Codice di Procedura Penale art. 266 - Limiti di ammissibilità 1 .Limiti di ammissibilità 1. 1. L'intercettazione di conversazioni o comunicazioni telefoniche [295] e di altre forme di telecomunicazione è consentita nei procedimenti relativi ai seguenti reati [15 Cost.; 103; 226 att.]: a) delitti non colposi per i quali è prevista la pena dell'ergastolo o della reclusione superiore nel massimo a cinque anni determinata a norma dell'articolo 4; b) delitti contro la pubblica amministrazione per i quali è prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni determinata a norma dell'articolo 4; c) delitti concernenti sostanze stupefacenti o psicotrope; d) delitti concernenti le armi e le sostanze esplosive; e) delitti di contrabbando; f) reati di ingiuria, minaccia, usura, abusiva attività finanziaria, abuso di informazioni privilegiate, manipolazione del mercato, molestia o disturbo alle persone col mezzo del telefono 2; f-bis) delitti previsti dall'articolo 600-ter, terzo comma, del codice penale, anche se relativi al materiale pornografico di cui all'articolo 600-quater.1 del medesimo codice, nonché dall'art. 609-undecies3; f-ter) delitti previsti dagli articoli 444, 473, 474, 515, 516, 517-quater e 633, secondo comma, del codice penale 4; f-quater) delitto previsto dall'articolo 612-bis del codice penale5. f-quinquies) delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dall'articolo 416-bis del codice penale ovvero al fine di agevolare l'attività delle associazioni previste dallo stesso articolo6. 2. Negli stessi casi è consentita l'intercettazione di comunicazioni tra presenti, che può essere eseguita anche mediante l'inserimento di un captatore informatico su un dispositivo elettronico portatile. Tuttavia, qualora queste avvengano nei luoghi indicati dall'articolo 614 del codice penale, l'intercettazione è consentita solo se vi è fondato motivo di ritenere che ivi si stia svolgendo l'attività criminosa [615-bis c.p.] 7. 2-bis. L'intercettazione di comunicazioni tra presenti mediante inserimento di captatore informatico su dispositivo elettronico portatile è sempre consentita nei procedimenti per i delitti di cui all'articolo 51, commi 3-bis e 3-quater , e, previa indicazione delle ragioni che ne giustificano l'utilizzo anche nei luoghi indicati dall'articolo 614 del codice penale, per i delitti dei pubblici ufficiali o degli incaricati di pubblico servizio contro la pubblica amministrazione per i quali è prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni, determinata a norma dell'articolo 48.
[1] La Corte cost., con sentenza 11 marzo 1993, n. 81, nel dichiarare non fondata nei sensi di cui in motivazione una questione di costituzionalità dell'art. 266, sollevata in riferimento all'art. 15 Cost., ha rilevato che, ferma restando la libertà del legislatore di stabilire più specifiche norme di attuazione dei predetti princìpi costituzionali, il livello minimo di garanzie richieste dal precetto costituzionale che esige tanto il rispetto di requisiti soggettivi di validità in ordine agli interventi nella sfera privata relativa alla libertà di comunicazione (atto dell'autorità giudiziaria, sia questa il pubblico ministero, il giudice per le indagini preliminari o il giudice del dibattimento), quanto il rispetto di requisiti oggettivi (sussistenza e adeguatezza della motivazione in relazione ai fini probatori concretamente perseguiti), pone un parametro di validità che spetta al giudice a quo applicare direttamente al caso di specie, al fine di valutare se l'acquisizione del tabulato, contenente l'indicazione dei riferimenti soggettivi, temporali e spaziali delle comunicazioni telefoniche intercorse, possa essere considerata legittima e, quindi, ammissibile». V. anche, su tale sentenza, sub art. 256. [2] Lettera modificata dapprima dall'art. 8 l. 7 marzo 1996, n. 108, che dopo le parole: "reati di ingiuria, minaccia," ha inserito le seguenti: "usura, abusiva attività finanziaria." e successivamente dall'art. 9 comma 5 l. 18 aprile 2005, n. 62 (Legge comunitaria 2004), che dopo le parole: "reati di ingiuria, minaccia, usura, abusiva attività finanziaria," ha inserito le seguenti: "abuso di informazioni privilegiate, manipolazione del mercato,". [3] Lettera dapprima aggiunta dall'art. 12 l. 3 agosto 1998, n. 269, successivamente modificata sia dall'art. 13, l. 6 febbraio 2006, n. 38, che, dopo le parole: "del codice penale" ha aggiunto le parole: «anche se relativi al materiale pornografico di cui all'articolo 600-quater.1 del medesimo codice», sia dall'art. 4 d.lgs. 4 marzo 2014, n. 39, che dopo le parole: «del medesimo codice», ha aggiunto il seguente periodo: «, nonché dall'art. 609-undecies». [4] Lettera dapprima aggiunta dall'art. 14 l. 14 gennaio 2013, n. 9, e successivamente modificata dall'art. 31, comma 1, d.l. 4 ottobre 2018, n. 113, conv., con modif., in l. 1 dicembre 2018, n. 132, che ha sostituito le parole «516, 517-quater e 633, secondo comma, del codice penale;». alle parole «516 e 517-quater del codice penale;». [5] Lettera aggiunta dall'art. 2, d.l. 14 agosto 2013, n. 93, conv. con modif. in l. 15 ottobre 2013, n. 119. [6] Lettera aggiunta dall'art. 2, comma 1, lett. b-bis), d.l. 30 dicembre 2019, n. 161, conv. con modif. in l. 28 febbraio 2020, n. 7. A norma dell'art. 2, comma 8, d.l. n. 161, cit., conv. con modif., in l. 28 febbraio 2020, n. 7, come da ultimo modificato dall'art. 1, comma 2, d.l. 30 aprile 2020, n. 28, conv., con modif., in l. 25 giugno 2020, n. 70, prevede che le disposizioni del citato articolo si applicano « ai procedimenti penali iscritti successivamente al 31 agosto 2020, ad eccezione delle disposizioni di cui al comma 6 che sono di immediata applicazione. ». [7] L'art. 4, comma 1, lett. a) n.1) del d.lgs. 29 dicembre 2017, n. 216, ha aggiunto, in fine, le seguenti parole: «, che può essere eseguita anche mediante l'inserimento di un captatore informatico su un dispositivo elettronico portatile». Ai sensi dell'art. 9, comma 1, d.lgs. n. 216, cit., come da ultimo modificato dall'art. 1, comma 1, lett. a) d.l. 30 aprile 2020, n. 28, conv., con modif., in l. 25 giugno 2020, n. 70, tale disposizione si applica «ai procedimenti penali iscritti dopo il 31 agosto 2020» (in precedenza l'art. 1, comma 1, n. 1) d.l. 30 dicembre 2019, n. 161, conv. con modif. in l. 28 febbraio 2020, n. 7, aveva modificato il suddetto