Codice di Procedura Penale art. 178 - Nullità di ordine generale.

Alessandro D'Andrea

Nullità di ordine generale.

1. È sempre prescritta a pena di nullità l'osservanza delle disposizioni concernenti:

a) le condizioni di capacità del giudice e il numero dei giudici necessario per costituire i collegi stabilito dalle leggi di ordinamento giudiziario [33];

b) l'iniziativa del pubblico ministero nell'esercizio dell'azione penale [405] e la sua partecipazione al procedimento;

c) l'intervento, l'assistenza e la rappresentanza dell'imputato e delle altre parti private nonché la citazione in giudizio [429 4, 451 2, 456 3, 464, 465 2, 519 3, 552 3] della persona offesa dal reato [90, 91] e del querelante [336 s.] (1).

(1) V. la sentenza interpretativa di rigetto Corte cost. 16 luglio 1991, n. 353, sub art. 409.

Inquadramento

L'art. 178 disciplina le nullità di ordine generale, aventi ad oggetto nullità individuate dal legislatore con previsione una tantum, al fine di sanzionare la violazione di norme poste a tutela di categorie predefinite di interessi ritenuti essenziali dal legislatore — come: la capacità del giudice ed il numero di giudici necessario per costituire i collegi; l'iniziativa del pubblico ministero nell'esercizio dell'azione penale e la sua partecipazione al procedimento; l'intervento, l'assistenza e la rappresentanza dell'imputato e delle altri parti nonché la citazione in giudizio della persona offesa e del querelante —.

La nullità di ordine generale

Le nullità di ordine generale hanno un'efficacia di tipi diffusivo per tutto l'ordinamento giuridico, riguardando ampie categorie di interessi di cui sanziona l'eventuale inosservanza, nel senso che un'unica norma di legge commina la sanzione per la violazione di più disposizioni di legge processuale.

Tale soluzione appare direttamente conseguente alla previsione del principio di tassatività, essendosi ritenuta necessaria la previsione dell'art. 178 al fine di impedire che un'eventuale dimenticanza legislativa potesse lasciare privo di sanzione un atto compiuto in violazione di determinate regole. Né la previsione dell'art. 178 sembra porsi in contrasto con il principio di tassatività, considerato che, per evidenti ragioni di economia processuale, è stato scelto di prescrivere la nullità con una disposizione di carattere generale, attraverso cui recuperare la nullità tutte le volte in cui l'inosservanza di una norma, pur non essendo sanzionata in via specifica, sia riconducibile nell'ambito delle situazioni ivi tutelate.

Il legislatore, cioè, posto di fronte a due possibili tecniche di previsione delle nullità — la sanzione espressa della violazione di singole norme ovvero la sanzione una tantum della violazione di norme che conferiscono tutela a categorie predefinite di interessi processuali ritenuti essenziali — ha finito per optare per l'adozione di entrambe le prospettate soluzioni, prevedendo nel sistema processuale, ad un tempo, sia le nullità generali che le nullità speciali.

Ciò impone all'interprete di verificare se l'atto imperfetto possa, o meno, rientrare nello schema generale previsto dall'art. 178, per poi qualificare lo stesso come atto irregolare ove tale corrispondenza non venga in concreto verificata.

Oltre alla funzione di recupero delle nullità ad esse riferibili, la norma dell'art. 178 svolge anche un importante ruolo nella distinzione tra le nullità relative, da un lato, e le nullità assolute e a regime intermedio, dall'altro; nel senso che le nullità da esso contemplate appartengono tutte alle categorie da ultimo menzionate — come dimostrano gli artt. 179 e 180, costruiti per relationem proprio rispetto all'art. 178 —, con la conseguenza che le nullità relative sono esclusivamente speciali.

Le nullità di ordine generale, per espressa previsione dell'art. 178, si configurano nelle ipotesi di imperfezione determinate dall'inosservanza di disposizioni concernenti tre specifici “insiemi” soggettivamente individuabili: le condizioni di capacità del giudice ed il numero dei giudici necessario per costituire i collegi stabilito dalle leggi di ordinamento giudiziario; l'iniziativa del pubblico ministero nell'esercizio dell'azione penale e la sua partecipazione al procedimento; l'intervento, l'assistenza e la rappresentanza dell'imputato e delle altre parti private, nonché la citazione in giudizio della persona offesa dal reato e del querelante.

