Codice di Procedura Penale art. 185 - Effetti della dichiarazione di nullità.

Alessandro D'Andrea

Effetti della dichiarazione di nullità.

1. La nullità di un atto rende invalidi gli atti consecutivi che dipendono da quello dichiarato nullo.

2. Il giudice che dichiara la nullità di un atto ne dispone la rinnovazione, qualora sia necessaria e possibile, ponendo le spese a carico di chi ha dato causa alla nullità per dolo o colpa grave.

3. La dichiarazione di nullità comporta la regressione del procedimento allo stato o al grado in cui è stato compiuto l'atto nullo, salvo che sia diversamente stabilito [604].

4. La disposizione del comma 3 non si applica alle nullità concernenti le prove [26, 191].

Inquadramento

L'art. 185 disciplina gli effetti della dichiarazione della nullità, in particolare prevedendone l'estensione, come nullità derivata, agli atti consecutivi dipendenti dall'atto dichiarato nullo. La norma contempla, poi, la possibilità di rinnovazione dell'atto nullo e indica, quale diretto effetto della declaratoria di nullità, la regressione del procedimento allo stato o al grado in cui l'atto nullo è stato compiuto.

Il provvedimento dichiarativo della nullità

L'art. 185 si pone in termini di logica conseguenza con le disposizioni che subito prima lo precedono, in quanto la declaratoria di nullità interviene solo quando risulti compiutamente accertata l'insussistenza di cause di sanatoria, siano esse di carattere generale o speciale.

La nullità viene dichiarata con provvedimento giudiziale, avente forma di ordinanza o di sentenza, a seconda della fase processuale in cui viene emanato.

Si ritiene che il provvedimento del giudice abbia natura costitutiva, quindi produttivo di efficacia ex nunc, solo determinante la caducazione delle conseguenze derivanti dall'atto viziato.

In senso difforme, invece, la giurisprudenza di legittimità ritiene che la declaratoria della nullità abbia efficacia retroattiva, per cui l'atto deve essere considerato come se non fosse mai venuto ad esistenza(Cass. VI, n. 1747/1998).

La nullità derivata

Il comma 1 dell'art. 185 disciplina gli effetti della dichiarazione di nullità, affermando che essi si estendono agli atti consecutivi, che pure divengono invalidi, a condizione, però, che tali ultimi siano legati da un rapporto di dipendenza causale con l'atto ab origine invalido.

Tale connessione logico-giuridica crea il fenomeno della nullità derivata, che, per l'appunto, prevede che la nullità originaria di un atto si propaghi anche agli atti successivi che da esso dipendono, inficiandone la validità.

Affinché si realizzi l'indicato effetto, tuttavia, è necessario che il rapporto di dipendenza funzionale tra l'atto a nullità originaria e quello a nullità derivata non sia accidentale od occasionale, ma che tra essi intercorra una connessione teleologica effettiva, per cui al venir meno dell'atto antecedente consegue anche la caducazione dell'atto successivo. Per tale ragione, quindi, la nullità derivata non può estendersi agli atti antecedenti o contemporanei rispetto all'atto a nullità originaria, non potendosi ravvisare, in tali casi, la sussistenza del necessario rapporto di dipendenza causale.

La nullità derivata si realizza sempre, ed in modo automatico, ove la nullità originaria riguardi atti propulsivi — e cioè gli atti propedeutici a successive fasi processuali —, mentre per gli atti probatori, naturalmente connotati da indipendenza giuridica, è necessario verificare, caso per caso, se vi sia, o meno, la ricorrenza di un nesso di dipendenza con gli atti successivi.

La tematica della nullità derivata è stata oggetto di una fiorente casistica da parte della giurisprudenza di legittimità.

Così è stato affermato che, in base al principio per il quale la nullità di un atto può comunicarsi solo ad atti successivi e solo in quanto dipendenti dall'atto nullo, la nullità dell'informazione di garanzia può determinare la nullità dell'atto a cui si riferisce, ma non la nullità di atti derivati, perché utile per inutile non vitiatur (Cass. VI, n. 454/1997).

L'omessa notifica al difensore dell'indagato dell'avviso dell'udienza fissata per la discussione dell'opposizione all'archiviazione rileva unicamente in tale ambito processuale, e non determina la nullità derivata della successiva fase processuale, ai sensi dell' art. 185 (Cass. VI, n. 35246/2018).

Ancora, la nullità dell'ordinanza con cui il giudice per le indagini preliminari, a seguito dell'opposizione all'archiviazione proposta dalla persona offesa, dispone la prosecuzione delle indagini non determina la nullità del successivo atto di esercizio dell'azione penale e degli atti conseguenti, dovendosi escludere la sussistenza di un rapporto di derivazione tra tali atti (Cass. I, n. 39906/2018).

