Codice di Procedura Penale art. 188 - Libertà morale della persona nell'assunzione della prova.Libertà morale della persona nell'assunzione della prova. 1. Non possono essere utilizzati, neppure con il consenso della persona interessata, metodi o tecniche idonei a influire sulla libertà di autodeterminazione o ad alterare la capacità di ricordare e di valutare i fatti [64 2]. InquadramentoLa norma dell’art. 188 introduce il principio generale per cui è indispensabile garantire il rispetto della libertà morale della persona nel corso dell’assunzione della prova, non potendo essere utilizzati, neppure con l’eventuale consenso dell’interessato, metodi o tecniche che possano influire sulla libertà di autodeterminazione, ovvero possano alterare il ricordo o la valutazione dei fatti. Si tratta di un principio di ordine pubblico, che prescinde dalla volontà dell’interessato, essendo considerati indisponibili i beni della dignità e della libertà della persona. Il rispetto della libertà morale della persona nell'assunzione della provaL’art. 188 pone il principio, di ordine generalissimo, per cui l’ordinamento rifiuta l’assunzione di prove con modalità tali da poter manipolare la libertà morale della persona. Le ragioni del rifiuto sono state individuate nella duplice necessità di garantire la dignità della persona da ogni possibile lesione, eventualmente giustificata dalla necessità di raggiungere la verità storica, oltre che la sua attendibilità, ritenuta realizzabile proprio attraverso il rispetto della sua libertà di autodeterminazione. La norma, come tutte quelle previste dal Titolo I del Libro III del codice di rito, stabilisce un principio generale che trova, poi, attuazione nelle disposizioni specifiche regolanti le singole prove o i diversi passaggi processuali. Esempi applicativi dell'indicato principio si rinvengono, infatti, nelle previsioni degli artt. 64, comma 2; 189; 274, lett. a; e 499. Il divieto sancito dall'art. 188 opera, sia con riferimento alle prove tipiche che con riguardo a quelle atipiche: nel primo caso, infatti, il legislatore ha compiuto a monte una valutazione di idoneità, inserendo la prova tra quelle espressamente previste, per cui può essere rilevante solo la deviazione dallo schema generale in sede di concreto espletamento della prova; nel secondo caso, invece, può assumere rilievo anche la struttura specifica della prova, ragion per cui il legislatore ha ritenuto opportuno ribadire nell'art. 189 che la prova non può comunque mai pregiudicare la libertà morale della persona. In dottrina (Cantone, 3623) è stato precisato che il divieto ex art. 188 si applica anche: qualora l'esito della prova vietata possa essere favorevole all'imputato, nella fase delle indagini preliminari, con riferimento agli atti di ricerca della prova. Con riferimento alla terminologia utilizzata, è stata evidenziata l'opportunità della distinzione operata dal legislatore tra la libertà di autodeterminazione e la possibilità di alterazione delle capacità mnemoniche e valutative, trattandosi di aspetti diversi tra loro, così come di quella effettuata tra le tecniche ed i metodi, atteso che i primi riguardano gli strumenti adottati ed i secondi, invece, i comportamenti tenuti nel corso dell'assunzione della prova. Le singole ipotesiIn carenza di un'espressa indicazione normativa, è compito dell'interprete individuare le singole ipotesi che, costituendo lesione della libertà morale della persona nell'assunzione della prova, sono inutilizzabili ai sensi dell'art. 188. Tecnica certamente vietata è l'ipnosi, essendo stato espressamente affermato dalle Sezioni Unite civili che integra l'elemento oggettivo costitutivo di un illecito disciplinare, rilevante a norma dell'art. 18 del regio d.lgs. n. 511/1946, sotto il profilo della violazione dei doveri di correttezza e di rispetto della dignità della persona e della conseguente compromissione del prestigio dell'ordine giudiziario, il comportamento del P.M. che disponga, nel corso delle indagini preliminari, una consulenza tecnica attraverso la quale una persona informata dei fatti venga sottoposta, in violazione del divieto di cui all'art. 188, ad una seduta ipnotica al fine di recuperare ricordi rimossi (Cass. civ. S.U., n. 2444/2008). Rientrano, ancora, tra le tecniche vietate ex art. 188 il lie-detector nonché, più in generale, gli apparecchi o metodi che registrano mutamenti corporali finalizzati ad accertare la menzogna, in quanto tendenti a valorizzare un comportamento che esula