Codice di Procedura Penale art. 247 - Casi e forme delle perquisizioni.Casi e forme delle perquisizioni. 1. Quando vi è fondato motivo di ritenere che taluno occulti sulla persona il corpo del reato o cose pertinenti al reato [253], è disposta perquisizione personale. Quando vi è fondato motivo di ritenere che tali cose si trovino in un determinato luogo [103] ovvero che in esso possa eseguirsi l'arresto dell'imputato [60, 61] o dell'evaso, è disposta perquisizione locale [352, 365]. 1-bis. Quando vi è fondato motivo di ritenere che dati, informazioni, programmi informatici o tracce comunque pertinenti al reato si trovino in un sistema informatico o telematico, ancorché protetto da misure di sicurezza, ne è disposta la perquisizione, adottando misure tecniche dirette ad assicurare la conservazione dei dati originali e ad impedirne l'alterazione1. 2. La perquisizione è disposta con decreto motivato. 3. L'autorità giudiziaria può procedere personalmente [103 4] ovvero disporre che l'atto sia compiuto da ufficiali di polizia giudiziaria delegati [370] con lo stesso decreto.
[1] Comma inserito dall'art. 8 l. 18 marzo 2008, n. 48. InquadramentoL'art. 247 introduce uno dei mezzi di ricerca della prova più efficaci, quello delle perquisizioni. Esse possono avere ad oggetto persone e luoghi, entrambe finalizzate alla ricerca del corpo del reato ovvero di cose ad esso pertinenti. Proprio in ragione della loro efficacia investigativa, dovuta all'invasività senza limiti dello strumento, v'è la necessità di perimetrarne funzioni e confini – (Proprio in relazione a tale ultimo aspetto vedi, ora, l’introduzione dello strumento di controllo delineato dall’art. 252 bis cod. proc. pen.). Il fondato motivo per ricorrere alla perquisizioneProfili generali L'ambito nel quale occorre ricercare il presupposto fondante dell'atto di perquisizione si è sempre più spostato nel corso degli anni verso il rispetto delle garanzie costituzionali (art. 13 e 14 Cost.) dettate in materia di inviolabilità della libertà personale e domiciliare. Presupposto Il “fondato motivo” (per ricorrere alla perquisizione personale e/o domiciliare) non è il “plausibile sospetto”, a volte menzionato dalla dottrina, (Cordero, Procedura penale, 716), ma la ragionata e motivata ricerca della prova a mezzo di un atto invasivo il quale, per essere giustificato, deve rapportarsi, con concretezza, ad un ambito indiziario che faccia ritenere che il corpo del reato, ovvero cose pertinenti ad esso, si trovino indosso ad una persona e/o in un determinato luogo. Occorrono, pertanto, indizi di reato ed una raffigurazione, per quanto sommaria, della cornice fattuale di quest'ultimo. Thema probandum La ricerca della prova a mezzo dell'atto di perquisizione deve rapportarsi ad un thema probandum in cui inserire, sia pure in modo embrionale, la raffigurazione del reato e le ragioni che fanno ritenere, in relazione ad esso, giustificato l'atto di perquisizione al fine di rinvenire elementi utili a fini di prova. Divieto La perquisizione, proprio perché atto avulso da ogni congettura e sospetto, non è finalizzata alla ricerca di una notitia criminis, bensì la presuppone. È, pertanto, fatto divieto di disporre la perquisizione tutte le volte in cui l'enunciazione di fatti reato sia svolta in modo generico ed indeterminato, in modo cioè scollegato da una base indiziaria concreta e dalla necessità di rinvenire in relazione ad essa il corpo del reato ovvero cose pertinenti ad esso. La perquisizione personaleProfili generali È sulla base del “fondato motivo di ritenere” che l'autorità giudiziaria può, motivatamente, disporre la perquisizione personale, laddove ritenga che “sulla persona” sia celato il corpo del reato o cose pertinenti ad esso, secondo la definizione, per quest'ultime, dettata dall'art. 253, comma 2. Occultamento Per procedere alla perquisizione personale il “fondato motivo di ritenere” deve avere ad oggetto anche