Codice di Procedura Penale art. 262 - Durata del sequestro e restituzione delle cose sequestrate.Durata del sequestro e restituzione delle cose sequestrate. 1. Quando non è necessario mantenere il sequestro a fini di prova, le cose sequestrate sono restituite a chi ne abbia diritto, anche prima della sentenza [85 att.]. Se occorre, l'autorità giudiziaria prescrive di presentare a ogni richiesta le cose restituite e a tal fine può imporre cauzione. 2. Nel caso previsto dal comma 1, la restituzione non è ordinata se il giudice dispone, a richiesta del pubblico ministero o della parte civile [76], che sulle cose appartenenti all'imputato [60, 61] o al responsabile civile [83] sia mantenuto il sequestro a garanzia dei crediti indicati nell'articolo 316. 3. Non si fa luogo alla restituzione e il sequestro è mantenuto ai fini preventivi quando il giudice provvede a norma dell'articolo 321. 3-bis. Trascorsi cinque anni dalla data della sentenza non più soggetta ad impugnazione, le somme di denaro sequestrate, se non ne è stata disposta la confisca e nessuno ne ha chiesto la restituzione, reclamando di averne diritto, sono devolute allo Stato (1). 4. Dopo la sentenza non più soggetta a impugnazione [460 2, 648, 650 2] le cose sequestrate sono restituite a chi ne abbia diritto, salvo che sia disposta la confisca [86, 88 att.; 240 c.p.]. (1) Comma inserito dall'art. 2 612 l. 24 dicembre 2007, n. 244 (legge finanziaria 2008). InquadramentoL'art. 262, una volta sancito il principio della temporaneità del sequestro probatorio, stabilisce, unitamente alla possibile restituzione, le ipotesi di conversione dello stesso in un vincolo di diversa natura (conservativo o preventivo) ovvero quella di devoluzione alle casse dello Stato o di residuale confisca. La durata del sequestro probatorioProfili generali La necessità del sequestro probatorio può essere limitata nel tempo ed in ogni caso è destinata a cessare con il termine del processo. Essendo tale vincolo finalizzato alla prova è previsto, difatti, che, prim'ancora di giungere a sentenza, le cose sequestrate vengano restituite agli aventi diritto. Nel dar luogo alla restituzione l'autorità giudiziaria oltre a valutare l'insussistenza del sequestro sotto il profilo della utilità probatoria dovrà prendere in considerazione molteplici aspetti, sia di natura qualitativa che di appartenenza del bene. Cessazione del vincolo Alla restituzione delle cose sequestrate l'autorità giudiziaria funzionalmente competente, — individuata secondo i parametri di cui all'art. 263 —, può provvedere in qualsiasi fase del processo, tutte le volte in cui la finalità probatoria è venuta meno. La durata del vincolo è, sotto il profilo temporale, strettamente correlata all'utilità probatoria: una volta venuta meno quest'ultima non v'è ragione del suo mantenimento atteso che lo stesso danneggerebbe “illegittimamente” l'avente diritto alla restituzione. A differenza di quanto previsto per le misure cautelari personali disposte per esigenze probatorie la durata del vincolo probatorio non è predeterminabile ma è strettamente correlata all'utilità probatoria, utilità inevitabilmente legata alla funzionalità del processo e che, pertanto, può trovare fine in qualsiasi momento quest'ultima non ne abbia più necessità. Iniziativa La cessazione del vincolo probatorio non necessariamente è determinata dall'istanza della parte interessata (avente diritto) in quanto essa può anche scaturire da un'iniziativa d'ufficio dell'autorità giudiziaria che ritiene non più utile il permanere del vincolo probatorio. La restituzione delle cose sequestrateProfili generali Nel momento in cui l'autorità giudiziaria, funzionalmente competente, -—d'ufficio o su istanza di parte —, si determina alla restituzione del bene sottoposto a sequestro probatorio dovrà valutare che la stessa avvenga in favore dell'avente diritto. L'avente diritto Non necessariamente l'avente diritto, — che può tanto essere l'indagato quanto un terzo estraneo al reato —, va individuato nel soggetto che aveva il possesso del bene al momento del sequestro probatorio potendo accadere che tale riconducibilità sia illegittima ovvero che il bene appartenga a terzi. La disciplina Proprio per sovraintendere ad una corretta restituzione, e per evitare che il dissequestro probatorio sia scaturigine di situazioni illegittime, la corretta procedura sancita dall'art. 263 — cui l'articolo in commento è strettamente correlato —, prevede sia l'interlocuzione necessaria con i soggetti interessati che l'eventuale rimessione delle questioni riguardanti la controversia sulla proprietà dei beni al giudice