Come desumibile dalla lettura del testo normativo, la scelta codicistica sembra diretta a garantire l'instaurazione di un efficace contraddittorio attraverso la minaccia di un effetto sanzionatorio per le violazioni incidenti sui presupposti e, quindi, sulla validità del rapporto processuale.

Le nullità riguardanti il giudice: la capacità e il numero dei giudici necessario a comporre il collegio

La disposizione della lett. a) dell'art. 178 prevede che è sempre prescritta a pena di nullità l'osservanza delle disposizioni concernenti le condizioni di capacità del giudice e il numero dei giudici necessario per costituire i collegi stabilito dalle leggi di ordinamento giudiziario.

La portata generale della norma subisce, tuttavia, un indubbio ridimensionamento in ragione del disposto dell'art. 33, che, dopo avere coerentemente ribadito, al primo comma, che le condizioni di capacità del giudice ed il numero dei giudici necessario a formare i collegi sono stabiliti dalle leggi di ordinamento giudiziario, esclude, in primo luogo, dalla capacità del giudice, al comma 2, le disposizioni sulla destinazione del giudice agli uffici giudiziari e alle sezioni, sulla formazione dei collegi e sull'assegnazione dei processi a sezioni, collegi e giudici.

Ne consegue che il panorama delle disposizioni determinanti la nullità degli atti ex art. 178, lett. a), viene condizionato da preliminari scelte di natura legislativa, formulate nell'intento di comprimere l'attivazione di controlli sulla regolare costituzione del giudice. Da tali opzioni possono derivare, tuttavia, dubbi di legittimità costituzionale in ordine al rispetto del principio del giudice naturale, ogni qualvolta la disposizione positiva non sia legata a meccanismi automatici e diretti di individuazione del giudice.

La sentenza della Corte cost. n. 419/1998, ha, tuttavia, dichiarato infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 33, comma 2, per supposta violazione dell'art. 25 Cost., affermando che i criteri di assegnazione dei singoli procedimenti nell'ambito dell'ufficio giudiziario competente, pur dovendo essere obiettivi, predeterminati o comunque verificabili, non necessariamente devono essere configurati come elementi costitutivi della generale capacità del giudice, alla cui carenza il legislatore ha collegato la nullità degli atti.

La stessa giurisprudenza, d'altro canto, ha osservato come la generale operatività dell'art. 33, comma 2, secondo cui le disposizioni sulla destinazione agli uffici, sulla formazione dei collegi e sull'assegnazione dei processi non si considerano attinenti alla capacità del giudice, trovi un limite esclusivamente in quelle situazioni extra ordinem, caratterizzate dall'arbitrio nella designazione del giudice e realizzate al di fuori di ogni previsione tabellare, proprio per costituire un giudice ad hoc, situazioni dinanzi alle quali non può più affermarsi che la decisione della regiudicanda è stata emessa da un giudice precostituito per legge (Cass. I, n. 13445/2005).

Le irregolarità in tema di formazione dei collegi, cioè, incidono sulla capacità del giudice, con conseguente nullità ex art. 178, lett. a), solo quando sono volte ad eludere o violare il principio del giudice naturale precostituito per legge, attraverso assegnazioni extra ordinem perché del tutto al di fuori di ogni criterio tabellare (Cass. VI, n. 39239/2013).

L'assegnazione dei processi in violazione delle tabelle di organizzazione dell'ufficio può incidere sulla costituzione e sulle condizioni di capacità del giudice, determinando la nullità di cui all'art. 33, comma 1, non in caso di semplice inosservanza delle disposizioni amministrative, ma solo quando si determini uno stravolgimento dei principi e dei canoni essenziali dell'ordinamento giudiziario, per la violazione di norme quali quelle riguardanti la titolarità del potere di assegnazione degli affari in capo ai dirigenti degli uffici e l'obbligo di motivazione dei provvedimenti (Cass. IV, n. 35585/2017).

La S.C. ha, quindi, chiarito che non dà luogo ad alcuna nullità la celebrazione del giudizio di rinvio davanti ad un collegio, in diversa composizione, della medesima sezione della corte d'appello che aveva emesso la decisione annullata (Cass. VI, n. 27738/2013).

