Codice di Procedura Penale art. 316 - Presupposti ed effetti del provvedimento.

Franco Fiandanese

Presupposti ed effetti del provvedimento.

1. Se vi è fondata ragione di ritenere che manchino o si disperdano le garanzie per il pagamento [della pena pecuniaria,] delle spese di procedimento [535, 592] e di ogni altra somma dovuta all'erario dello Stato [189 c.p.], il pubblico ministero, in ogni stato e grado del processo di merito, chiede il sequestro conservativo dei beni mobili o immobili [218 coord.] dell'imputato [60] o delle somme o cose a lui dovute, nei limiti in cui la legge ne consente il pignoramento [513 s. c.p.c.] 1.

1-bis. Quando procede per il delitto di omicidio commesso contro il coniuge, anche legalmente separato o divorziato, contro l'altra parte dell'unione civile, anche se l'unione civile è cessata, o contro la persona che è o è stata legata da relazione affettiva e stabile convivenza, il pubblico ministero rileva la presenza di figli della vittima minorenni o maggiorenni economicamente non autosufficienti e, in ogni stato e grado del procedimento, chiede il sequestro conservativo dei beni di cui al comma 1, a garanzia del risarcimento dei danni civili subiti dai figli delle vittime2.

2. Se vi è fondata ragione di ritenere che manchino o si disperdano le garanzie delle obbligazioni civili derivanti dal reato [185 c.p.], la parte civile può chiedere il sequestro conservativo dei beni dell'imputato [60] o del responsabile civile [83], secondo quanto previsto dal comma 1.

3. Il sequestro disposto a richiesta del pubblico ministero giova anche alla parte civile.

4. Per effetto del sequestro i crediti indicati nei commi 1 e 2 si considerano privilegiati [2745 s. c.c.], rispetto a ogni altro credito non privilegiato di data anteriore e ai crediti sorti posteriormente, salvi, in ogni caso, i privilegi stabiliti a garanzia del pagamento dei tributi.

[1] Comma così modificato dall'art. 14, comma 1, lett. a), d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, che ha soppresso le parole: «della pena pecuniaria,». Per l'entrata in vigore delle modifiche disposte dal citato d.lgs. n. 150/2022, vedi art. 99-bis, come aggiunto dall'art. 6, comma 1, d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, conv., con modif., in l. 30 dicembre 2022, n. 199.. 

Inquadramento

Il sequestro conservativo costituisce una misura cautelare reale ed è lo strumento attraverso il quale viene temporaneamente sottratta all'imputato la disponibilità materiale e giuridica dei suoi beni rendendo così inefficace l'eventuale alienazione. Si esegue nelle forme del pignoramento ex art. 317, comma 3 c.p.c. in relazione agli artt. 678 e 679 c.p.c.

La finalità è quella di garantire il pagamento delle spese del procedimento e di ogni altra somma dovuta all'erario dello Stato o l'adempimento delle obbligazioni civili, quali la restituzione e il risarcimento, derivanti da reato e, quindi, di evitare che si disperdano le garanzie patrimoniali in attesa della condanna definitiva.

L'art. 14, comma 1, lett. a) del D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 – c.d. “riforma Cartabia” - ha abrogato la previsione dell'utilizzo del sequestro conservativo per garantire il pagamento della pena pecuniaria. Come si legge nella Relazione illustrativa «l'abbandono del modello civilistico di esecuzione della pena pecuniaria induce, coerentemente, ad escludere l'applicabilità del sequestro conservativo a garanzia del pagamento della pena pecuniaria. Si spiegano così gli interventi soppressivi realizzati nel primo comma dell'art. 316 c.p.p., nonché nel primo e nel secondo comma dell'art. 320 c.p.p. Le statistiche sull'esecuzione della pena pecuniaria, d'altra parte, mostrano come tale strumento, funzionale al pignoramento di beni e all'esecuzione forzata, non abbia verosimilmente prodotto risultati particolarmente apprezzabili».

Presupposti applicativi del sequestro conservativo sono il fumus boni iuris e il periculum in mora.