art. 9 comma 1 d.lgs. n. 216, cit., disponendo che la disposizione si applicasse «ai procedimenti penali iscritti dopo il 30 aprile 2020»; lo stesso art. 1, comma 1, n. 1) d.l. n. 161, cit., anteriormente alla conversione in legge, aveva invece stabilito che la suddetta disposizione si applicasse «ai procedimenti penali iscritti dopo il 29 febbraio 2020 »). Il termine di applicabilità originariamente previsto dal suddetto art. 9 comma 1 d.lgs. n. 216, cit., ovvero « alle operazioni di intercettazione relative a provvedimenti autorizzativi emessi dopo il centottantesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore del presente decreto », era stato già differito dall'art. 2 comma 1 d.l. 25 luglio 2018, n. 91, conv., con modif. in l. 21 settembre 2018, n. 108, sostituendolo con il termine « dopo il 31 marzo 2019 » e poi dall'art. 1 comma 1139 lett. a) n. 1) l. 30 dicembre 2018, n. 145 (Legge di bilancio 2019), sostituendolo con il termine « dopo il 31 luglio 2019 » e dall'art. 9 comma 2 lett. a) d.l. 14 giugno 2019, n. 53, conv., con modif., in l. 8 agosto 2019, n. 77, sostituendolo con il termine « dopo il 31 dicembre 2019 ». V. anche l'art. 2 commi 3 e 4 d.l. n. 161, cit. Per la semplificazione delle condizioni per l'impiego delle intercettazioni delle conversazioni e delle comunicazioni telefoniche e telematiche nei procedimenti per i più gravi reati dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione, v. l'art. 6 comma 1 d.lgs. n. 216, cit. [8] Il presente comma 2-bis, aggiunto dall'art. 4, comma 1, lett. a) n.2) del d.lgs. 29 dicembre 2017, n. 216, [ai sensi dell'art. 9 comma 1 d.lgs. n. 216, cit., come da ultimo modificato dall'art. 1, comma 1, lett. a) d.l. 30 aprile 2020, n. 28, conv., con modif., in l. 25 giugno 2020, n. 70, tale disposizione si applica «ai procedimenti penali iscritti dopo il 31 agosto 2020» (in precedenza l'art. 1, comma 1, n. 1) d.l. 30 dicembre 2019, n. 161, conv. con modif. in l. 28 febbraio 2020, n. 7, aveva modificato il suddetto art. 9 comma 1 d.lgs. n. 216, cit., disponendo che la disposizione si applicasse «ai procedimenti penali iscritti dopo il 30 aprile 2020»; lo stesso art. 1, comma 1, n. 1) d.l. n. 161, cit., anteriormente alla conversione in legge, aveva invece stabilito che la suddetta disposizione si applicasse «ai procedimenti penali iscritti dopo il 29 febbraio 2020 »); il termine di applicabilità originariamente previsto dal suddetto art. 9 comma 1 d.lgs. n. 216, cit., ovvero « alle operazioni di intercettazione relative a provvedimenti autorizzativi emessi dopo il centottantesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore del presente decreto », era stato già differito dall'art. 2 comma 1 d.l. 25 luglio 2018, n. 91, conv., con modif. in l. 21 settembre 2018, n. 108, sostituendolo con il termine « dopo il 31 marzo 2019 » e poi dall'art. 1 comma 1139 lett. a) n. 1) l. 30 dicembre 2018, n. 145, Legge di bilancio 2019, sostituendolo con il termine « dopo il 31 luglio 2019 » e dall'art. 9 comma 2 lett. a) d.l. 14 giugno 2019, n. 53, conv., con modif., in l. 8 agosto 2019, n. 77, sostituendolo con il termine « dopo il 31 dicembre 2019 »], è stato da ultimo così modificato dall'art. 2, comma 1, lett. c), d.l. 30 dicembre 2019, n. 161, conv. con modif. in l. 28 febbraio 2020, n. 7, (a norma dell'art. 2, comma 8, d.l. n. 161, cit.,conv. con modif. in l. 28 febbraio 2020, n. 7, come da ultimo modificato dall'art. 1, comma 2, d.l. 30 aprile 2020, n. 28, conv., con modif., in l. 25 giugno 2020, n. 70, le disposizioni del citato articolo si applicano « ai procedimenti penali iscritti successivamente al 31 agosto 2020, ad eccezione delle disposizioni di cui al comma 6 che sono di immediata applicazione. ») che ha sostituito le attuali parole: " e, previa indicazione delle ragioni che ne giustificano l'utilizzo anche nei luoghi indicati dall'articolo 614 del codice penale, per i delitti dei pubblici ufficiali o degli incaricati di pubblico servizio contro la pubblica amministrazione per i quali è prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni, determinata a norma dell'articolo 4" alle parole: "e per i delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione puniti con la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni, determinata ai sensi dell'articolo 4", che erano state aggiunte dall'art. 1, comma 4, lett. a) l. 9 gennaio 2019, n. 3.
InquadramentoL'art. 266, dapprima, descrive il tipo di comunicazioni intercettabili, e, poi, fornisce, dettagliatamente, l'elenco dei delitti per i quali è concessa la possibilità di disporre le intercettazioni sia telefoniche che ambientali, fermo restando per quest'ultime — salvo per i reati di criminalità organizzata e terrorismo — il divieto di autorizzazione allorquando esse si svolgano nei luoghi indicati nell'art. 614 c.p. a meno che in essi non stia trovando svolgimento l’attività delittuosa. Modifiche introdotte dalla l. n. 3/2019 e dalla legge n. 7/2020L'art. 266, comma 2 bis,– introdotto dall'art. 4, comma 1, lett. a) d.lgs. n. 216/2017 – con la cd. legge “spazzacorrotti” (l. n. 3/2019) è stato interpolato estendendo la disciplina in tema di intercettazioni ambientali mediante captatore informatico per i reati di cui agli artt. 51 comma 3-bis e 3-quater, anche ai delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione, fatta eccezione per quelli puniti con pena della reclusione non inferiore ai cinque anni (restano, pertanto, esclusi, il delitto di abuso d'ufficio ed omissione). La l. n. 3/2019 abrogando il comma 2 dell'art. 6 d.lgs. n. 216/2017 – che per i delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione prevedeva che le intercettazioni ambientali con il captatore informatico potessero svolgersi nei luoghi di privata dimora solo se ivi trovava svolgimento l'attività criminosa – aveva uniformato, anche sotto questo profilo, la disciplina per tutti i delitti di cui all'art. 13 della l. n. 203/1991. Con il successivo intervento, dettato dal d.l. n. 161/2019 - poi convertito nella l. n. 7/2020 -, le parole "e per i delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione puniti con la pena della reclusione non inferiore nel massimo ai cinque anni, determinata ai sensi dell'art. 4 ” sono state ulteriormente “limate” nella loro portata contenutistica lessicale modificando lo specifico riferimento edittale alla previsione in astratto della stessa - “e per i delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione per i quali è prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni, determinata a norma dell art. 4 ”. In sede di conversione del d.l. n. 161/2019, il legislatore ha, previsto, inoltre, una rilevante limitazione per i reati contro la P.A. sancendo che la possibilità di procedere all'intercettazione tra presenti a mezzo dell'inserimento di captatore informatico su dispositivo elettronico portatile necessita laddove si svolga all'interno “dei luoghi indicati dall'art. 614 del codice penale” di una apposita, ed obbligatoria, motivazione riguardo alle “ragioni che ne giustificano l'utilizzo”, così introducendo un regime differenziato rispetto ai reati di cui agli artt. 51 commi 2, 3-bis e 3-quater. Tipologia delle intercettazioni