La partecipazione di un giudice onorario alla composizione di un collegio giudicante del tribunale non è causa di nullità assoluta, ai sensi del combinato disposto degli artt. 178, comma 1, lett. a) e 179, comma 1, non incidendo sulle condizioni di capacità del giudice (Cass. I, n. 34141/2015).  Parimenti, è stato affermato che l'integrazione di un collegio da parte di un giudice onorario in veste di supplente non viola l'art. 43-bis del r.d. 30 gennaio 1941, n. 12, che si riferisce all'esercizio delle funzioni del tribunale in composizione monocratica, né è causa di nullità processuale, atteso che detta previsione introduce un mero criterio organizzativo di ripartizione dei procedimenti tra i giudici ordinari e quelli onorari (Cass. II, n. 26834/2018).

La portata dell’art. 178, lett. a) è, poi, ridimensionata anche dalla norma del comma 3 dell'art. 33, che esclude dalla capacità del giudice e dal numero dei giudici necessario per costituire l'organo giudicante le disposizioni sull'attribuzione degli affari penali al tribunale collegiale o monocratico.

La capacità del giudice viene solitamente distinta in capacità di acquisito delle funzioni giurisdizionali — da intendersi come idoneità ad assumere la qualità di giudice, sul presupposto del possesso dei requisiti richiesti dall'ordinamento giudiziarioe capacità di esercizio delle stesse funzioni, a sua volta scindibile in capacità in astratto — necessaria per poter esercitare legittimamente la funzione giurisdizionale in ordine a qualsiasi processo e comprensiva dell'attribuzione (successiva alla nomina) della qualifica con la conseguente immissione della persona nell'ufficio giudiziario ed il conferimento delle relative funzioni — e capacità in concreto — necessaria per il legittimo esercizio della funzione giurisdizionale in relazione ad un processo ben determinato —.

Per l'interpretazione prevalente, ad integrare la capacità in concreto non concorrono anche le condizioni soggettive di indipendenza e di imparzialità del giudice, afferenti alle situazioni particolari di incompatibilità. La giurisprudenza maggioritaria ha, infatti, affermato che l'esistenza di una causa di incompatibilità ex art. 34, allorché non rilevata dal giudice con dichiarazione di astensione, né tempestivamente dedotta con istanza di ricusazione, non incide sulla capacità del giudice e, conseguentemente, non dà luogo alla nullità prevista dall'art. 178, comma 1, lett. a) (Cass. VI, n. 39174/2015).

La violazione, poi, del divieto, ex art. 42, comma 1, per il giudice la cui ricusazione sia stata accolta, di compiere alcun atto del procedimento comporta rispettivamente la nullità, ex art. 178, lett. a), delle decisioni ciononostante pronunciate e l'inefficacia di ogni altra attività processuale, mentre la violazione del divieto, ex art. 37, comma 2, per il giudice solo ricusato, di pronunciare sentenza, comporta la nullità di quest'ultima solo ove la ricusazione sia successivamente accolta, e non anche quando la ricusazione sia rigettata o dichiarata inammissibile (Cass. S.U., n. 23122/2011).

Non dà luogo, tuttavia, alla nullità prevista dall'art. 178, lett. a), l'inosservanza delle norme riguardanti la sostituzione del giudice astenuto (Cass. V, n. 39379/2012).

L'inosservanza da parte del giudice dell'obbligo di astensione riconducibile alle “gravi ragioni di convenienza”, di cui all'art. 36, comma 1, lett. h), che non costituisce motivo di ricusazione, non comporta una nullità generale ed assoluta della sentenza, non incidendo sulla capacità del giudice e potendo unicamente rilevare sotto il profilo disciplinare (Cass. II, n. 19292/2015).

In ragione del rappresentato contenuto delle norme dei commi 2 e 3 dell'art. 33, può ragionevolmente concludersi, pertanto, che la categoria della capacità del giudice di fatto finisca per coincidere con la sola esistenza dell'atto di nomina ed il generico conferimento delle funzioni, e cioè con le condizioni minime indispensabili perché possa configurarsi l'acquisizione della qualità di giudice, nonché l'esistenza di un atto valido, considerato che, diversamente, trattandosi di un atto compiuto a non iudice, esso può addirittura essere qualificato come atto inesistente.