la circostanza fattuale che quanto ricercato, — corpo del reato o cose pertinenti ad esso —, sia occultato indosso al soggetto interessato. Occorre, pertanto, un nesso funzionale tra l'atto di perquisizione e la fisicità della persona in quanto tutto ciò che esula da esso si pone al di fuori dei limiti di legge. Le perquisizioni in materia di armi e stupefacenti Nel rispetto del canone costituzionale di cui all'art. 13, comma 3, Cost., hanno resistito, nel nostro ordinamento, numerose ipotesi di perquisizioni disciplinate da leggi speciali. In relazione ad esse, — art. 41 r.d. n. 773/1931 — T.U.L.P.S.; art. 4 l. n. 152/1975; art. 103 d.P.R. n. 309/1990 —, la giurisprudenza di legittimità (Cass. VI, n. 48552/2009) ha sempre avuto modo di precisare che, sia pur legate a circostanze fattuali di necessità ed urgenza, non debbano mai basare il proprio assunto sul sospetto. Proprio in forza del fatto che il potere di disporre le perquisizioni è codicisticamente riconosciuto in capo all'autorità giudiziaria, ogni delega e/o iniziativa d'ufficio della polizia giudiziaria, — art. 352 e 113 att. —, necessita di essere rigorosamente parametrata a specifiche circostanze normativamente previste. L'art. 609 c.p., difatti, sanziona in sede penale la condotta del pubblico ufficiale che, abusando dei poteri connessi alla sua funzione, ponga in essere perquisizioni illegali. Le perquisizioni della polizia penitenziaria Ulteriori, e peculiari, ipotesi di perquisizione personale sono stabilite dall'ordinamento penitenziario (art. 34 l. n. 354/1975) e dal regolamento di esecuzione dello stesso (artt. 74 e 83 d.P.R. n. 230/2000) ed anche in questi casi per specifiche finalità di sicurezza e nel rispetto della dignità umana. La perquisizione localeProfili generali In via generale, riecheggiando quanto regolamentato dall'art. 352, è prevista la perquisizione locale al fine di rinvenire il corpo del reato ovvero cose pertinenti ad esso tutte le volte che si ritiene fondata la possibilità che esse siano occultate in un determinato luogo. Tale evenienza può trovare fondamento anche relativamente al fatto che in quel determinato luogo può essere eseguito l'arresto di un indagato/imputato o di un evaso. Tuttavia alcun nesso funzionale sussiste tra la perquisizione domiciliare (poi tracimata in sequestro) e l'arresto in flagranza di un soggetto in quanto l'eventuale illegittimità della prima non riverbera il proprio effetto sulla validità del secondo - (Cass. III, n. 19000/2015). Le perquisizioni della polizia giudiziaria Essendo i poteri di perquisizione affidati alla cura dell'autorità giudiziaria, tutte le volte in cui il codice di procedura penale e le leggi speciali sanciscono la possibilità di intervento diretto della polizia giudiziaria, le operazioni svolte devono essere sottoposte al controllo che, nel caso di specie, viene riconosciuto gerarchicamente nel pubblico ministero a mezzo dello strumento della convalida (art. 352, comma 4). Fatti non costituenti reato Gli atti di perquisizione, sottoposti alla convalida del pubblico ministero, non vanno iscritti al registro notizie di reato (mod. 21) bensì a quello che raccoglie fatti non costituenti reato (mod. 45), senza cioè che via la necessità dell'intervento del giudice ex artt. 408 e ss. Tuttavia, allorquando l'ufficio del pubblico ministero ha provveduto all'iscrizione del procedimento al cd. modello 21 il giudice per le indagini preliminari non può rifiutarsi di provvedere all'archiviazione - (Cass. S.U., n. 34/2000). La perquisizione “informatica”Profili generali Così come in altre parti del codice di procedura penale la l. n. 48/2008 prevede una specifica interpolazione anche dell'art. 247 potendo riguardare la perquisizione la ricerca del corpo del reato ovvero le cose pertinenti ad esso all'interno dei sistemi informatici e/o telematici. Dati informatici I presupposti di intervento sono i medesimi di cui si occupa la