Codice di Procedura Penale art. 322 - Riesame del decreto di sequestro preventivo.

Franco Fiandanese

Riesame del decreto di sequestro preventivo.

1. Contro il decreto di sequestro emesso dal giudice [321] l'imputato [60, 61] e il suo difensore, la persona alla quale le cose sono state sequestrate e quella che avrebbe diritto alla loro restituzione [323] possono proporre richiesta di riesame, anche nel merito, a norma dell'articolo 3241.

2. La richiesta di riesame non sospende l'esecuzione del provvedimento [588].

 

[1] Comma così modificato dall'art. 16 d.lg. 14 gennaio 1991, n. 12.

Inquadramento

La norma disciplina il mezzo di impugnazione avverso il decreto di sequestro preventivo emesso dal giudice, individuando i soggetti legittimati alla proposizione e il relativo procedimento.

Oggetto

L'oggetto del riesame specificamente individuato dalla norma è il “decreto di sequestro emesso dal giudice”, non anche il decreto di sequestro preventivo disposto in via d'urgenza dal P.m. a norma dell'art. 321, comma 3-bis, in quanto tale decreto ha carattere provvisorio, perché destinato ad una automatica caducazione a seguito della mancata convalida ovvero, in caso di controllo positivo, ad essere sostituito per effetto dell'autonomo decreto di sequestro giudiziale che il giudice emette dopo l'ordinanza di convalida e che costituisce il titolo legittimante il vincolo reale sul bene sequestrato.

Risolvendo un contrasto di giurisprudenza, le Sezioni Unite della Corte di cassazione hanno affermato che l'ordinanza con la quale il giudice, a norma dell'art. 321, comma 3-bis, convalida il sequestro preventivo disposto in via d'urgenza dal P.M.. è inoppugnabile (Cass. S.U., n. 21334/2005; nonché: Cass. III, n. 5770/2014). Le Sezioni Unite osservano che il legislatore non ha previsto per l'ordinanza di convalida una norma simile all'art. 391 comma 4, nonostante gli atti preparatori del d.lgs. n. 12/1991 attestino l'intenzione di configurare il sequestro di urgenza del p.m. e della polizia giudiziaria sul modello del fermo di indiziato. Ne consegue, per il principio di tassatività dei mezzi di impugnazione, che contro questa ordinanza, la quale certamente non può ricondursi alla previsione dell'art. 311 comma 2 relativa solo alle misure cautelari personali, non è ammesso un ricorso diretto in Cassazione. Il riesame di cui all'art. 322, poi, è mirato ad un nuovo accertamento della sussistenza dei presupposti per l'ablazione delle cosa ed ha quindi necessariamente ad oggetto solo il decreto di sequestro emesso dal giudice, secondo del resto quanto testualmente stabilito. Il riesame, in altri termini, è rimedio intrinsecamente estraneo alla decisione di convalida con cui il giudice ha invece valutato se sussistevano le condizioni per l'assunzione dei poteri di sequestro da parte del P.M. Conclusione da valere anche quando il giudice abbia operato la convalida e il sequestro con provvedimento formalmente unico, dato che il regime dell'impugnazione non può discendere da una mera eventualità nella redazione degli atti e che si può sempre idealmente distinguere la parte del provvedimento in cui si accerta la ricorrenza dei presupposti per l'intervento d'urgenza da quella in cui si accerta la ricorrenza dei presupposti per il sequestro preventivo. Neppure è applicabile alla convalida il mezzo di impugnazione introdotto dall'art. 322-bis che prevede l'appello contro le ordinanze in materia di sequestro preventivo, in quanto l'espressione «ordinanze in materia di sequestro preventivo», impiegata dalla disposizione in esame, indica, sotto un profilo letterale, le ordinanze che negano la misura o decidono sul suo mantenimento e non quelle che hanno ad oggetto l'autonomo problema del corretto uso dell'attribuzione interinale da parte del p.m., che sono perciò propriamente in materia di legittimità dell'intervento del p.m. D'altronde organizzare per queste ultime ordinanze un sistema che preveda l'appello e il successivo ricorso in Cassazione, come dovrebbe reputarsi avvenuto se si abbracciasse la tesi dell'applicabilità dell'art. 322-bis alla specie, corrisponderebbe, anche a superare gli argomenti letterali, ad una vera e propria sproporzione di tutela, rispetto alla convalida del fermo di indiziato, suscettibile, questa, solo di impugnazione dinanzi al giudice della legittimità. Sproporzione che, a ben vedere, non si risolverebbe solo in un'asimmetria, ma costituirebbe una vera e propria incongruenza. Infatti nella Costituzione il riparto delle attribuzioni in materia di libertà personale è ben più rigido di quello in materia di proprietà, per la quale sono consentiti interventi tanto dell'autorità giudiziaria che di quella amministrativa. E allora ritenere che le ordinanze di convalida del sequestro siano suscettibili di appello e quindi di ricorso in Cassazione e quelle di convalida di fermo solo di quest'ultimo gravame porterebbe necessariamente a concludere che in sede di legislazione ordinaria si è circondato di minori garanzie l'assetto più rigido e di maggiori garanzie quello più flessibile. 