Profili generali La garanzia di inviolabilità dettata dall'art. 15 Cost. riguardo “la libertà e la segretezza di ogni corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione” trova superamento ".....soltanto per atto motivato dell'autorità giudiziaria con le garanzie stabilite dalla legge”, quest'ultime integralmente racchiuse nel capo IV del Libro III del codice di procedura penale. Le intercettazioni telefoniche Le intercettazioni telefoniche hanno ad oggetto le conversazioni e le comunicazioni svolte con il mezzo del telefono - (Rispondono a regole processuali diverse le intercettazioni preventive di cui all'art. 226 disp. att.). Con l'oramai residuale uso che si fa delle cd. utenze fisse va da sé che quelle mobili non sono connesse all'apparecchio materiale bensì alla scheda Sim utilizzata dal soggetto intercettato. Fondamentale, pertanto, risulta l’identificazione del codice Imei stampato nel vano batteria dell’apparecchio cellulare che si intende intercettare, in modo che qualsiasi scheda Sim utilizzata sullo stesso possa essere oggetto di captazione. Le altre forme di telecomunicazioni Mentre, in passato, le conversazioni avvenivano unicamente con il mezzo della voce oggi, con l'evoluzione tecnologica, le stesse non necessariamente avvengono in tal modo. Al di là delle comunicazioni che avvengono con il mezzo del telefono ma senza lo scambio di alcun colloquio vocale, — basti pensare al telefax —, sempre più, con l'utilizzo degli smartphones e dei tablets le conversazioni si sono sviluppate in un modo alternativo ed altrettanto ricco di forme (es.: messaggi vocali via whatsapp). Lo smart-phone (melius, la scheda Sim in esso inserita) consente un poliedrico accesso alle forme di telecomunicazioni, basti pensare alla “posta” e-mail nonché al sempre più frequente uso di whatsapp, instagram, twitter, tik-tok che consentono lo scambio continuo, ed incessante, di comunicazioni di vario tipo. In relazione a tali mezzi di comunicazioni occorre distinguere tra l'acquisizione documentale di quanto già oggetto di trasmissione – che avviene in momento successivo – e la captazione di quanto si sta in quel momento svolgendo, rispettivamente, le prime nell'ambito del perimetro di cui all'art. 234 e le seconde in quello di cui agli artt. 266 e ss. (Cass. V, n.1822/2018: “I messaggi whatsapp e gli sms, conservati nella memoria di un telefono cellulare sottoposto a sequestro, hanno natura di documenti ai sensi dell'art. 234, sicchè la loro acquisizione non costituisce attività di intercettazione disciplinata dagli artt. 266 ss., atteso che quest'ultima esige la captazione di un flusso di comunicazioni in atto ed è pertanto, attività diversa dall'acquisizione 'ex post' del dato conservato nella memoria dell'apparecchio telefonico che documenta flussi già avvenuti”). Le e-mail possono essere intercettate tanto nel corso del loro invio quanto, una volta già arrivate al destinatario, archiviate nelle varie caselle della posta elettronica (finanche laddove cancellate) non avendo alcuna rilevanza, in questa seconda evenienza, il fatto che la loro acquisizione avvenga non contestualmente alla loro comunicazione (Cass. IV, n. 40903/2016): quel che rileva, difatti, è il dato storico dell'inoltro del messaggio purchè successivo al decreto autorizzativo mentre per tutto ciò che lo precede si apre la possibilità dell'acquisizione (sequestro) come dato documentale. Ed è proprio a tale soluzione ermeneutica che i giudici di legittimità, – nella stessa sentenza –, si richiamano per acquisire le cd. e-mail/bozza, cioè tutte quelle comunicazioni mai inoltrate e che, per tale ragione, non possono rientrare in alcun flusso appartenente al servizio informatico intercettabile non avendo mai lasciato la “sfera di possesso” dell'utente. Comunicazioni via Skype Le telefonate a mezzo del sistema Skype, — oramai ampiamente utilizzate anche per trattative commerciali ed imprenditoriali (conference-call) —, consentono oltre che lo scambio vocale anche la reciproca visione dell'immagine dei soggetti coinvolti. Anch'esse rientrano, senz'altro, nell'ampia categoria delle altre forme di telecomunicazioni intercettabili ex artt. 266 e ss. Tabulati Per l'acquisizione dei tabulati telefonici, – che costituiscono un'intrusione nella sfera di riservatezza delle persone assolutamente meno invasiva di quella consentita con le intercettazioni –, è previsto l'intervento del giudice. Il d.lgs. n. 196/2003 (“Codice in materia di protezione di dati personali”) stabilisce, in capo ai gestori telefonici, l'onere di conservazione dei dati relativi al traffico telefonico per un periodo di ventiquattro mesi, – (art. 132, comma 1, d.lgs. n. 196/2003), – onere da cui consegue il divieto di utilizzazione degli stessi allorquando abbiano ad oggetto un periodo più ampio (Cass. V, n. 15613/2014). Con l'art. 2, comma 1, lett. b) del d.lgs. 109/2008 è stato introdotto l'art. 131, comma 1-bis, codice della privacy in forza del quale i dati delle chiamate senza risposta sono conservati dai gestori, siano essi pubblici o privati, per trenta giorni. Per i reati di terrorismo e per quelli di più ampio spettro, individuati dall'art. 407, comma 2, lett. a), cod. proc. pen. il termine di conservazione dei dati di traffico telefonico, telematico ed anche quelle delle chiamate senza risposte è di settantadue mesi. I dati contenuti nei tabulati telefonici acquisiti dall'Ag senza rispettare i termini di cui all'art. 132 del d. lgs. n. 196 del 2003 sono inutilizzabili (Cass. V, n. 15613/2014). Con sentenza del 2 