civile. L'eventuale presentazione delle cose restituiteProfili generali Nel momento in cui l'autorità giudiziaria prende in considerazione la cessazione delle ragioni che giustificano il vincolo probatorio dovrà, altresì, valutare l'utilità che le cose sottoposte a sequestro sia pur restituite necessitino di essere ulteriormente visionate nel corso del processo. Tale opzione rende evidente che ha sempre prevalenza la restituzione all'avente diritto ogni qualvolta la finalità probatoria può essere perseguita, ugualmente, a mezzo della mera presentazione delle cose dinanzi all'autorità giudiziaria. Ordine (contestuale) di presentazione Nel provvedimento con cui si dispone la restituzione delle cose sottoposte a sequestro si dovrà, pertanto, contestualmente, sempre valutare, ed eventualmente stabilire, l'utilità che le stesse siano presentate (= esibite) ogni qualvolta ciò sia richiesto dall'autorità giudiziaria. Con la l. n. 48/2008 il legislatore si è preoccupato di rendere possibile l'acquisizione di dati informatici, — a mezzo dell'estrazione di copie conformi agli originali —, senza sottoporre gli stessi a vincolo probatorio: ciò non toglie che, in ogni caso, l'autorità giudiziaria possa disporre ugualmente quest'ultimo, fermo restando la possibilità di ottenere la restituzione degli stessi una volta venute meno le esigenze probatorie - (Cass. VI, n. 10618/2014). Cauzione Proprio per ottenere che la parte, cui i beni siano stati restituiti, ottemperi all'onere di presentazione l'autorità giudiziaria può imporre il pagamento di una cauzione sulla cui entità v'è sì ampia discrezionalità ma ragionevolmente vincolata al valore ed all'importanza probatoria del bene. Consegue da tale facoltà riconosciuta all'autorità giudiziaria che, in assenza di un versamento della cauzione da parte dell'avente diritto alla restituzione, il dissequestro non può trovare efficacia attesa la valenza di condizione sospensiva della stessa. Una volta terminato il processo, — ovvero in un qualsiasi altro momento del processo in cui l'autorità giudiziaria dovesse ritenere non più utile la presentazione delle cose restituite e, certamente, al termine dello stesso —, la cauzione andrà restituita all'avente diritto che ha ottemperato al dovere di presentazione. La conversione del sequestro probatorio in sequestro conservativoProfili generali La temporaneità del sequestro probatorio può comportare che il venir meno delle ragioni genetiche di tale vincolo possano essere sostituite da motivazioni di ordine diverso. L'autorità giudiziaria, difatti, pur prendendo atto che il sequestro probatorio non ha più ragione d'essere può non dar luogo alla restituzione ogni qualvolta ritenga sussistano motivazioni che giustificano la trasformazione della natura del vincolo. Sequestro conservativo e limiti La prima opzione di trasformazione è quella che prevede che il vincolo (geneticamente) probatorio si converta in un vincolo di natura conservativa. Tale trasformazione può avere, però, ad oggetto solo cose appartenenti all'imputato o al responsabile civile. Sono, pertanto, escluse le cose di tutti gli altri aventi diritto, cioè di soggetti che erano in possesso dei beni al momento dell'intervento del vincolo probatorio e che siano rimasti terzi estranei al reato. Rinvio Espresso è il rimando alla disciplina prevista dall'art. 316 laddove vanno ad essere individuati i crediti (destinati a divenire “privilegiati rispetto ad ogni altro credito non privilegiato di data anteriore ed ai crediti sorti posteriormente, salvi, in ogni caso, i privilegi stabiliti a garanzia del pagamento dei tributi”) per i quali è giustificata la conversione del vincolo probatorio in quello conservativo. Si tratta, difatti, sia dei crediti relativi al “pagamento della pena pecuniaria, delle spese del procedimento o di ogni altra somma dovuta all'erario dello Stato”, — art. 316, comma 1 —, che delle “obbligazioni civili derivanti dal reato”. Il rinvio all'art. 316 comporta il richiamo anche delle norme seguenti che regolamentano il sequestro conservativo, fatte salve le compatibilità sistemiche. Iniziativa Alla richiesta di conversione sono facultati sia il pubblico ministero che la parte civile. Il giudice non può provvedervi d'ufficio anche ove, in sede di restituzione, ne ragguagliasse la necessità. Competenza Competente a decidere, — con ordinanza —, è il giudice che procede (art. 279), giudice necessariamente connaturato dai modi di esercizio dell'azione penale (art. 405) e dalla espressa segmentazione sancita dall'art. 91 disp. att. e dall'art. 554. Quella individuata dal combinato disposto di cui