Codice di Procedura Penale art. 324 - Procedimento di riesame 1 .

Franco Fiandanese

Procedimento di riesame1.

1. La richiesta di riesame è presentata, nella cancelleria del tribunale indicato nel comma 5, entro dieci giorni [99 att.] dalla data di esecuzione del provvedimento che ha disposto il sequestro [257, 318, 322, 355] o dalla diversa data in cui l'interessato ha avuto conoscenza dell'avvenuto sequestro.

2. La richiesta è presentata con le forme previste dall'articolo 582. Se la richiesta è proposta dall'imputato [60, 61] non detenuto né internato, questi, ove non abbia già dichiarato o eletto domicilio, deve indicare il domicilio presso il quale intende ricevere l'avviso previsto dal comma 6; in mancanza, l'avviso è notificato mediante consegna al difensore. Se la richiesta è proposta da un'altra persona e questa abbia omesso di dichiarare il proprio domicilio, l'avviso è notificato mediante deposito in cancelleria 2.

3. La cancelleria dà immediato avviso all'autorità giudiziaria procedente che, entro il giorno successivo, trasmette al tribunale gli atti su cui si fonda il provvedimento oggetto del riesame.

4. Con la richiesta di riesame possono essere enunciati anche i motivi. Chi ha proposto la richiesta ha, inoltre, facoltà di enunciare nuovi motivi davanti al giudice del riesame, facendone dare atto a verbale [136] prima dell'inizio della discussione.

5. Sulla richiesta di riesame decide, in composizione collegiale, il tribunale del capoluogo della provincia nella quale ha sede l'ufficio che ha emesso il provvedimento, nel termine di dieci giorni dalla ricezione degli atti 3.

6. Il procedimento davanti al tribunale si svolge in camera di consiglio nelle forme previste dall'articolo 127. Almeno tre giorni prima, l'avviso della data fissata per l'udienza è comunicato al pubblico ministero e notificato al difensore e a chi ha proposto la richiesta. Fino al giorno dell'udienza gli atti restano depositati in cancelleria.

7. Si applicano le disposizioni dell'articolo 309, commi 9, 9-bis4 e 10. La revoca del provvedimento di sequestro può essere parziale e non può essere disposta nei casi indicati nell'articolo 240, comma 2, del codice penale.

8. Il giudice del riesame, nel caso di contestazione della proprietà, rinvia la decisione della controversia al giudice civile, mantenendo nel frattempo il sequestro.

 

[1] Per la sospensione dei termini processuali per contrastare l'emergenza epidemiologica da COVID-19, v. art. 83, comma 9, d.l. 17 marzo 2020, n. 18, conv. con modif., in l. 24 aprile 2020, n. 27

[2] Comma così modificato dall'art. 18 d.lgs. 14 gennaio 1991, n. 12. Successivamente dall'art.2, comma 1, lett. h)  d.lgs. 19 marzo 2024, n. 31 che ha  soppresso le parole: «o non si sia proceduto a norma dell'articolo 161 comma 2».

[3] Comma modificato dall'art. 181 d.lgs. 19 febbraio 1998, n. 51, che dopo le parole "Sulla richiesta di riesame decide", ha inserito le parole ", in composizione collegiale," , con la decorrenza di cui all'art. 247 d.lgs. cit., come modificato dall'art. 1 l. 16 giugno 1998, n. 188.

[4] L'art. 11 l. 16 aprile 2015, n. 47,  ha inserito il riferimento al comma 9-bis.

Inquadramento

La norma detta le regole che disciplinano il procedimento di riesame avente ad oggetto sia l'ordinanza di sequestro preventivo ex art. 322 che l'ordinanza di sequestro conservativo ex art. 318. Inoltre, ai sensi degli artt. 257 e 355 comma 3, possono formare oggetto di riesame il decreto di sequestro probatorio e il decreto di convalida del sequestro del corpo del reato e delle cose pertinenti operato dalla polizia giudiziaria ai sensi dell'art. 354, comma 3.

In tema di rapporti giurisdizionali con autorità straniere, anche una richiesta di assistenza giudiziaria all'estero per l'esecuzione di un sequestro probatorio, in quanto presuppone un provvedimento, sia pure solo implicito, dell'autorità giudiziaria italiana, è impugnabile mediante istanza di riesame dinanzi a quest'ultima, unica competente a valutare la sussistenza delle condizioni legittimanti l'adozione e il mantenimento della misura, salvi gli eventuali ulteriori rimedi esperibili secondo le regole stabilite dall'ordinamento dello Stato richiesto dell'assistenza (Cass. S.U., n. 21420/2003).

Si tratta di un procedimento di impugnazione — in tal senso espressamente qualificato nell'intitolazione del capo- le cui formalità, salvo un espresso rinvio contenuto nel comma 7 ai commi 9, 9-bis e 10 dell'art. 309, ricalcano quelle del procedimento di riesame in materia di misure cautelari personali, con alcune importanti eccezioni riguardanti la perentorietà dei termini.

Organo competente

Ai sensi dell'art. 324 comma 5, competente a decidere sulla richiesta di riesame è il tribunale, in composizione collegiale, del capoluogo della provincia nella quale ha sede l'ufficio che ha emesso il provvedimento. Tale competenza ha carattere funzionale e non territoriale, sicché l'incompetenza derivante dall'inosservanza di detto criterio è rilevabile, anche di ufficio, in ogni stato e grado del processo (Cass. III, n. 19104/2008).

La competenza funzionale in ordine al riesame del decreto di sequestro probatorio emesso dal Procuratore Europeo Delegato spetta, ai sensi dell'art. 324, comma 5, c.p.p., al tribunale del capoluogo della provincia nella quale ha sede l'uffico del P.E.D. (sede che va individuata, ai sensi dell'art. 10 d. lgs. 02/02/2021 n. 9, dal Ministro della Giustizia con proprio decreto, in quanto la normativa speciale relativa alle funzioni di EPPO, come disposto dall'art. 9, comma 1, d. lgs. cit., lascia ”ferme in ogni caso le regole ordinarie sulla competenza del giudice”) (Cass. V, udienza 10/05/2024, notizia di decisione).

Soggetti legittimati

 

Sequestro conservativo

A norma dell'art. 318 sono legittimati attivi tutti coloro che ne abbiano interesse, vale a dire non solo l'imputato, il responsabile civile e chiunque possa vantare un diritto reale sulla cosa in sequestro, ma anche tutti coloro,compresi i creditori, che possono ricevere pregiudizio dal mantenimento della misura cautelare. Si rinvia sub art. 318 § 3, sub art. 316 § 11 e sub art. 325 § 3.7.

Sequestro preventivo

Nei confronti del sequestro preventivo, come enunciato dall'art. 322, possono avanzare richiesta di riesame l'imputato, il suo difensore, la persona alla quale le cose sono state sequestrate e quella che avrebbe diritto alla loro restituzione. Si rinvia sub art. 322.

In una particolare fattispecie, la giurisprudenza ha precisato che, in tema di riesame avverso un provvedimento di sequestro preventivo di azioni nominative, la legittimazione all'impugnazione spetta al possessore dei titoli azionari, pur se egli li abbia ceduti a terzi, fino a quando non sia stata apposta la girata o compiuta l'annotazione del trasferimento sul libro soci (Cass. V, n. 7392/2024).