marzo 2021 la Grande Camera della Corte di Giustizia dell'Unione Europea, – pronunciandosi su ricorso di una Corte estone – ha sancito che l'art. 15, par. 1, della direttiva 2002/58, come modificata dalla direttiva 2009/136, deve essere interpretata nel senso che tale norma osta ad una normativa nazionale che attribuisca al pubblico ministero la competenza per l'acquisizione dei tabulati telefonici. Con il decreto legge n. 132/2021 il legislatore, rompendo gli indugi dovuti agli oscillamenti giurisprudenziali creatisi in seguito alla sentenza della Grande Camera della Corte di Giustizia del 2 marzo 2021, introduce espressamente la necessità dell'intervento del giudice per l'acquisizione dei tabulati telefonici. Modificando l'art. 132 del codice della privacy (D.lgs. n. 196/2003) si è modulato l'intervento del giudice mutuando la disciplina in materia di intercettazioni: la richiesta, “entro il termine di conservazione imposto dalla legge” ai fornitori dei servizi, va inoltrata al giudice dal pubblico ministero, “dal difensore dell'imputato, della persona sottoposta a indagini, della persona offesa e delle altre parti private”. È di tutta evidenza che facultando l'istanza diretta del difensore al giudice – ricomprendendo tale intervento nell'ambito delle investigazioni difensive (artt. 391-bis e ss. cod. proc. pen.) – ben può accadere che la stessa necessiti di essere procedimentalizzata non potendo trovare ingresso una richiesta priva di un'appropriata iscrizione della notizia di reato. L'acquisizione viene adottata dal giudice con decreto motivato in relazione a reati la cui pena edittale – computata ai sensi dell'art. 4 cod. proc. pen. – non è “inferiore nel massimo a tre anni” – quindi, con una soglia più bassa rispetto a quella prevista in materia di intercettazioni dall'art. 266 cod. proc. pen. (cinque anni) – ovvero per “i reati di minaccia e di molestia o disturbo alle persone col mezzo del telefono” purché la minaccia, la molestia o il disturbo siano “gravi”. A differenza delle intercettazioni l'acquisizione è prevista in presenza di sufficienti indizi – laddove per le prime, in tema di reati ordinari, è richiesta la soglia di gravità indiziaria –, e purché venga espressamente valutata la rilevanza della stessa “ai fini della prosecuzione delle indagini”. In presenza di “ragioni di urgenza” e quando vi è “fondato motivo di ritenere che dal ritardo possa derivare grave pregiudizio alle indagini” è consentito che all'acquisizione provveda con proprio decreto motivato il pubblico ministero il quale – mutuando la disciplina delle intercettazioni (art. 267 cod. proc. pen.) ma con a disposizione un termine più ampio delle ventiquattro ore sancite per le prime – dovrà chiedere al giudice, non oltre le quarantotto ore dall'adozione del proprio provvedimento, la convalida del proprio operato: il giudice avrà a sua volta quarantotto ore per determinarsi in proposito. Nel caso in cui il giudice non convalidasse l'operato del pubblico ministero – con una valutazione che dovrà riguardare entrambi i presupposti e cioè, sia l'uso appropriato dell'urgenza che la fondatezza nel merito dell'atto d'indagine – “i dati acquisiti non possono essere utilizzati”. Il decreto legge n. 132 del 2021 non ha previsto alcuna disciplina intertemporale ragion per cui, in forza del principio sistemico tempus regit actum, i dati del traffico telefonico e telematico creatisi antecedentemente al 30 settembre 2021, – data di entrata in vigore delle nuove disposizioni –, vertendosi in materia processuale, sono pienamente utilizzabili pur essendo stati acquisiti a mezzo del provvedimento del pubblico ministero (e non del giudice). In mancanza di una deliberata volontà del legislatore, volta a regolamentare specificamente le situazioni che vengono a crearsi tra due diverse discipline processuali che si succedono tra loro, gli atti compiuti nell'osservanza delle leggi in quel momento vigenti, sono validi e, pienamente, efficaci –Cass, V, n. 1054/2022. Sono pienamente utilizzabili (Cass., Sez. III, n. 11993/2022) i tabulati telefonici acquisiti (con decreto del pubblico ministero e non del giudice) prima delle modifiche di cui al decreto legge n. 132/2021 in quanto: • in sede di conversione, (legge n. 178/2021) veniva introdotta apposita disciplina transitoria (art. 1, comma 1 bis) secondo la quale “i dati relativi al traffico telefonico, al traffico telematico ed alle chiamate senza risposta, acquisiti nei procedimenti penali in data precedente alla data di entrata in vigore del presente decreto, possono essere utilizzati a carico dell'imputato unitamente ad altri elementi di prova ed esclusivamente per l'accertamento dei reati per i quali la legge stabilisce la pena dell'ergastolo o della reclusione non inferiore nel massimo a tre anni,....e dei reati di minaccia e di molestia o di disturbo alle persone con il mezzo del telefono, quando la minaccia, la molestia o il disturbo sono gravi”; • nella stessa sentenza del 2 marzo 2021 della Grande Camera della Corte di Giustizia dell'Unione Europea (par. 43) si evidenzia che l'obiettivo di scongiurare il pericolo che dati acquisiti illegittimamente rechino pregiudizio al diritto di difesa può essere conseguito “anche mediante norme e prassi nazionali che disciplinino la valutazione e la ponderazione delle informazioni e degli elementi di prova”; • in forza di tale indicazione la normativa (nazionale) intertemporale – pienamente compatibile con la normativa europea, per come interpretata dalla Corte di Giustizia U.E. – ha statuito che i dati acquisiti con decreto del pubblico ministero (e cioè quelli antecedenti all'entrata in vigore della modifica dell'art. 132 cit.) sono: – sempre utilizzabili laddove a favore; – utilizzabili, a carico, solo per i reati più gravi ed, unitamente, ad altri elementi di prova. L'acquisizione dei tabulati in assenza di un decreto autorizzatorio dell'Ag rende inutilizzabili i dati in essi contenuti” anche nel giudizio abbreviato rientrando l'acquisizione contra legem nel cd. vizio patologico e, quindi, fuoriuscendo dal perimetro di cui all'art. 438, comma 6 bis, cod. proc. pen. Nessuna scissione interpretativa può, pertanto, trovare ingresso tra dati relativi all'ubicazione della utenza – ai quali la polizia giudiziaria potrebbe avere accesso senza la necessità di alcun provvedimento dell'Ag – e dati relativi al traffico