Codice di Procedura Penale art. 301 - Estinzione di misure disposte per esigenze probatorie.Estinzione di misure disposte per esigenze probatorie. 1. Le misure disposte per le esigenze cautelari previste dall'articolo 274, comma 1, lettera a), perdono immediatamente efficacia se alla scadenza del termine previsto dall'articolo 292, comma 2, lettera d), non ne è ordinata la rinnovazione. 2. La rinnovazione è disposta dal giudice [279] con ordinanza, su richiesta del pubblico ministero, anche per più di una volta, entro i limiti previsti dagli articoli 305 e 308 1. 2-bis. Salvo il disposto dell'articolo 292, comma 2, lettera d), quando si procede per reati diversi sia da quelli previsti dall'articolo 407, comma 2, lettera a), numeri da 1 a 6, sia da quelli per il cui accertamento sono richieste investigazioni particolarmente complesse per la molteplicità di fatti tra loro collegati ovvero per l'elevato numero di persone sottoposte alle indagini o di persone offese [407 2b], ovvero per reati per il cui accertamento è richiesto il compimento di atti di indagine all'estero [407 2c], la custodia cautelare in carcere [285] disposta per il compimento delle indagini previste dall'articolo 274, comma 1, lettera a), non può avere durata superiore a trenta giorni 2. 2-ter. La proroga della medesima misura è disposta, per non più di due volte ed entro il limite complessivo di novanta giorni, dal giudice con ordinanza, su richiesta inoltrata dal pubblico ministero prima della scadenza, valutate le ragioni che hanno impedito il compimento delle indagini per le cui esigenze la misura era stata disposta e previo interrogatorio dell'imputato [294 3] 3.
[1] La Corte cost., con sentenza 8 giugno 1994, n. 219, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente comma «nella parte in cui non prevede che, ai fini dell'adozione del provvedimento di rinnovazione della misura cautelare personale, debba essere previamente sentito il difensore della persona da assoggettare alla misura». [2] Comma aggiunto dall'art. 14 l. 8 agosto 1995, n. 332. [3] Comma aggiunto dall'art. 14 l. 8 agosto 1995, n. 332. InquadramentoL'art. 301 prevede la perdita di efficacia delle misure cautelari disposte per le esigenze cautelari attinenti alle indagini, previste dall'art. 274 comma 1 lett. a), se alla scadenza del termine fissato in relazione alle indagini da compiere, previsto dall'art. 292, comma 2 lett. d), non viene ordinata la rinnovazione che, su richiesta del P.M. anche per più volte entro i limiti previsti dagli artt. 305 e 308, è disposta dal giudice con ordinanza. PresuppostiL'esigenza di salvaguardare da inquinamento l'acquisizione e la genuinità della prova non si esaurisce con la chiusura delle indagini preliminari o con la conclusione del giudizio di primo grado, poiché nel procedimento penale la prova conosce le fasi della individuazione e dell'acquisizione delle sue fonti, quella della vera e propria formazione, poi dell'avanzamento e infine della conservazione, e che ostacoli al corretto evolversi di questo processo formativo e conservativo possono evidentemente insorgere in ciascuno di questi momenti, sicché il potere coercitivo attribuito al giudice, con la possibilità dell'imposizione delle misure cautelari nella loro funzione di tutela di esigenze di tipo probatorio, si estende lungo tutto l'arco del processo di merito, compreso quello di appello ove la prova può attraversare l'ulteriore fase della rinnovazione (Cass. II, n. 4689/1993; Cass. II, n. 3900/1997). Si basa su questo presupposto, l'affermazione che il giudice, per rigettare la richiesta di rinnovazione, in prossimità della scadenza del termine di cui all'art. 292, comma 2 lett. d) — non può limitarsi al riferimento alla conclusione dell'indagine preliminare, come deducibile dalla richiesta di rinvio a giudizio. Ciò in quanto l'esigenza considerata dalla legge può perdurare oltre la predetta fase, sia con riferimento al momento della rituale formazione della prova, sia perché il pubblico ministero, anche dopo la richiesta di emissione del decreto di rinvio a giudizio, può espletare ulteriori indagini (art. 430, comma 1), ai fini delle proprie richieste al giudice del dibattimento. È comunque dovere del giudice accertare, con penetrante indagine di merito, oltre la effettiva permanenza delle circostanze legittimanti la limitazione della libertà personale, la indispensabilità e la congruità, rispetto al tema di accusa, delle ulteriori indagini, onde scongiurare devianze nell'utilizzo dello strumento cautelare (Cass. VI, n. 969/1991). La rinnovazione della misura cautelare disposta per esigenze probatorie esige la verifica, da parte del giudice, dell'attività compiuta e di quella da compiere, per valutare la necessità di quest'ultima e soprattutto per stabilire se rispetto ad essa esista effettivamente il pericolo che la persona sottoposta alla misura operi in modo da pregiudicare l'acquisizione o la genuinità della prova (Cass. V, n. 101/1993). Procedimento