In applicazione dell'indicato principio, la S.C. ha ritenuto illegittimamente costituito il tribunale di sorveglianza composto in modo diverso da quello tassativamente previsto dall'art. 70 l. n. 354/1975 (cosiddetto ordinamento penitenziario) (Cass. I, n. 1933/1990).

È stata esclusa, invece, la nullità nei casi di: ordinanza cautelare sottoscritta da più giudici delle indagini preliminari appartenenti allo stesso ufficio ed ugualmente competenti (Cass. S.U., n. 1/1993); intervento in corte d'assise del giudice popolare supplente, a istruttoria dibattimentale conclusa, in sostituzione di quello effettivo impedito, in quanto la legge processuale prevede che i giudici supplenti partecipino alle udienze in modo da essere nella condizione di sostituire consapevolmente il componente effettivo impedito (Cass. V, n. 27890/2009); prova testimoniale assunta nel procedimento avanti al giudice straniero senza la presenza, pur richiesta, del giudice italiano (Cass.S.U., n. 15208/2010).

Le nullità concernenti il pubblico ministero: l'esercizio dell'azione penale e la sua partecipazione al procedimento

L'art. 178, lett. b) stabilisce che è sempre prescritta a pena di nullità l'osservanza delle disposizioni concernenti l'iniziativa del pubblico ministero nell'esercizio dell'azione penale e la sua partecipazione al procedimento.

La distinzione tra le indicate funzioni assume rilievo sotto il profilo del trattamento riservato alle diverse violazioni, atteso che per le disposizioni concernenti l'esercizio dell'azione penale è prevista la nullità assoluta, mentre per le norme relative alla partecipazione al procedimento è disposta la nullità a regime intermedio.

Per iniziativa del pubblico ministero nell'esercizio dell'azione penale, di cui alla prima ipotesi di nullità prevista dall'art. 178, lett. b), deve intendersi l'attività di promovimento dell'azione penale tipizzata negli atti indicati dall'art. 405 — rubricato “inizio dell'azione” e nel cui ambito è contenuta l'espressione “esercita l'azione” — mentre la successiva attività costituisce il proseguimento della stessa e va ricompresa nella nozione di partecipazione del pubblico ministero al procedimento. L'esercizio dell'azione spetta ex lege all'ufficio della procura della Repubblica e non alla procura generale, fatti salvi i casi di esercizio dell'avocazione.

La nullità relativa all'esercizio dell'azione penale investe sia le ipotesi in cui la stessa sia stata omessa che quelle in cui l'azione sia stata esercitata in maniera invalida.

L'applicazione dell'indicato principio ha condotto ad una fiorente casistica in giurisprudenza in ordine alla previsione di nullità assolute per violazione del disposto dell'art. 178, lett. b), relativo alla violazione di disposizioni concernenti l'iniziativa del pubblico ministero nell'esercizio dell'azione penale.

Così, ad esempio, è stato affermato che il procuratore generale è legittimato a ricorrere per cassazione avverso l'ordinanza di archiviazione qualora non gli sia stato comunicato l'avviso di fissazione dell'udienza di cui all'art. 409, comma 2 (Cass. VI, n. 42940/2010), poiché l'indicata omissione determina la nullità della successiva ordinanza di archiviazione ex art.178, comma 1, lett. b), in quanto viene impedita l'iniziativa del procuratore generale nell'esercizio dell'azione penale con riferimento allo specifico potere di avocazione previsto dall'art. 412, comma 2 (Cass. VI, n. 37725/2002).

Con riferimento, quindi, all'adozione delle misure cautelari, è stato affermato che loro presupposto, sia nella fase di indagini preliminari che nelle ulteriori fasi del giudizio, è la richiesta del P.M.., per cui la relativa mancanza integra l'ipotesi di nullità di ordine generale ex art. 178, comma 1, lett. b), insanabile e rilevabile d'ufficio in ogni stato e grado del processo ai sensi dell'art. 179 (Cass. IV, n. 52540/2017).