telefonico – questi, invece, tutelati in pieno - in quanto, attesa la garanzia tout court assicurata dall'art. 15 Cost., solo l'intervento motivato del giudice, secondo i dettami dell'art. 132 cit., determina la deroga alla segretezza anche per i primi – (Cass., VI, n. 15836/2023). In presenza di un decreto di autorizzazione dell'Ag, ai sensi dell'art. 132 del d. lgs. n. 196 del 2003, - cioè nel pieno rispetto delle forme di garanzia previste dalla legge -, non può mai maturare una inutilizzabilità derivata dei tabulati acquisiti da quella inerente le intercettazioni ex artt. 266 cod. proc. pen. Non v'è, difatti, alcuna interferenza tra le due sfere, quella desumibile dal contenuto delle captazioni e quella emergente dal posizionamento dell'utenza cellulare : quest'ultimo, difatti, stante il suo “ carattere oggettivo ”, è esterno alle comunicazioni e strettamente legato alla individuazione delle celle coinvolte nel loro posizionamento geografico ed all'accertamento della presenza di un soggetto in uno specifico luogo. In tali casi si è in presenza, quindi, di “ un elemento esteriore rispetto alla conversazione captata, del tutto autonomo rispetto al contenuto del dialogo ” acquisibile non quale riflesso “ della captazione ritenuta inutilizzabile ” bensì “ come vera e propria prova atipica ai sensi dell'art. 189 cod. proc. pen. ovvero di una rilevante ed oggettiva prova innominata…..che non lede alcuna libertà fondamentale ” – (Cass., II, n. 42166/2024). Registrazioni
Profili generali Cosa diversa dalle intercettazioni sono le registrazioni. Quest'ultime riguardano sì conversazioni tra soggetti ma la cui captazione non è dovuta a soggetti esterni bensì ad uno dei partecipanti alle stesse (sul punto, vedi commento art. 234). Anche alla luce della nuova fattispecie di cui all'art. 617-septies c.p., (introdotta dal d.lgs. n. 216/2017), – che punisce “chiunque, al fine di arrecare danno all'altrui reputazione o immagine, diffonda, con qualsiasi mezzo, riprese audio o video, compiute fraudolentemente, di incontri privati o registrazioni, pur esse fraudolente, di conversazioni, anche telefoniche o telematicamente, svolte riservatamente in sua presenza o alle quali comunque partecipa" -, la registrazione dei colloqui effettuata dal privato che vi partecipi è scriminata allorquando è destinata a fini esclusivamente processuali ovvero per l'esercizio del "diritto di cronaca e di difesa". Utilizzabilità processuale Tutte le volte in cui la registrazione avviene sì a mezzo di un privato ma su espressa sollecitazione della polizia giudiziaria ciò costituisce un'attività investigativa in piena regola, — e non una mera forma di documentazione del dialogo intrattenuto tra due soggetti privati —, con la conseguenza che occorre necessariamente un decreto motivato (ed in forma scritta) del pubblico ministero in quanto essa va a comprimere il diritto alla segretezza - (Cass. II, n. 19158/2015). La garanzia “minore” del decreto del pubblico ministero non è, invece, sufficiente allorquando la registrazione delle conversazioni tra la persona offesa e ad altra avviene a mezzo di un registratore fornito alla vittima dalla polizia giudiziaria e quest’ultima registra anch’essa i colloqui e li ascolta a mezzo di radio ricetrasmittenti : in tal caso “è configurabile una vera e propria intercettazione soggetta alla disciplina ex artt. 266 e ss. cod. proc. pen.” – (Cass. III, n. 39378/2016). Di contro una registrazione di una conversazione tra privati, svolta da uno degli interlocutori all'insaputa dell'altro, è pienamente utilizzabile in sede processuale, — e non necessita di alcun filtro di ammissibilità formale da parte dell'autorità giudiziaria —, in quanto non si verifica alcuna intrusione dall'esterno in ambiti privati inviolabili bensì ad essere invasa è “solo” la sfera della riservatezza, non tutelata costituzionalmente e soccombente rispetto all'accertamento della verità. Non incorre in alcuna sanzione di inutilizzabilità processuale, né tantomeno necessita di alcuna autorizzazione giudiziale, la polizia giudiziaria che, nell’ambito dei poteri ad essa concessi dall’art. 348, reperti, nel corso di un’intercettazione regolarmente autorizzata, il timbro vocale di una voce registrata al fine di compararla fonicamente con altra atteso che le garanzie di cui all'art. 266 c.p.p. riguardano i contenuti dichiarativi delle conversazioni captate (Cass. II, n. 1746/2018). Delitti per i quali sono consentite le intercettazioni
Profili generali I criteri utilizzati dal legislatore, per individuare i delitti per i quali sono consentite le intercettazioni, sono di diversa natura ed anche combinati tra loro in modo poliedrico. Categorizzazione generale Alla lettera a) dell'art. 266, comma 1, il legislatore individua, in via generale, i reati per i quali sono ammesse le intercettazioni in forza della qualità degli stessi (delitti non colposi) in combinato disposto con la soglia edittale per essi sancita: ergastolo o reclusione superiore nel massimo a cinque anni. Laddove, quindi, si è entro tali limiti (qualitativi ed edittali) di ammissibilità, — di natura complementare e necessitata —, le intercettazioni sono sempre permesse. La soglia edittale (minima) della “pena superiore nel massimo a cinque anni” va individuata con il rimando ai criteri generali di cui all'art. 4. Quest'ultimo, com'è noto, prende in considerazione la pena per i delitti, sia tentati che consumati, prevista dalla legge senza l’incidenza della continuazione, della recidiva e delle circostanze, la continuazione, la recidiva e le circostanze del reato, fatta eccezione per quelle che prevedono una pena di specie diversa da quella ordinaria del reato e di quelle ad effetto speciale. Categorizzazione per tipologia Alla lett. b) dell'art. 266 si fornisce, invece, l'indicazione dettagliata della tipologia dei delitti (nello specifico, quelli contro la pubblica amministrazione) necessariamente combinata con la soglia edittale minima, (reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni), quest'ultima valutata anch'essa con il rimando ai criteri di cui all'art. 4 sopra citati. Tutte le altre categorie di reato Dalla lett. c) alla lett. f-quinquies) dell'art. 266 l'individuazione dei reati è svolta o a mezzo della semplice indicazione della tipologia ovvero in forza dell'indicazione specifica della figura di reato fino alla