perquisizione in generale avendo essi, però, la peculiarità del pericolo di alterazione dei dati informatici tanto da necessitare, sia per accedervi che per proteggerli successivamente, di specifiche chiavi di sicurezza. Il sequestro della prova digitale è legittimo quando, pur in presenza di un vincolo di pertinenzialità molto esteso, - quale può essere considerato quello comprendente un archivio di informazioni -, venga rispettato il principio di proporzionalità ed adeguatezza e si provveda alla restituzione delle cose sottoposte a vincolo non appena terminati gli accertamenti. Con la decisione n. 34625/2020 i giudici di legittimità (Cass., Sez. VI) hanno avuto modo di precisare che la copia integrale del dispositivo informatico – ossia la copia forense - costituisce solo un mezzo e non un fine in quanto essa “consente di fare, dopo il sequestro, ciò che naturalmente avrebbe dovuto essere fatto prima, cioè la verifica di quale tra i dati contenuti nel contenitore, siano quelli pertinenti al reato”. E' per tale ragione che, con piglio didattico, si formulano delle vere e proprie direttive cui l'ufficio del pubblico ministero deve attenersi in queste specifiche evenienze, atteso che : “a) non può trattenere la cd. copia integrale dei dati appresi se non per il tempo strettamente necessario alla loro selezione; b) è tenuto a predisporre una adeguata organizzazione per compiere la selezione in questione nel tempo più breve possibile, soprattutto nel caso in cui i dati siano stati sequestrati a persone estranee al reato per cui si procede; c) compiute le operazioni di selezione, la cd. copia-integrale deve essere restituita agli aventi diritto”. Lo screenshot di un file nel mentre viene redatto, eseguito da un captatore informatico, può essere legittimamente acquisito in quanto cristallizza un mero dato informatico non a mezzo di una perquisizione ex art. 247 cod. proc. pen. bensì in forza di legittime intercettazioni (ed anche videoregistrazioni), eseguite ex art. 266 bis cod. proc. pen. (Cass., I, n. 3591/2022).
La forma del decreto di perquisizioneProfili generali Per tutti i tipi di perquisizione facenti capo ai poteri dell'autorità giudiziaria la forma scelta per il provvedimento che le dispone è quella del decreto motivato. Ai fini della legittimità del decreto di perquisizione e del conseguente (ed eventuale) sequestro non è necessaria la consegna di copia dell’atto al co-detentore dei locali perquisiti e delle cose ivi rinvenute essendo tale forma imposta solo nei confronti dell’indagato e di chi abbia la disponibilità di tali beni nel momento in cui si svolge l’atto investigativo a sorpresa (Cass., II, n. 34875/2019). Delega Allo svolgimento della perquisizione l'autorità giudiziaria può procedervi in prima persona ovvero delegare, — a mezzo dello stesso decreto —, ufficiali di polizia giudiziaria. Le ispezioni e perquisizioni presso gli uffici dei difensoriLe garanzie L'art. 103 disp. att. detta peculiari garanzie legate allo svolgimento del mandato difensivo proprio in materia di ispezioni, perquisizioni e sequestri da svolgersi presso i loro uffici. Tale tutela viene assicurata sia che la qualità del difensore sia riconducibile ad un mandato fiduciario che d'ufficio attesa la sua stretta pertinenza con il diritto inviolabile di difesa sancito dall'art. 24 Cost. (Cass. I, n. 1779/2014). Prima di dar luogo ai suddetti atti investigativi presso gli uffici dei difensori l'autorità giudiziaria funzionalmente competente allo svolgimento degli stessi, — individuata nel corso delle indagini preliminari, nel pubblico ministero ed in seguito all'esercizio dell'azione penale nel giudice che procede, —, deve dare, a pena di nullità, avviso al consiglio dell'ordine degli avvocati di appartenenza al fine di consentire a tale organo, o a mezzo del presidente o di un suo delegato, di essere presente e di ricevere, qualora la richieda, copia del decreto. Gli atti