Sequestro probatorio

 Con un primo intervento, le Sezioni Unite hanno affermato che, una volta restituita la cosa sequestrata, la richiesta di riesame del sequestro, o l'eventuale ricorso per cassazione contro la decisione del tribunale del riesame è inammissibile per sopravvenuta carenza di interesse, che non è configurabile neanche qualora l'autorità giudiziaria disponga, all'atto della restituzione, l'estrazione di copia degli atti o documenti sequestrati, dal momento che il relativo provvedimento è autonomo rispetto al decreto di sequestro, né è soggetto ad alcuna forma di gravame, stante il principio di tassatività delle impugnazioni (Cass. S.U., n. 18253/2008). Con un successivo intevento su contrasto di giurisprudenza le stesse S.U. (Cass. S.U., n. 40963/2017), hanno specificamente esaminato il problema della permanenza dell'interesse a richiedere il controllo giurisdizionale sulla legittimità del sequestro probatorio, nel caso di  restituzione, previo trattenimento di copia dei dati informatici estratti, dei beni materiali (server, computer e “hard disk”) coercitivamente acquisiti per effettuare le operazioni di trasferimento dei dati, ed hanno affermato che è ammissibile il ricorso per cassazione avverso l'ordinanza del tribunale del riesame di conferma del sequestro probatorio di un computer o di un supporto informatico, nel caso in cui ne risulti la restituzione previa estrazione di copia dei dati ivi contenuti, sempre che sia dedotto l'interesse, concreto e attuale, alla esclusiva disponibilità dei dati.

Forma e modalità

 

Forma

Le norme di riferimento per la forma e il contenuto dell'atto introduttivo del procedimento di riesame sono l'art. 582,come enunciato dall'art. 324, comma 2 e l'art. 581.

La richiesta di riesame si propone con atto scritto, che deve avere la sottoscrizione del suo autore, il provvedimento impugnato, la data e il giudice che lo ha emesso a pena di inammissibilità e non è richiesta l'enunciazione dei motivi che, a norma del comma 4, “possono” in ogni caso essere enunciati.

Peraltro, la giurisprudenza ha precisato che la riserva di enunciazione dei motivi di cui all'art. 324, comma 4, trova esclusiva applicazione con riferimento al procedimento di riesame, instaurato ai sensi degli artt. 322,257,318 e 355, comma 3, ma non è estensibile all'appello previsto dall'art. 322-bis  (Cass. III, n. 19011/2015).

Ai fini della proposizione dell'istanza di riesame avverso il decreto di sequestro preventivo emesso dal G.i.p., non è richiesto che il difensore dell'indagato (o imputato) sia munito di procura speciale, essendo egli titolare di un autonomo diritto di impugnazione nell'interesse del proprio assistito (Cass. VI, n. 2698/2009).

Invece, il difensore di parte diversa dall'imputato o indagato deve essere munito di procura speciale conferita dal soggetto nell'interesse del quale egli agisce (Cass. II, n. 41243/2006).

Dovendosi considerare la richiesta di riesame proposta dal solo difensore dell'imputato come proveniente comunque dalla «parte» che si identifica nell'imputato medesimo, deve trovare applicazione, anche in questo caso, il disposto di cui all'art. 324,comma 2, secondo cui detta richiesta, quando l'imputato non sia detenuto o internato ovvero non abbia già dichiarato o eletto domicilio ovvero ancora non si sia proceduto a norma dell'art. 161, comma 2, deve contenere l'indicazione del domicilio al quale dovrà essere inviato l'avviso previsto dal comma 6 dell'art. 324. Ne deriva che, in mancanza di siffatta indicazione, legittimamente la notifica di detto avviso all'imputato potrà essere effettuata mediante consegna al difensore (Cass. I, n. 217/2002).

Modalità di presentazione

La richiesta di riesame deve essere presentata nella cancelleria del tribunale del capoluogo della provincia nella quale ha sede l'ufficio che ha emesso il provvedimento (art. 324, commi 1 e 5).

Le Sezioni Unite della Corte di cassazione, risolvendo un contrasto giurisprudenziale, hanno stabilito che, in tema di misure cautelari reali, la richiesta di riesame può essere presentata, oltre che nella cancelleria del tribunale del capoluogo della provincia nella quale ha sede l'ufficio che ha emesso il provvedimento impugnato, anche nella cancelleria del tribunale o del giudice di pace del luogo in cui si trovano le parti private o i difensori, diverso da quello in cui fu emesso il provvedimento, ovvero davanti a un agente consolare all'estero (Cass. S.U., n. 47374/2017).

La richiesta di riesame è validamente proposta, ai sensi dell'art. 583, anche con telegramma o con trasmissione dell'atto a mezzo di raccomandata alla cancelleria del tribunale competente, a norma dell'art. 324, comma 5 (Cass. S.U. , n. 230/2008 ). È stato precisato che è inammissibile la richiesta di riesame presentata a mezzo del servizio postale alla cancelleria di un giudice incompetente, in quanto la facoltà, per la parte privata o i difensori, di presentare l'impugnazione nella cancelleria del tribunale o del giudice di pace del luogo in cui si trovano, anche se diverso da quello in cui fu emesso il provvedimento, è necessariamente collegata al dato naturalistico della presenza fisica dell'interessato in tale luogo, con la conseguenza che detta facoltà è incompatibile con l'utilizzo del sistema postale o telegrafico (Cass. III, n. 55004/2016).

Deve ritenersi rituale la presentazione della richiesta presso la cancelleria della sezione penale che ha emesso il provvedimento impugnato, anziché presso la cancelleria della sezione per il riesame dello stesso tribunale, in quanto la ripartizione interna dell'ufficio giudiziario non dà luogo a distinte competenze (Cass. III, n. 16085/2002).

 

Rilascio copie

Il difensore non ha diritto di ottenere copia degli atti del Pubblico Ministero prima del loro deposito, a seguito della trasmissione da parte dell'autorità giudiziaria procedente, presso la cancelleria del Tribunale indicato nell'art. 324, comma 5 (Cass. I, n. 19181/2008).

Termine per la presentazione dell'istanza

Il termine perentorio per la presentazione dell'istanza di riesame è di dieci giorni e decorre dalla data di esecuzione della misura cautelare o da quella diversa nella quale l'interessato abbia avuto conoscenza dell'avvenuto sequestro, non essendo richiesta la conoscenza del provvedimento, ma la sola conoscenza della sua esecuzione (Cass. VI, n. 35620/2011).

Pertanto, ai fini della decorrenza del suddetto termine, la conoscenza dell'avvenuto sequestro non è soltanto quella legale, realizzabile tramite i mezzi formali previsti dalla legge processuale, ma è anche quella che di fatto consegua all'attivazione di ogni diverso strumento che possa essere considerato in concreto atto a procurarla (Cass. I, n. 6551/2000: nella specie, in applicazione di tale principio, la S.C. ha ritenuto che correttamente fosse stata ritenuta conoscenza idonea a dar luogo alla decorrenza del termine in questione quella che, trattandosi di sequestro di somme depositate in conto corrente, era derivata all'interessato dalla ricezione di un telegramma speditogli dalla banca, nel quale erano indicati tutti gli estremi del provvedimento giudiziario; Cass. II, n. 14772/2018: in un caso di sequestro preventivo avente ad oggetto somme di denaro con blocco del conto corrente).

