Codice di Procedura Penale art. 165 - Notificazioni all'imputato latitante o evaso.Notificazioni all'imputato latitante o evaso. 1. Le notificazioni all'imputato [60, 61] latitante [296] o evaso [385 c.p.] sono eseguite mediante consegna di copia al difensore. 1-bis. Per le notificazioni dell'avviso di fissazione dell'udienza preliminare e degli atti di citazione in giudizio ai sensi degli articoli 450, comma 2, 456, 552 e 601 la disposizione del comma 1 si applica solo nel caso in cui non si è perfezionata la notificazione al domicilio dichiarato o eletto ai sensi dell'articolo 161, comma 1, oppure, quando manca la dichiarazione o l'elezione di domicilio, solo nel caso in cui non è possibile eseguire la notificazione con le modalità indicate dai commi da 1 a 3 dell'articolo 157, se l'imputato è evaso o si è sottratto all'esecuzione della misura cautelare della custodia cautelare in carcere o degli arresti domiciliari, ovvero con le modalità indicate dai commi da 1 a 6 dell'articolo 157, se l'imputato si è sottratto all'esecuzione della misura cautelare dell'obbligo di dimora o del divieto di espatrio1. 2. Se l'imputato è privo di difensore, l'autorità giudiziaria designa un difensore di ufficio [97]. 3. L'imputato latitante o evaso è rappresentato a ogni effetto dal difensore. [1] Comma inserito dall'articolo 10, comma 1, lett. s) d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150. Per l'entrata in vigore delle modifiche disposte dal citato d.lgs. n. 150/2022, vedi art. 99-bis, come aggiunto dall'art. 6, comma 1, d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, conv., con modif., in l. 30 dicembre 2022, n. 199. InquadramentoL'art. 165 disciplina le specifiche modalità attraverso cui devono essere eseguite le notificazioni all'imputato latitante o evaso, conferendo un importante ruolo di rappresentanza al difensore. Il presupposto soggettivo: lo status di latitante o evasoPresupposto soggettivo è che l'imputato abbia lo status di latitante o di evaso. La condizione di latitante è desumibile dalla lettura congiunta delle norme degli artt. 295 e 296, per cui versa in tale status il soggetto nei cui riguardi sia stato emesso il decreto di latitanza, nella ricorrenza della duplice condizione di essersi sottratto ad un provvedimento restrittivo della libertà personale, di cui all'elencazione tassativa del primo comma dell'art. 296 (custodia cautelare, arresti domiciliari, divieto di espatrio, obbligo di dimora, ordine di carcerazione), e di averlo fatto volontariamente. Per taluno tale ultima condizione presuppone che vi sia una conoscenza dell'esistenza del provvedimento coercitivo a proprio carico. L'indicato assunto è stato, tuttavia, disatteso dalla giurisprudenza, per la quale, ai fini dell'accertamento della volontarietà della sottrazione ad un provvedimento restrittivo della libertà personale, costituente il presupposto psicologico della declaratoria di latitanza, non occorre dimostrare la conoscenza della avvenuta emissione di tale provvedimento, ma è sufficiente che l'interessato si ponga in condizioni di irreperibilità, sapendo che quel provvedimento può essere emesso (Cass. V, n. 19891/2014). Lo status di latitante si differenzia da quello di irreperibile per il fatto che tale ultimo non presuppone né l'emissione di uno dei provvedimenti indicati dall'art. 296, né la volontaria sottrazione da parte dell'interessato. È stato affermato, in particolare, che l'irreperibilità non necessariamente é frutto di una condotta volontaria, mentre la latitanza deriva dalla scelta difensiva, volontariamente operata, di sottrarsi all'esecuzione di un provvedimento limitativo della libertà personale (Cass. IV, n. 48217/2004). Infatti, mentre la latitanza ha immediata rilevanza processuale ed è determinata dalla scelta volontaria dell'imputato di sottrarsi ad un provvedimento