investigativi sopra menzionati non sono delegabili per cui l'autorità giudiziaria deve essere fisicamente presente. Oggetto delle ispezioni e perquisizioni Le lettere a) e b) dell'art. 103, comma 1 circoscrivono dettagliatamente quanto può essere oggetto dei suddetti atti investigativi. In particolare, essi necessitano che: ■ il difensore ovvero una delle persone che svolgono abitualmente presso quell'ufficio la propria attività lavorativa siano indagati/imputati; ■ la ricerca può avere ad oggetto, — tracce o altri effetti materiali del reato ovvero persone o cose specificamente determinate —, solo in relazione alla specifica ipotesi di reato contestata. Appare chiaro che non esiste alcuna “immunità” processuale per gli studi dei difensori trovando essa solo ragione nello specifico mandato difensivo svolto e nella libera esplicazione dello stesso: tutto ciò che esula da tale perimetro non è oggetto di tutela. Anche lo stesso avviso al Consiglio dell'ordine forense non va dato nell'eventualità che nella commissione di un reato sia coinvolto un difensore in modo del tutto avulso da ragioni professionali estranee allo stesso - (Cass. II, n. 32909/2012). Inutilizzabilità Tutte le inosservanze, fatta eccezione per la nullità di cui al comma 3 dello stesso articolo e dell'art. 271 in tema di intercettazioni, comportano che i risultati conseguiti a mezzo delle perquisizioni ed ispezioni siano inutilizzabili. Rogatorie estereEsecuzione Nell'ambito dei poteri sanciti dagli artt. 723 e ss. (e così anche nella peculiare ipotesi di cui all'art. 726-ter laddove a richiedere la rogatoria dall'estero è un'autorità amministrativa straniera che si rivolge direttamente al procuratore della Repubblica che inoltra richiesta al giudice per le indagini preliminari territorialmente competente) è possibile che l'oggetto della rogatoria si concretizzi nella richiesta di svolgimento di atti di perquisizioni, ispezioni, etc. nel qual caso il giudice può tanto delegare, — ex art. 58 —, personale della sezione di polizia giudiziaria della corrispondente procura della Repubblica quanto direttamente rivolgersi ai servizi ovvero agli organi di polizia giudiziaria dislocati sul territorio. CasisticaIl provvedimento di perquisizione, laddove non determina alcun sequestro, - nel qual caso è impugnabile ex art. 257 c.p.p. -, non prevedeva (vedi ora art. 252 bis appositamente inserito dalla cd. riforma Cartabia) alcuna garanzia impugnatoria in favore del soggetto che l'ha subita : per tale ragione la CEDU (sentenza del 27 settembre 2018, Brazzi contro Italia, ricorso 57278/11), adita in seguito alla dichiarazione di inammissibilità pronunciata dai giudici di legittimità su ricorso dell'interessato, ha sanzionato l'Italia per violazione dell'art. 8 della Convenzione non prevedendo “la legislazione nazionale italiana…un controllo giurisdizionale preventivo o..un controllo effettivo a posteriori” che garantiscano proceduralmente il rischio di abuso di potere da parte delle autorità incaricate dell'indagine penale. Lo Stato di diritto, in una società democratica, richiede che l'interessato abbia sempre diritto ad un controllo effettivo dell'atto che, potenzialmente, può dar luogo ad abusi e/o arbitrarietà nella propria fase esecutiva, comportamenti quest'ultimi che non trovano adeguata tutela né nel provvedimento conclusivo dell'indagine (nel caso di specie, il decreto di archiviazione del giudice per le indagini preliminari che non prendeva minimamente in considerazione tale aspetto) né, tantomeno, nell'azione di risarcimento per responsabilità dello Stato (l. n. 117/1998, modificata dalla l. n. 18/2015) dovendo in questo caso dimostrarsi un comportamento colpevole (dolo o colpa grave) dei magistrati. BibliografiaBono, Il divieto di indagini ad explorandum include i mezzi informatici di ricerca della prova, in Cass. pen. n. 4/2013, 1523; Felicioni, Le ispezioni e le perquisizioni, Milano, 2012. |