personalmente dall'imputato, ma anche nei casi in cui egli si sia avvalso della difesa tecnica. Si è infatti ritenuto che la norma in commento, nel consentire all'imputato detenuto la presentazione al direttore dell'istituto penitenziario di atti dotati della medesima efficacia di quelli ricevuti direttamente dall'autorità giudiziaria, non può essere intesa come circoscritta alle sole ipotesi in cui si tratti di atto formulato e sottoscritto dall'imputato, ma deve ritenersi parimenti operativa nell'ipotesi in cui egli presenti atto redatto e sottoscritto, nel suo interesse, dal difensore (Cass. VI, n. 56453/2018). L'imputato in stato di arresto o in detenzione domiciliareL'imputato in stato di arresto, in detenzione domiciliare ovvero custodito in luogo di cura ha invece facoltà di depositare impugnazioni, dichiarazioni e richieste con atto ricevuto da un ufficiale di polizia giudiziaria. Nella normalità dei casi si tratterà della autorità di pubblica sicurezza incaricata della vigilanza in relazione al domicilio di esecuzione della misura, secondo il riparto delle competenze fra le varie forze di polizia eventualmente adottato in quello specifico territorio, ovvero di quella appositamente incaricata dell'incombente. Ma la norma non pone alcuna limitazione di carattere territoriale o funzionale, richiedendo unicamente la qualificazione soggettiva di ufficiale di polizia giudiziaria. Dunque, ben potrebbe curare la ricezione ufficiale di polizia giudiziaria che entri solo occasionalmente in contatto con la persona ristretta, ad esempio per il compimento di atto di indagine nel procedimento nel quale è stata eseguita la misura cautelare in corso di esecuzione, ovvero in altro. EfficaciaLa norma prevede espressamente che impugnazioni, dichiarazioni e richieste ricevute dal direttore dell'istituto, ovvero dall'ufficiale di polizia giudiziaria, debbano essere immediatamente trasmesse alla autorità giudiziaria; e che esse hanno efficacia come se fossero ricevute direttamente dalla autorità giudiziaria. Dunque, il legislatore ha inteso predisporre un meccanismo in tutto equipollente al deposito nella cancelleria del giudice che procede o del giudice titolato a ricevere l'atto in relazione alla natura sua propria. La giurisprudenza, dopo un qualche iniziale tentennamento, è infatti orientata verso una interpretazione della norma in tutto aderente al suo tenore letterale, equiparando integralmente l'efficacia dell'atto ricevuto dal direttore dell'istituto di custodia a quella dell'atto depositato nella cancelleria del giudice. In applicazione di tale principio, si è pertanto ritenuto illegittimo il provvedimento con il quale il Gip, ponendo riferimento alla data di deposito presso la cancelleria e non a quella, tempestiva, di presentazione presso l'ufficio del direttore del carcere, aveva rigettato richiesta di giudizio abbreviato ritenendola avanzata oltre il termine di decadenza stabilito dall'art. 458 (Cass. III, n. 3147/2013). Parimenti, con riferimento al controllo della tempestività delle impugnazioni presentate dal detenuto, si ritenuto doversi fare esclusivo alla data di deposito presso l'ufficio matricola, essendo irrilevante la data di trasmissione alla cancelleria competente a riceverlo (Cass. I, n. 42303/2010). Direttore dell'istituto e ufficiale di polizia giudiziaria non hanno, però, oneri di comunicazione ulteriori rispetti a quelli dell'immediato inoltro alla autorità giudiziaria. In particolare, si riteneva che essi non avessero oneri di comunicazione nei confronti del difensore dell'interessato. Ma sul punto vedasi ora quanto osservato nel paragrafo 8. La nomina del difensoreUn ormai superato orientamento giurisprudenziale riteneva che la nomina del difensore di fiducia dell'imputato detenuto od in regime di arresti domiciliari non avesse efficacia se non a far tempo dalla conoscenza che di essa avesse l'autorità giudiziaria. In coerenza con quella interpretazione della norma più aderente al suo tenore testuale cui sopra si è fatto riferimento, la giurisprudenza più recente afferma che