Fumus boni iuris

L'accertamento giudiziale del fumus boni iuris deve essere limitato alla pendenza del processo penale ed alla sussistenza di una imputazione, senza alcuna possibilità di apprezzamento in ordine alla fondatezza della accusa e della probabilità di una pronuncia sfavorevole per l'imputato (Cass. III, n. 4670/1991). Secondo altra pronuncia, invece, l'accertamento giudiziale del fumus boni iuris va operato in concreto, avendo riguardo non alla sola pendenza del procedimento penale e alla sussistenza della imputazione, quindi all'astratta configurabilità del diritto di credito del richiedente, ma anche a tutti gli altri elementi già acquisiti, al momento della pronuncia della misura cautelare reale (Cass. IV, n. 707/1994).

In sede di riesame di provvedimento che dispone il sequestro conservativo, la proponibilità della questione relativa alla sussistenza del fumus del reato è preclusa se sia stato disposto il rinvio a giudizio del soggetto interessato ma non anche quando vi sia la sola richiesta di rinvio a giudizio, poiché quest'ultima è atto della pubblica accusa, mentre la ratio della preclusione è collegata ad una valutazione del giudice sulla idoneità e sufficienza degli elementi acquisiti per sostenere l'accusa in giudizio (Cass. II, n. 805/2004; Cass. V, n. 26588/2014; Cass. V, n. 51147/2014; Cass. II, n. 52255/2016; Cass. V, n. 50521/2018). Peraltro, il quantum della somma da vincolare deve essere oggetto di specifica valutazione da parte del giudice che autorizza il sequestro, anche qualora sia intervenuto il rinvio a giudizio, in quanto non si tratta di tema coperto dalla preclusione derivante dall'intervenuto vaglio in ordine al "fumus" del reato (Cass. VI, n. 3504/2020).

Si è ritenuto, inoltre, che la sentenza che abbia affermato la penale responsabilità, costituisce presupposto sostanziale per l'adozione della misura cautelare, quanto alla fondatezza della pretesa risarcitoria (fumus boni iuris), poiché contiene una valutazione nel merito tale da assorbire la valutazione dei gravi indizi di colpevolezza (principio del cosiddetto «assorbimento» in materia cautelare) (Cass. III, n. 22727/2005). 

Periculum in mora

Un altro presupposto essenziale per l'applicazione del sequestro conservativo è costituito dal periculum in mora che si concreta nella probabilità che manchino o si disperdano le garanzie per il pagamento delle spese di procedimento e di ogni altra somma dovuta all'erario dello Stato o quelle delle obbligazioni civili derivanti da reato.

Le S.U. chiamate a dirimere i contrasti giurisprudenziali circa la nozione di periculum in mora quale presupposto per disporre il sequestro conservativo hanno chiarito che: “per l'adozione del sequestro conservativo è sufficiente che vi sia il fondato motivo per ritenere che manchino le garanzie del credito, ossia che il patrimonio del debitore sia attualmente insufficiente per l'adempimento delle obbligazioni di cui all'art. 316, commi 1 e 2, non occorrendo invece che sia simultaneamente configurabile un futuro depauperamento del debitore”. Secondo le Sezioni Unite, può dirsi, pertanto, che “le garanzie mancano quando sussista la certezza, allo stato, dell'attuale inettitudine del patrimonio del debitore a far fronte interamente all'obbligazione nel suo ammontare presumibilmente accertato; si disperdono, quando l'atteggiamento assunto dal debitore è tale da far desumere l'eventualità di un depauperamento di un patrimonio attualmente sufficiente ad assicurare la garanzia a causa di un comportamento del debitore idoneo a non adempiere l'obbligazione. I due eventi, come chiaramente espresso dall'art. 316, con la formula disgiuntiva rilevano (o possono rilevare) autonomamente” (Cass. S.U. , n. 51660/2014 ; da ultimo: Cass. II, n. 51576/2019)E' stata ritenuta manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 316 in relazione agli artt. 24, comma 2, 25, comma 2, 27, commi 1 e 3, 42, 111 e 117 Cost. e art. 1, prot. 1 CEDU, laddove prevede che per l'adozione del sequestro conservativo sia sufficiente che manchino le garanzie del credito, ossia che il patrimonio del debitore sia attualmente insufficiente per l'adempimento delle obbligazioni di cui ai commi 1 e 2 del medesimo articolo, non occorrendo che sia simultaneamente configurabile un futuro depauperamento del debitore, essendo rimesso in via esclusiva al legislatore il bilanciamento tra i diritti di proprietà e di tutela del credito (Cass. V, n. 11945/2020).

