Codice di Procedura Penale art. 308 - Termini di durata massima delle misure diverse dalla custodia cautelare1.

Franco Fiandanese

Termini di durata massima delle misure diverse dalla custodia cautelare1.

1. Le misure coercitive diverse dalla custodia cautelare [281-283] perdono efficacia quando dall'inizio della loro esecuzione [2972] è decorso un periodo di tempo pari al doppio dei termini previsti dall'articolo 303 [2512 trans.].

2. Le misure interdittive non possono avere durata superiore a dodici mesi e perdono efficacia quando è decorso il termine fissato dal giudice nell'ordinanza. In ogni caso, qualora siano state disposte per esigenze probatorie, il giudice può disporne la rinnovazione nei limiti temporali previsti dal primo periodo del presente comma 2.

2-bis. 3.

3. L'estinzione delle misure non pregiudica l'esercizio dei poteri che la legge attribuisce al giudice penale o ad altre autorità nell'applicazione di pene accessorie [28-38 c.p.] o di altre misure interdittive.

 

[1] Per la sospensione dei termini processuali per contrastare l'emergenza epidemiologica da COVID-19, v. art. 83, commi 4 e 9, d.l. 17 marzo 2020, n. 18, conv. con modif., in l. 24 aprile 2020, n. 27.

[2] Comma sostituito dall'art. 10, l. 16 aprile 2015, n. 47. Il testo del comma era il seguente: « 2. Le misure interdittive perdono efficacia quando sono decorsi due mesi dall'inizio della loro esecuzione. In ogni caso, qualora esse siano state disposte per esigenze probatorie, il giudice può disporne la rinnovazione anche al di là di due mesi dall'inizio dell'esecuzione, osservati i limiti previsti dal comma 1».

[3] Comma abrogato dall'art. 10, l. 16 aprile 2015, n. 47. Il testo del comma, inserito dall'art. 1, comma 78, l. 6 novembre 2012, n. 190, era il seguente: «Nel caso si proceda per uno dei delitti previsti dagli articoli 314, 316, 316-bis, 316-ter, 317,3 18, 319, 319-ter, 319-quater, primo comma, e 320 del codice penale, le misure interdittive perdono efficacia decorsi sei mesi dall'inizio della loro esecuzione. In ogni caso, qualora esse siano state disposte per esigenze probatorie, il giudice può disporne la rinnovazione anche oltre sei mesi dall'inizio dell'esecuzione, fermo restando che comunque la loro efficacia viene meno se dall'inizio della loro esecuzione è decorso un periodo di tempo pari al triplo dei termini previsti dall'articolo 303» .

Inquadramento

L'art. 308 disciplina i termini delle misure cautelari diverse dalla custodia cautelare e delle misure interdittive, prevedendone la perdita di efficacia alla scadenza.

Per quanto concerne le misure interdittive, il testo originario del comma 2 prevedeva un termine di durata massima breve (due mesi) e una rinnovazione per esigenze probatorie nei limiti temporali del comma 1, con la previsione, aggiunta con il comma 2-bis, introdotto dall'art. 1 l. 6 novembre 2012, n.190, di un termine più lungo (sei mesi) per alcune tipologie di reato di pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione, specificamente individuati, e di una rinnovazione oltre i limiti del comma 1.

L'art. 10 l. n. 47/2015, ha ampliato la durata massima (dodici mesi) delle misure interdittive in generale, con un possibilità di rinnovazione per esigenze probatorie, ma sempre negli stessi limiti di durata e ha abrogato la previsione speciale di cui al comma 2-bis per alcune tipologie di reato.

Misure coercitive diverse dalla custodia cautelare

 

In genere

A norma del comma 1, le misure coercitive diverse dalla custodia cautelare perdono efficacia quando dall'inizio della loro esecuzione è decorso un periodo di tempo pari al doppio dei termini previsti dall'articolo 303.

Agli arresti domiciliari si applicano i termini di durata massima previsti dall'art. 303, che si riferiscono alla custodia cautelare in generale, ossia ad una categoria più vasta della custodia cautelare in carcere che si pone rispetto alla prima in un rapporto di genere e specie, e non quelli di cui al successivo art. 308, atteso che il comma 5 dell'art. 284 equipara gli arresti domiciliari alla custodia cautelare (Cass. VI, n. 1536/1993).