dell'autorità giudiziaria limitativo della libertà e a non presenziare, quindi, al procedimento, l'irreperibilità è una situazione di fatto, che può anche essere involontaria e incolpevole, e che diviene processualmente rilevante per effetto della chiamata nel giudizio. Si tratta, pertanto, di situazioni soggettive non assimilabili e distinte tra loro, con la conseguenza che in un procedimento diverso da quello in cui si è verificata la latitanza, non solo non è applicabile alle notificazioni la relativa disciplina, ma nemmeno può affermarsi automaticamente che il latitante debba essere trattato come irreperibile, se non se ne verificano le condizioni (Cass. V, n. 5807/1998). La nozione di latitanza è anche differente da quella di contumacia, che viene dichiarata con ordinanza dal giudice nei casi in cui l'imputato, libero o detenuto, non compaia volontariamente in udienza. La formale rinuncia dell'imputato a presenziare al dibattimento può essere revocata soltanto con una manifestazione di volontà che, sia pure esplicitata attraverso un comportamento concludente, abbia l'obiettivo significato di neutralizzare il precedente consenso espresso alla celebrazione del processo in absentia (Cass. V, n. 46481/2014). La contumacia ha, pertanto, una valenza esclusivamente processuale, che non comporta particolari conseguenze in ordine ad eventuali modalità notificatorie. Come in precedenza accennato, la seconda condizione soggettiva legittimante l'applicazione dell'art. 165 è quella di evaso, da individuarsi ai sensi della norma dell'art. 385 c.p. Per espressa previsione dell'art. 296, comma 5, l'evaso è equiparato, per ogni effetto della legge processuale, alla figura del latitante, anche se, per parte della dottrina (Grilli, 274), l'evasione è diversa dalla latitanza per il fatto che la volontaria sottrazione all'esecuzione del provvedimento restrittivo è implicita nella condotta di evasione, senza la necessità di alcun provvedimento formale che la attesti in modo espresso. Il presupposto oggettivo: il verbale di vane ricerchePresupposto obiettivo per l'attribuzione dello status di latitante, e dunque per la formale emissione del relativo decreto, è il verbale di vane ricerche, la cui disciplina è indicata dall'art. 295. Il provvedimento che dichiara la latitanza, infatti, presuppone il verbale di vane ricerche, che la polizia redige a seguito della mancata esecuzione dell'ordinanza di custodia cautelare, indicando in modo specifico le indagini svolte nei luoghi in cui si presume l'imputato possa trovarsi, senza essere vincolata, quanto ai luoghi di ricerca, dai criteri indicati in tema di irreperibilità. Né tale situazione postula necessariamente la conoscenza dell'interessato in ordine alla avvenuta emissione a suo carico del provvedimento restrittivo della libertà personale, essendo semplicemente sufficiente che egli sappia che un ordine o un mandato può essere emesso nei suoi confronti, evenienza che, una volta positivamente apprezzata con provvedimento del giudice, legittima alle notificazioni mediante consegna al difensore (Cass. V, n. 4114/2010). Lo stato di latitanza viene dichiarato dal giudice che ha emesso la misura all'esito dell'accertamento della completezza delle ricerche svolte, che deve essere valutata non come riferimento a parametri prefissati ma alla condizione personale del soggetto, così da consentire al giudice, in relazione allo specifico caso in esame, di valutare l'esaustività o meno delle indagini svolte (Cass. III, n. 46983/2009). Non è in ogni caso necessario estendere gli accertamenti all’estero nei luoghi indicati dall’art. 169, comma 4 (Cass. VI, n. 47528/2013). La formale emissione del decreto di latitanza determina la verificazione di tutte quelle specifiche conseguenze che l'art. 165 prevede in tema di notificazioni. Così, è stato osservato che