mera, ed onnicomprensiva, previsione dell’aggravante speciale, tutti svincolati da ogni soglia edittale (ivi compresa quella di cui alla lett. a) del medesimo articolo). Con il d.l. n. 113/2018 (convertito nella l. n. 132/2018) è stato inserito, alla lett. f-ter, anche il delitto di cui all'art. 633, comma 2, c.p., così come modificato dallo stesso intervento legislativo al fine di contrastare, repressivamente, il fenomeno delle invasioni (ed occupazioni) di edifici disabitati da parte di movimenti organizzati. In sede di conversione del d.l. n. 161/2019 (l.n. 7/2020) è stata introdotta un'ulteriore tipologia di reati, che non si caratterizzano per una loro autonoma previsione bensì per essere poste in essere avvalendosi delle condizioni previste dall'art. 416-bis c.p. ovvero al fine di agevolare l'attività delle associazioni previste da quest'ultimo : è di tutta evidenza che tale innovazione trova ragione nel fatto di consentire l'utilizzo del mezzo intercettizio per particolari reati che pur non contemplando di per sé un limite edittale idoneo risultino inseriti in contesti di criminalità organizzata. E' ammissibile, ai sensi dell'art. 266, l'autorizzazione alle intercettazioni di conversazioni e/o comunicazioni per il reato previsto dall'art. 40 d.lgs. n. 504/1995, in quanto lo stesso, consistendo nella sottrazione di prodotti energetici all'accertamento ed al pagamento dell'accisa, deve ritenersi compreso nei delitti di contrabbando (Cass. III, n. 2418/2018). Profili intertemporali Nel caso di successioni di leggi che vanno ad incidere in tema dei presupposti legittimanti le intercettazioni il principio del tempus regit actum ha rilievo diverso a seconda se in esame è l'aspetto della legalità delle stesse al momento del loro avvio ovvero quello della loro utilizzazione. La Suprema Corte proprio distinguendo questi due momenti ha ritenuto utilizzabili ex art. 270 le intercettazioni svolte in procedimento diverso in relazione al delitto dall'art. 609-quater c.p., in quanto se è vero che al momento in cui le intercettazioni avevano avuto luogo tale reato non era inserito tra quelli per i quali è previsto l'arresto obbligatorio in flagranza tale presupposto era subentrato al momento della loro acquisizione (Cass. III, n. 21451/2015). Il principio “tempus regit actum” si applica solo alla successione nel tempo delle leggi processuali e non anche al mutamento dell’interpretazione giurisprudenziale delle stesse per cui qualora quest’ultime si succedano il provvedimento assunto nell’osservanza di un orientamento, poi mutato, non ne comporta di per sè la legittimità – (Cass., VI, n. 14051/2020). Le intercettazioni ambientali
Profili generali Come quelle telefoniche sono autorizzabili anche le intercettazioni aventi ad oggetto conversazioni che avvengono in ambienti privati. Con il d.lgs. n. 216/2017 è stato espressamente precisato che le cd. ambientali possono trovare sviluppo anche “mediante l'inserimento di captatore informatico su dispositivo elettronico portatile” secondo i presupposti di ammissibilità statuiti dall'art. 267, commi 2 e 2-bis introdotti dalla stessa legge. I captatori informatici – installati dalla polizia giudiziaria sui dispositivi elettronici in uso agli intercettati – vengono indirettamente riconnessi, nel loro utilizzo e nella disciplina che li riguarda, alle cd. ambientali (intercettazioni tra presenti) in quanto proprio per le caratteristiche tecniche che li riguardano hanno la possibilità di essere attivati in qualsiasi momento ed in qualsiasi luogo. Ed è proprio per la loro invasività che laddove autorizzate – ad eccezione per i reati di cui all'art. 51, comma 2-bis e 3-quater – devono essere indicati i tempi ed i luoghi in cui attivare il microfono (art. 267, comma 1, novellato). Per i reati di criminalità organizzata e terrorismo (ed ora con la l. n. 3/2019 anche per i delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione ma con la limitazione dettata dalla l. n. 7/2020: vedi par. 2) non sussiste il limite di ammissibilità processuale sancito dalla seconda parte dell'art. 266, comma 2, e cioè che qualora le conversazioni si svolgano “nei luoghi indicati dall'art. 614 del codice penale” è necessario che ivi abbia svolgimento “l'attività criminosa”. Come diffusamente svolto nel paragrafo che segue, - ed al quale si rimanda -, la giurisprudenza di legittimità (per tutte, Cass. S.U., n. 26889/2016) ha avuto modo di specificare il diverso ambito di operatività delle intercettazioni ambientali a mezzo del dispositivo elettronico mobile a seconda del tipo di delitti ipotizzati, prevedendo solo per i delitti di cui all'art. 51, comma 3-bis e 3-ter, nonché per quelli richiamabili al delitto associativo di cui all'art. 416 c.p. ed, in seguito alla l. n. 3/2019 anche per i delitti dei pubblici ufficiali contro la p.a., - per quest’ultimi vedi, ora, però, la limitazione della l. n. 28/2020 - un ampio spazio di operatività che prescinde dalla valutazione ex ante che in quel luogo di privata dimora si stia svolgendo, o meno, l’attività criminosa oggetto d’indagine. Ambito di applicabilità Il limite di ammissibilità per le cd. intercettazioni ambientali è il medesimo sancito per le intercettazioni telefoniche. Per i delitti di cui all'art. 51, comma 3-bis e 3-quater le intercettazioni tra presenti a mezzo del captatore informatico su dispositivo elettronico mobile sono sempre consentite: tale affermazione indirettamente ne delimita l'utilizzo per i delitti che non vi rientrano. Non v'è, quindi, alcun diverso presupposto riguardo ai delitti per i quali è consentito l'accesso a tale mezzo di ricerca della prova. Il limite diverso è nel presupposto di fatto, e cioè nella circostanza che, — fatta esclusione per i reati di criminalità organizzata e terrorismo —, negli ambienti in cui viene autorizzata l'intercettazione l'autorità giudiziaria deve (motivatamente) sostenere che si svolga l'attività delittuosa: solo in tal modo si giustifica la penetrazione nei luoghi di cui all'art. 614 c.p., tutelati penalmente dall'intrusione di terzi estranei. Tale limite — in seguito all'abrogazione del comma 2 dell'art. 6 del d.lgs. 216/2017 operata dalla l. n. 3/2019 e poi dalla modifica intervenuta con la l. n. 28/2020 — non deve essere più tenuto presente anche per i delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione. Nell'ambito, però, del regime