Il principio della domanda cautelare del P.M., la cui mancanza integra una nullità di ordine generale ex art. 178, comma 1, lett. b), è applicabile, inoltre, anche con riferimento alle misure cautelari alternative previste dall'art. 307, comma 1-bis, in caso di scarcerazione per decorrenza dei termini di custodia cautelare (Cass. VI, n. 29593/2011).

Ancora, il provvedimento di revoca dell'indulto, adottato d'ufficio dal giudice dell'esecuzione, è affetto da nullità assoluta, ai sensi dell'art. 178, comma 1, lett. b), perché il procedimento di esecuzione, salvo che per l'applicazione dell'amnistia o dell'indulto, richiede l'impulso di parte (Cass. I, n. 29203/2013).

Non è nulla, invece, la sentenza pronunciata in sede di giudizio abbreviato richiesto nel corso dell'udienza preliminare in procedimento nel quale l'azione penale sia stata esercitata mediante richiesta di rinvio a giudizio in ordine a reati (nella specie: art. 186 c.strad. e 495 c.p.) per il quale avrebbe dovuto procedersi con citazione diretta a giudizio (Cass. V, n. 39207/2015).

La seconda ipotesi di nullità prevista dall'art. 178, lett. b), concerne, come detto, l'inosservanza delle disposizioni riguardanti la partecipazione del pubblico ministero al procedimento, successive, dunque, all'esercizio dell'azione penale.

Trattasi di norme la cui inosservanza determina una nullità a regime intermedio, che si riferiscono ad ipotesi di partecipazione necessaria ovvero facoltativa del pubblico ministero, nel quale ultimo caso la nullità si configura allorché l'organo dell'accusa non sia stato posto nella condizione di determinarsi discrezionalmente sull'opzione da adottare.

La giurisprudenza ha chiarito, al riguardo, che non è causa di nullità, ex art. 178, comma 1, lett. b), l'allontanamento momentaneo del pubblico ministero mentre è in corso la discussione del difensore nell'udienza preliminare, atteso che l'obbligo di partecipazione al procedimento, dovendo essere valutato in ordine all'an e non al quomodo, non implica la necessità della costante presenza del pubblico ministero durante l'udienza (Cass. I, n. 23814/2009).

Allo stesso modo, non dà luogo alla nullità generale per difetto di partecipazione al procedimento del pubblico ministero, l'essersi quest'ultimo limitato, in esito al giudizio, a rassegnare le proprie conclusioni solo in rito e non anche nel merito, in quanto il dovere di partecipazione deve essere valutato in ordine all'an e non al quomodo, rientrando tale opzione nella discrezionalità tecnica del P.M. (Cass. III, n. 5498/2009).

La violazione del divieto della non delegabilità delle funzioni di pubblico ministero a soggetti non togati nei procedimenti diversi da quelli per cui si procede a citazione diretta non determina, inoltre, alcuna nullità degli atti processuali o della sentenza emessa a conclusione del grado di giudizio cui ha partecipato il soggetto non delegabile (Cass. VI, n. 2232/2011).

Le Sezioni Unite hanno, quindi, precisato che la sentenza di non doversi procedere emessa de plano, per la ritenuta sussistenza di una causa di non punibilità, dal g.u.p., investito della richiesta del P.M. di rinvio a giudizio dell'imputato, non è abnorme, ma viziata da nullità di ordine generale ai sensi dell'art. 178, lett. b) e c), in quanto incide negativamente sulla partecipazione al procedimento del P.M., al quale viene precluso l'esercizio delle facoltà tese eventualmente a meglio definire e suffragare l'accusa, nonché la violazione del diritto di difesa dell'imputato, al quale viene interdetto l'esercizio di facoltà esperibili solo nell'ambito dell'udienza preliminare (Cass. S.U., n. 12283/2005).

Ancora nullo, ma non abnorme e quindi non ricorribile direttamente per cassazione, è l'ordine di trasmissione degli atti al pubblico ministero per la diversità del fatto contestato da quello accertato nel corso del giudizio, se adottato prima della conclusione dell'istruttoria dibattimentale senza consentire alle parti di interloquire sul punto (Cass. VI, n. 12509/2010).