la dichiarazione dello stato di latitanza non è una conseguenza automatica della redazione del verbale di vane ricerche, ma presuppone uno specifico apprezzamento di merito da parte del giudice in ordine alla ricorrenza di una situazione di “irreperibilità volontaria” della persona ricercata; per cui ne consegue la nullità dell'avviso di fissazione dell'udienza quando lo stesso sia stato notificato, ai sensi dell'art. 165, dopo la redazione del verbale di vane ricerche ad opera della polizia giudiziaria, ma in assenza della dichiarazione di latitanza (Cass. VI, n. 41762/2009). La giurisprudenza ha chiarito, poi, che il provvedimento dichiarativo della latitanza ha carattere strumentale, in funzione del perseguimento di ben precise finalità; per cui non avrebbe senso una dichiarazione di latitanza fine a se stessa, avulsa dalle esigenze di rispetto delle garanzie di legge, in relazione sia alla sussidiaria procedura notificatoria che al conferimento al difensore della rappresentanza del condannato. Dall'interpretazione dell'art. 296, pertanto, si ricavano due distinti profili della disciplina della latitanza: uno sostanziale, afferente alla qualità del latitante, connessa alla consapevole sottrazione ad una delle misure previste nel primo comma (compreso l'ordine di carcerazione), ed uno formale, inerente alla mera declaratoria di quella condizione, i cui effetti processuali sono previsti per il solo latitante rispetto ad una misura custodiale e non già per il latitante rispetto ad una sentenza definitiva, per il quale il legislatore non ha previsto, neppure nell'art. 656, alcun riferimento alla disciplina del decreto di latitanza, in tal caso essendo sufficiente il verbale di vane ricerche (Cass. V, n. 283/2000). Per le Sezioni Unite, la cessazione dello stato di latitanza, a seguito di arresto avvenuto all'estero in relazione ad altro procedimento penale, non implica la illegittimità delle successive notificazioni, eseguite nelle forme previste per l'imputato latitante, fino a quando il giudice procedente non abbia avuto notizia dell'arresto. A tal fine, lo specifico onere di attivazione è posto a carico della polizia giudiziaria deputata alle ricerche del latitante, e non del giudice, essendo essa tenuta alla costante verifica di tutte le informazioni, desumibili, tra l'altro, dai sistemi informativi nazionali ed internazionali, e di comunicare prontamente all'autorità giudiziaria procedente l'eventuale arresto della persona ricercata (Cass. S.U., n. 18822/2014). L'art. 295 non detta, poi, ai fini dell'esecuzione della misura coercitiva, specifiche prescrizioni per le ricerche da eseguirsi a cura della polizia giudiziaria, la quale, pertanto, non è vincolata all'osservanza dei criteri previsti dall'art. 165 in tema di irreperibilità, essendo riservato al giudice che emette il decreto di latitanza il giudizio di idoneità delle ricerche medesime (Cass. II, n. 25315/2012). Sussiste un contrasto giurisprudenziale, invece, in ordine all'individuazione della modalità con cui deve essere effettuata la notificazione degli atti all'imputato, arrestato all'estero nell'ambito di una procedura estradizionale o per altra causa, di cui risulti agli atti il luogo della detenzione, con conseguente cessazione dello stato di latitanza prima dichiarato. Ed infatti, per alcune pronunce è in tal caso applicabile la disciplina prevista dall'art. 169 per le notificazioni all'imputato residente o dimorante all'estero (Cass. V, n. 9746/2009), mentre per altre è necessario il ricorso alla disciplina disposta dall'art. 165 per l'effettuazione delle notifiche all'imputato latitante (Cass. III, n. 44065/2014). La S.C. ha specificato, ancora, che, ai fini dell'individuazione delle modalità di notificazione all'imputato, rilevano unicamente i fatti, comportamenti e dichiarazioni dello stesso intervenuti