agli artt. 262-263 è una sede decisionale complementare rispetto a quelle scrutinate dall'art. 317 prevedendo essa la possibilità che si provveda laddove siano cessate le ragioni che giustifichino il vincolo probatorio ragion per cui anziché dar luogo alla restituzione sia deciso il mantenimento del vincolo in quanto “vi è fondata ragione di ritenere che manchino o si disperdano le garanzie” sottese ai crediti. Impugnabilità Anche il sequestro conservativo derivante dal vincolo probatorio genetico è sottoposto al medesimo regime di impugnazione previsto dall'art. 318. La conversione del sequestro probatorio in sequestro preventivoProfili generali Analoga possibilità di conversione esiste per la trasformazione del vincolo probatorio nella misura cautelare reale del sequestro preventivo. Sebbene in modo più sbrigativo il legislatore prevede tale possibilità con il rimando all'art. 321 lasciando la concreta regolamentazione di tale evenienza alla lettura sistematica delle norme in materia. Iniziativa e competenza Costituendo il sequestro preventivo una misura cautelare reale la domanda di conversione può essere formulata solo dall'ufficio del pubblico ministero attesa la vigenza, in materia, del cd. principio della domanda cautelare. L'iniziativa può avere luogo in qualsiasi fase del procedimento, ivi compresa quella in cui la parte interessata richieda la restituzione delle cose sottoposte a sequestro probatorio. Accade, difatti, nella prassi che, nel corso delle indagini preliminari, il pubblico ministero nel provvedere in merito ad un'istanza di restituzione di cose sottoposte a sequestro probatorio rigetti la stessa (con decreto motivato) e contestualmente chieda al giudice per le indagini preliminari —, non potendosi dar luogo alla restituzione e sussistendo, a suo avviso, i presupposti dell'art. 321 —, il sequestro preventivo delle stesse. La domanda cautelare può anche essere formulata dal pubblico ministero nel corso dell'udienza camerale di cui all'art. 263, comma 5. In giurisprudenza è stato ritenuto legittimo il sequestro preventivo (d'urgenza) da parte del pubblico ministero (da sottoporre poi alla convalida del giudice) di un bene sottoposto a vincolo probatorio allorquando, — in fase di indagini preliminari —, l'eventuale accoglimento della richiesta di restituzione da parte del giudice (precedentemente negata dal Pm ed oggetto di opposizione) potrebbe non consentire alla parte pubblica di formulare, per tempo, la richiesta di misura cautelare reale in tal modo determinandosi il pericolo di sottrazione del bene (Cass. III, n. 29916/2011). Competente a decidere è, come per l'ipotesi del sequestro conservativo, il giudice che procede secondo lo schema procedimentale dell'art. 91 disp. att., schema comunque completato dall'art. 554 in caso di citazione diretta a giudizio non ancora trasmessa al giudice del dibattimento. Disciplina Il rimando all'art. 321 comporta un esplicito richiamo alla disciplina prevista per la misura cautelare reale del sequestro preventivo, ivi compresa quella relativa al cd. sequestro per equivalente. Il sequestro probatorio di una somma di denaro può legittimamente essere convertito in un sequestro preventivo laddove sussista il pericolo che la stessa, cessata l'esigenza probatoria, rientri nella disponibilità dell'imputato e possa essere sottratta alle esigenze cautelari di cui all'art. 321 (Cass. II, n. 5967/2014). La devoluzione delle somme di denaro in sequestro all'erarioProfili generali L'interpolazione prevista dall'art. 2, comma 612, l. n. 244/2007 si è resa necessaria per lo sblocco di tutte le somme di denaro sequestrate nel corso del processo e che all'esito dello stesso non sono state oggetto né di confisca né di restituzione agli aventi diritto, ove individuati. Applicabilità Tutte le volte in cui, decorsi cinque anni dalla data di irrevocabilità della sentenza, (“non più soggetta ad impugnazione”), agli atti del processo risultano ancora in sequestro (probatorio) somme di denaro su cui non è stata assunta alcuna decisione le stesse, ove non sottoposte a confisca, e non appartenenti o reclamate da alcuno, sono devolute alle casse dell'Erario. Analogicamente si può giungere alla medesima conclusione nel caso in cui il procedimento sia stato definito con decreto di archiviazione. I cinque anni di cui all'art. 262, comma 3-bis, c.p.p. hanno natura di termine di decadenza: solo in presenza di una istanza di restituzione ovvero di adozione di un provvedimento di dissequestro entro lo stesso, può trovare applicabilità il termine di prescrizione decennale, previsto dall'art. 2967 c.c., per l'indebito