  Con particolare riferimento al sequestro conservativo disposto nell'ambito di un procedimento per bancarotta fraudolenta, l'apprezzamento del "periculum in mora" va correlato al rischio che, all'esito del processo, la garanzia del credito nei confronti dell'imputato non possa trovare soddisfazione con il suo patrimonio, sicchè è necessario che il provvedimento determini, almeno in termini approssimativi, il "quantum" del credito risarcitorio da garantire, sulla base di dati oggettivi (Cass. V, n. 8445/2019).

Oggetto del sequestro conservativo

 

In genere

Oggetto del sequestro conservativo, secondo la previsione della norma, possono essere beni sia mobili che immobili dell'imputato, nonché “somme o cose a lui dovute”.

Beni che possono costituire oggetto del sequestro

Oggetto del sequestro conservativo possono essere:

i beni mobili e i beni immobili dell'imputato e non rileva la formale intestazione degli stessi, ma la circostanza che l'imputato ne abbia la disponibilità uti dominus, indipendentemente dalla titolarità apparente del diritto in capo a terzi (Cass. V, n. 40286/2014), pur essendo necessaria la prova della intestazione fittizia (Cass. II, n. 57829/2018);

il denaro nei limiti in cui la legge ne permette il pignoramento (Cass. V, n. 3400/1991);

i crediti di lavoro: il sequestro conservativo di somme di denaro relative a crediti retributivi può essere disposto in misura non superiore al quinto delle stesse, valendo in proposito i medesimi limiti posti dall'art. 545, all'esecuzione del pignoramento, limiti richiamati dall'art. 316, comma 1 (Cass. V, n. 31733/2015).

le somme già percepite dal lavoratore a titolo di crediti di lavoro e in sua libera disponibilità, in quanto sono confuse ormai nel suo patrimonio;

l'assegno vitalizio che spetta agli ex parlamentari, adempiendo ad una funzione di natura assistenziale e previdenziale, si ritiene equiparabile ad ogni altro emolumento dei dipendenti pubblici e, quindi, aggredibile nella misura di un quinto a seguito di pignoramento o sequestro, conformemente a quanto previsto dalla disciplina dei crediti retributivi dei pubblici dipendenti (Cass. V, n. 43026/2009 ; Cass. II, n. 57829/2018);

i beni immobili del titolare di un'impresa individuale a garanzia del credito vantato dagli eredi del dipendente deceduto sul lavoro, qualora l'imprenditore non abbia adempiuto alla regolazione del premio relativo alla polizza assicurativa per la responsabilità civile in ordine agli infortuni sul lavoro, venendo in tal modo a mancare la copertura assicurativa (Cass. III, n. 10045/2005);

i beni di proprietà di terzi, a condizione che emergano elementi da cui risulti la mala fede dei terzi acquirenti o la simulazione del contratto d'acquisto. (In motivazione la Corte ha ulteriormente precisato che la presunzione di frode di cui all'art. 193 c.p., che legittima l'esperibilità dell'azione revocatoria dell'atto d'acquisto, non è assoluta ma "iuris tantum")  (Cass. II, n. 3810/2009);

i beni intestati a terzi che ne hanno la titolarità in forza di un atto di donazione dell'imputato, attesa l'inopponibilità al creditore danneggiato dal reato degli atti a titolo gratuito posti in essere dall'imputato (Cass. II, n. 2386/2009);

i beni conferiti in «trust» dall'imputato che continua ad amministrare di fatto gli stessi, conservandone la piena disponibilità (Cass. V, n. 46137/2014 ; Cass. I, n. 7442/2020);

le somme depositate in un conto corrente bancario cointestato all'imputato e a persona estranea al reato, ma il sequestro non può riguardare l'intero ammontare del danaro depositato, dovendosi presumere la contitolarità tra gli intestatari del conto, salva la prova positiva dell'esclusiva titolarità delle somme all'imputato (Cass. I, n. 24092/2009).