all'interno del medesimo procedimento, a nulla rilevando quelli maturati in procedimenti diversi; per cui, in applicazione di tale principio, la Corte ha ritenuto non rilevante, ai fini delle notifiche nel procedimento per il reato di evasione dagli arresti domiciliari, l'allontanamento dell'imputato conseguente alla violazione della misura, sì da doversi escludere, per tale solo fatto, la possibilità di notifica mediante consegna al difensore in applicazione dell'art. 165 (Cass. VI, n. 27983/2009). È ritenuta valida, poi, la notifica, effettuata nelle forme previste per l'imputato latitante, del decreto che dispone il giudizio, quando dopo la sua pronuncia sia stata annullata senza rinvio in sede di legittimità l'ordinanza cautelare alla cui esecuzione l'imputato si era sottratto (Cass. VI, n. 404/2007). La giurisprudenza, infine, risolvendo ogni possibile dubbio interpretativo al riguardo, ha riconosciuto la prevalenza della disciplina dell'art. 165 in caso di latitanza di imputato che abbia in precedenza eletto o dichiarato domicilio, affermando che la notificazione all'imputato latitante non può che essere effettuata mediante consegna di copia dell'atto al difensore, non essendo ammesse forme equipollenti (Cass. IV, n. 23590/2009). Il potere di rappresentanza del difensoreAi sensi del terzo comma dell'art. 165, l'imputato latitante o evaso è ad ogni effetto rappresentato dal difensore. Con riguardo a tale potere di rappresentanza, la giurisprudenza di legittimità, nel suo più autorevole consesso, ha osservato che il difensore dell'imputato latitante o evaso è sempre legittimato, a norma dell'art. 165, comma 3, a proporre la dichiarazione di ricusazione in nome e per conto del suo assistito, in quanto l'indicata disposizione normativa ha una portata più ampia rispetto alle sole notificazioni, cui l'articolo si riferisce, ricomprendendo — in conformità con la ratio ispiratrice della norma, che è quella di assicurare la piena tutela della difesa — anche quei casi in cui il codice di rito riserva personalmente all'imputato non evaso o latitante l'esercizio di determinati diritti o facoltà processuali, con la sola esclusione dei poteri processuali dispositivi relativi all'accesso ai procedimenti speciali ed alla rinuncia all'impugnazione, che richiedono una specifica manifestazione di volontà da parte dell'interessato, espressa personalmente o per mezzo di un procuratore speciale (Cass. S.U., n. 18/1995). Le forme della notificazioneLa giurisprudenza ha affrontato in diverse pronunce la questione relativa alla determinazione delle modalità con cui devono essere effettuate le notificazioni in favore dell'imputato latitante o evaso, in primo luogo precisando come, pur a fronte di una previsione normativa che omologa tra loro le due ipotesi, le notificazioni da eseguirsi nei confronti dell'evaso con consegna di copia al difensore non debbano essere precedute dal verbale di vane ricerche o dalla dichiarazione di latitanza (Cass. III, n. 9167/2009). La notificazione di un atto all'imputato latitante e al suo difensore, invece, è regolarmente eseguita con la consegna di una sola copia dell'atto al difensore (Cass. II, n. 2396/2009), peraltro non assumendo rilievo la mancata attestazione, nella relata di notifica, del fatto che la consegna degli atti sia stata effettuata al difensore non in quanto tale, ma nella veste di rappresentante ad ogni effetto del latitante (Cass. VI, n. 15691/2008). Lo stato di latitanza deve essere effettivo, per cui le notificazioni all'imputato latitante devono essere eseguite mediante consegna di copia degli atti al difensore di fiducia o d'ufficio sino a quando non sia stata processualmente accertata la cessazione della latitanza (Cass. I, n. 29503/2013). L'eventuale erronea dichiarazione di latitanza non determina una nullità assoluta per omessa citazione