speciale previsto per i delitti di cui agli artt. 51, comma 2-bis e 3-quater, c.p.p. il legislatore per i delitti contro la P.A. ha sì consentito le intercettazioni ambientali senza limiti ma allorquando esse trovano svolgimento a mezzo del captatore informatico installato su dispositivo elettronico portatile occorrerà che il giudice, nei casi di coinvolgimento dei luoghi di privata dimora di cui all'art. 614 c.p., motivi, nel provvedimento autorizzativo, le specifiche ragioni dell'utilizzazione. Con la sentenza Cass. S.U. n. 26889/2016 le Sezioni Unite, - (seguite a ruota, in forza della massima provvisoria, da Cass., VI n. 27404/2016) -, hanno stabilito che limitatamente ai procedimenti per delitti di criminalità organizzata, – tra cui vanno annoverati non solo quelli elencati dall'art. 51, comma 3-bis e 3-quater, ma anche quelli comunque facenti capo ad un'associazione per delinquere, ex art. 416 , correlata alle attività criminose più diverse, con esclusione del mero concorso di persone nel reato -, è consentita l'intercettazione di conversazioni o comunicazioni tra presenti, – mediante l'installazione di un “captatore informatico” in dispositivi elettronici portatili (ad es., personal computer, tablet, smartphone, etc.) -, anche nei luoghi di privata dimora ex art. 614 c.p., pure se non singolarmente individuati ed anche se ivi non si stia svolgendo l'attività criminosa. Stretto corollario di tale principio di diritto è che per tutti gli altri reati per i quali è ammissibile l'utilizzo del mezzo intercettizio non è, di contro, possibile eseguire intercettazioni di conversazioni o comunicazioni tra presenti - (ivi comprese quelle nei luoghi di privata dimora ex art. 614 c.p.) - a mezzo dell'installazione di virus informatici nei dispositivi elettronici in uso al soggetto interessato in quanto, al momento dell'adozione del decreto autorizzativo, - o della convalida del provvedimento d'urgenza del pubblico ministero -, non è dato valutare se negli ambienti in cui il dispositivo verrà condotto si stia svolgendo o meno l'attività criminosa. Con l'incessante progresso tecnologico e la diffusione dei dispositivi elettronici (in primis, gli smartphones, ma ciò riguarda anche i tablets, i cd., computer portatili ed altro) la captazione delle comunicazioni e conversazioni tra presenti, anche negli ambienti tutelati dall'art. 614 c.p., può anche avvenire senza la collocazione di microspie, e, quindi, senza la preventiva introduzione della polizia giudiziaria nei luoghi di privata dimora per installarle, stante la possibilità di ottenere un risultato ancor più penetrante a mezzo dell'inoculazione, da remoto, di virus informatici negli stessi – (E' sufficiente, difatti, per la trasmissione del software, l'invio di una mail, di un sms o anche di una app di falso aggiornamento). Quest'ultimi, proprio per le loro caratteristiche tecniche, e per l'esistenza, – sempre più diffusa –, nei luoghi pubblici di aree wi-fi sono naturalmente destinati ad essere trasportati nei più disparati ambienti con tutto ciò che questo comporta nel bilanciare la tutela della riservatezza delle conversazioni e/o comunicazioni con le esigenze investigative. Il contrasto creatosi in sede di legittimità ha ad oggetto, proprio, la dinamicità delle operazioni di intercettazione mediante l'utilizzo dei cd. captatori informatici, operazioni certamente da ricondurre nell'alveo delle intercettazioni tra presenti in quanto tese ad acquisire i dialoghi di tutte le persone che si trovino nei pressi del dispositivo elettronico. Il potenziale trasporto del dispositivo elettronico anche nei luoghi di privata dimora, tutelati ex art. 614 c.p., ha determinato l'orientamento giurisprudenziale, in sede di legittimità (Cass. n. 27100/2015), secondo cui “la mancanza di ogni indicazione circa i luoghi interessati dall'intercettazione – o, meglio, la mancanza di limitazioni spaziali alle captazioni ambientali – determinerebbe l'illegittimità del decreto autorizzativo e la conseguente inutilizzabilità – (n.d.e.: tout court) - delle conversazioni captate”. Fermo restando le svariate iniziative legislative susseguitesi nel tempo, e tese ad adeguare la disciplina normativa all'impetuoso sviluppo delle possibilità intercettizie, le Sezioni Unite, sia pur con un fondamentale distinguo riguardo al tipo di reati perseguiti, hanno ritenuto di non avallare la necessità di indicare ab origine, - e cioè, nel decreto autorizzativo (ovvero in quello di convalida) del giudice per le indagini preliminari -, “l'individuazione e la relativa indicazione …. del 'luogo' nel cui ambito deve essere svolta l'intercettazione di comunicazioni tra presenti oggetto della previsione dell'art. 266, secondo comma”. I giudici di legittimità, nel rilevare l'inadeguatezza dell'orientamento restrittivo sviluppato dalla sentenza Cass. S.U., n. 27100/2015, hanno, dapprima, evidenziato che la disciplina vigente non fa alcun riferimento specifico alla necessità dell'indicazione dei luoghi delle captazioni tra presenti, se non nella misura in cui rafforza la tutela degli stessi allorquando si procede per reati diversi da quelli di criminalità organizzata, - occorrendo in tale ultimo caso una motivazione rafforzata che individui come in essi si stia svolgendo l'attività criminosa -, e, poi, sottolineato come tale deroga possa trovare ragione solo per i delitti di criminalità organizzata e terrorismo. Per i delitti di criminalità organizzata, - (cui poi sono stati, successivamente, abbinati i reati di terrorismo) -, la disciplina dettata dall'art. 13 d.l. n. 152/1991 (convertito dalla l. n. 203/1991) prevede che l'intercettazione ambientale possa trovare svolgimento nei luoghi tutelati dall'art. 614 c.p. in modo del tutto svincolato dal fatto che ivi si stia svolgendo, o meno, l'attività criminosa. Le “intercettazioni tra presenti” e le “intercettazioni tra presenti nei luoghi di privata dimora”, – tutte racchiuse, oramai anacronisticamente, dalla dottrina e dalla giurisprudenza, sotto la categoria delle intercettazioni ambientali -, solo in modo fuorviante sono collegate alla predeterminazione del luogo in cui andranno a svolgersi atteso che lo stesso concetto di ambiente appare estraneo al dato normativo di cui all'art. 266, comma 2. Ebbene, l'impossibilità di poter predeterminare, nel momento genetico, gli ambienti in cui il dispositivo elettronico sul