Audizione del difensore La Corte cost. n. 219/1994, ha affermato che il diritto di difesa può essere limitato solo in presenza della necessità di evitare l'assoluta compromissione di esigenze prioritarie nella economia del processo, che per loro natura potrebbero risultare vanificate dal contraddittorio anticipato (e salvo sempre il successivo recupero della dialettica processuale attraverso gli strumenti di controllo di volta in volta previsti); in tale ipotesi rientra il caso dei provvedimenti c.d. "a sorpresa", tra i quali l'adozione, per la prima volta, di misure cautelari personali, cui l'indagato potrebbe sottrarsi, qualora ne venisse preavvertito allo scopo di consentire l'esercizio del suo diritto di difesa prima ancora dell'adozione di detti provvedimenti. Quando invece l'indagato sia già assoggettato ad una misura cautelare, come nel caso disciplinato dall'art. 301 non sussistono ragioni valide per escludere l'esercizio del diritto di difesa mediante l'audizione del difensore da parte del giudice che deve adottare detto provvedimento di rinnovazione. Anche con riguardo all'interesse del buon esito del processo, sotteso alla reiterazione della cautela per finalità probatorie, tale limitazione è ingiustificata, tenuto conto della possibilità di plurime adozioni del provvedimento di rinnovazione (sino al limite del termine di durata massima della singola misura ai sensi dell'art. 301, comma 2) ed anche indipendentemente da ogni rapporto con gli istituti della proroga dei termini delle misure cautelari (disciplinato dall'art. 305) e della proroga del termine di durata delle indagini preliminari (a norma dell'art. 406), casi in cui è normativamente prevista l'audizione del difensore dell'indagato. Conseguentemente l'art. 301, comma 2 deve essere dichiarato incostituzionale, per violazione dell'art. 24, comma 2, Cost. — assorbita la censura formulata in riferimento all'art. 3 Cost. —, nella parte in cui non prevede che, ai fini dell'adozione del provvedimento di rinnovazione della misura cautelare personale, debba essere previamente sentito il difensore della persona da assoggettare alla misura. La successiva giurisprudenza della Corte di cassazione ha precisato che l'obbligo di sentire previamente il difensore, in applicazione della citata sentenza della Corte costituzionale quando sia richiesta dal pubblico ministero la rinnovazione della misura cautelare disposta per esigenze probatorie, non è estensibile all'ipotesi in cui la rinnovazione sia richiesta per esigenze di difesa sociale; infatti, solo nel primo caso è prescritto il contraddittorio con il difensore, al fine di prevenire l'emissione di una ordinanza volta a rinnovare una misura la cui efficacia stia per venir meno per la scadenza del termine (Cass. III, n. 2255/1997). Nella procedura di rinnovazione della misura cautelare personale applicata in relazione a situazioni di pericolo per l'acquisizione e la genuinità della prova, la garanzia del contraddittorio, imposta dalla sentenza n. 219 del 1994 della Corte cost., va assicurata anche nel caso in cui, prima della scadenza del termine fissato a norma dell'art. 292, comma 2, lett. d), il giudice ritenga di disporre, permanendo le medesime esigenze di cautela, una misura meno gravosa di quella originaria. Ne consegue che è illegittimo il provvedimento con cui il G.i.p. applichi a taluno de plano, su richiesta del pubblico ministero, la misura degli arresti domiciliari in luogo della custodia cautelare in carcere, prima della scadenza del termine di durata di quest'ultima fissato ai sensi dell'art 292 (Cass. VI, n. 17325/2003). Interrogatorio dell'imputato Il provvedimento di rinnovo della misura coercitiva della custodia in carcere disposta per esigenze probatorie deve, ai sensi dell'art. 301 comma 2 ter, essere preceduto dall'interrogatorio dell'imputato solo qualora i reati per cui si procede siano diversi sia da quelli previsti dall'art. 407 comma 2 lett. a), numeri da 1 a 6, sia da quelli che di per sé richiedono indagini particolarmente complesse per la molteplicità dei fatti tra loro collegati ovvero per l'elevato numero di persone offese. Tale disciplina si giustifica in quanto per i reati che di regola non postulano investigazioni di particolare complessità, l'indagine del giudice è più stringente dovendo egli verificare, nel contraddittorio tra le parti, le ragioni che hanno impedito il compimento, nei