Il difensore dell'indagato, pur essendo legittimato ad impugnare il provvedimento che dispone il sequestro conservativo o quello preventivo, non ha diritto alla notificazione dell'avviso di deposito. Conseguentemente, ai fini della decorrenza del termine per la presentazione della richiesta di riesame (che é unico per il difensore e per l'indagato) occorre fare riferimento al momento dell'esecuzione del sequestro o della sua effettiva conoscenza, e non al dato formale della notificazione dell'avviso di deposito del provvedimento (Cass. S.U., n. 27777/2006).

La disciplina della sospensione dei termini processuali nel periodo feriale, dettata dall'art. 240-bis disp. att. si applica anche ai procedimenti di impugnazione delle misure cautelari (Cass. II, n. 742/1999).

Trasmissione degli atti

A norma del comma 3 dell'art. 324, pervenuta la richiesta di riesame, a cura della cancelleria è dato immediato avviso all'autorità procedente, la quale, entro il giorno successivo, trasmette al tribunale gli atti su cui si fonda il provvedimento oggetto del riesame.

Nel procedimento di riesame del provvedimento di sequestro, non è applicabile il termine perentorio di cinque giorni per la trasmissione degli atti al tribunale, previsto dall'art. 309, comma 5, con conseguente perdita di efficacia della misura cautelare impugnata in caso di trasmissione tardiva, bensì il diverso termine indicato dall'art. 324, comma 3 (entro il giorno successivo all'avviso), che ha natura meramente ordinatoria, per cui, nel caso di trasmissione frazionata degli atti, il termine perentorio di dieci giorni, entro cui deve intervenire la decisione della misura, decorre dal momento in cui il tribunale ritiene completa l'acquisizione degli atti mancanti, nei limiti dell'effetto devolutivo dell'impugnazione (Cass.S.U., n. 26268/2013). Tale principio si applica anche dopo l'entrata in vigore della legge n. 47 del 2015 che ha novellato l'art. 324, comma 7 (Cass. III, n. 44640/2015; v. anche Cass. S.U., n. 18954/2016). Le Sezioni Unite hanno anche ritenuto, in tema di misure cautelari reali, che l'omessa trasmissione di atti al tribunale del riesame non determina, di per sé, l'automatica caducazione della misura, dovendosi in ogni caso valutare il grado di rilevanza degli elementi che difettano, ponendoli a confronto con quelli già legittimamente acquisiti, i quali potrebbero essere da soli sufficienti a giustificare il mantenimento del vincolo  (Cass. S.U., n. 25932/2008). Tale affermazione risulta, però, contrastata da successiva giurisprudenza, la quale ha affermato che integra una causa di nullità d'ordine generale a regime intermedio, per violazione del diritto al contraddittorio delle parti, la mancata acquisizione da parte del Tribunale di tutti gli atti specificamente posti a fondamento del provvedimento di vincolo, in quanto in tal modo si pregiudica la possibilità di delineare il contenuto del proposto gravame e si sottrae comunque al giudice il materiale cognitivo utilizzato per l'emissione della misura; si ritiene che tale principio discenda proprio dall'ammissibilità di una trasmissione frazionata degli atti, e dalla inoperatività della sanzione dell'inefficacia della misura cautelare reale per la violazione del termine di cinque giorni, fissato per i provvedimenti cautelari personali dall'art. 309, comma 5  (Cass. III, n. 36531/2015 ; Cass. I, n. 49876/2019).

Udienza in camera di consiglio

Ai sensi dell'art. 324 comma 6, il procedimento davanti al tribunale del riesame si svolge in camera di consiglio nelle forme previste dall'art. 127 e, almeno tre giorni prima, l'avviso della data fissata per l'udienza deve essere comunicato al p.m. e notificato al difensore e a chi ha proposto la richiesta.

Larga parte della giurisprudenza ritiene che sia legittima la declaratoria di inammissibilità della richiesta di riesame (sui casi di dichiarazione di inammissibilità v. infra), pronunciata de plano, stante il disposto dell'art. 127 - che disciplina il procedimento in camera di consiglio – il quale stabilisce al comma nono, richiamato dall'art. 324, comma 6, che l'inammissibilità dell'atto introduttivo è dichiarata dal giudice, con ordinanza, anche senza formalità di procedura, e, quindi, de plano, senza necessità di convocazione delle parti in camera di consiglio  (Cass. III, n. 6993/2006; Cass. VI, n. 8956/2007; Cass. V, n. 37289/2010; Cass. III, n. 3895/2010; Cass. II, n. 22165/2013; Cass. II, n. 18333/2016; Cass. III, n. 34823/2017; Cass. III, n. 745/2019;Cass. IV, n. 8867/2020; Cass. II, n. 24808/2020). Con una interpretazione costituzionalmente orientata degli artt. 324 e 127 , un orientamento contrario ha ritenuto che la declaratoria di inammissibilità dell'istanza di riesame debba essere pronunciata non già de plano, ma nel contraddittorio delle parti  ex artt. 324, comma 6, e 127, comma 1, ossia all'esito dell'udienza camerale partecipata, poiché l'art. 111 Cost. garantisce il contraddittorio nell'ambito di ogni procedimento penale principale o incidentale, sia di merito che di legittimità  (Cass. IV, n. 32966/2009; Cass. VI, n. 14560/2011; Cass. II, n. 4260/2015; Cass. III, n. 11690/2015). 

Nel procedimento di riesame, l'inosservanza del termine di tre giorni liberi consecutivi, che devono intercorrere tra la data di comunicazione o notificazione dell'avviso di udienza e quella dell'udienza stessa nel computo dei quali deve essere escluso non soltanto il dies a quo ma anche il dies ad quem — è causa di nullità generale (a regime intermedio) dell'atto, che, se tempestivamente eccepita, ne impone la rinnovazione con la concessione di nuovi tre giorni liberi e non di un ulteriore termine ad integrazione di quello originario (Cass. S.U., n. 8881/2002; Cass. II, n. 53674/2014).

Le parti possono presentare nel procedimento di riesame nuovi elementi direttamente all'udienza camerale, mediante la produzione di documenti o altri elementi rappresentativi del fatto oggetto della decisione (Cass. III, n. 11468/2007). Anche il pubblico ministero può introdurre all'udienza di riesame nuovi elementi probatori a carico, ma il tribunale, al fine di assicurare la piena applicazione del contraddittorio, deve assegnare all'indagato un congruo termine a difesa, in difetto del quale si configura un'ipotesi di nullità ex art. 178, lett. c), in relazione all'assistenza del medesimo, anche se è stato specificato che la concessione del termine comporta eccezionalmente il rinvio della udienza ad altra data, essendo di regola sufficiente una contenuta sospensione della trattazione del procedimento per consentire alla difesa di esaminare le nuove produzioni  (Cass. III, n. 22137/2015; Cass. II, n. 36451/2015).