Beni che non possono costituire oggetto del sequestro

Non possono, invece, essere oggetto di sequestro conservativo:

i beni di una società che non sia stata citata quale responsabile civile in relazione ad un'obbligazione civile nascente da reato, posto che il sequestro conservativo può essere legittimamente disposto sul bene di un terzo quando questi acquisti la veste di responsabile civile, in relazione ad un'obbligazione civile nascente da reato e sempre che sia stata proposta la relativa azione civile in sede penale nei confronti del detto responsabile, con citazione dello stesso nel processo (Cass. V, n. 12709/2006);

i beni di una persona fisica per violazioni di norme tributarie afferenti ad una persona giuridica ed ad una società in violazione dei principi civilistici dell'insensibilità e separazione dei patrimoni e della necessità della deliberazione dell'assemblea societaria per proporre le azioni di responsabilità nei confronti degli amministratori e di rivalsa, e del principio, in tema di solidarietà sancita dall'art. 98 comma 6 d.P.R. n. 602/1973 e dall'art. 12 l. n. 4/1929, secondo cui l'amministratore o legale rappresentante di società di capitali non è solidalmente responsabile per il pagamento di soprattasse o pene pecuniarie irrogate alla società per violazioni ad essa direttamente imputabili, sicché sarebbe necessario provare una qualche colpa o collusione oppure l'esistenza di un unico socio effettivo cioè di una società apparente (Cass. III, n. 2890/1996);

la polizza di assicurazione sulla vita e le somme dovute e corrisposte sulla base di essa (Cass. V, n. 43026/2009);

i beni assoggettati al regime del fondo patrimoniale per un debito che il creditore conosceva essere contratto per scopi estranei ai bisogni della famiglia. Ne consegue che deve ritenersi illegittimo il sequestro conservativo disposto su beni facenti parte di fondo patrimoniale a garanzia di un debito contratto da una società fallita, in quanto necessariamente conosciuto come estraneo ai bisogni della famiglia (Cass. V, n. 598/2004).

Le Sezioni Unite della Suprema Corte, nell’affermare la competenza del tribunale del riesame sulla questione attinente la pignorabilità dei beni sottoposti a sequestro conservativo (Cass. S.U., n. 38670/2016: v. sub art. 318) e nel pronunciarsi, in particolare, sulla sequestrabilità dei beni vincolati da un fondo patrimoniale, ha precisato che il tribunale del riesame è tenuto a valutare gli elementi condizionanti l'opponibilità del fondo patrimoniale, come descritti dall'art. 170 c.c., dovendo in particolare evidenziare gli elementi di fatto atti a far ricostruire, in modo univoco e nel rispetto dello standard dimostrativo richiesto dalla sede cautelare, il rapporto di anteriorità-posteriorità dell'atto dispositivo rispetto al momento di commissione del reato, come richiesto dagli artt. 192 e segg. c.p. In generale, poi, con riferimento alle cose mobili di cui si deduce l'impignorabilità, il giudice penale, all'atto dell'emissione del sequestro o in sede di riesame, è tenuto a verificare i limiti di operatività di detta causa di sottrazione all'esecuzione, come disciplinata, in termini di esclusione assoluta, dall'art. 514 c.p.c. (cose mobili assolutamente impignorabili), ovvero in termini di esclusione relativa, dall'art. 515 dello stesso codice (cose mobili relativamente impignorabili). Con riferimento ai crediti, l'accertamento si rende necessario, ad esempio, in relazione ai limiti imposti dall'art. 545 c.p.c. (crediti impignorabili) o, ancora, alla normativa speciale sugli stipendi e compensi di qualunque specie dovuti ai pubblici dipendenti (d.p.r. n. 180/1950); o alla diversa normativa sugli assegni vitalizi, sulle polizze assicurative, etc.; o ai numerosi altri crediti regolati dal codice civile come sottratti al pignoramento, quali quelli di cui agli artt. 2117, 326 e 1881 senza tralasciare quelli previsti dal codice della navigazione.