È stato ritenuto, poi, che le misure coercitive applicate contestualmente al provvedimento di convalida del fermo o dell'arresto, pur se collegate con la misura precautelare, non sono con la stessa in rapporto di connessione essenziale, sicché la nullità della convalida non si estende all'ordinanza impositiva delle misure coercitive, né sulla possibilità di disporle incide la mancata convalida (Cass. S.U., n. 17/1999).

La nullità dell'interrogatorio di soggetto originariamente indagato, la cui posizione sia poi stata archiviata, con contestuale assunzione della veste di parte offesa, che renda dichiarazioni eteroaccusatorie, svolto senza le previste garanzie, non si estende ai successivi atti istruttori ritualmente assunti (nella specie sommarie informazioni testimoniali) nei quali il medesimo soggetto, confermi le precedenti dichiarazioni, ancorchè richiamandole per relationem (Cass. II, n. 39716/2018).

L'interdizione dei colloqui della persona sottoposta a custodia cautelare con il difensore, illegittimamente disposta dal pubblico ministero, determina una violazione del diritto all'assistenza e, quindi, una nullità a regime intermedio suscettibile di estendersi agli atti successivi che ne dipendono e, in particolare, all'interrogatorio di garanzia, a norma dell'art. 185, comma 1, qualora non venga eliminata mediante l'effettuazione del colloquio prima che l'atto consecutivo sia compiuto (Cass. II, n. 44902/2014).

La nullità dell'interrogatorio di garanzia in sede di udienza di convalida dell'arresto non determina, invece, la nullità dell'ordinanza che dispone la misura della custodia cautelare in carcere, siccome questa è provvedimento distinto ed autonomo rispetto a quello di convalida, ma determina esclusivamente la necessità di compiere un valido interrogatorio nel termine previsto dall'art. 294 (Cass. II, n. 26605/2019).

La dichiarazione di nullità del decreto di citazione a giudizio per omesso espletamento dell'interrogatorio tempestivamente richiesto dall'indagato, ai sensi dell'art. 415-bis, non inficia gli atti procedimentali precedenti, e, pertanto, non richiede il rinnovo dell'avviso di chiusura delle indagini preliminari (Cass. I, n. 24062/2009).

La nullità del decreto che dispone il giudizio non si estende alla lista testimoniale ritualmente depositata, poiché quest'ultima non è in rapporto di dipendenza logico-giuridica con il decreto stesso (Cass. I, n. 6914/2022).

È utilizzabile la deposizione testimoniale del verbalizzante che abbia utilizzato per la consultazione, ex art. 499, una relazione di servizio priva di sottoscrizione, in quanto non sussiste, ex art. 185, comma 1, alcun rapporto di dipendenza logico-giuridica tra la relazione di servizio utilizzata ai fini di consultazione dal verbalizzante e la testimonianza di quest'ultimo, autonomamente e direttamente riferita alle attività svolte ed alle realtà percepite (Cass. V, n. 21047/2011).

In tema di sequestro, poi, è stato precisato che nelle ipotesi di cose soggette a confisca obbligatoria, l'irregolarità del verbale di sequestro operato dalla P.G. non travolge il provvedimento di convalida del P.M., in applicazione del principio male captum bene retentum (Cass. II, n. 31225/2014).

La Suprema Corte ha affermato in diverse decisioni, infine, che il principio per cui la nullità di un atto rende invalidi gli atti consecutivi, che dipendono da quello dichiarato nullo, non trova applicazione in materia di inutilizzabilità, riguardando quest'ultima solo le prove illegittimamente acquisite e non quelle la cui acquisizione sia avvenuta in modo autonomo e nelle forme consentite (così, per tutte, Cass. V, n. 12697/2015). Pertanto, una decisione che si basi su una prova vietata non è di per sé invalida, potendo al più ritenersi nulla per difetto di motivazione, qualora non sussistano prove, ulteriori e diverse da quelle inutilizzabili, idonee a giustificarla (Cass. VI, n. 4119/2020).

La rinnovazione dell'atto nullo

Il comma 2 dell'art. 185 prevede la possibilità di rinnovazione dell'atto nullo — che deve riguardare l'intero atto anche qualora il vizio affligga solo una parte di esso — alla duplice condizione che la rinnovazione sia: possibile, e cioè che siano ancora permanenti i presupposti necessari per la ripetizione dell'atto; e necessaria, e cioè che l'atto rinnovato non sia inutile ai fini della prosecuzione del processo.

La rinnovazione deve essere disposta dallo stesso giudice che ha emanato l'atto viziato. Ciò non crea particolari problemi pratici nel caso di effettuazione della ripetizione dell'atto nella medesima fase processuale, a differenza di quanto avviene nelle ipotesi in cui la declaratoria sia pronunciata in una fase successiva rispetto a quella originante la nullità; in tale ultimo caso può essere necessaria la regressione del procedimento, come per lo più si verifica nelle ipotesi di dichiarazione di nullità di atti propulsivi.