Per effetto del rinvio operato dal comma 7 dell'art. 324 al comma 9-bis dell'art. 309, come integrato dall'art. 11 l. n. 47/2015, su richiesta formulata personalmente dall'imputato, entro due giorni dalla notificazione dell'avviso, è possibile il differimento della data dell'udienza da un minimo di cinque ad un massimo di dieci giorni, se vi siano “giustificati motivi”; in tal caso, il termine per la decisione e quello per il deposito dell'ordinanza sono prorogati nella stessa misura.

Il legittimo impedimento del difensore non determina il rinvio dell'udienza camerale fissata per la trattazione della richiesta di riesame, poiché l'art. 127 non prevede tale causa di rinvio, né prescrive come obbligatoria la presenza del difensore e del pubblico ministero (Cass. III, n. 1448/1995; Cass. VI, n. 8493/1996; Cass. I, n. 35687/2003). Invece, in tema di dichiarazione di adesione del difensore alla iniziativa dell'astensione dalla partecipazione alle udienze legittimamente proclamata dagli organismi rappresentativi della categoria, le Sezioni Unite hanno ritenuto che la mancata concessione da parte del giudice del rinvio della trattazione dell'udienza camerale in presenza di una dichiarazione effettuata o comunicata dal difensore nelle forme e nei termini previsti dall'art. 3, primo comma, del vigente codice di autoregolamentazione, determina una nullità per la mancata assistenza dell'imputato, ai sensi dell'art. 178, primo comma, lett. c), che ha natura assoluta ove si tratti di udienza camerale a partecipazione necessaria del difensore, ovvero natura intermedia negli altri casi (Cass. S.U., n. 15232/2015).

Anche la mancata partecipazione del pubblico ministero presso il tribunale al procedimento di riesame non costituisce motivo di nullità del procedimento stesso, in quanto essa, per l'art. 127 a cui l'art. 324 comma 6, fa rinvio, è soltanto facoltativa (Cass. VI, n. 1352/1993).

L'immutabilità del giudice, sancita dall'art. 525, comma 2, essendo espressione di un principio generale, si estende anche alle decisioni assunte con ordinanza all'esito di udienza camerale ai sensi dell'art. 127 (Cass. IV, n. 38122/2014 ; Cass. I, n. 13599/2017).

Notifica dell'avviso di fissazione dell'udienza e soggetti legittimati

 

In genere

E' stato osservato che le disposizioni contenute nell'art. 324 non operano un richiamo generalizzato e incondizionato a tutte le disposizioni contenute nell'art. 127, tale da imporre in ogni caso l'adozione di una procedura camerale partecipata, a pena di nullità (comma 5), da tutti i soggetti interessati  (Cass. III, n. 43548/2016). In tal senso, si è ritenuto che l'avviso di fissazione dell'udienza di riesame, oltre che al pubblico ministero e al difensore, deve essere notificato a colui che abbia proposto la relativa richiesta e non anche a tutti coloro che sarebbero legittimati a proporre l'impugnazione  (Cass. V, n. 19890/2012) e che, in caso di appello del Pubblico Ministero avverso il provvedimento con il quale il Giudice per le indagini preliminari ha rigettato la richiesta di sequestro preventivo, il Tribunale investito dell'impugnazione non è tenuto a dare avviso a tutti coloro che possono considerarsi terzi interessati (Cass. II, n. 22153/2013 ; Cass. III, n. 43548/2016). Comunque, non sono qualificabili come terzi interessati i soggetti titolari di un interesse meramente eventuale e non attuale alla procedura instaurata a seguito di appello del P.M. o dell'indagato contro le ordinanze in materia di sequestro preventivo (Cass. III, n. 8179/2010).

Per quanto riguarda le notifiche, la giurisprudenza ha precisato che la notifica al terzo interessato degli avvisi di deposito dei provvedimenti emessi dal tribunale del riesame deve essere effettuata esclusivamente presso il difensore cui è conferita procura speciale, e non anche al terzo interessato personalmente, dovendosi intendere eletto domicilio presso quest'ultimo per ogni effetto processuale (Cass. III, n. 1352/2022).

Pubblico ministero

Il P.M. legittimato a partecipare all'udienza camerale è quello istituzionalmente incardinato presso l'ufficio competente a giudicare e non quello presso il giudice che ha emesso il provvedimento impugnato, con la conseguenza che, in tal caso, la legittimazione spetta al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale del riesame, anche nel caso in cui i provvedimenti originari erano stati richiesti dal procuratore distrettuale funzionalmente competente allo svolgimento delle indagini per uno dei delitti indicati dall'art. 51, comma 3-bis, in quanto nella disciplina dei procedimenti di riesame od appello delle misure cautelari reali nessuna disposizione rinvia espressamente al disposto dell'art. 309, comma 8-bis (Cass. V, n. 30100/2010; Cass. I, n. 21397/2007).

Difensore

L'avviso della data fissata per l'udienza camerale va notificato al difensore, anche quando non ha proposto personalmente l'impugnazione come previsto dagli artt. 324, comma 6 e 127,comma 1.

La mancata notifica, sia all'indagato che al difensore di fiducia, dell'avviso di fissazione della data d'udienza in camera di consiglio è causa di nullità dell'ordinanza ai sensi dell'art. 180 (Cass. III, n. 553/1993).

Nel caso in cui l'imputato (o l'indagato) ha nominato due difensori, l'avviso di fissazione dell'udienza va notificato ad entrambi. L'omessa notificazione dell'avviso di udienza nel procedimento in camera di consiglio in sede di riesame di cui all'art. 324 ad uno dei due difensori di fiducia dell'imputato dà luogo a nullità a regime intermedio, sanata con la presenza in udienza dell'altro difensore, il quale svolga le sue argomentazioni senza nulla eccepire in proposito (Cass. VI, n. 21736/2008; Cass. I, n. 12059/2015; Cass. I, n. 11232/2020).

Imputato o indagato

L' art. 324 comma 6 prescrive che l'avviso della data fissata per l'udienza camerale va notificato, oltre che al difensore, a chi ha proposto la richiesta.

Da ultimo, le Sezioni Unite della Corte di cassazione, in contrasto con precedente pronuncia (Cass. S.U., n. 22/1997), hanno affermato che, nel procedimento di riesame delle misure cautelari reali, la persona nel cui interesse l'impugnazione è stata proposta ha diritto alla notificazione dell'avviso d'udienza ancorché la richiesta sia stata sottoscritta unicamente dal difensore; l'omissione di tale formalità, che è finalizzata all'instaurazione del contraddittorio, determina, ai sensi dell'art. 179, la nullità assoluta ed insanabile del procedimento e dell'ordinanza conclusiva (Cass. S.U., n. 29/2000). La giurisprudenza successiva è conforme (da ultimo: Cass. III, n. 39902/2014).

E’ stato precisato che l'avviso di fissazione dell'udienza camerale dinanzi al tribunale del riesame, previsto dall'art. 324, comma 6, ove chi ha fatto la richiesta non sia detenuto e non abbia precedentemente dichiarato o eletto domicilio deve essere comunicato, in caso di mancata indicazione nella richiesta del domicilio presso cui intende riceverlo a norma dell'art. 324, comma 2, dev'essere notificato mediante consegna al difensore; ove, invece, chi ha fatto la richiesta di riesame non sia detenuto ed abbia precedentemente dichiarato o eletto domicilio, la notificazione dell'avviso dell'udienza camerale di cui al comma 6 dell'art. 324, nel caso in cui la notificazione al domicilio dichiarato od eletto divenga impossibile, dev'essere parimenti eseguita mediante consegna al difensore di fiducia o d'ufficio a norma dell'art. 157-bis, comma 1 (Cass. III, n. 30372/2024).