quale verrà inoculato il captatore informatico potrà posizionarsi comporta che, per tutti i delitti che esulano dalla disciplina speciale sopra menzionata, la stessa non possa essere concessa e le risultanze vanno, pertanto, dichiarate inutilizzabili. Di contro, laddove si è nell'ambito della disciplina speciale, l'impossibilità di predeterminazione dei luoghi, di privata dimora e non, in cui si svolgeranno le conversazioni tra presenti, non avendo alcun rilievo il parametro della sovrapposizione di essi con quello in cui si sta svolgendo l'attività criminosa, comporta la loro piena ammissibilità ed utilizzabilità. Quest'ultime trovano fondamento nella evidente opzione da parte del legislatore per una meno pregnante tutela della sicurezza delle comunicazioni e della riservatezza domiciliare, tenuto conto, - nel rispetto della giurisprudenza sovranazionale sull'art. 8 CEDU -, “della eccezionale gravità e pericolosità, per l'intera collettività, dei (particolari) reati oggetto di attività investigativa”. Luoghi di privata dimora Non sono considerati luoghi di privata dimora né l'abitacolo di un'autovettura (Cass. V, n. 45512/2014) né la sala colloqui del carcere con la conseguenza che per essi non trova applicazione il disposto di cui all'art. 266, comma 2 con piena utilizzabilità dei dati captativi raccolti. Esecuzione Va da sé che lo svolgimento delle intercettazioni ambientali necessita, sia pur non sempre, dell’intrusione propedeutica da parte degli organi di polizia giudiziaria nei luoghi di privata dimora in cui avranno luogo i colloqui al fine di posizionare la strumentazione idonea (microspie; etc.) per conseguire tale finalità: l'eventuale omissione da parte del pubblico ministero, nel decreto di esecuzione, dell'indicazione di tali modalità attuative non comporta alcuna nullità - (Cass. VI, n. 41514/2012). Ambientali indirette Accade, di sovente, nella prassi applicativa, che nel corso di un'intercettazione telefonica vengano captate, — a cornetta sollevata ovvero ad utenza cellulare “aperta” — delle conversazioni ambientali non oggetto del provvedimento di autorizzazione genetico. In giurisprudenza, si è sostenuto che tale acquisizione è pienamente utilizzabile, — sia in sede cautelare che di merito —, in quanto frutto di mera casualità non pronosticabile ex ante - (Cass. VI, n. 5497/2013). CasisticaNei casi in cui il luogo intercettato sia un'autovettura non è necessario che la stessa sia indicata nel decreto di autorizzazione con la menzione della targa, del modello ovvero con altri elementi indicativi specifici della stessa essendo sufficiente la riconducibilità ad un determinato soggetto - (Cass. IV, n. 24478/2015). Le valutazioni in tema di inutilizzabilità delle intercettazioni, compiute in sede di giudizio incidentale promosso nei confronti di altro imputato, non producono alcun effetto nei confronti di chi sia rimasto estraneo al suddetto giudizio (Cass., II, n. 3314/2018). Quando il captatore informatico è installato in Italia e la captazione avviene a mezzo delle centrali di ricezione ivi collocate la circostanza che parte delle conversazioni siano eseguite all’estero non rileva ai fini dell’utilizzabilità né, in questi casi, trova applicazione la disciplina relativa alle rogatorie. L’intercettazione ambientale a mezzo del captatore informatico è “per sua stessa natura itinerante, in quanto l’attività di captazione segue tutti gli spostamenti nello spazio dell’utilizzatore” : ne consegue che ove così non fosse si determinerebbe un’impossibilità tecnica all’utilizzo di tale mezzo di ricerca della prova non essendo l’Ag a conoscenza, preventivamente, dei luoghi di spostamento all’estero del soggetto intercettato e non potendo, per tale ragione, essere attivato neanche lo strumento d’urgenza di cui all’art. 727, comma 5, c.p.p. – (Cass., II, n., 29362/2020). La disciplina di cui agli artt. 727 e ss. c.p.p.. riguarda esclusivamente gli interventi da compiersi all’estero per cui non è ipotizzabile alcuna rogatoria per attività, quale quella dell’intercettazione a mezzo di captatore informatico inoculato in Italia e captazione svolta a mezzo della ricezione di centrali collocate su tale territorio anche qualora parte delle conversazioni siano state svolte all’estero e siano state “temporaneamente registrate tramite wi-fi locale a causa dello spostamento del cellulare”. Le conversazioni così acquisite sono, pertanto, pienamente utilizzabili in quanto “è noto che i sistemi di captazione …non sono costituiti solamente dal trojan…che viene inoculato ma anche dalle piattaforme necessarie per il loro funzionamento che ne consentono il controllo e la gestione da remoto” con la relativa trasmissione degli stessi a mezzo della rete internet – (Cass., II; n. 31576/2020). Il giudice può sempre ascoltare, in camera di consiglio, - anche nell’eventualità che sia stata da egli rigettata l’istanza della difesa di provvedervi in dibattimento -, le emergenze intercettizie per poi utilizzare tale ascolto in sede di decisione purchè renda, con “motivazione chiara, logica ed articolata…….il criterio di giudizio ed il metodo valutativo adottato”. La richiesta di provvedere all’ascolto in pubblico dibattimento non può essere qualificata come acquisizione o istruzione probatoria risiedendo la prova nella registrazione e non nelle trascrizioni operate, d’ufficio o di parte che siano, quest’ultime potendo costituire, invece, oggetto di specifico contraddittorio e ricadendo sul giudice l’onere motivazionale per rendere in modo intellegibile l’opzione prescelta- Cass., II, n. 27089/2023. Sezioni Unite, CavalloIl divieto di cui all'art. 270 c.p.p.. – riguardo all'utilizzazione delle intercettazioni in procedimenti diversi da quelli in cui siano state autorizzate – non opera, salvo che per i delitti per i quali è previsto l'arresto obbligatorio in flagranza ,con riferimento agli esiti relativi a reati che risultino connessi, ex art. 12 c.p.p. a quelli per i quali l'autorizzazione era stata originariamente disposta, purché essi rientrino nei limiti (generali) di ammissibilità dettati dall'art. 266 c.p.p. (Cass. S.U., n. 51/2020). BibliografiaAprile-Spiezia, Le intercettazioni telefoniche ed ambientali, Milano, 2004; Valente, Le intecettazioni telefoniche, Milano, 2012; Campoli, Registraizoni ed intercettazioni, “così similie così diverse”, Ilpenalista.it, 24 febbraio 2017 |