Soggetti legittimati: attivi

 

In genere

La legittimazione attiva a richiedere il sequestro conservativo risiede in capo sia al P.M. sia alla parte civile.

Pubblico Ministero

La legittimazione del P.M. è prevista dal comma 1 e mira a chiedere il sequestro conservativo a garanzia del pagamento delle spese di giustizia.

Secondo un orientamento maggioritario, non sussiste la legittimazione del P.M. a chiedere il sequestro conservativo a tutela dell'adempimento delle obbligazioni, derivanti da reati tributari nei confronti dell'Amministrazione finanziaria, qualora non sia costituita parte civile e produca la relativa istanza, giacché l'art. 316 attribuisce nel primo comma al P.M. il potere-dovere di richiedere il sequestro conservativo solo per ragioni di credito endoprocessuali cioè relative alle cosiddette spese di giustizia e nel secondo comma contempla la facoltà della parte civile (e non della persona offesa) di chiedere il sequestro a garanzia delle obbligazioni civili (Cass. III, n. 3421/1995; Cass. III, n. 2890/1996).

Pertanto, il P.M. è legittimato alla richiesta di sequestro conservativo per garantire allo Stato-ordinamento la soddisfazione dei crediti nascenti dal processo mentre non può avanzarla per garantire allo Stato-amministrazione le eventuali pretese risarcitorie, che debbono essere fatte valere dall'amministrazione statale competente (Cass. III, n. 38710/2004).

Secondo un orientamento minoritario, invece, l'art. 316, comma 1, riconosce all'Erario dello Stato, per la qualità pubblicistica degli interessi che vi fanno capo, una sorta di tutela anticipata attribuendo al P.M. il potere di chiedere, esercitata l'azione penale ed ancor prima che l'Erario stesso si costituisca parte civile, il sequestro conservativo a garanzia di ogni somma a questo dovuta; in particolare, la locuzione «ogni altra somma» che figura nella norma citata ha, in senso letterale e logico-sistematico, una portata generalizzata, comprensiva anche delle obbligazioni di carattere restitutorio e o risarcitorio nei confronti dell'Erario a carico dell'imputato (Cass. I, n. 5601/1994).

In ogni caso, il pubblico ministero è legittimato a chiedere il sequestro conservativo solo a garanzia delle spese del procedimento e di ogni altra somma dovuta all'erario, non è legittimato a chiedere il sequestro conservativo anche per le somme dovute a titolo di risarcimento dei danni in favore della parte civile o della persona offesa non costituitasi, salvo il caso che ricorrano i presupposti di cui all'art. 77 (Cass. VI, n. 7532/2013; Cass. II, n. 18975/2016), e salvo quanto, da ultimo, previsto dal comma 1-bis, introdotto dall'art. 3 l. 11 gennaio 2018, n. 4, il quale stabilisce un obbligo del pubblico ministero di chiedere il sequestro conservativo a garanzia del risarcimento dei danni civili subiti dai figli minorenni o maggiorenni economicamente non autosufficienti della vittima di un omicidio commesso contro il coniuge o l'altra parte di un'unione civile o di una relazione affettiva e stabile convivenza, anche se vi sia stata separazione o cessazione del rapporto.

Il terzo comma, che prevede che il sequestro disposto a richiesta del P.M. giova anche alla parte civile, non va intesto nel senso che il P.M. sia legittimato a chiedere il sequestro a garanzia delle obbligazioni civili, bensì nel senso che, sui beni assoggettati a vincolo d'indisponibilità a seguito del sequestro chiesto dal P.M., la parte civile può, a sua volta, chiedere la misura cautelare conservativa per il soddisfacimento — subordinatamente a quello dell'erario dello Stato — delle proprie ragioni creditorie civili conseguenti al reato (Cass. V, n. 2360/2000).