In giurisprudenza è stato osservato che la violazione del termine a comparire comporta una nullità di ordine generale a regime intermedio che, se non sanata ai sensi dell’art. 184, impone al giudice la rinnovazione dell’atto, ex art. 185, a seguito della quale non è consentito integrare il termine originario insufficiente, occorrendo provvedere alla sua integrale rinnovazione, di modo che sia sempre garantito un termine libero di pari durata (Cass. V, n. 16732/2018).

La nullità della sentenza per mancanza grafica della motivazione, poi, non incide sulla validità degli atti antecedenti, sicché alla rinnovazione dell'atto nullo deve provvedere il giudice che ha deliberato, con la conseguenza che il processo, ritornato nella fase post-dibattimentale, riprende il suo corso mediante un nuovo deposito in cancelleria della sentenza (Cass. II, n. 3154/2012).

Contestualmente alla rinnovazione dell'atto, il giudice pone le spese a carico di chi ha dato causa alla nullità, purché questi abbia agito con dolo o colpa grave.

La regressione del procedimento

In ragione di quanto stabilito dal comma 3 dell'art. 185, la dichiarazione di nullità comporta, quale suo diretto effetto, e salvo che sia diversamente stabilito, la regressione del procedimento allo stato o al grado in cui è stato compiuto l'atto nullo.

Tale disposizione non si applica, tuttavia, alle nullità concernenti le prove, secondo quanto previsto dalla disposizione del comma 4.

Come già in precedenza osservato, la regola trova usuale applicazione con riferimento agli atti propulsivi, in cui è necessaria un'effettiva regressione del procedimento per consentire la rinnovazione dell'atto, mentre la ripetizione degli atti probatori viene di solito effettuata da parte dello stesso giudice che ha emesso la declaratoria di nullità.

In applicazione degli indicati principi, la giurisprudenza ha affermato che é abnorme il provvedimento con cui il tribunale, ritenuta la nullità della convalida del sequestro eseguito dalla polizia giudiziaria, disponga la restituzione degli atti al P.M., trattandosi di ordinanza che comporta una indebita regressione del processo, poiché la regressione del procedimento — conseguente alla declaratoria di nullità — allo stato o al grado in cui sia compiuto l'atto nullo, non si applica alle nullità concernenti le prove (Cass. V, n. 14527/2009).

Allo stesso modo, è abnorme il provvedimento con cui il giudice del dibattimento restituisce gli atti al giudice dell'udienza preliminare ritenendo, ancorché per errore, omessa la notifica del decreto di rinvio a giudizio al difensore dell'imputato (Cass. I, n. 43563/2013).

È abnorme, ancora, in quanto determina un'indebita regressione del procedimento, il provvedimento con il quale il tribunale in composizione monocratica, rilevata l'omessa notifica del decreto di citazione a giudizio alla persona offesa, e pertanto la nullità del decreto, restituisce gli atti al pubblico ministero per il rinnovo della citazione, anziché provvedere direttamente all'incombente (Cass. III, n. 28779/2018).

Pure abnorme è l'ordinanza con cui il giudice, previa declaratoria di nullità di atti concernenti la posizione di taluni imputati, disponga la restituzione degli atti al P.M. anche in relazione alle posizioni soggettive non attinte dalle predette nullità, determinando così un'indebita regressione del procedimento (Cass. II, n. 46640/2015).

È abnorme, infine, per anomala regressione del procedimento, il provvedimento con il quale il giudice del dibattimento dichiari la nullità del decreto di citazione a giudizio, disponendo nel contempo la restituzione degli atti al pubblico ministero, a causa dell'inesattezza lessicale del nome o dell'erronea indicazione della data di nascita dell'imputato, allorché ne sia certa l'identità, dovendo il giudice in tali ipotesi adottare i consequenziali provvedimenti correttivi nelle forme previste dall'art. 130, ordinando anche la rinnovazione della citazione ove appaia probabile che l'interessato non ne abbia avuto conoscenza (Cass. II, n. 50679/2014).

Bibliografia

Bricchetti, Nullità degli atti: il principio di tassatività all'esame dell'interpretazione giurisprudenziale, in Crim. 2010, 439; Conti, Nullità e inutilizzabilità: problemi attuali e prospettive di riforma, in Cass. pen. 2008, 1651; Di Geronimo, Le nullità degli atti nel processo penale, Torino, 2007; Di Paola, La sanatoria delle nullità nel processo penale, Padova, 2012; Iasevoli, La nullità nel sistema penale processuale, Padova, 2008; Panzavolta, voce Nullità degli atti processuali (dir. proc. pen.), in Enc. giur. Treccani, XXXIII, Roma, 2005, 1; Potetti, Nullità della citazione a giudizio e principio di regressione del procedimento, in Cass. pen. 2005, 485; Rafaraci, voce Nullità (dir. proc. pen.), in Enc. dir., Agg., II, Milano, 1998, 597; Sechi, Nullità assolute e durata ragionevole dei processi: prassi applicative e riflessioni de jure condendo, in Riv. it. dir. e proc. pen. 2009, 250.

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