Soggetti legittimati

Nei confronti del sequestro preventivo possono avanzare richiesta di riesame, secondo il testo della norma, l'imputato, il suo difensore, la persona alla quale le cose sono state sequestrate e quella che avrebbe diritto alla loro restituzione.

Peraltro, ai fini della ammissibilità della richiesta di riesame, la qualità di indagato deve essere valutata non secondo un criterio formale, quale l'esistenza di una notitia criminis e l'avvenuta iscrizione nel registro degli indagati, ma secondo quello sostanziale della qualità che il soggetto ha in concreto assunto, in base alla situazione esistente ed a prescindere dalle iniziative del pubblico ministero  (Cass. V, n. 20734/2016).

La persona offesa non essendo indicata nel tassativo elenco della norma in esame, può ritenersi legittimata a presentare richiesta di riesame solo nel caso in cui possa vantare un diritto alla restituzione del delle cose sequestrate. Infatti, con riferimento alla identica formulazione del successivo art. 325, le Sezioni Unite della Corte di cassazione hanno affermato che la persona offesa che non sia titolare del diritto all'eventuale restituzione delle cose sequestrate, non è legittimata a partecipare o a presentare memorie nel procedimento di riesame del sequestro instaurato ai sensi dell' art. 325, né, conseguentemente, nel giudizio di cassazione sull'ordinanza di riesame (Cass.  S.U., n. 23271/2004).

I soggetti estranei al procedimento sono legittimati a presentare richiesta di riesame del provvedimento di sequestro preventivo solo se vantano un diritto alla restituzione ovvero dimostrino che il provvedimento ablativo abbia prodotto una lesione nella loro sfera giuridica e lo scopo perseguito sia un risultato a loro giuridicamente favorevole (Cass. V, n. 6151/2005).

In particolare, in tema di sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente, ove il sequestro venga disposto o eseguito su beni formalmente intestati a terzi ma nella disponibilità dell'indagato, il terzo che si limiti a rivendicarne l'esclusiva titolarità o disponibilità è legittimato a proporre richiesta di riesame ai sensi dell'art. 322 (Cass. III, n. 38512/2016; Cass. II n. 20685/2017).

Peraltro, occorre tenere presente che il terzo che affermi di avere diritto alla restituzione della cosa sequestrata non può contestare l'esistenza dei presupposti della misura cautelare, potendo unicamente dedurre la propria effettiva titolarità o disponibilità del bene sequestrato e l'inesistenza di relazioni di collegamento concorsuale con l'indagato. (Cass. VI, n. 42037/2016; Cass. III, n. 38512/2016).

Pertanto, si è affermato che rientra tra i soggetti legittimati a proporre l'istanza di riesame contro il provvedimento di sequestro preventivo, ai sensi dell' art. 322, anche chi utilizzava illegittimamente il bene sequestrato, e tra questi il detentore qualificato nella sua qualità di locatario avente la disponibilità della res e l'interesse a riottenerla (Cass. III, n. 1621/1999).

Secondo un orientamento giurisprudenziale, il proprietario di una cosa sequestrata, data in locazione a terzi, è legittimato a proporre istanza di riesame, in quanto la res rimane nella sua disponibilità giuridica, messa in pericolo dalla emissione di misure cautelari funzionali all'adozione di uno strumento, quale la confisca penale, idoneo a determinare la definitiva ablazione del bene  (Cass. III, n. 44901/2016). Un diverso orientamento, invece, sostiene che il proprietario di una cosa sequestrata, data in locazione a terzi, non è legittimato a proporre istanza di riesame poiché la res non è nella sua disponibilità e non potrebbe, quindi, conseguirne la restituzione; può soltanto chiedere la revoca della misura, dopo aver ottenuto la risoluzione anticipata del contratto  (Cass. III, n. 42144/2013).