Parte civile

Il soggetto danneggiato può scegliere se vuole far valere le proprie ragioni in sede civile o in sede penale. Se opta per la sede penale, assume la qualità di parte nel processo sin dal momento della sua costituzione, senza necessità di un provvedimento ammissivo, sia pure implicito, del giudice, fatta salva la possibilità di provvedere all'esclusione della stessa d'ufficio o su richiesta delle altre parti ex artt. 80 e 81 (Cass. V, n. 474/2015). E' stato, peraltro, chiarito che la costituzione di parte civile che avvenga fuori udienza consta di due momenti: uno statico (o meramente costitutivo), derivante dalla dichiarazione di costituzione di parte civile depositata nella cancelleria del giudice che procede, che produce l'effetto di fare assumere alla parte la suddetta qualità sin dal momento della sua costituzione senza necessità di un provvedimento ammissivo del giudice; uno dinamico, costituito dalla notifica della costituzione alle altre parti (quindi, anche all'imputato) che produce effetto dal giorno nel quale è eseguita la notificazione; con la conseguenza che la parte civile in tanto può esplicare tutti i poteri che gli derivano da tale posizione processuale, in quanto l'intera procedura di costituzione sia stata completata. Pertanto,  la parte civile che si costituisca in cancelleria secondo le modalità di cui all'art. 78 comma 2, non ha alcuna legittimazione a chiedere il sequestro conservativo nei confronti dell'imputato, fino a che la suddetta costituzione non sia a questi notificata (Cass. II, n. 14164/2018).

Mentre il sequestro conservativo disposto a richiesta del P.M. giova anche alla parte civile secondo quanto previsto dal comma 3 dell'art. 316, per la testualità esplicita di tale disposizione non è possibile ritenere anche l'inverso (Cass. I, n. 3969/1992).

Il sequestro conservativo su richiesta della sola parte civile può essere disposto esclusivamente a garanzia delle obbligazioni civili nascenti dal reato, sicché, in tale caso, la valutazione di proporzionalità va operata tra il valore dei beni sequestrati e i crediti vantati dalla parte civile, senza riferimento alcuno ai crediti dell'Erario (Cass. V, n. 19903/2009).

Soggetti legittimati : passivi

Soggetti passivi del sequestro conservativo sono l'imputato e il responsabile civile.

Mentre l'iniziativa del p.m. può produrre effetti solo sui beni dell'imputato, la parte civile può estendere la domanda anche sui beni del responsabile civile che però, sono assoggettabili al vincolo di indisponibilità solo in via sussidiaria cioè qualora risulta accertata l'insufficienza o l'inidoneità del patrimonio dell'imputato a garanzia dei crediti.

Il sequestro conservativo può essere legittimamente disposto sul bene di un terzo quando questi acquisti la veste di responsabile civile, in relazione ad un'obbligazione civile nascente da reato e sempre che sia stata proposta la relativa azione civile in sede penale nei confronti del detto responsabile, con citazione dello stesso nel processo (Cass. V, n. 12709/2006).

Il responsabile civile diventa soggetto passivo del sequestro conservativo soltanto quando vi sia stata la formale citazione ex art. 83 o l'intervento volontario ex art. 85 e solo allo scopo di garantire il pagamento delle obbligazioni derivanti dal reato. Pertanto, è escluso che i suoi beni possano essere sottoposti a sequestro conservativo per assicurare il pagamento delle spese di giustizia.

In caso di richiesta della parte civile, è legittimo il contemporaneo sequestro dei beni dell'imputato e del responsabile civile, in quanto la congiunzione «o», contenuta nel secondo comma dell'art. 316 è adottata in senso disgiuntivo e non alternativo (Cass. IV, n. 17669/2010).