È illegittimo, poi, il provvedimento con il quale il giudice per le indagini preliminari, investito delle contestuali richieste di convalida dell'arresto (o del fermo) e di applicazione di una misura cautelare, respinga quest'ultima e disponga la scarcerazione dell'arrestato (o del fermato) prima dell'udienza di convalida, atteso che l'art. 391, comma 3, prescrive espressamente che la decisione sull'applicazione della misura cautelare sia adottata nel contraddittorio e quindi all'esito dell'udienza camerale; detta violazione di legge, concernendo una disposizione che garantisce la partecipazione del pubblico ministero agli atti del procedimento, integra la nullità generale a regime intermedio di cui all'art. 178, lett. b), ma non determina, altresì, l'abnormità del provvedimento e la sua immediata ricorribilità per cassazione, poiché rientra nei poteri del giudice decidere sulla richiesta di applicazione di una misura cautelare né si verifica, in conseguenza del suo rigetto, una situazione di irrimediabile stallo del procedimento essendo consentito al pubblico ministero denunciare l'invalidità mediante l'appello de libertate di cui all'art. 310 (Cass. S.U., n. 33/2000).

È causa di nullità di ordine generale e a regime intermedio, ancora, la pronuncia de plano, e quindi senza previa fissazione di udienza camerale, della sentenza di patteggiamento, pur dopo l'esercizio dell'azione penale e la notifica del decreto di giudizio immediato (Cass. IV, n. 5066/2011).

È stato, altresì, affermato che non integra la nullità prevista dall’art. 178, comma 1, lett. b) la mancata partecipazione del Procuratore distrettuale antimafia alle udienze dibattimentali relative ad un procedimento per il delitto di associazione a delinquere di tipo mafioso aggravata, posto che la Direzione distrettuale antimafia è articolazione interna della Procura della Repubblica presso il Tribunale del capoluogo, priva di rilevanza esterna, e le funzioni relative possono essere espletate, sia pure in via eccezionale, da magistrati dell’ufficio diversi da quelli designati per la composizione della D.D.A.; ne consegue che la violazione della norma di cui all’art. 110-bis, comma 2, ord. giud., che stabilisce il termine di durata di un anno per la delega di funzioni a magistrati non appartenenti alla D.D.A., non configura ipotesi di nullità, ma di mera irregolarità (Cass. I, n. 28238/2018).

Il giudice dell'esecuzione, poi, può porre a base della decisione soltanto le prove che siano state formalmente ammesse prima delle conclusioni delle parti; ne consegue che è affetta da nullità ex art. 178, comma 1, lett. b) e c), per violazione del contraddittorio, la decisione assunta sulla base di documenti acquisiti fuori udienza, mediante ordinanza, successivamente alla riserva della decisione (Cass. I, n. 8585/2015).

In tema di confisca di prevenzione, il procedimento per l'ammissione al pagamento del credito in favore del terzo munito di garanzia reale sul bene oggetto di ablazione, nei casi disciplinati dall'art. 1, commi 194 e ss., l. n. 228/2012 deve svolgersi, per effetto dell'espresso rinvio anche al comma 4 dell'art. 666, con la partecipazione necessaria del difensore e del pubblico ministero, con la conseguenza che il provvedimento emesso de plano dal giudice dell'esecuzione è viziato da nullità generale ai sensi dell'art. 178, lett. b) e c), ed è direttamente ricorribile in cassazione (Cass. I, n. 28513/2015).

Le nullità relative all'intervento, l'assistenza e la rappresentanza dell'imputato e delle altre parti private

La norma dell'art. 178,lett. c ), prevede, nella prima parte, che è sempre prescritta a pena di nullità l'osservanza delle disposizioni concernenti l'intervento, l'assistenza e la rappresentanza dell'imputato e delle altre parti private.

Il riferimento alla nozione di intervento dell'imputato o dell'indagato — in virtù dell'estensione operata dall'art. 61 — attiene, in primo luogo, alle attività in cui si estrinseca la sua partecipazione personale al procedimento. Si tratta, naturalmente, di una partecipazione non meramente fisica, ma in cui vengono espresse tutte le facoltà e i poteri che l'ordinamento riconosce all'imputato ai fini dell'integrazione del contraddittorio e, in ultima analisi, del suo diritto di difesa.