Qualora un bene sia stato acquistato con patto di riservato dominio a favore dell'alienante, ai sensi dell'art. 1523 c.c., ancorché questi ne conservi la proprietà fino al momento del pagamento dell'ultima rata del prezzo, ogni altro effetto della vendita (consegna, uso e godimento della res da parte dell'acquirente nonché assunzione ex lege da parte dello stesso dei rischi del contratto) ha luogo immediatamente in conseguenza della perfezione del negozio; ne deriva che il diritto attuale dell'acquirente di disporre in via esclusiva del bene, fino a quando l'eventuale suo inadempimento non abbia dato luogo alla risoluzione del contratto ex art. 1526 c.c. a favore del venditore, impedisce di riconoscere a quest'ultimo la legittimazione a richiedere, ex art. 322, il riesame del decreto di sequestro preventivo, poiché anche il diritto alla restituzione delle cose sequestrate, in regime di efficacia del contratto di vendita con riserva di proprietà, spetta comunque all'acquirente cui il bene è stato sequestrato (Cass. VI, n. 520/1995).

Il terzo che vanti nei confronti dell'indagato un diritto di credito non ha alcuna legittimazione ad impugnare il sequestro preventivo al fine di ottenere la liberazione dei beni e quindi il pagamento di quanto a lui spettante (Cass. II, n. 4424/2019:  fattispecie nella quale la Corte ha escluso la legittimazione attiva a proporre istanza di riesame da parte di soggetto legatario che impugni il sequestro preventivo disposto a carico dell'erede, in quanto il diritto da lui vantato è un semplice diritto di credito).

Sussiste la legittimazione del creditore pignoratizio ad impugnare il decreto di sequestro preventivo, considerato che, ai sensi dell'art. 322, legittimato all'impugnazione è anche il soggetto non titolare del bene o, comunque, diverso da quello al quale le cose devono essere restituite, purché dimostri che il provvedimento ablativo abbia prodotto una lesione nella sua sfera giuridica e la sua eliminazione o la riforma determinino risultati a lui favorevoli (Cass. V, n. 2319/2015).

Peraltro, in tema di sequestro preventivo finalizzato alla confisca obbligatoria prevista dall'art. 12-sexies d.l. n. 306/1992, conv. in l. n. 356/1992, quando il provvedimento è stato adottato nei confronti di soggetti estranei al procedimento penale, la legittimazione a richiedere il riesame o a proporre appello è limitata all'aspetto della presunzione di interposizione di persona in base alla quale la misura cautelare è stata disposta, onde far valere l'effettiva titolarità o disponibilità del bene e l'inesistenza di relazioni di «collegamento» con l'imputato, rimanendo la stessa esclusa in relazione a profili diversi del provvedimento, sui quali le persone estranee al sequestro non hanno titolo alcuno ad interloquire (Cass. VI, n. 27172/2011; Cass. I, n. 14215/2002; Cass. II, n. 15804/2015).

Il promissario acquirente in virtù di contratto preliminare, essendo titolare di un mero diritto di credito, non rientra tra i soggetti che possono proporre l'istanza di riesame del decreto di sequestro preventivo (Cass. VI, n. 415/1999).

Il difensore dell'indagato che sia anche legale rappresentante della società titolare dei beni sottoposti a sequestro preventivo, non è legittimato a proporre richiesta di riesame avverso il provvedimento applicativo della misura cautelare per conto della persona giuridica, qualora il proprio assistito non gli abbia all'uopo preventivamente conferito apposita procura speciale (Cass. V, n. 9435/2012).

È inammissibile, per difetto di legittimazione rilevabile di ufficio ai sensi dell'art. 59, comma 1, lett. a), la richiesta di riesame di decreto di sequestro preventivo presentata dal difensore dell'ente nominato dal rappresentante che sia imputato o indagato del reato da cui dipende l'illecito amministrativo (Cass. S.U., n. 33041/2015).

Non è legittimato a proporre richiesta di riesame avverso il provvedimento di sequestro preventivo dei beni di una società l'indagato che sia socio unico di questa, ma non ne abbia — o non ne abbia più — la rappresentanza formale, poiché non è configurabile una rappresentanza di fatto dell'ente, autonomamente attributiva della legittimazione ad agire per conto di esso (Cass. VI, n. 15933/2015).

