Codice di Procedura Penale art. 201 - Segreto di ufficio.

Piercamillo Davigo
Giuseppe Riccardi

Segreto di ufficio.

1. Salvi i casi in cui hanno l'obbligo di riferirne all'autorità giudiziaria [331], i pubblici ufficiali [357 c.p.], i pubblici impiegati e gli incaricati di un pubblico servizio [358 c.p.] hanno l'obbligo di astenersi dal deporre [204] su fatti conosciuti per ragioni del loro ufficio che devono rimanere segreti [326 c.p.] (1).

2. Si applicano le disposizioni dell'articolo 200, commi 2 e 3.

(1) Nei procedimenti relativi ai reati indicati nell'art. 90 Cost. «non possono essere opposti il segreto di Stato e il segreto d'ufficio»: v. art. 6 l. 5 giugno 1989, n. 219.

Inquadramento

A differenza del segreto professionale, che è riconosciuto in termini di facoltà, il segreto d'ufficio è imposto in termini di obbligo di astenersi dal deporre.

Sotto il profilo soggettivo, l'obbligo di opporre il segreto d'ufficio è imposto ai pubblici ufficiali, ai pubblici impiegati e agli incaricati di pubblico servizio.

Sotto il profilo oggettivo, la tutela si riferisce a quei fatti conosciuti per ragioni d'ufficio e che devono rimanere segreti.

In dottrina si riconosce che ciò che conferisce segretezza ad una notizia d'ufficio può essere una espressa disposizione di legge o di regolamento, o un provvedimento dell'Autorità; è controverso se il raccordo tra la notizia e l'ufficio debba essere funzionale o anche soltanto occasionale (non essendo necessario che l'apprendimento dei fatti rientri nelle attribuzioni del soggetto) (Balsamo, 195).

Altrettanto controversa è la conseguenza processuale della violazione dell'obbligo di astensione: secondo una prima opinione, la deposizione resa integrerebbe il reato di cui all'art. 326 c.p., ma sarebbe utilizzabile a fini processuali; in tal senso, si richiama l'art. 195, comma 6, che vieta la testimonianza indiretta su fatti appresi da soggetti obbligati al segreto d'ufficio, salvo che le predette persone abbiano deposto sugli stessi fatti o li abbiano, in altro modo, divulgati; da tale disposizione si desume che la testimonianza diretta su un fatto coperto da segreto d'ufficio, pur potendo integrare reato, non è vietata nel processo penale e quindi non è inutilizzabile (Lavarini, 901; Cordero, 691); un'altra opinione ritiene invece che la norma individui un vero e proprio divieto probatorio, cui consegue l'inutilizzabilità delle dichiarazioni del testimone che abbia spontaneamente risposto alle domande a lui rivolte su circostanze coperte dal segreto d'ufficio (Inzerillo, 602).

Tale seconda opinione è stata espressa anche in giurisprudenza (Cass. S.U., n. 22327/2002), che ha ritenuto che il segreto di ufficio è rilevabile d'ufficio e, che – anche ove non sia stato opposto – la deposizione è inutilizzabile.

Ai sensi della l. 5 giugno 1989, n. 219 non è opponibile il segreto di ufficio (e quello di Stato) nei procedimenti per i reati di cui all'art. 90 Cost.

Il segreto non opera quando vi è obbligo di denuncia.

Ambito e caratteristiche del segreto di ufficio

Il giudice penale che abbia concorso, in camera di consiglio, alla deliberazione collegiale non può essere richiesto – trattandosi di attività coperta da segreto di ufficio – di deporre come testimone in merito al relativo procedimento di formazione (e, se richiesto, ha l'obbligo di astenersi), limitatamente alle opinioni e ai voti espressi dai singoli componenti del collegio, salvo il sindacato del giudice che procede circa l'effettiva pertinenza della domanda formulata alle circostanze coperte da segreto. Ne consegue che la testimonianza eventualmente resa, poiché acquisita in violazione di un divieto stabilito dalla legge, è inutilizzabile (Cass. S.U., n. 22327/2002. Fattispecie relativa a imputazione di concorso cd. «esterno» in associazione di tipo mafioso).

L'esame testimoniale dei componenti di un collegio giudicante, nel caso in cui l'imputazione attenga ad un fatto intimamente connesso con quanto si è detto e deciso nella camera di consiglio, si estende legittimamente ai giudizi formulati e ai voti espressi in quella sede, posto che l'obbligo di denuncia che grava sul pubblico ufficiale, in tal caso i componenti del collegio, fa venire meno il vincolo del segreto. (Cass. V, n. 37095/2009. Fattispecie in cui l'imputazione per il delitto di falsità ideologica in atto pubblico atteneva alla redazione da parte del presidente estensore di un Tribunale del riesame di un'ordinanza con statuizione difforme da quella deliberata in camera di consiglio).

Il controllo del giudice

L'art. 201 comma 2 dispone che si applicano, anche per il segreto d'ufficio, le disposizioni di cui all'art. 200 commi 2 e 3.

Il principio, affermato con riferimento al segreto professionale, secondo cui non è ricorribile per cassazione, né altrimenti autonomamente impugnabile, il provvedimento con cui il giudice, ritenendo infondata l'opposizione del segreto professionale da parte del testimone, ordini che lo stesso deponga (Cass. II, n. 13369/2011; Cass. VI, n. 7440/2017), deve ritenersi applicabile, per identità di ratio, anche nei confronti del provvedimento del giudice che dispone che il teste deponga in presenza di opposizione del segreto d'ufficio.

Casistica

Non integra il delitto di diffamazione la condotta di colui che, in qualità di componente del collegio arbitrale esprima, in camera di consiglio, opinioni, ancorché in forma non commendevole, nei confronti di uno dei litiganti, considerato che le deposizioni degli arbitri, sulle opinioni espresse in seno alla camera di consiglio, relative ai fatti oggetto della controversia e preordinate alla formazione della volontà collegiale destinata a sfociare nel lodo arbitrale, non possono essere assunte, essendo tutelate dal segreto, previsto dall'ordinamento per la necessità di garantire il libero esercizio della giurisdizione (Cass. V, n. 34860/2007).

Non può essere invocato il segreto professionale da chi abbia svolto funzioni di cancelliere o notaio o da chi in altra veste, nell'ambito di un giudizio ecclesiastico, sia stato presente o abbia avuto conoscenza dei dati di cui si chiede la prova, non rilevando per l'ordinamento italiano l'eventuale obbligo di segreto previsto dal codice di diritto canonico la cui violazione, se pur rilevante in rapporto alle regole della fede religiosa, non assume significato nel processo penale italiano, nel quale i casi di segreto professionale e d'ufficio presi in considerazione sono solo quelli previsti dagli artt. 200 e 201 (Cass. V, n. 22827/2004).  

Bibliografia

Balsamo, Commento all’art. 201, in Codice di Procedura Penale. Rassegna di giurisprudenza e di dottrina, vol. II, Milano, 2020, 193; Di Chiara, Sul concorso esterno in associazione di tipo mafioso e sull’inutilizzabilità della testimonianza resa in violazione del segreto d’ufficio, in Foro it. 2003, fasc. 9, 457; Inzerillo, Violazione del segreto in camera di consiglio e conseguente inutilizzabilità della testimonianza, in Giur. it. 2004, 601; Lavarini, Segreto d’ufficio e inutilizzabilità della prova, in Dir. pen. e proc. 2004, 900.

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