La necessità di una presenza fattiva o almeno cosciente dell'imputato determina la nullità ex art. 178, lett. c), di ogni violazione delle norme di disciplina degli accertamenti della sua capacità di intendere e di volere e di partecipare coscientemente al processo, che deve essere accertata mediante perizia assunta con l'osservanza delle forme previste per il dibattimento anche nell'ipotesi in cui l'accertamento avvenga prima della sua apertura (Cass. I, n. 29936/2010).

Stessa tutela è prevista per l'imputato alloglotta, determinandosi una nullità di ordine generale a regime intermedio per l'ipotesi di omessa traduzione del decreto di citazione a giudizio in favore dell'imputato che non comprenda l'italiano (Cass. VI, n. 44421/2015), ovvero nel caso di mancata traduzione del decreto di espulsione (Cass. I, n. 45360/2015).

La nozione di assistenza dell'imputato inerisce, invece, all'espletamento di attività da parte del difensore finalizzate a far valere i diritti e gli interessi dell'assistito.

La mancata assistenza del difensore non determina, però, conseguenze sempre uguali, generando una nullità assoluta quando essa sia obbligatoria (art. 179) ed una nullità a regime intermedio negli altri casi (art. 180).

Con riferimento, poi, alle ipotesi processuali in cui la partecipazione del difensore è solo facoltativa si ha la nullità dell'atto solo quando, dovendosi compiere un atto a cui il difensore ha diritto di assistere, il preavviso manchi o non sia tempestivo.

È stato osservato in giurisprudenza, riconoscendo all'imputato il diritto di difendersi provando, che il rigetto immotivato dell'istanza di acquisizione di una memoria difensiva, presentata ai sensi dell'art. 121, o la sua omessa valutazione determinano la nullità di ordine generale prevista dall'art. 178, comma 1, lett. c), in quanto, oltre a costituire violazione delle regole che presiedono alla motivazione della sentenza, comportano la lesione del diritto di intervento o assistenza difensiva e il diritto dell'imputato di difendersi provando (Cass. I, n. 45104/2005).

Con riguardo, invece, al concetto di rappresentanza dell'imputato, deve osservarsi come lo stesso non coincida con l'istituto proprio della disciplina civilistica e come tale nozione non assuma un significato univoco in sede processualpenalistica, osservato che vi sono casi in cui è lo stesso imputato a conferire il potere di rappresentarlo (art. 438, comma 3), altri in cui è la legge a riconoscere tale potere (art. 165, comma 3) ed altri ancora in cui la rappresentanza non fa capo al difensore, ma a soggetti diversi che coadiuvano l'imputato nella sua difesa personale o ne rendono possibile o ne facilitano l'esercizio (art. 250, comma 1).

A differenza dell'assistenza, che implica il compimento di atti da parte dell'imputato congiuntamente al difensore, la rappresentanza comporta il compimento di atti da parte del solo rappresentante, senza la partecipazione dell'imputato.

Rientra in tale ipotesi di nullità la pronuncia con cui la S.C. ha affermato che l'art. 666, comma 8, pur derogando, nel procedimento di esecuzione, alle cui regole il procedimento di sorveglianza deve uniformarsi (art. 678, comma 1), ai principi generali che impongono la sospensione temporanea del giudizio e la nomina di un curatore speciale quando la cosciente partecipazione dell'interessato sia impedita dal suo stato mentale (v. art. 71, comma 1), è nondimeno diretto, attraverso la previsione della nomina di un curatore provvisorio, ad assicurare la necessaria tutela processuale del soggetto. Ne consegue che la mancata osservanza di tale disposizione integra una nullità di ordine generale, ex artt. 178, lett. c), e 180, risolvendosi in inosservanza di disposizione concernente l'integrità e la pienezza del contraddittorio (Cass. I, n. 1643/1993).

E' stato affermato in tema di esecuzione di un ordine europeo di indagine passivo avente ad oggetto la richiesta di atti di perquisizione e sequestro a fini di prova, che integra una violazione del diritto di difesa ai sensi dell'art. 178, comma 1, lett. c), la tardiva comunicazione del decreto di riconoscimento dell'ordine europeo d'indagine oltre i termini previsti dall'art. 4, comma 4, d.lgs. n. 108/2017, che impedisca all'indagato ed al suo difensore di proporre tempestiva opposizione al g.i.p. territoriale nei modi e nei termini previsti dall'art. 13, comma 1, stesso d.lgs., eccependo la presenza di ragioni ostative all'esecuzione degli atti richiesti, nonché di inibire la trasmissione, in caso di accoglimento dell'opposizione stessa, dei risultati di prova acquisiti sul territorio dello Stato (Cass., VI, n. 8320/2019).    