Il creditore assistito da garanzia reale sul bene non è legittimato a proporre appello cautelare al fine di svincolare il bene e restituirlo alla procedura esecutiva civile già pendente, in quanto, trattandosi di creditore ipotecario che non può vantare alcun diritto alla restituzione immediata della res oggetto del provvedimento ablativo, difetta l'attualità della pretesa alla restituzione del bene medesimo  (Cass. III, n. 9462/2016).

La problematica relativa alla legittimità dell'impugnazione del curatore del fallimento avverso i provvedimenti cautelari reali è stata oggetto di ampio dibattito anche giurisprudenziale con plurimi interventi delle Sezioni Unite della Corte di cassazione. Con una prima decisione le Sezioni Unite affermarono che il curatore del fallimento, nell'espletamento dei compiti di amministrazione del patrimonio fallimentare, ha facoltà di proporre sia l'istanza di riesame del provvedimento di sequestro preventivo, sia quella di revoca della misura, ai sensi dell'art. 322 c.p.p., nonché di ricorrere per cassazione ai sensi dell'art. 325 stesso codice avverso le relative ordinanze emesse dal tribunale del riesame. La Corte precisò che in questi casi il curatore agisce, previa autorizzazione del giudice delegato, per la rimozione di un atto pregiudizievole ai fini della reintegrazione del patrimonio, attendendo alla sua funzione istituzionale rivolta alla ricostruzione dell'attivo fallimentare (Cass. S.U., n. 29951/2004). Tale affermazione di principio non fu pacificamente accettata dalla successiva giurisprudenza delle Sezioni semplici, fino ad un nuovo intervento delle Sezioni Unite, che si pronunciarono nel senso della mancanza di legittimazione del curatore fallimentare a proporre impugnazione avverso il provvedimento di sequestro preventivo funzionale alla confisca dei beni della società fallita (Cass. S.U., n. 11170/2015); peraltro, in un caso nel quale il sequestro era stato disposto ai fini della confisca di beni costituenti il prezzo o il profitto del reato nei confronti di ente responsabile dello stesso, ai sensi dell'art. 19 d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231, ma in termini tali da assumere portata più ampiamente comprensiva dei provvedimenti cautelari adottati su beni nella disponibilità della curatela, essendo la decisione fondata sull'esclusione di qualsiasi titolarità del curatore sui beni sequestrati. Nella citata sentenza si osservava infatti che la dichiarazione di fallimento non trasferisce alla curatela la proprietà dei beni del fallito, ma solo l'amministrazione e la disponibilità degli stessi. Se ne desumeva pertanto che nessun diritto reale su tali beni può essere riconosciuto al curatore, il quale ha unicamente compiti gestionali, mirati al soddisfacimento dei creditori; e si aggiungeva che il curatore neppure esercita diritti in rappresentanza dei creditori stessi, i quali, fino alla conclusione della procedura concorsuale, vantano una mera pretesa sui beni del fallito e non hanno quindi alcun titolo per la restituzione degli stessi. L'insussistenza in capo alla curatela di una generale facoltà di impugnazione dei provvedimenti cautelari reali, nella situazione normativa attualmente vigente, è stata recentemente ribadita anche in considerazione dell'intervenuta emanazione dell'art. 320 d.lgs. 12 gennaio 2019, n. 14, (la cui entrata in vigore già prevista dallo stesso decreto per il 15 agosto 2020 è stata prorogata all'1/09/2021 dal d.l. 8 aprile 2020, n. 23, conv. in l. 5 giugno 2020, n. 40), che attribuisce espressamente al curatore tale facoltà con riguardo alla proposizione della richiesta di riesame o di appello avverso i decreti e le ordinanze di sequestro, nonché del ricorso per cassazione avverso le decisioni su dette richieste, nei casi, nei termini e con le modalità previste dal codice di procedura penale. Si è invero rilevato sul punto come proprio il fatto che il legislatore abbia ritenuto di dover conferire al curatore tale facoltà confermi la mancanza della stessa nell'attuale assetto normativo (Cass. II, n. 27262/2019). Da un dato momento, però, si è aperta nella giurisprudenza una prospettiva diversa, là dove tale carenza di legittimazione è stata confermata solo con riguardo all'impugnazione dei provvedimenti di sequestro emessi anteriormente alla dichiarazione di fallimento (Cass. III, n. 42469/2016), sul presupposto che la dichiarazione di fallimento successiva al sequestro non attribuirebbe alla curatela la disponibilità dei beni del fallito nel momento in cui per un verso quest'ultimo conserva il diritto di proprietà degli stessi, e per altro il vincolo penale già esistente assorbirebbe ogni potere fattuale sui beni. Altra giurisprudenza, però, non si è accontentata di questa limitazione di operatività del principio formulato dalle Sezioni Unite, le quali, quindi, sono state nuovamente investite della questione e sono pervenute ad una rivisitazione della precedente giurisprudenza, osservando che gli artt. 322, 322-bis e 325 indicano quali soggetti legittimati a proporre l'impugnazione, oltre al pubblico ministero, all'imputato e al difensore di questi, anche «la persona alla quale le cose sono state sequestrate e quella che avrebbe diritto alla loro restituzione», che la persona avente diritto alla restituzione della cosa sequestrata, legittimata all'impugnazione dei provvedimenti dispositivi o confermativi del sequestro, è identificata dalla disponibilità autonoma e giuridicamente tutelata del bene, e che una disponibilità rispondente a queste caratteristiche senza dubbio è ravvisabile in capo al curatore - rispetto ai beni esistenti alla data del fallimento e quindi anche di quelli già sottoposti a sequestro - nella sua funzione di conservazione e reintegrazione della massa attiva del fallimento ai fini del soddisfacimento delle ragioni dei creditori a cui la procedura fallimentare è istituzionalmente destinata; ciò consente di riconoscere a tale soggetto la legittimazione all'impugnazione in materia di sequestri di beni facenti parte del compendio fallimentare, derivante dalla predetta posizione secondo l'espressa previsione delle norme del codice di procedura penale, per di più dovendosi considerare che il curatore si appalesa anche in termini di fatto come l'unico soggetto destinatario dell'eventuale restituzione del bene, nelle sue funzioni di rappresentanza del fallimento e di amministrazione del relativo patrimonio (Cass. S.U., n. 45936/2019).