Persona offesa

La persona offesa, in quanto tale non rientra tra i soggetti che a norma dell'art. 257 comma 1, possano proporre istanza di riesame contro il provvedimento di sequestro probatorio: essa pertanto non è destinataria dell'avviso dell'udienza previsto dall'art. 324 comma 6, richiamato dal suddetto art. 257. Né può rilevare in senso contrario la circostanza che la norma richiamata faccia a sua volta riferimento all'art. 127, (il quale prevede l'avviso per l'udienza in Camera di Consiglio anche per «le altre persone interessate»): tale riferimento non può che operare limitatamente a quanto non formi oggetto di specifica disciplina posta dallo stesso art. 324, il quale, al comma 6, non include la parte offesa nella pur esplicita e precisa indicazione di coloro che hanno diritto all'avviso in questione. D'altro canto, siffatta deroga si armonizza con la circostanza che la parte offesa non può proporre istanza di riesame né può avverso il provvedimento in tale sede emesso proporre ricorso per cassazione, così come risulta dall'art. 325 comma 1 (Cass. VI, n. 2578/1995).

La stessa Corte Costituzionale si è pronunciata in merito con la sentenza: Corte cost. n.339/2008, con la quale ha dichiarato che è manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 324, sollevata in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., nella parte in cui non prevede che l'avviso della data fissata per l'udienza di riesame del sequestro probatorio sia notificato anche alla persona offesa che abbia nominato un difensore e al difensore stesso. Dall'intera impostazione del codice di procedura penale discende, infatti, che alla persona offesa sono attribuiti poteri limitati e circoscritti rispetto a quelli riconosciuti al pubblico ministero e all'indagato, stante la veste di soggetto eventuale del procedimento o del processo, ma non di parte. Ne consegue, pertanto, che colui il quale venga offeso dal reato è privo del diritto alla prova che l'art. 190 limita esclusivamente alle parti, ragione per cui deve escludersi che la persona offesa — a differenza del pubblico ministero, dominus delle indagini e figura preposta istituzionalmente alla raccolta delle prove — possa interloquire in merito al sequestro probatorio, diretto appunto ad assicurare il mantenimento delle fonti di prova. L'evidente eterogeneità delle situazioni di imputato e pubblico ministero da un lato e persona offesa dall'altro, nonché la discrezionalità del legislatore nel modulare la configurazione della tutela di quest'ultima in vista delle necessità proprie del processo penale e delle esigenze di speditezza di quest'ultimo, esclude, pertanto, che la notifica alla persona offesa della data dell'udienza di riesame del sequestro probatorio sia costituzionalmente imposta.

Con riferimento al sequestro preventivo, la persona offesa che non sia titolare del diritto all'eventuale restituzione delle cose sequestrate non è legittimata a partecipare o a presentare memorie nel procedimento di riesame del sequestro né, conseguentemente, nel giudizio di cassazione sull'ordinanza di riesame (Cass. S.U., n. 23271/2004; Cass. II, n. 23696/2012).

La persona offesa che ha diritto alla restituzione delle cose sequestrate è legittimata a partecipare al procedimento di riesame del sequestro, di persona o per mezzo di difensore, la cui nomina rappresenta un onere da assolvere nei casi in cui sia prevedibile il compimento di atti che ne impongano la presenza, mentre costituisce un obbligo nell'eventuale giudizio di legittimità, a pena di inammissibilità (Cass. S.U., n. 25932/2008).

È stato, peraltro, affermato che, nel giudizio di riesame del sequestro preventivo o probatorio, la persona offesa che ha diritto alla restituzione delle cose sequestrate ha facoltà di intervento spontaneo, che non solo non produce alcuna irregolarità o nullità procedurale, ma rappresenta la manifestazione minore di una più ampia facoltà espressamente ammessa dalla legge. Ne consegue che all'interveniente qualificato sono attribuite le stesse prerogative riconosciute al soggetto che ha proposto la richiesta di riesame, e quindi anche quella di produrre documenti e altri elementi di prova, nonché di partecipare all'eventuale giudizio di legittimità, da altri o da lui stesso promosso, con correlativo diritto a ricevere, in quest'ultimo caso, i prescritti avvisi, conformemente al disposto degli artt. 325, comma 3, 311, comma 5 e 127, comma 1 (Cass. S.U., n. 25932/2008).

Parte civile

In tema di sequestro conservativo, l'avviso della fissazione dell'udienza per la decisione sulla richiesta di riesame proposta dall'imputato deve essere dato anche alla parte civile che ha richiesto ed ottenuto l'emissione del relativo provvedimento, al fine di assicurargli la possibilità di esporre le ragioni a sostegno della legittimità del provvedimento cautelare emesso in prima istanza. Qualora non riceva l'avviso, la parte civile è legittimata a proporre ricorso per cassazione contro l'ordinanza che ha annullato o revocato il sequestro conservativo al solo scopo di far accertare la nullità exart. 178, comma primo, lett. c), conseguente alla lesione del diritto di intervento della parte privata) (Cass. S.U., n. 15290/2018).

Con riferimento al sequestro preventivo, non è legittimata a partecipare al procedimento di riesame e a proporre ricorso per cassazione avverso l'ordinanza del tribunale, la parte civile in quanto tale, a prescindere dalla esistenza di un concreto interesse a ottenere la restituzione a suo favore del bene ed è manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 324, prospettata in riferimento all'art. 24 Cost., nella parte in cui non prevede la parte civile tra i soggetti legittimati a ricevere l'avviso di fissazione della udienza del riesame avverso la misura cautelare reale (Cass. V, n. 45726/2005; Cass. II, n. 23696/2012).

Terzo proprietario del bene sequestrato

La nullità derivante dall'omessa citazione del terzo proprietario del bene sequestrato per l'udienza di riesame del provvedimento impositivo della misura impugnato dall'indagato, non rientra tra quelle generali previste dall'art. 178 e neppure tra quelle a regime intermedio di cui all'art. 180; il proprietario della cosa sequestrata non è infatti né parte né persona offesa dal reato, sicché l'invalidità che concerne l'omissione nei suoi confronti dell'avviso di udienza deve collocarsi fra le nullità relative (art. 181), che possono essere eccepite solo da chi vi ha interesse, e tra gli interessati non può annoverarsi l'indagato (Cass. S.U., n. 13/1999). Secondo una contrastante pronuncia, invece, con riferimento al riesame del sequestro preventivo o probatorio, il terzo proprietario della cosa in sequestro non ha diritto alla notificazione dell'avviso d'udienza, ma può far valere le proprie ragioni esercitando la facoltà d'intervento spontaneo nella procedura e, al più tardi, nella fase esecutiva (Cass. V, n. 37695/2008); tuttavia, in caso di mancato esercizio di detta facoltà di intervento e di un preventivo contraddittorio con le parti già formalmente costituite o intervenute nei precedenti giudizi di riesame o di appello, deve escludersi la possibilità di un intervento tardivo del terzo nel giudizio di legittimità (Cass. VI, n. 8268/2018).