termini prefissati, delle indagini per le quali la misura era stata disposta. Del pari risulta razionale l'omessa previsione dell'interrogatorio de quo quando il giudice deve valutare il persistere delle esigenze cautelari nell'ambito di un procedimento concernente fatti reati caratterizzati, in base a criteri oggettivi, dalla complessità delle indagini (Cass. VI, n. 3346/1996). TerminiRichiesta da parte del P.m. La richiesta di rinnovazione della misura cautelare deve essere effettuata prima che sia scaduto il termine della misura previsto dall'art. 292 comma 2 lett. d). Durata della misura rinnovata Con i commi 2 bis e 2 ter introdotti dall'art. 14 l. 8 agosto 1995, n. 332, il legislatore ha previsto per la sola custodia cautelare in carcere una specifica ipotesi di proroga della misura disposta per esigenze probatorie applicabile quando si procede per reati diversi sia da quelli previsti dall'art. 407, comma 2, lettera a), numeri da 1 a 6, sia da quelli per il cui accertamento sono richieste investigazioni particolarmente complesse, sia da quelli per il cui accertamento è richiesto il compimento di atti di indagine all'estero. Per detti reati la custodia cautelare in carcere non può avere durata superiore a trenta giorni e la proroga può essere disposta per non più di due volte ed entro il limite complessivo di 90 giorni e hanno identico ambito oggettivo. Nel caso, invece, di gravi delitti previsti dall'art. 407, comma 2 lett. a) numeri da 1 a 6 o quando sono richieste investigazioni particolarmente complesse o per reati il cui accertamento è richiesto il compimento di indagini all'estero, non è previsto un numero massimo di rinnovazioni basta che si rispettino i limiti imposti dagli artt. 305 in caso di misure custodiali e 308 in caso di misure coercitive non custodiali e interdittive. I limiti richiamati nell'art. 301, comma 2, sono quelli temporali massimi previsti dal successivo art. 305 per l'istituto della proroga. Ne consegue che entrambi gli istituti, l'uno indipendentemente dall'altro, costituiscono titolo idoneo a protrarre — entro il termine di fase di cui all'art. 303, comma 1, incrementato non oltre la metà — la custodia cautelare, anche in deroga al termine ordinario (Cass. I, n. 35687/2003). Art. 301 e art. 305: rinnovazione e prorogaCol termine «proroga», adoperato nell'art. 14 della legge 8 agosto 1995, n. 332, che ha aggiunto al testo dell'art. 301 i commi 2 bis e 2 ter, il legislatore non ha introdotto una nuova ipotesi di proroga, distinta dall'omologo istituto disciplinato dall'art. 305 e dalla rinnovazione, prevista dall'art. 301. Malgrado l'uso improprio del termine, infatti, le disposizioni aggiunte dalla novella attengono all'istituto della rinnovazione, che si sostanzia nella proroga del termine di efficacia della misura cautelare (Cass. I, n. 921/1996). Pertanto, la rinnovazione della misura cautelare prevista dall'art. 301 si differenzia ontologicamente dalla proroga contemplata nell'art. 305; quest'ultimo istituto è in sostanza un autonomo titolo di detenzione rispetto all'originaria misura imposta, al contrario della rinnovazione che costituisce una semplice ripetizione dell'originario provvedimento applicativo della misura cautelare, sulla base degli stessi presupposti (Cass. I, n. 1816/1993). Impugnazione dell'ordinanzaL'ordinanza con la quale il giudice provvede alla rinnovazione della custodia cautelare in carcere a norma dell'art. 301 non rientra fra i provvedimenti previsti dall'art. 309, comma 1, per i quali è possibile esperire il rimedio della richiesta di riesame, ma lo strumento di impugnazione è l'appello previsto dall'art. 310, comma 1, sicché il ricorso per Cassazione cosiddetto per saltum, previsto dall'art. 311, comma 2 come alternativo al rimedio del riesame, non è ammissibile (Cass. I, n. 3506/1990; Cass. I, n. 31244/2009). BibliografiaAprile, Le misure cautelari nel processo penale, Milano, 2006; Bassi-Epidendio, Guida alle impugnazioni dinanzi al Tribunale del riesame, III, Milano, 2008; Ceresa Gastaldo, Il riesame delle misure coercitive nel processo penale, Milano, 1993; Epidendio, Codice di procedura penale, a cura di Canzio - Tranchina, artt. 309-311, Milano, 2012; Ferraioli, Il riesame dei provvedimenti sulla libertà personale, Milano, 1989; Guido, Il giudicato cautelare, Torino, 2000; La Rocca, Il riesame delle misure cautelari personali, Milano, 2012; Marzaduri, voce Misure cautelari personali (principi generali e disciplina), in Dig. d. pen., VIII, Torino, 1994, 59; Marzaduri, Giusto processo e misure cautelari, in AA.VV., Il giusto processo tra contraddittorio e diritto al silenzio, a cura di R. E. 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