Disposizione del sequestro nel processo di merito

Il sequestro conservativo può essere ordinato — dal giudice che procede — esclusivamente in ogni stato e grado del processo di merito, inteso nel senso che la suddetta misura cautelare reale non può essere adottata nel corso delle indagini preliminari, né in quello del giudizio di legittimità (Cass. V, n. 886/1994). Peraltro, l'adozione del sequestro conservativo da parte del Gip nella fase delle indagini preliminari, pur essendo esclusa secondo quanto implicitamente stabilisce l'art.316, non comporta un vizio tale da rendere il provvedimento inesistente o abnorme. Il vizio che ne risulta va inquadrato nella categoria dell'annullabilità, con la conseguenza che il soggetto che vi abbia interesse è tenuto a proporre richiesta di riesame ai sensi dell'art.318 (Cass. VI, n. 426/1998)

Il sequestro conservativo può legittimamente essere disposto dopo la richiesta di rinvio a giudizio da parte del pubblico ministero e prima del decreto di rinvio a giudizio da parte del giudice per le indagini preliminari, posto che il processo si instaura con la detta richiesta (Cass. V, n. 1506/1997; Cass. VI, n. 2425/1998).

Non costituisce duplicazione di titoli esecutivi l'emissione – dopo la sentenza di primo grado recante condanna generica dell'imputato a risarcire il danno alla parte civile, con contestuale previsione in favore di questa di una provvisionale immediatamente esecutiva– di un sequestro conservativo sui beni e sui crediti del predetto a richiesta della stessa parte civile, atteso che il sequestro non è titolo esecutivo, esplicando solo una funzione di garanzia dei diritti derivanti alla parte civile dalle statuizioni civili della sentenza penale e dalle decisioni della futura sentenza civile di condanna dell'imputato al pagamento della (Cass. I, n. 45343/2019).

Custodia delle cose sequestrate

Nel corso del procedimento penale, il giudice che dispone il sequestro conservativo può nominare il custode dei beni sequestrati, in quanto egli è il giudice funzionalmente competente in ordine alla costituzione, alle vicende ed alla esecuzione della misura cautelare reale, ai sensi dell'art.665; ne deriva che nel caso in cui il sequestro conservativo abbia ad oggetto cose diverse dal danaro, dai titoli di credito e dagli oggetti preziosi, l'eventuale nomina del custode da parte dell'ufficiale giudiziario, ai sensi del combinato disposto degli artt. 317, comma 3, 520, comma 2, e 678, nel corso dell'esecuzione del provvedimento, ha carattere residuale rispetto al potere di nomina del giudice al quale è consentito procedere anche alla sostituzione del custode in tal modo nominato (Cass. V, n. 2757/2000).

L'intervento del giudice civile, invece, è previsto solo nel momento in cui, divenuta irrevocabile la sentenza di condanna, il sequestro conservativo si converte in pignoramento e prende avvio l'esecuzione forzata sui beni secondo le norme del codice di procedura civile (Cass. I, n. 1770/1997).

Il custode agisce nell'interesse della giustizia e ha il compito di svolgere attività connesse con il processo, egli è subordinato al Giudice che ha poteri di controllo e di vigilanza sul custode e che devono svolgersi nel rispetto di due riserve: 1) quella in tema di regolazione dei diritti soggettivi delle parti eventualmente contrapposte, che spetta al giudice civile competente; 2) quella in tema di interessi alle scelte imprenditoriali, che vanno attribuite al custode che ne assume la piena responsabilità, anche agli effetti della normativa penale, comune e societaria. Pertanto il controllo e la vigilanza del giudice sull'operato del custode devono rimanere in termini di stretta legalità ai fini della sola valutazione del rispetto di norme e principi di ordine pubblico, mentre nel merito gli interventi del giudice penale possono solo tendere al divieto di quelle eventuali scelte del custode che — con giudizio ex ante — esulano da ogni forma di discrezionalità tecnico-amministrativa, caratterizzante le gestioni imprenditoriali ed economiche (Cass. VI, n. 3197/1994).