La posizione delle altre parti private — pur a costui correlata nella dizione normativa dell'art. 178, lett. c) — non può essere considerata omogenea a quella dell'imputato.

In primo luogo, infatti, sia pur solo con riferimento alle ipotesi indicate nell'art. 179, l'inosservanza delle disposizioni relative all'intervento, assistenza e rappresentanza dell'imputato è causa di nullità assoluta, mentre rispetto alle altre parti private è prevista unicamente una nullità a regime intermedio ex art. 180. In secondo luogo, poi, per queste ultime la previsione generale di nullità è circoscritta alla sola fase processuale vera e propria, non essendo previsto un loro intervento durante le indagini preliminari o in fase di archiviazione.

Le parti private, poi, differiscono dall'imputato anche perché possono stare in giudizio solo con il ministero di un difensore munito di procura speciale.

Ne consegue che è affetta da nullità, ex art. 178, lett. c), non solo l'omessa citazione a giudizio alla parte civile (Cass. III, n. 3028/1997), ma anche la mancata notifica al suo difensore munito di procura speciale (Cass. IV, n. 3843/1994).

Le nullità riguardanti la citazione in giudizio della persona offesa e del querelante

L'art. 178, lett. c), dispone, nella seconda parte, che è sempre prescritta a pena di nullità l'osservanza delle disposizioni concernenti la citazione in giudizio della persona offesa dal reato e del querelante.

La norma, così come formulata, trova applicazione solo con riferimento alla citazione in giudizio, e dunque non con riferimento al coinvolgimento di tali soggetti in altre fasi procedimentali (come, ad esempio, nell'incidente probatorio o nell'udienza preliminare). La duplicazione del riferimento alla persona offesa ed al querelante fa comprendere come la citazione in giudizio debba essere disposta, a pena di nullità ex art. 178, lett. c), sempre in favore anche del querelante ove tale soggetto non coincida con la persona offesa.

La limitata sfera di operatività non fa perdere la natura di ordine generale alla nullità, atteso che la norma si riferisce a tutti i diversi atti di citazione in giudizio — tribunale monocratico o collegiale, corte d'assise, giudizio abbreviato, direttissimo, immediato, opposizione a decreto penale di condanna —.

La giurisprudenza ha, poi, stabilito che l'omissione alla persona offesa dell'avviso di fissazione dell'udienza preliminare non integra una nullità assoluta o a regime intermedio, ma solamente una nullità relativa, che può essere dichiarata solo su eccezione di parte e deve essere eccepita prima dell'atto conclusivo della fase (Cass. IV, n. 11350/2008).

È stato affermato, altresì, che il p.m. è tenuto a dare avviso alla persona offesa, che ne abbia validamente e tempestivamente fatto richiesta, della richiesta di archiviazione degli atti da lui avanzata, anche nel caso in cui essa costituisca reiterazione di istanza precedentemente presentata e rigettata dal g.i.p. all'esito della udienza camerale, tenuta ai sensi del comma 3 dell'art. 410. Ed invero è sempre affetto da nullità, ai sensi dell'art. 178, lett. c), il decreto di archiviazione emesso dal g.i.p. senza che la persona offesa sia stata informata della nuova richiesta (Cass. V, n. 611/1999).

Si ritiene, poi, che la norma dell'art. 178 possa essere estesa anche agli enti rappresentativi degli interessi lesi dal reato, che al momento della citazione in giudizio siano già validamente intervenuti nel procedimento, in quanto, nonostante il principio di tassatività, si ritengono prevalenti precise istanze di natura garantista, peraltro suffragate da espresse disposizioni normative, considerato che l'art. 91 attribuisce a tali enti i diritti e le facoltà riconosciute alla persona offesa e che gli artt. 505 e 511 consentono agli stessi enti dei poteri di impulso in sede dibattimentale invece non riconosciuti alla persona offesa.

Bibliografia

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