Termine di deposito degli atti

L'inosservanza del termine di deposito di tre giorni liberi e consecutivi previsto dall'art. 324, comma 6, comporta una nullità di ordine generale a regime intermedio che, se tempestivamente dedotta e non sanata, determina l'invalidità dell'ordinanza conclusiva del procedimento, ma non l'inefficacia del sequestro che, invece, consegue all'infruttuoso decorso del termine perentorio di dieci giorni, dalla completa acquisizione degli atti, entro il quale deve intervenire la decisione sulla impugnazione cautelare (Cass. V, n. 35156/2016).

Nuovi elementi

Il procedimento di riesame disciplinato dall'art. 324 riconosce, attraverso il richiamo dell'art. 309 comma 9, la possibilità per le parti di presentare nuovi elementi nel corso dell'udienza, producendo nuovi documenti o altri elementi rappresentativi del fatto oggetto della decisione (Cass. IV, n. 17601/2004; Cass. III, n. 11468/2007).

Le parti non possono proporre nel corso dell'udienza, elementi che richiedono un'attività di elaborazione della prova da parte del collegio, poiché il tribunale del riesame è privo di poteri istruttori, incompatibili con la speditezza del procedimento incidentale; ne consegue che esso, pur dovendo decidere anche in base agli atti eventualmente prodotti dalle parti, non può svolgere attività istruttorie «nuove».

Termine per la decisione e il deposito

Dal combinato disposto degli artt. 324 commi 5 e 7 e 309 comma 10, emerge che per decidere sulla richiesta di riesame, il Tribunale ha un termine pari a dieci giorni e, decorso inutilmente tale termine, la misura perde l'efficacia.

E' pacificamente ammesso che è necessario e sufficiente, affinché non si produca l'effetto caducatorio, che, entro il termine predetto, il tribunale abbia depositato il dispositivo; peraltro, mentre secondo un orientamento giurisprudenziale non deve necessariamente intervenire una decisione di merito, essendo, invece, sufficiente anche una mera pronuncia di rito, come quella dichiarativa di incompetenza per territorio (Cass. II, n. 17853/2015); secondo una contraria interpretazione, entro il termine perentorio di dieci giorni deve intervenire una decisione di merito (Cass. VI, n. 28267/2013).

Il termine di dieci giorni imposto, a pena di decadenza della misura, dal combinato disposto degli artt. 324, comma 7 e 309, commi 9 e 10, per la decisione del tribunale del riesame, decorre dal giorno della ricezione degli atti processuali e non dalla ricezione dell'istanza di riesame (Cass. S.U, n. 38670/2016).

I termini rimangono sospesi nel periodo feriale. Peraltro, si è ritenuto che il termine di dieci giorni per la decisione decorre anche nel corso del periodo di sospensione feriale, quando il dies a quo non ricada in detto periodo (Cass. III, n. 10120/2016).

In applicazione dell'art. 172 comma 3, se il termine scade in giorno festivo, è prorogato di diritto al giorno successivo non festivo.

Le Sezioni Unite, anche dopo l'entrata in vigore della l. n. 47/2015, che ha modificato il comma 7 dell'art. 324,  introducendo il rinvio all'art. 309, commi 9 e 9-bis, e mantenendo fermo il già esistente rinvio al comma 10 dello stesso articolo, ha ritenuto che tale ultimo rinvio deve intendersi riferito alla formulazione originaria del predetto articolo; ne deriva che sono inapplicabili le disposizioni - introdotte nel predetto comma decimo dalla l. n. 47/2015 - relative al termine perentorio per il deposito della decisione ed al divieto di rinnovare la misura divenuta inefficace  (Cass. S.U., n. 18954/2016). Il rinvio al comma 9-bis dell'art. 309, contenuto nell'art. 324, comma 7, comporta anche l'applicazione integrale delle disposizioni concernenti la facoltà di richiedere il differimento dell'udienza camerale, dovendosi peraltro aver riguardo - nell'individuazione del termine per il deposito dell'ordinanza, che in caso di accoglimento della richiesta è prorogato in misura pari al differimento - al termine ordinatorio di cinque giorni dalla deliberazione, previsto dall'art. 128 (Cass. S.U., n. 18954/2016). Si è anche ritenuto che il termine di 10 giorni previsto per la decisione del tribunale possa essere non solo sospeso, a seguito dell'accoglimento dell'istanza dell'imputato di differimento dell'udienza di discussione del proprio ricorso, ma altresì oggetto di rinunzia, trattandosi di un termine posto nell'esclusivo interesse del ricorrente (Cass. III, n. 50043/2015)

Poteri del Tribunale del riesame

 

In genere

I poteri del Tribunale del riesame che deve decidere sulle misure cautelari reali, sono pressoché identici a quelli del giudice competente ad emettere il provvedimento di sequestro. È esclusa qualsiasi valutazione sulla sussistenza di indizi di colpevolezza e sulla loro gravità , con le precisazioni di cui all’art. 321 , al cui commento si rinvia.

In tema di sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente, il tribunale del riesame, tranne i casi di manifesta sproporzione tra il valore dei beni e l'ammontare del sequestro corrispondente al profitto del reato, non è titolare del potere di compiere mirati accertamenti per verificare il rispetto del principio di proporzionalità, con la conseguenza che il destinatario del provvedimento di coercizione reale può presentare apposita istanza di riduzione della garanzia al P.M. e, in caso di provvedimento negativo del g.i.p., può impugnare l'eventuale decisione sfavorevole con l'appello cautelare (Cass. III, n. 37848/2014; Cass. II, n. 36464/2015; Cass. II, n. 26340/2018: nel caso di specie, la Corte ha osservato che il fatto che vi sia una pluralità di soggetti nei confronti dei cui beni si è proceduto a sequestro rende ancora più palese la necessità di una valutazione svolta in maniera separata ed autonoma dal soggetto che ha disposto la misura patrimoniale tenendo conto della globalità delle iniziative assunte, non potendosi ammettere che la riduzione stessa sia conseguenza della casuale circostanza della successione temporale dei sequestri).

Valutazione del fumus commissi delicti

Anche con riferimento al riesame del sequestro probatorio si è affermato che il Tribunale è chiamato a verificare l'astratta configurabilità del reato ipotizzato, valutando il "fumus commissi delicti" in relazione alla congruità degli elementi rappresentati, non già nella prospettiva di un giudizio di merito sulla concreta fondatezza dell'accusa, bensì con esclusivo riferimento alla idoneità degli elementi, su cui si fonda la notizia di reato, a rendere utile l'espletamento di ulteriori indagini per acquisire prove certe o ulteriori del fatto, non altrimenti esperibili senza la sottrazione del bene all'indagato o il trasferimento di esso nella disponibilità dell'autorità giudiziaria (Cass. II, n. 25320/2016 ; Cass. VI, n. 16400/2018: nella fattispecie, si è affermato che il giudice investito del riesame di un sequestro probatorio disposto con riferimento a fatti di peculato, deve espressamente dar conto, nella motivazione del provvedimento, della valutazione dell'elemento dell'altruità della cosa oggetto della condotta appropriativa, essendo chiamato a verificare l'astratta configurabilità del reato e la sussistenza degli elementi costitutivi dello stesso; Cass. III, n. 3465/2020: che ha escluso che il tribunale sia tenuto a verificare l'esistenza dell'elemento soggettivo del reato, al cui accertamento, invece, può essere preordinato il sequestro).