Decorrenza del termine di durata

Il termine iniziale per l'efficacia di una misura cautelare personale diversa della custodia cautelare comincia a decorrere dalla sua esecuzione, indipendentemente dall'essere stata o meno tale misura preceduta da un'altra più grave (Cass. VI, n. 2627/1996; Cass. III, n. 429/1998; Cass. VI, n. 44700/2015).

Computo del termine di durata

Ai fini della caducazione automatica delle misure coercitive diverse dalla custodia cautelare, la loro durata va computata secondo il medesimo criterio di segmentazione processuale che presiede al calcolo della custodia cautelare, per ciascuna fase e grado del giudizio, con la conseguenza che il termine massimo di durata di esse non può eccedere, per ciascuna frazione processuale indicata nell'art. 303, i due anni e, complessivamente, gli otto anni (Cass. I, n. 587/1990).

I termini di durata massima delle misure coercitive diverse dalla custodia cautelare devono essere calcolati in base a quanto prevede l'art. 308, che si riferisce ad un periodo di tempo pari al doppio dei termini previsti dall'art. 303, ma qualora si proceda per uno dei delitti di cui all'art. 407, comma 2 lett. a), deve essere computato l'ulteriore aumento di sei mesi stabilito dall'art. 303, comma 1 lett. b) n. 3-bis, per la fase successiva all'emissione del decreto che dispone il giudizio. Infatti, l'art. 303, comma 1 lett. b) n. 3-bis, introdotto dalla l. n. 4/2000, ha sancito l'incremento di sei mesi per qualsiasi misura coercitiva, senza distinguere fra misure custodiali e non custodiali (Cass. V, n. 39953/2004).

Misure interdittive

 

In genere

Ai sensi del comma 2, le misure interdittive perdono efficacia quando è decorso il termine fissato dal giudice nell'ordinanza, termine che, comunque, non può essere superiore ai dodici mesi.

Sul punto, una parte della giurisprudenza ha affermato che l'ordinanza che dispone la sospensione dall'esercizio di un pubblico ufficio o servizio non deve necessariamente indicare un termine di efficacia, applicandosi, infatti, la regola generale prevista per le misure interdittive dall'art. 308, comma 2, come modificato dall'art. 10, comma 1, l. n. 47/2015, non vi sarebbe, pertanto, l'esigenza di specifica motivazione sul punto (Cass. III, n. 39877/2015).

Con una diversa e più puntuale motivazione, altra giurisprudenza ha, invece, osservato che la omessa fissazione della data di scadenza della misura cautelare (anche di natura interdittiva) è causa di nullità dell'ordinanza, solo nell'ipotesi tassativamente prevista dall'art. 292, comma 2, lett. d), non applicabile quando la misura sia stata adottata in relazione al pericolo di recidiva, di cui all'art. 274, comma 1, lett. c). Pertanto, l'omessa indicazione del termine nell'ordinanza genetica comporta che la durata della misura in esame debba ritenersi implicitamente quella massima prevista dall'art. 308, secondo il testo nel frattempo modificato dalla novella introdotta dalla l. n. 47/2015. Piuttosto, la citata novella del 2015, nel prevedere rispetto alla normativa previgente un modello “flessibile” di durata della misura interdittiva — per un periodo oggetto di valutazione discrezionale del giudice, non superiore nel massimo a dodici mesi — impone al giudice della cautela uno specifico onere motivazionale in punto di durata della medesima, determinandosi, altrimenti, un vizio del provvedimento (Cass. VI, n. 8617/2016; Cass. V, n. 4178/2017). Pertanto, deve ritenersi che sul giudice gravi l'obbligo di motivare in ordine alle ragioni poste a fondamento della durata della cautela applicata nonché all'adeguatezza di essa in relazione alle esigenze cautelari da salvaguardare (Cass. V, n. 1325/2016).

 

Decorrenza del termine di durata

Il termine iniziale per l'efficacia di una misura cautelare interdittiva, comincia a decorrere dalla sua esecuzione, indipendentemente dall'essere stata o meno tale misura preceduta da un'altra più grave (Cass. V, n. 5372/2000).

Rinnovazione

Alla scadenza del termine di durata delle misure interdittive, il giudice può disporne la rinnovazione solo per esigenze cautelari di natura probatoria, nei limiti temporali massimi fissati per le misure coercitive diverse dalla custodia cautelare, di cui al comma 1 dello stesso art. 308.