La giurisprudenza ha precisato che il curatore fallimentare, il quale sia già autorizzato dal giudice delegato alla richiesta di revoca della misura cautelare reale, è legittimato a proporre impugnazione avverso il provvedimento di prima istanza solo in forza di una nuova specifica autorizzazione (Cass. V, n. 27334/2021).

Interesse al riesame

Per quanto concerne l'interesse alla proposizione della richiesta di riesame di un provvedimento di sequestro preventivo in capo all'imputato (e all'indagato) pur quando il sequestro abbia ad oggetto beni intestati a terzi, esiste un contrasto giurisprudenziale.

Infatti, secondo un primo orientamento, tale interesse sussisterebbe, a prescindere dalla spettanza del diritto alla restituzione dei beni; sia perché presupposto del sequestro preventivo è che la persona sottoposta alle indagini abbia un qualche potere di disposizione sulla cosa sia perché i provvedimenti cautelari influenzano comunque il corso del procedimento penale, come quando venga in discussione la natura del reato o la qualificazione giuridica del fatto (Cass. VI, n. 3366/1992; Cass. VI, n. 864/1998; Cass. IV, n. 21724/2005; Cass. II, n. 32977/2011). Un diverso orientamento e prevalente, invece, afferma che l'indagato non titolare del bene oggetto di sequestro preventivo è legittimato a presentare richiesta di riesame del titolo cautelare purché vanti un interesse concreto ed attuale alla proposizione del gravame che, dovendo corrispondere al risultato tipizzato dall'ordinamento per lo specifico schema procedimentale, va individuato in quello alla restituzione della cosa come effetto del dissequestro o comunque di un risultato immediatamente produttivo di effetti nella sfera giuridica dell'impugnante. Ne consegue che non è configurabile un interesse ad impugnare identificabile con quello volto ad ottenere una pronunzia favorevole in ordine all'insussistenza del fumus commissi delicti, giacchè questa non determinerebbe alcun effetto giuridico vincolante nel giudizio di merito, stante l'autonomia del giudizio cautelare (Cass. I, n. 7292/2014; Cass. I, n. 15998/2014: in applicazione del principio, la Corte ha escluso la legittimazione dell'indagato ad impugnare un provvedimento di sequestro di beni a lui ritenuti riferibili dall'A.G. procedente, ma dei quali egli negava la titolarità e la disponibilità; Cass. II, n. 17852/2015: fattispecie in materia di intestazione fittizia di beni, in cui la Corte ha escluso la legittimazione dell'indagato, che sosteneva di avere interesse all'impugnazione per evitare che i proprietari potessero intentare nei suoi confronti azioni di responsabilità per l'ablazione dei beni medesimi; Cass. V, n. 20118/2015: Fattispecie in cui la Corte ha escluso la legittimazione attiva a proporre istanza di riesame da parte di soggetto indagato del reato di bancarotta fraudolenta avverso il decreto di sequestro preventivo di beni di alcune società, di cui l'istante affermava l'altruità; Cass. II, n. 50315/2015Cass. III, n. 9947/2016; Cass. III, n. 30008/2016; Cass. III, n. 35072/2016; Cass. III, n. 30008/2016; Cass. V, n. 22231/2017; Cass. III, n. 47313/2017; Cass. I, n. 6779/2019; Cass. III, n. 3602/2019; Cass. V, n. 52060/2019; Cass. V, n. 35015/2020; Cass. III, n. 16352/2021). V. anche sub art. 325.