È necessario, però, tenere conto che il procedimento disciplinato dall'art. 324 ha carattere incidentale rispetto a quello di cognizione, per cui di questo subisce inevitabilmente l'influenza per quanto attiene ai punti che si pongono tra loro in una relazione di reciproca interferenza. Pertanto, non è proponibile in sede di riesame di provvedimento che disponga una misura cautelare reale, la questione relativa alla sussistenza del fumus commissi delicti, una volta che sia stato disposto il rinvio a giudizio dell'imputato; stante la non omologabilità delle situazioni relative alle misure cautelari personali con quelle riguardanti le misure cautelari reali. Pertanto il decreto di rinvio a giudizio spiega efficacia preclusiva alla delibazione del "fumus" del reato  (Cass. V, n. 30596/2009; Cass.  II, n. 2210/2014; Cass. III, n. 44639/2015). Neppure rileva una eventuale revoca della misura cautelare personale dopo l'emissione del decreto che dispone il giudizio, in quanto quest'ultimo, cristallizzando le imputazioni, presuppone una valutazione giudiziale sulla idoneità e sufficienza degli elementi acquisiti per sostenere l'accusa in giudizio, e non può quindi essere privato della sua rilevanza per ragioni connesse al sistema impugnatorio delle misure reali (Cass. II, n. 52255/2016). Tale principio si applica anche nel caso di giudizio immediato (Cass. II, n. 49188/2015; Cass. III, n. 35715/2020). Peraltro, è stato precisato che, in sede di riesame del provvedimento che dispone il sequestro preventivo, la emissione di un decreto di citazione diretta a giudizio degli interessati non preclude la proponibilità della questione relativa alla sussistenza del fumus commissi delicti, atteso che, in tal caso, a differenza di quanto accade con la emissione di un decreto di rinvio a giudizio, non vi è una preventiva verifica giurisdizionale sulla fondatezza dell'azione penale esercitata  (Cass. III, n. 13509/2016;  Cass. III, n. 19991/2017).

Analogamente, le questioni che concernono in astratto il fumus delicti nel procedimento incidentale devono ritenersi superate, a fortiori, dalla sentenza che dispone la confisca dei beni pronunciata, all'esito del giudizio di merito, non essendovi dubbio che tale pronuncia sopravanza la verifica del fumus delicti presupponendo l'accertamento dell'illecito e della prova della responsabilità (Cass. VI, n. 2199/1993; Cass. V, n. 4906/1998; Cass. V, n. 30596/2009; Cass. II, n. 2210/2014; Cass. II, n. 5381/2015).

Integrazione della motivazione

Le Sezioni Unite della Corte di cassazione hanno affermato che le disposizioni concernenti il potere di annullamento del tribunale, introdotte dalla legge 8 aprile 2015, n. 47 al comma 9 dell'art. 309, sono applicabili - in virtù del rinvio operato dall'art. 324, comma 7 - in quanto compatibili con la struttura e la funzione del provvedimento applicativo della misura cautelare reale e del sequestro probatorio, nel senso che il tribunale del riesame annulla il provvedimento impugnato se la motivazione manca o non contiene la autonoma valutazione degli elementi che ne costituiscono il necessario fondamento, nonché degli elementi forniti dalla difesa  (Cass. S.U., n. 18954/2016; da ultimo: Cass. II, n. 7258/2020). Pertanto, soltanto nel caso in cui non si debba procedere all' annullamento il tribunale del riesame può integrare l'eventuale carenza o insufficienza della motivazione del provvedimento oggetto del gravame.

Inoltre, è legittima la decisione con la quale il tribunale conferma il relativo decreto per ragioni non coincidenti con quelle che lo sorreggono, in quanto, data la natura interamente devolutiva del citato mezzo di gravame, il Tribunale, da un lato, ha il potere di sottoporre a nuovo scrutinio l'atto di impulso del P.M. e, dall'altro, pur non potendo supplire con argomentazioni proprie a carenze motivazionali del provvedimento impugnato di portata tale da renderlo giuridicamente inesistente, è tuttavia abilitato a modificarne e integrarne la struttura logica nei termini ritenuti meglio rispondenti allo scopo legittimamente perseguito in concreto dall'organo di accusa (Cass.S.U., n. 25932/2008). Peraltro, il giudice del riesame cautelare reale, pur avendo il potere di confermare il provvedimento applicativo della misura anche per ragioni diverse da quelle ivi indicate, trova un limite alla sua cognizione e conseguente decisione nella necessaria correlazione ai fatti posti a fondamento della misura cautelare, che non possono essere sostituiti o integrati da ipotesi accusatorie autonomamente formulate in base a dati di fatto diversi, spettando, invece, al pubblico ministero il potere di procedere nella fase delle indagini preliminari, in qualsiasi momento ed anche nel corso dell'udienza per il riesame delle misure cautelari, alle modificazioni fattuali della contestazione (Cass. II, n. 47443/2014;Cass. III, n. 24602/2015; Cass. II, n. 10255/2019). Inoltre, è illegittima l'ordinanza con cui il tribunale confermi la misura cautelare reale per finalità del tutto diverse da quelle indicate nel sequestro preventivo disposto su conforme richiesta del pubblico ministero, atteso che in tal modo lo stesso non si limita - com'è nel suo potere - ad integrare la motivazione del decreto impugnato, ma sostanzialmente adotta un diverso provvedimento di sequestro in pregiudizio del diritto al contraddittorio dell'interessato  Cass. VI, n. 30109/2012; Cass. III, n. 24986/2015; fattispecie in cui la Corte ha annullato, con rinvio, il provvedimento con il quale il tribunale del riesame aveva confermato il sequestro preventivo di somme di denaro, emesso in funzione della loro confisca diretta, facendo riferimento alla diversa finalità di sequestro strumentale alla confisca per equivalente, pure richiamata nella richiesta iniziale del pubblico ministero ma esclusa dal g.i.p (Cass. V, n. 54186/2016: nella fattispecie il Tribunale, in sede di riesame del sequestro preventivo disposto su conforme richiesta del pubblico ministero ai sensi del primo comma dell'art. 321, confermava la misura cautelare reale per finalità di confisca ai sensi dell'art. 321, comma secondo; nello stesso senso: Cass. VI, n. 53453/2016; Cass. VI, n. 3771/2018; contra: Cass. II, n. 12910/2007).

Analogamente, è illegittima la riqualificazione "ex officio" del sequestro di somme di denaro finalizzato alla confisca in via diretta come sequestro funzionale alla confisca per equivalente, atteso che, richiedendo quest'ultimo la verifica di un elemento di fatto su cui deve svolgersi il contraddittorio con il destinatario del provvedimento - ovvero l'impossibilità di procedere all'ablazione diretta - la riqualificazione si tradurrebbe in una violazione del diritto di difesa sul punto (Cass. III, n. 31369/2021).

