Codice di Procedura Penale art. 280 - Condizioni di applicabilità delle misure coercitive 1 .

Franco Fiandanese

Condizioni di applicabilità delle misure coercitive 1.

1. Salvo quanto disposto dai commi 2 e 3 del presente articolo e dall'articolo 391, le misure previste in questo capo possono essere applicate solo quando si procede per delitti per i quali la legge stabilisce la pena dell'ergastolo o della reclusione superiore nel massimo a tre anni [714 2, 715, 745; 230 coord.; 250 trans.].

2. La custodia cautelare in carcere può essere disposta solo per delitti, consumati o tentati, per i quali sia prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni e per il delitto di finanziamento illecito dei partiti di cui all'articolo 7 della legge 2 maggio 1974, n. 195, e successive modificazioni 2.

3. La disposizione di cui al comma 2 non si applica nei confronti di chi abbia trasgredito alle prescrizioni inerenti ad una misura cautelare.

3-bis. Le disposizioni del presente articolo non si applicano nei procedimenti per i delitti di cui agli articoli 387-bis e 582, nelle ipotesi aggravate ai sensi degli articoli 576, primo comma, numeri 2, 5 e 5.1, e 577, primo comma, numero 1, e secondo comma, del codice penale3.

 

[2] L'art. 1 d.l. 1° luglio 2013, n. 78, conv., con modif., dalla l. 9 agosto 2013, n. 94, ha sostituito la parola "quattro" con la parola "cinque", ed ha aggiunto, in fine, le parole «e per il delitto di finanziamento illecito dei partiti di cui all'articolo 7 della legge 2 maggio 1974, n. 195, e successive modificazioni».

Inquadramento

Il codice prevede una pluralità di misure restrittive della libertà personale, al fine di adattare lo strumento cautelare alla particolarità del caso concreto e delle speciali caratteristiche della persona: misure coercitive con restrizioni crescenti (artt. da 281 a 286-bis) e misure interdittive (art. da 287 a 290), nonché misure di sicurezza applicate provvisoriamente (artt. 312 e 313).

I limiti edittali

L'art. 280 determina le condizioni di applicabilità delle misure coercitive con riferimento all'entità della pena prevista per il reato per il quale si procede, calcolata con i criteri di cui all'art. 278.

In generale, le misure cautelari coercitive possono essere applicate solo quando si procede per delitti per i quali la legge stabilisce la pena dell'ergastolo o della reclusione superiore nel massimo a tre anni; ma la custodia cautelare in carcere può essere disposta esclusivamente per i delitti, consumati o tentati, per i quali sia prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni (limite così elevato dalla c.d. legge svuota carceri n. 78/2013, conv. in l. n.94/2013) ovvero per il delitto di finanziamento illecito dei partiti di cui all'art. 7 l. n. 195/1974.

Se l'imputato è un minorenne, le misure diverse dalla custodia cautelare possono essere applicate solo quando si procede per delitti per i quali la legge stabilisce la pena dell'ergastolo o della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni (art. 19 comma 4, d.P.R. n. 448/1988); mentre, la custodia cautelare (intendendosi sia custodia cautelare in carcere che arresti domiciliari) può essere applicata quando si procede per delitti non colposi per i quali la legge stabilisce la pena dell'ergastolo o della reclusione non inferiore nel massimo a nove anni. Anche fuori dei casi predetti, la custodia cautelare può essere applicata quando si procede per uno dei delitti, consumati o tentati, previsti dall'articolo 380 comma 2 lett. e), f), g), h) del codice di procedura penale nonché, in ogni caso, per il delitto di violenza carnale (art. 23 comma 1 d.P.R. n. 448/1988, cit.).

La giurisprudenza della Suprema Corte, in conformità alle indicazioni contenute nella ordinanza della Corte cost. n. 281/2007, ha ritenuto che, sebbene l'art. 23 d.P.R. n. 448/1988 non preveda tra i casi in cui può essere applicata la custodia cautelare, l'ipotesi di cui all'art. 380, comma 2, lett. e) bis (delitti di furto in abitazione e con strappo, ex art. 624-bis c.p.), tuttavia, il predetto art. 23 richiama l'art. 380, comma 2, lett. e) che prevede l'ipotesi del reato di furto aggravato ex art. 625, comma primo, n. 2, prima parte, c.p. che corrisponde esattamente all'ipotesi di cui all'art. 624-bis, comma terzo, c.p. (furto in abitazione o con strappo aggravato da una o più delle circostanze di cui all'art. 625, comma 1, c.p.). Ne consegue che nell'ipotesi di furto aggravato in abitazione sono applicabili nei confronti di imputati minorenni l'arresto in flagranza e la custodia cautelare (Cass. V, n. 40431/2007; Cass. IV, n. 48436/2012).

La violazione dell'art. 280 può dare diritto ad un'equa riparazione nelle ipotesi previste dall'art. 314.

Le deroghe ai limiti edittali

Deroghe interne

Alcune deroghe ai limiti edittali sopra precisati sono previste all'interno dello stesso art. 280.