Anche l'imputato o indagato in procedimento connesso a quello in relazione al quale è stato disposto il sequestro preventivo può essere legittimato a proporre istanza di riesame a norma dell'art. 322, purché vanti un interesse concreto ed attuale ad ottenere la rimozione del vincolo cautelare (Cass. II, n. 3397/2013: nella specie, la Corte ha ritenuto la legittimazione ad impugnare di indagati per reato connesso titolari dell'intero capitale sociale di società proprietarie o affittuarie dei beni sottoposti a sequestro).

È inammissibile la richiesta di riesame avverso il decreto di sequestro preventivo che non sia stato ancora eseguito, in quanto, in tale situazione, non è ravvisabile un interesse concreto ed attuale a proporre impugnazione, poiché il provvedimento non ha ancora inciso in alcun modo nella sfera patrimoniale del ricorrente (Cass. VI, n. 16535/2017).

Procedimento di riesame

Il comma 1 rinvia all'art. 324, che regolamenta il procedimento di riesame del sequestro conservativo e preventivo. La richiesta di riesame non sospende l'esecuzione del provvedimento, come enunciato al comma 2 dell'art. 322.

Giudicato cautelare e reiterazione del sequestro

Anche in materia di misure cautelari reali, sia pure nei limiti propri di tale ambito, può parlarsi di giudicato cautelare, ma solo quando vi sia tra più provvedimenti, inoppugnabili o non più impugnabili, assoluta coincidenza oggettiva e soggettiva.

Solo la misura disposta per lo stesso fatto e nei confronti della medesima persona non può essere reiterata, una volta annullata, a meno che non vi siano emergenze nuove sul piano processuale e sempre che il primo annullamento abbia attinto al merito della contestazione ( per quanto limitata sia la valutazione del merito nell'ambito delle misure cautelari reali) e non preso atto esclusivamente di vizi formali dell'atto (Cass. III, n. 4515/1997; Cass. V, n. 736/1999; Cass. III, n. 42975/2007; Cass. VI, n. 34565/2014).

È possibile la reiterazione di un provvedimento di sequestro precedentemente annullato, quando sopravvengono fatti nuovi, che ne legittimano l'adozione. (Cass. III, n. 2210/1993; Cass. II, n. 51199/2019). Il principio del "ne bis in idem" non preclude l'emissione di un nuovo sequestro preventivo sui medesimi beni in relazione ai quali il vincolo reale sia stato già disposto e successivamente annullato a seguito di impugnazione, allorquando nel secondo provvedimento siano stati valutati dall'autorità giudiziaria elementi precedentemente non esaminati perché non disponibili (Cass. III, n. 16616/2020).

Costituisce fatto nuovo, idoneo a superare la preclusione endoprocessuale del giudicato cautelare formatosi sulla configurabilità astratta del reato, il rinvio a giudizio con il quale sia stata precisata, ai sensi dell'art. 429 lett. c), l'imputazione. (Cass. VI, n. 10662/2009; Cass. III, n. 10976/2016).

Occorre tenere presente che il giudicato cautelare non può operare in un diverso procedimento; è stata, pertanto, ritenuta illegittima la decisione con cui il giudice della cautela reale ritenga preclusa la questione della sussistenza dell'aggravante della transnazionalità perché non dedotta in sede di riesame della misura cautelare personale (Cass. V, n. 18781/2015).

Richiesta di riesame e richiesta di revoca

V. sub art. 321, § 6.

Bibliografia

V. sub art. 321.

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