dell'imputato, bensì una nullità a regime intermedio, da dedurre prima della pronuncia della sentenza di primo grado (Cass. VI, n. 10957/2015). In conformità a quanto disposto dall'art. 134 disp. att., è sufficiente notificare solo l'estratto della sentenza in caso di giudizio abbreviato celebrato a carico di un imputato latitante (Cass. II, n. 10568/2003). La S.C. ha precisato ancora, in tema di riesame, che non è prevista l'ulteriore notifica del decreto di latitanza e dell'ordinanza cautelare al difensore di fiducia la cui nomina sia stata formalizzata in un momento successivo alla notificazione di tali atti al difensore d'ufficio, essendosi già cristallizzata la situazione processuale relativa agli adempimenti di cancelleria; in questa ipotesi, il termine per proporre richiesta di riesame decorre dalla data della prima notificazione (Cass. I, n. 20788/2009). Modifiche introdotte dal d.lgs. n. 150/2022 (c.d. “riforma Cartabia”)L'art. 10, comma 1, lett. s), d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, ha inserito nel testo dell'art. 165 il nuovo comma 1-bis, di significativa modifica del sistema di notificazione degli atti all'imputato latitante o evaso. La novella è, in particolare, intervenuta a sostituire la pregressa previsione per cui la notifica degli atti introduttivi del giudizio (avviso di fissazione dell'udienza preliminare e degli atti di citazione in giudizio di cui agli artt. 450, comma 2, 456, 552 e 601) era eseguita mediante diretta consegna di copia dell'atto al difensore, senza il preventivo esperimento di nuove ricerche, stabilendo ora che la notifica al difensore sia possibile solo ove vi sia stata la dichiarazione di latitanza e non si sia perfezionata la notificazione secondo le modalità ordinarie presso il domicilio dichiarato o eletto di cui all'art. 161, comma 1, ovvero indicate dall'art. 157, tali ultime diversificate a seconda che la latitanza riguardi un imputato evaso o sottrattosi a misura cautelare detentiva (commi 1, 2 e 3) oppure un soggetto sottrattosi alla misura cautelare dell'obbligo di dimora o del divieto di espatrio (commi 4, 5 e 6). Per come esplicato nella Relazione illustrativa del d.lgs. n. 150/2022, l'introduzione della novella si coordina alle modifiche operate per la notificazione degli atti introduttivi del giudizio ai fini della possibilità di procedere nell'assenza dell'imputato, nonché allo scopo di poter meglio garantire la dimensione convenzionale del processo in absentia, dimostrando la diligenza apprestata dall'autorità pubblica per portare a conoscenza anche del latitante l'esistenza del processo pendente a suo carico. Entrata in vigore della riformaLa modifica normativa ha decorrenza dal 30 dicembre 2022, ai sensi di quanto stabilito dall’art. 6 del d.l. 31 ottobre 2022, n. 162. In difetto di una normativa transitoria ad hoc, la novella si applicherà secondo il principio tempus regit actum. BibliografiaBartolini - Bartolini - Savarro, Le notificazioni nel processo civile e nel processo penale, Piacenza, 2010; Batà-Carbone, Le notificazioni. Dottrina e giurisprudenza, Milano, 2010; Bocchino, La dichiarazione dello stato di latitanza tra garanzie processuali e limiti di applicabilità, in Cass. pen. 2001, 1529; Carbone - Frangini - Spirito, Le notificazioni, Milano, 2004; Cerqua, Le notificazioni nel processo penale, Milano, 2004; Cusato, La notificazione degli atti civili, penali, amministrativi e tributari, Padova, 2008; Gialuz, Per un processo penale più efficiente e giusto. Guida alla lettura della riforma Cartabia, Profili processuali, in Sistema penale, 2022, 1;Grilli, Le notificazioni penali, Milano, 1990; Jazzetti-Pacini, La disciplina degli atti nel nuovo processo penale, Milano, 1993; Zappulla, Difensore del latitante, difensore del contumace e impugnazione della sentenza, in Cass. pen. 2000, 2318. |