La prima è quella della prima parte del comma 1, che contiene il rinvio all'art. 391, che prevede al comma 5 l'ipotesi di una misura cautelare disposta all'esito di giudizio di convalida di arresto in flagranza per un reato che lo consente ai sensi dell'art. 381 comma 2 ovvero per un reato per il quale l'arresto è ammesso anche al di fuori dei casi di flagranza. La deroga riguarda ogni limite edittale, nonché, per espressa previsione anche le situazioni di cui all'art. 274 comma 1 lett. c), con la precisazione che il potere cautelare eccezionale riconosciuto al giudice della convalida dall'art. 391, comma 5, e cioè l'applicazione di una misura coercitiva anche al di fuori dei limiti previsti dal summenzionato art. 280, è subordinato alla condizione che l'arresto sia convalidato, mentre nel caso in cui la convalida manchi o venga a cadere non vi sono più spazi per eccezioni al principio generale sulle condizioni di applicabilità delle misure cautelari di cui all'art. 280 (Cass. V, n. 22354/2006; Cass. V, n. 4684/2009; Cass. V, n. 16176/2017). Nell'ambito di tale deroga è rilevabile un problema interpretativo con riferimento alla possibilità di applicare la custodia cautelare in carcere all'evaso nell'udienza di convalida, sebbene il delitto sia punito con la reclusione da uno a tre anni. Tale possibilità è prevista dall'art. 3 d.l. 13 maggio 1991, n. 152, conv. in l. 12 luglio 1991, n. 203 “anche al di fuori dei limiti previsti dall'art. 280”. E' sopravvenuta, però, la riformulazione dell'art. 275, comma 2-bis, operata dall'art. 8 d.l. 26 giugno 2014, n. 92, conv. in l. 11 agosto 2014, n. 117, con la quale è stato introdotto il divieto di adozione della misura cautelare in carcere qualora il giudice ritenga che la pena detentiva irrogata all'esito del giudizio non sarà superiore ad anni tre di reclusione. A tale modifica non ha corrisposto quella dell'art. 391, comma 5, che, quindi, non contiene alcun riferimento all'art. 275, comma 2-bis, da ciò il dubbio sulla perdurante applicabilità della custodia in carcere all'esito del giudizio di convalida per l'arresto per il delitto di evasione.  La giurisprudenza più recente afferma che non  sia in alcun modo sostenibile che l'art. 391, comma 5 possa essere interpretato in maniera estensiva, ritenendo che la deroga che esso contempla alle “soglie di sbarramento” di cui agli artt. 274, comma 1, lett. c), e 280 debba abbracciare anche quella di più recente introduzione, ex art. 275, comma 2-bis trattandosi di una estensione analogica in malam partem (Cass. VI, n. 32498/2016; Cass.  VI, n. 31583/2016Cass. VI, n. 32498/2016; Cass. VI, n. 18856/2018).

Altra deroga è quella prevista dal comma 3 dell'art. 280, concernente la possibilità di applicazione di custodia cautelare in carcere in caso di trasgressione alle prescrizioni inerenti ad altra misura cautelare precedentemente adottata in relazione a quanto previsto dagli artt. 276 commi 1-bis e 1-ter.

Ulteriore deroga è stata introdotta dall’art. 13, comma 1, lett. b) L. 24 Novembre 2023, n. 168 (Disposizioni per il contrasto della violenza sulle donne e della violenza domestica), che ha aggiunto al presente articolo il comma 3-bis, il quale prevede che « Le disposizioni del presente articolo non si applicano nei procedimenti per i delitti di cui agli articoli 387-bis e 582,nelle ipotesi aggravate ai sensi degli articoli 576, primo comma, numeri 2, 5 e 5.1, e 577, primo comma, numero 1, e secondo comma, del codice penale».

Deroghe esterne

L'art. 274, comma 1, lett. b) stabilisce che, qualora si ravvisi l'esigenza cautelare del pericolo di fuga, le misure cautelari possono essere disposte soltanto se il giudice ritenga che possa essere irrogata una pena superiore a due anni di reclusione.

L'art. 274, comma 1, lett. c) stabilisce che, qualora il giudice ravvisi l'esigenza cautelare del pericolo di commissione di delitti della stessa specie, le misure di custodia cautelare sono disposte soltanto se trattasi di delitti per i quali è prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a quattro anni ovvero, nel caso di custodia cautelare in carcere, di delitti per i quali è prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni nonché per il delitto di finanziamento illecito dei partiti.

L’applicazione di misure coercitive è consentita, anche in mancanza delle condizioni di cui all’art. 280, in relazione ad alcuni reati che legittimano l’allontanamento dalla casa familiare (art. 282-bis comma 6), nel corso dei procedimenti di revisione (art. 635 comma 1) e di estradizione per l'estero (art. 714 comma 2) e di esecuzione di un mandato di arresto europeo (art. 9 comma 5 l. n. 69/2005).

Reati militari

La Corte costituzionale, dichiarando infondata la relativa questione di legittimità costituzionale (Corte cost. n. 188/1996), ha affermato che, essendo la reclusione comune e la reclusione militare due species dell'unico genus reclusione, ossia due pene autonome quanto a modalità di esecuzione ma identiche per natura ed intercambiabilità a parità di durata, l'unica ragionevole lettura del sistema normativo impone di applicare le norme del codice di procedura penale che fanno riferimento a determinati limiti di pena edittale per identificare i reati per i quali possono trovare applicazione le misure coercitive o interdittive, anche nei casi in cui i reati per cui si procede sono reati militari punibili con la reclusione militare.

Bibliografia

Aprile, Le misure cautelari nel processo penale, Milano, 2006; Carcano - Marzione, Custodia cautelare e braccialetto elettronico, Milano, 2001; Scalfati (a cura di), Le misure cautelari, in Trattato di procedura penale, diretto da Spangher, Torino, 2008; Spangher, Le misure cautelari personali, in Procedura penale teoria e pratica del processo, Torino, 2015.

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