dall'autocontrollo, così condizionando l'autodeterminazione del soggetto. Sicuramente non consentito è il sequestro di scritti difensivi formati dall'imputato, al fine di facilitare la difesa nel corso dell'espletamento di attività istruttorie. È stato precisato, inoltre, che è inutilizzabile l'intercettazione delle dichiarazioni indotte in una persona dall'adozione di metodi o tecniche idonei a influire sulla sua capacità di autodeterminazione, posto che il divieto dell'art. 188, comma 1, investe l'oggetto della prova e non è circoscritto al contesto formale delle sole prove dichiarative, con riferimento ad una fattispecie nella quale le conversazioni indizianti erano state registrate in un ufficio di Polizia dove il dichiarante era stato sottoposto a minacce e violenze dal personale di p.g. (Cass. I, n. 4429/2014). La giurisprudenza ha assunto, invece, una posizione oscillante con riferimento alla possibilità di ritenere utilizzabili le registrazioni effettuate da uno degli interlocutori su richiesta della polizia giudiziaria. A fronte, infatti, di un'esegesi che ritiene assolutamente legittima tale tecnica, quali che siano state le modalità procedurali o le specifiche tecniche esecutive in concreto seguite (Cass. II, n. 42486), se ne contrappone un'altra per la quale le registrazioni fonografiche di conversazioni occultamente effettuate da uno degli interlocutori d'intesa con la polizia giudiziaria e attraverso strumenti di captazione dalla stessa forniti non sono utilizzabili in assenza di un provvedimento motivato di autorizzazione del giudice o del P.M. (Cass. II, n. 42939/2012), trattandosi di una vera e propria attività investigativa che comprime il diritto alla segretezza con finalità di accertamento processuale (Cass. II, n. 19158/2015). Sempre utilizzabile, invece, é la registrazione fonografica di un colloquio, svoltosi tra presenti o mediante strumenti di trasmissione, ad opera di un soggetto che ne sia partecipe, o comunque sia ammesso ad assistervi, in quanto essa non è riconducibile, benché eseguita clandestinamente, alla nozione di intercettazione, ma costituisce forma di memorizzazione fonica di un fatto storico, della quale l'autore può disporre legittimamente, anche a fini di prova nel processo secondo la disposizione dell'art. 234, salvi gli eventuali divieti di divulgazione del contenuto della comunicazione che si fondino sul suo specifico oggetto o sulla qualità rivestita dalla persona che vi partecipa (Cass. S.U., n. 36747/2003). È pienamente legittima, infine, l'attività di raccolta di tracce biologiche riferibili all'indagato eseguita dalla polizia giudiziaria senza ricorrere ad alcun prelievo coattivo, ancorché posta in essere all'insaputa dello stesso (Cass. IV, n. 25918/2009). D'altro canto, per come chiarito dalla S.C., il rifiuto dell'imputato di consegnare o lasciar prelevare materiale biologico utile alla comparazione del Dna, quando non siano state prospettate allo scopo modalità invasive o comunque lesive dell'integrità e della libertà personale, costituisce, se non motivato con giustificazioni esplicite e fondate, elemento di prova valutabile dal giudice a fini di ricostruzione del fatto, anche in qualità di riscontro individualizzante della chiamata in correità (Cass. II, n. 44624/2004). Le conseguenze della violazione del divietoLe conseguenze derivanti dalla violazione del disposto dell'art. 188 sono specificate nel primo comma dell'art. 191, per cui è affetta da inutilizzabilità assoluta la prova acquisita in violazione dei divieti stabiliti dalla legge. E' affetta da tale inutilizzabilità sia la prova non prevista dalla legge che pregiudichi la libertà morale della persona, che la prova tipica assunta con l'impiego di tecniche o metodi idonei ad influire sulla libertà di autodeterminazione o ad alterare la capacità di ricordare e valutare i fatti. BibliografiaAngeletti, La costruzione e la valutazione della prova penale, Torino, 2012; Aprile, La prova penale, Milano, 2002; Cantone, Il recupero dei ricordi latenti a mezzo ipnosi e tutela della libertà morale della persona, in Cass. pen. 2008, 3622; Capitta, Ricognizioni e individuazioni nel diritto delle prove penali, Milano, 2001; Felicioni, Le ispezioni e le perquisizioni, Milano, 2004; Melchionda, voce Prova in generale (dir. proc. pen.), in Enc. dir., Agg., I, Milano, 1997, 838; Ricci, Le prove atipiche, Milano, 1999; Tonini, La prova penale, Padova, 2000; Triggiani, Ricognizioni mezzo di prova nel nuovo processo penale, Milano, 1998. |