oggettivo (Cass. I, n. 51888/2019). Regime processuale Il legislatore, allorquando ha interpolato l'art. 262, con l'inserimento del comma 3-bis, ha, anche, provveduto a novellare l'art. 676, comma 1, c.p.p. stabilendo la possibilità di procedere con le forme semplificate di cui all'art. 676, comma 4,- e cioè de plano, con ordinanza opponibile dinanzi al medesimo giudice e quindi, successivamente, ricorribile per cassazione —, anche per l'ipotesi della “devoluzione allo Stato delle somme di denaro sequestrate ai sensi del comma 3-bis dell'art. 262”). Successivamente tale novella è stata abrogata dall'art. 2 comma 9, l. n. 181/2008, con la conseguenza che il provvedimento adottato dal giudice ex art. 262, comma 3-bis , non è più né opponibile né impugnabile. Una volta decorsi i cinque anni dalla irrevocabilità della sentenza ed in assenza di una pronuncia di confisca ovvero del reclamo di una parte che sostiene di averne diritto, — nel quale ultimo caso si rientra nella previsione della confisca o della restituzione delle cose sequestrate di cui al combinato disposto ex artt. 262 e 676 —, il provvedimento di devoluzione alle casse dello Stato costituisce un mero automatismo, privo di ogni giurisdizionalità. La restituzione delle cose in seguito a sentenza irrevocabile o la loro confiscaProfili generali Con il comma 5 dell'art. 262 si è dinanzi ad una norma di chiusura. Tutte le volte in cui, all'esito di sentenza irrevocabile, le cose sequestrate non sono state confiscate le stesse vanno restituite agli aventi diritto. Applicabilità e prassi Accade, di sovente, nella prassi, che le cose sequestrate sebbene restituite agli aventi diritto non vengano ritirate da quest'ultimi per svariate ragioni (morte del soggetto interessato; disinteresse degli eredi per diseconomicità; vetustà del bene; improduttività della vendita ancora da eseguire; etc. etc.) innescandosi, quindi, la necessità di provvedere sulle stesse da parte dell'autorità giudiziaria (art. 86 disp. att.). Non va dimenticato che le cose sequestrate molto spesso sono custodite presso appositi depositi giudiziari ovvero, più in generale, presso terzi privati con gli evidenti costi che tutto ciò determina per le casse dello Stato. Danno contabile L'omessa pronuncia sulle cose sottoposte a sequestro può comportare anche un danno contabile addebitabile al magistrato allorquando la stessa sia caratterizzata da negligenza inescusabile riguardo ai provvedimenti da adottare. Regime processuale Appropriato è qui il richiamo agli artt. 676 e 667, comma 4, i quali prevedono per le decisioni sulla restituzione delle cose sequestrate e sulla confisca le procedure semplificate. Il giudice, salva l'ipotesi in cui v'è controversia sulla proprietà delle cose confiscate, nel qual caso l'art. 676, comma 2, prevede espressamente il richiamo all'art. 263, comma 3, — cioè, la rimessione della questione al giudice civile —, potrà provvedere, con ordinanza, de plano salva l'opposizione alla decisione dinanzi al medesimo giudice e, successivamente, il ricorso di legittimità. Confisca e prescrizione Tutte le volte in cui il processo ha trovato conclusione (irrevocabile) con sentenza di estinzione del reato per prescrizione le cose sottoposte a sequestro non possono essere confiscate (a prescindere dalla connotazione obbligatoria o facoltativa della stessa) e vanno di conseguenza restituite all'avente diritto in quanto il concetto di condanna “quale presupposto dell'ablazione” va interpretato tassativamente, - Cass. I, n. 7860/2015 —, così come stabilito dalla Corte Edu 29 ottobre 2013 (caso Varvara c. Italia). In ordine a tale questione di diverso avviso sono sia la pronuncia della Corte cost. n. 49/2015 che la sentenza delle Cass. S.U., n. 31617/2015. CasisticaE’ inoppugnabile il provvedimento con cui il giudice dell’esecuzione, investito dell’opposizione avverso il provvedimento di rigetto della richiesta di restituzione dei beni sequestrati, rimette le parti dinanzi al giudice civile per la risoluzione della questione sulla proprietà, in quanto esso non ha contenuto decisorio, né formale, né sostanziale, ma ha natura interlocutoria e non pregiudica i diritti delle parti che possono essere fatti valere nel giudizio civile (Cass. I, n. 31088/2018). La restituzione delle cose sequestrate e non confiscate va operata in favore di colui che vanti su di esse una pretesa giuridicamente meritevole e dia prova positiva del suo “ius possidendi” (Cass. II, n. 3788/2020). BibliografiaBiondi, Il procedimento penale in camera di consiglio, Milano, 2011; D'Onofrio, Il sequestro conservativo penale, Padova, 1998. |