la dichiarazione di nomina del difensore di fiducia effettuata ai sensi dell'art. 123 ha immediata efficacia indipendentemente dall'osservanza dell'obbligo di comunicazione della stessa all'autorità giudiziaria procedente. E da ciò discende la conseguenza che, in mancanza di avviso al difensore di fiducia così nominato, si determina un nullità assoluta ai sensi dell'art. 178 lett. c) (Cass. I, n. 40495/2007). Dunque, eventuali errori od inefficienze dell'amministrazione penitenziaria non possono ricadere in danno dei diritti di difesa dell'imputato. E per questo si richiede un massimo sforzo di efficienza in tutte le strutture organizzative coinvolte. Deve però anche ricordarsi, in materia che diviene particolarmente delicata in occasione di convalide di arresti e di altri adempimenti che devono essere realizzati entro ristretti e non dilazionati termini, che destinatario dell'avviso è solo il difensore di fiducia dell'imputato che rivestiva tale qualità all'atto di fissazione dell'adempimento, e non anche l'avvocato che abbia acquistato successivamente tale veste, in quanto con l'emissione dell'avviso si cristallizza la situazione processuale relativa agli adempimenti di cancelleria (Cass. S.U., n. 24630/2015). Inoltre, posto che la norma si è in passato prestata a manovre dilatorie e fraudolente, è necessario che l'autorità giudiziaria ponga particolare attenzione per scongiurare un abuso del processo; esso consiste in un vizio, per sviamento della, ovvero frode alla, funzione, e si realizza allorché un diritto o una facoltà processuali sono esercitati per scopi diversi da quelli per i quali l'ordinamento processuale astrattamente li riconosce all'imputato. Ove ciò si accerti, infatti, può pervenirsi ad escludere qualsiasi violazione del diritto alla difesa, e dunque qualsiasi patologia (Cass. S.U., n. 155/2011). Il giudizio di riesameDi tali principi è stata fatta particolare applicazione anche nel giudizio conseguente alla proposizione di richiesta riesame delle misure cautelari personali ex art. 309. E si è affermato che quando la richiesta sia presentata al direttore del carcere i termini per la trasmissione degli atti al Tribunale e per la decisione decorrono dalla data della presentazione e non già da quella successiva dell'effettiva ricezione dell'atto da parte della cancelleria (Cass. VI, n. 34430/2010). In questo senso deve ritenersi superato, anche perché coerente con la più generale interpretazione della norma, il vecchio orientamento che faceva decorrere i termini dal giorno in cui la richiesta veniva effettivamente ricevuta dalla cancelleria del Tribunale competente (Cass. V, n. 31460/2017). Qualora, però, l'imputato detenuto presenti l'impugnazione con atto ricevuto dal direttore dell'Istituto penitenziario in orario pomeridiano, il termine per provvedere sull'istanza di riesame decorre dal giorno successivo al deposito dell'atto (Cass. VI, n. 42710/2011). Il difensore di fiducia dell'imputato, che sia stato nominato in data successiva a quella della richiesta di riesame ha diritto alla notifica dell’avviso di fissazione di udienza solo se il tribunale abbia avuto conoscenza della nomina, posto che grava sull'indagato un onere di attivazione e diligenza per consentire al difensore di svolgere il proprio mandato. (Cass. III, n. 26266/2018). Il Comma 2- bis introdotto dalla cd. riforma CartabiaL'art. 2, comma 14, l. 27 settembre 2021, n. 134, in vigore dal 19 ottobre 2021, per ovviare ad alcune delle disfunzioni verificatesi nella pratica giudiziaria quotidiana alle quali si è sopra fatto cenno, ha introdotto uno specifico onere di comunicazione a carico del direttore dell'istituto penitenziario ovvero dall'ufficiale di polizia giudiziaria . Le impugnazioni, le dichiarazioni, compresa quella relativa alla nomina del difensore, e le richieste che siano da costoro ricevute da persona detenuta o ristretta agli arresti domiciliari, oltre ad essere iscritte nell'apposito registro e comunicate alla autorità giudiziaria procedente, devono ora essere contestualmente comunicate anche al