La Corte cost. n.147/1994 ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale con riferimento alla previsione, nell'art. 308, comma 2, della possibilità di rinnovazione solo per esigenze probatorie (art. 274, lett. a) e non, invece, per esigenze di prevenzione (art. 274, lett. c), poiché la scelta legislativa non può dirsi irrazionale. Infatti, una assimilazione piena tra le due situazioni non appare prospettabile, in quanto, se è vero che, quando si tratta di misure dirette a soddisfare esigenze istruttorie del processo, la facoltà di una reiterazione del provvedimento può trovare giustificazione nella preminenza dell'interesse al buon esito del processo stesso, diversa è l'ipotesi in cui l'applicazione della misura interdittiva sia legata ad esigenze extraprocessuali di tipo preventivo rispetto alle quali — specie quando, come nella specie, la misura interdittiva consista nella sospensione dall'esercizio di un pubblico ufficio o servizio (art. 289) — il coinvolgimento della competenza di altre autorità ha richiesto una diversa ponderazione dei relativi interessi e quindi una disciplina volta ad armonizzare, nella salvaguardia delle reciproche sfere, i rapporti tra autorità giudiziaria e autorità amministrativa. Come dimostra, del resto, anche l'art. 293, col richiedere che copia dell'ordinanza che dispone la misura interdittiva sia trasmessa all'organo competente a disporre l'interdizione in via ordinaria.

Impugnazione

Nel caso di impugnazione avverso il provvedimento applicativo o rinnovativodi una misura interdittiva, che è appellabile ai sensi dell'art. 310, la cessazione dell'efficacia della misura interdittiva per decorso del termine di cui all'art. 308 determini l'inammissibilità dell'appello cautelare (o del successivo ricorso per cassazione) per sopravvenuta carenza di interesse, non operando l'istituto della riparazione per ingiusta detenzione (Cass. IV, n. 14422/2005; Cass. VI, n. 26665/2007)

 

Estradizione

In tema di estradizione per l'estero, quando il Ministro della giustizia sospende, a norma dell'art. 709, l'esecuzione «a soddisfatta giustizia italiana», non sono applicabili alle misure coercitive in corso di esecuzione all'atto della sospensione i termini di durata massima previsti dagli artt. 303, comma 4, e 308 (Cass. S.U., n. 41540/2006). Pertanto, ove il Ministro della Giustizia sospenda l'esecuzione dell'estradizione per esigenze di giustizia interna a norma dell'art. 709, la misura coercitiva cui l'estradando è eventualmente sottoposto va revocata (Cass. VI, n. 44441/2008).

Secondo un primo orientamento, in tema di estradizione per l'estero, quando la mancata consegna sia impedita dalla pronuncia del giudice amministrativo di un'ordinanza di sospensione dell'efficacia del provvedimento ministeriale, non è applicabile alle misure coercitive in corso di esecuzione all'atto della sospensione la disciplina dei termini di durata massima previsti dagli artt. 303, comma 4, e 308, ma quella prevista dall'art. 708, comma 6 (Cass. VI, n. 25866/2013; Cass. VI, n. 4338/2015).

Secondo un orientamento contrastante, invece, in tema di estradizione per l'estero, ove il giudice amministrativo sospenda il D.M. di estradizione è impedita — a causa di tale ostacolo giuridico — l'ulteriore fissazione del termine per la consegna di cui all'art. 708, comma 5, sicché non può operare in tale ipotesi la perdita di efficacia della custodia prevista dal successivo comma sesto, ma esclusivamente quello — generale e desumibile dal rinvio operato dall'art. 714, connesso alla scadenza del termine massimo di durata delle misure coercitive di cui agli artt. 303 e 308 (Cass. VI, n. 29521/2006; Cass. VI, n. 12451/2011).

 

Mandato di arresto europeo

In tema di mandato di arresto europeo, il termine perentorio di sessanta giorni, prorogabile di ulteriori trenta, previsto dagli artt. 17, comma 2, e 21 della l. n. 69/2005, per la durata delle misure restrittive della libertà personale, è applicabile a tutte le misure cautelari adottate per garantire la consegna della persona richiesta dall'autorità giudiziaria estera, ivi comprese le misure coercitive diverse dalla custodia cautelare.

È illegittima, pertanto, l'applicazione dei più ampi termini di scadenza previsti dall'art. 308 (Cass. Fer., n. 38144/2011).

Bibliografia

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