Il custode deve provvedere agli atti di ordinaria amministrazione, mentre quelli di straordinaria amministrazione richiedono la necessaria autorizzazione del giudice. Ad esempio, nel caso di sequestro conservativo di quote o azioni societarie spetta al custode l'esercizio del diritto di voto pertinente ai titoli sequestrati, in quanto egli ha il compito di amministrare la partecipazione sociale e preservarne il valore economico (Cass. V, n. 2757/2000).

Sono impugnabili i provvedimenti relativi alla nomina ed alla sostituzione del custode in quanto, in sede penale, non opera la limitazione contenuta nell'art. 559, ultimo comma, c.p.c., posto che il richiamo alle norme del codice di procedura civile, effettuato dall'art. 317, comma 3, attiene esclusivamente alle modalità esecutive del sequestro (Cass. III, n. 24372/2015).

Il diritto del custode al compenso per l'attività svolta, che non deriva da un rapporto di diritto privato, ma da un incarico di natura pubblicistica, è correlato a una prestazione non periodica, ma continuativa, e matura di giorno in giorno, sicché è soggetto a prescrizione decennale, decorrente da ogni singolo giorno, a meno che nel provvedimento di conferimento dell'incarico sia stabilita una periodicità nella corresponsione del compenso, dovendosi in tal caso ritenere configurabile una prestazione periodica, con conseguente applicazione del termine quinquennale di prescrizione stabilito dall'art. 2948, n. 4, c.c. per tutto ciò che deve pagarsi periodicamente ad anno o in termini più brevi (Cass. S.U., n. 25161/2002).

Effetti del sequestro

Il principale effetto è l'indisponibilità materiale e giuridica delle cose sottoposte a sequestro, cioè il soggetto non può disporre liberamente dei beni sequestrati. Pertanto, ogni atto di alienazione o ogni atto che provoca il depauperamento dei beni sottoposti a sequestro, è inefficace. Fanno eccezione gli effetti del possesso in buona fede per i mobili non iscritti in pubblici registri, secondo quanto previsto dall'art. 2913 c.c. Sono inefficaci anche gli atti a titolo gratuito compiuti dal reo posteriormente al reato art. 192 c.p., mentre si presumono compiuti in frode ai creditori ex art. 193 c.p., gli atti a titolo oneroso successivi alla commissione dell'illecito penale che eccedono la semplice amministrazione o l'ordinario commercio.

Revoca del sequestro

In merito alla possibilità di revoca del sequestro conservativo vi è contrasto di giurisprudenza. Secondo un orientamento la misura cautelare del sequestro conservativo, prima della definitività della sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere, é suscettibile di revoca solo nel caso in cui venga offerta idonea cauzione e non anche per il venir meno dei presupposti che ne hanno legittimato l'adozione, con conseguente improponibilità dell'appello cautelare avverso il provvedimento di rigetto della richiesta di revoca (Cass. V, n. 45929/2005; Cass. III, n. 35396/2010; Cass. V, n. 40407/2012; Cass. IV, n. 39171/2013; Cass. III, n. 44578/2016; Cass. VI, n. 4459/2017).

Secondo un altro orientamento, invece, non è abnorme il provvedimento con cui il tribunale, sul presupposto della pronuncia della sentenza di assoluzione per insussistenza del fatto, benché non ancora definitiva, dispone il dissequestro dei beni oggetto di sequestro conservativo, dal momento che dalla disposizione normativa, secondo cui gli effetti del sequestro cessano solo a seguito del passaggio in giudicato della sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere, non può desumersi che, se non si siano attivati gli ordinari strumenti di impugnazione, il giudice non abbia il potere di disporre la revoca, per il caso in cui accerti il venir meno dei presupposti per il mantenimento del vincolo, con particolare riferimento al fumus boni iuris (Cass. VI, n. 1778/1998; Cass. II, n. 7226/2007; Cass. VI, n. 21132/2017).

Impugnazione

Si rinvia all’art. 318, § 1 e 2

Bibliografia

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