difensore nominato. Lo scopo della norma è evidente, ed è quello di informare il difensore di ogni iniziativa, anche autonomamente assunta, del soggetto privato della libertà personale affinchè possa apprestare con tempestività la difesa tecnica più opportuna. Il legislatore ha dunque colmato una indubbia lacuna dell'ordinamento processuale, posto che prima dell'entrata in vigore della norma un tale onere di comunicazione non era previsto. CasisticaIn applicazione di tali principi si è ritenuto che: a) gli effetti della rinuncia a comparire in udienza fatta pervenire dall'imputato detenuto permangono fino a quando l'interessato non manifesti, nelle forme e nei termini di legge, la volontà di essere nuovamente presente e di mettere nel nulla il suo precedente consenso alla celebrazione dell'udienza in sua assenza (Cass. VI, n. 36708/2015); è pertanto suo onere formalizzare in modo congruo, in un atto ricevuto dal direttore del carcere ai sensi dell'art. 123, le proprie determinazioni senza che tale atto possa essere surrogato da equipollenti (Cass. VI, n. 914/2014, caso in cui la Corte ha escluso che la rinuncia a comparire personalmente espressa dall'imputato potesse essere superata da successiva istanza di diverso contenuto presentata dal difensore); b) l'erronea individuazione del giudice competente nella istanza presentata al direttore del carcere è irrilevante e deve considerarsi presentata al magistrato competente, essendo onere dell'amministrazione penitenziaria eseguire ogni opportuna verifica al riguardo; con la conseguenza che, l'omessa audizione dell'interessato, nei procedimenti disciplinati dall'art. 666, pure quando segue ad una inesattezza attribuibile a quest'ultimo, determina la nullità del successivo provvedimento (Cass. I, n. 53530/2014); c) l'amministrazione penitenziaria ha l'onere di individuare l'autorità giudiziaria destinataria della richiesta del detenuto anche senza, o addirittura contro, le indicazioni del detenuto, perché il direttore dell'istituto penitenziario è tenuto ad effettuare in ogni caso una verifica diretta (Cass. I, n. 402/2000, che ha ritenuto valida la nomina di un difensore di fiducia effettuata dal detenuto sebbene indirizzata ad un ufficio territorialmente incompetente, in quanto il sistema normativo tiene conto delle difficoltà cui va incontro il detenuto e gli eventuali errori di costui sono destinati a rimanere ininfluenti perché votati ad essere superati dalla successiva attività degli organi dell'istituto penitenziario); d) dalla immediata efficacia delle dichiarazioni e richieste presentate dal detenuto alla direzione dell'istituto ove si trovi ristretto discende che l'autorità giudiziaria deve considerarsi informata, nel momento stesso in cui l'interessato formula una richiesta ad essa diretta, del suo stato di detenzione; ed è pertanto nulla, a mente dell'art. 178, lett. c), la dichiarazione di contumacia pronunciata dopo che l'imputato aveva formalizzato presso la direzione dell'istituto carcerario una richiesta specificamente concernente il giudizio in corso, ancorché il provvedimento risulti deliberato prima che il giudice procedente avesse avuto notizia della richiesta stessa (Cass. VI, n. 26707/2003); e) è valida la impugnazione presentata dall'imputato in stato di arresto o di detenzione domiciliare con atto ricevuto da un ufficiale di Polizia giudiziaria (Cass. VI, n. 7341/2006; mentre è inammissibile, la impugnazione presentata mediante consegna ad un ufficiale di polizia giudiziaria da soggetto libero (Cass. V, n. 856/2005); f) la particolare efficacia che l'art. 123 attribuisce agli atti presentati da detenuto al direttore dell'istituto penitenziario è limitata al territorio italiano e non trova applicazione per le amministrazioni penitenziarie straniere, che non hanno alcun obbligo di rispettare la disposizione (Cass. IV, n. 2194/1999); g) legittima l'istanza di revisione del processo presentata al Direttore della Casa circondariale presso cui il condannato si trova recluso (Cass. IV, n. 3239/1998). BibliografiaV. sub art. 109. |