Diversa qualificazione giuridica del fatto

Il tribunale deve avere riguardo al fatto in relazione al quale si rappresenta l'esistenza di un fumus di reato, ma ben può confermare il provvedimento cautelare anche sulla base di una diversa qualificazione giuridica del fatto (Cass. I, n. 41948/2009).

Fatto diverso

Il tribunale può confermare il provvedimento di sequestro anche sulla base di una diversa qualificazione giuridica del fatto in relazione al quale è stato ravvisato il fumus commissi delicti, ma non può porre a fondamento della propria decisione un fatto diverso, risultando altrimenti nulla la decisione per difetto dell'iniziativa del pubblico ministero (Cass. V, n. 49376/2004; Cass. VI, n. 24126/2008; Cass. VI, n. 18767/2014; Cass. II, n. 7315/2019; Cass. VI, n. 16020/2019).

Incompetenza del giudice che ha emesso il provvedimento di sequestro

Il differimento dell'inefficacia di una misura cautelare, come regolato dall'art.27, riguarda sia le misure cautelari personali, sia quelle reali e si applica anche quando l'incompetenza sia pronunciata dal giudice dell'impugnazione (Cass. II, n. 3713/2000).

Sulle conseguenze della rilevata incompetenza si rinvia al commento sub art. 309, § 13.

Restituzione di dispositivo informatico con estrazione di copia forense

Il Tribunale può disporre la restituzione dei dispositivi informatici sequestrati previa estrazione di "copia forense" senza necessità di alcuna richiesta del Pubblico Ministero, giacché, così operando, non adotta, in violazione di legge, una misura cautelare (per la quale sarebbe stata, ovviamente, necessaria la richiesta della pubblica accusa), ma, all'incontrario, conserva la misura già eseguita, "alleggerendola" nell'interesse del sequestrato, a cui sono stati restituiti gli originali. Così operando, infatti, il Tribunale ha riconosciuto la legittimità del sequestro e la strumentalità dello stesso rispetto all'accertamento probatorio, solo ravvisando, nell'interesse del soggetto inciso dal provvedimento, l'idoneità probatoria della "copia forense". Rientra, pertanto, pienamente nei poteri del Tribunale del riesame adottare il suddetto provvedimento richiesto, che non è né abnorme né illegittimo (Cass. V, n. 42765/2019). V. anche sub art. 324, § 3.3.

Distruzione dei capi clonati

In tema di sequestro di dispositivi informatici, non rientra nei poteri del tribunale del riesame ordinare la distruzione dei dati "clonati" mediante estrazione di copia forense, potendo il collegio solo definire i limiti del vincolo reale, trasferitosi su tali dati dopo la restituzione del supporto, disponendone la restituzione all'avente diritto ed in tal modo il reintegro nel possesso esclusivo dei dati (Cass. VI, n. 13165/2020).

Inammissibilità della richiesta di riesame

La richiesta di riesame può essere dichiarata inammissibile in molteplici casi: per carenza di legittimazione dei soggetti che propongono l'istanza, per la mancanza dell'interesse, perché è stata proposta contro un provvedimento non suscettibili di riesame, per l'inosservanza dei requisiti di forma e di contenuto prescritti dagli art. 581 e 582, a causa dell'errato luogo di presentazione e delle errate modalità, per essere stata presentata fuori termine, per rinuncia exart. 589 che è inefficace se l'atto di rinuncia non è sottoscritto dall'indagato, ma dal solo difensore che non è munito di procura speciale, in quanto la rinuncia, non costituendo espressione dell'esercizio del diritto di difesa, richiede la manifestazione inequivoca della volontà dell'interessato, espressa personalmente o per mezzo di procuratore speciale (Cass. II, n. 5378/2015; Cass. S.U., n. 12603/2016); è poi inammissibile, ai sensi dell'art. 325, comma 2 la richiesta di riesame proposta a seguito di ricorso per Cassazione, infatti la proposizione del ricorso immediato per cassazione rende inammissibile la richiesta di riesame, pur se già presentata, indipendentemente dalla vicenda del ricorso stesso, connessa alla ritualità o meno della presentazione, all'eventuale resipiscenza del ricorrente, alla deduzione di motivi di annullamento consentiti o meno (Cass. II, n. 3166/2012). Inoltre, è inammissibile la richiesta di riesame avverso decreto di sequestro probatorio o preventivo non ancora eseguito, non essendo ravvisabile alcun interesse concreto ed attuale a proporre impugnazione (Cass. II, n. 29022/2010; Cass. III, n. 17839/2019).

Sulla procedura da adottare per la dichiarazione di inammissibilità v. supra § 7.

Revoca del sequestro

Il comma 7 dell'art. 324 prevede il divieto di revoca del sequestro e di restituzione del bene nel caso di confisca obbligatoria ex art. 240, comma 2, c.p. Le Sezioni Unite (Cass. S.U., n. 40847/2019), risolvendo un contrasto giurisprudenziale, hanno chiarito, in primo luogo, che il divieto di restituzione previsto dall'art. 324, comma 7, opera, oltre che con riguardo al sequestro preventivo, anche in caso di annullamento del decreto di sequestro probatorio, in secondo luogo, che lo stesso divieto di restituzione riguarda soltanto le cose soggette a confisca obbligatoria ai sensi dell'art. 240, comma 2, c.p., restando escluse quelle soggette a confisca obbligatoria ai sensi di previsioni speciali, salvo che tali previsioni richiamino il predetto art. 240, comma 2, o, comunque, si riferiscano al prezzo del reato o a cose la fabbricazione, l'uso, il porto, la detenzione o l'alienazione delle quali costituisce reato.

Contestazione della proprietà della cosa sequestrata

L'ultimo comma dell'art. 324 prevede che nel caso di contestazione della proprietà delle cose sequestrate, il tribunale deve rinviare la decisione della controversia al giudice civile, mantenendo nel frattempo il sequestro e astenendosi dalla pronuncia sulla richiesta di riesame, ravvisandosi nella fattispecie un caso di sospensione obbligatoria del procedimento penale (Cass. III, n. 2468/1994; Cass. V, n. 4184/1999; Cass. III, n. 41879/2007; Cass. II, n. 28555/2013). Il giudice ha l'onere di accertare, in limine, l'esistenza di una controversia che deve essere effettiva e, quindi, già instaurata oppure instauranda, in ordine alla proprietà del bene sottoposto al vincolo ed, a tal fine, non è sufficiente la mera constatazione di una controversia sul bene dedotta dai meri rilievi difensivi; si precisa che il giudice penale è tenuto a rimettere gli atti al giudice civile pur in mancanza della formale pendenza della lite innanzi a quest'ultimo, e a mantenere il sequestro  (Cass. I, n. 23333/2014; Cass. II, n. 44960/2014; Cass. II, n. 38418/2015 Cass. II, n. 49530/2019; Cass. III, n. 19674/2022; contra giurisprudenza minoritaria: Cass. II, n. 26914/2013).

Tale disposizione può trovare applicazione solo nelle ipotesi in cui l'autorità giudiziaria italiana sia competente a pronunciarsi sulla fattispecie penale denunciata e non anche quando la legge italiana non sia applicabile (Cass. II, n. 6217/1997).

Bibliografia

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