Codice di Procedura Penale art. 325 - Ricorso per cassazione.Ricorso per cassazione. 1. Contro le ordinanze emesse a norma degli articoli 322-bis e 324, il pubblico ministero, l'imputato [60, 61] e il suo difensore, la persona alla quale le cose sono state sequestrate e quella che avrebbe diritto alla loro restituzione possono proporre ricorso per cassazione per violazione di legge1. 2. Entro il termine previsto dall'articolo 324, comma 1 [99 att.], contro il decreto di sequestro emesso dal giudice può essere proposto direttamente ricorso per cassazione [569]. La proposizione del ricorso rende inammissibile la richiesta di riesame [324]2. 3. Si applicano le disposizioni dell'articolo 311, commi 3, 4 e 5 3. 4. Il ricorso non sospende l'esecuzione della ordinanza [588].
[1] Comma modificato dall'art. 19, comma 1, lett. a), d.lgs. 14 gennaio 1991, n. 12, che ha sostituito le parole: "Contro le ordinanze emesse a norma degli articoli 322- bis e 324" alle parole: "Contro le ordinanze emesse a norma dell'articolo 324". [2] Comma modificato dall'art. 19, comma 1, lett. b), d.lgs. 14 gennaio 1991, n. 12, che ha sostituito le parole: "contro il decreto di sequestro emesso dal giudice" alle parole: "contro il provvedimento di sequestro". [3] Le parole «dell'articolo 311, commi 3, 4 e 5» sono state sostituite alle parole «dell'articolo 311, commi 3 e 4» dall'articolo 1, comma 60, l. 23 giugno 2017, n. 103. Ai sensi dell’art. 1 comma 95, l. n.103, cit., la stessa legge entra in vigore il trentesimo giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale (G.U. n. 154 del 4 luglio 2017). InquadramentoCon riferimento ai provvedimenti cautelari reali, il ricorso per cassazione è previsto quale controllo di legittimità di tutti i provvedimenti conclusivi dei procedimenti incidentali di carattere impugnatorio di merito ovvero anche direttamente nei confronti del decreto di sequestro emesso dal giudice. Oggetto e ambito di cognizioneOggetto di ricorso in cassazione ex art. 325, sono le ordinanze emesse dal Tribunale della libertà all'esito del giudizio del riesame o di appello ai sensi dell'art. 322-bis. In seguito alle modifiche apportate dal D.Lgs. 14 gennaio 1991, n. 12, art. 19, lett. a) e b), il ricorso in cassazione, da un lato, è stato esteso alla decisione sull'appello avverso la misura cautelare ex art. 322-bis (art. 325, comma 1), dall'altro lato è stato ristretto al solo decreto di sequestro emesso dal giudice, data la natura interinale del provvedimento adottato dal P.M. Anche per i provvedimenti cautelari reali è, dunque, previsto il ricorso per saltum quale alternativa del riesame. Si tratta, però di strumento di controllo che, in seguito alla modifica apportata dal D.Lgs. 14 gennaio 1991, n. 12, art. 19, non rappresenta più una regola generale attuabile nei confronti di entrambe le specie di provvedimenti cautelari reali. V. avanti § 4. L'art. 325 limita il ricorso per cassazione alla sola violazione di legge, che comprende sia gli errores in iudicando o in procedendo, sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l'apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l'itinerario logico seguito dal giudice (Cass. S.U., n. 25932/2008; Cass. V, n. 43068/2009; Cass. VI, n. 6589/2013; Cass. II, n. 18951/2017). Nella nozione di “violazione di legge” rientrano, quindi, la mancanza assoluta di motivazione o la presenza di motivazione meramente apparente, in quanto correlate all'inosservanza di precise norme processuali, ma non l'illogicità manifesta, la quale può denunciarsi nel giudizio di legittimità soltanto tramite lo specifico e autonomo motivo di ricorso di cui alla lett. e) dell'art. 606 (Cass. S.U., n. 5876/2004). Ne consegue necessariamente che, in caso di ricorso per cassazione presentato ex art. 325 , il vizio di omesso esame di memorie, deducibile unicamente sub specie di vizio di motivazione, sarebbe deducibile soltanto quando su un tema in ipotesi introdotto in memoria, e potenzialmente decisivo, il provvedimento impugnato sia rimasto del tutto silente (Cass. II, n. 38834/2019 ; Cass. V, n. 5443/2021: con la precisazione che non sussiste un'omessa valutazione quando gli argomenti sviluppati nella memoria siano smentiti dal complessivo impianto motivazionale, in quanto logicamente incompatibili con la ricostruzione accertata e la valutazione formulata). In particolare, con riferimento alla valutazione delle chiamate in correità o reità, è stato affermato che per essere integrato il vizio di violazione di legge, il giudizio di non credibilità od inverosimiglianza delle dichiarazioni di un imputato di reato connesso effettuato dal giudice che procede, deve essere totalmente apodittico od assertivo al punto da potere integrare una assoluta apparenza della motivazione; ove invece la conclusione circa la non credibilità sia compiuta con riferimento a dati processuali od a considerazioni logiche basate su elementi di fatto esposti, il giudizio non può essere denunciato con ricorso per cassazione, non potendosi appunto configurare la denunciata violazione di legge (Cass. II, n. 3340/2018). Il ricorso diretto per cassazione, avverso l'ordinanza che dispone una misura cautelare coercitiva, proposto per vizio di motivazione e non per violazione di legge, deve essere qualificato come richiesta di riesame, con conseguente trasmissione degli atti al competente tribunale della libertà (Cass. V, n. 32391/2018). Soggetti legittimatiIn genere A norma del comma 1 dell’art. 325, i soggetti legittimati a proporre ricorso per cassazione sono il P.m., l’imputato e il suo difensore, la persona alla quale le cose sono state sequestrate e quella che avrebbe diritto alla loro restituzione. Anche se non viene espressamente citata, anche la persona sottoposta alle indagini rientra tra i legittimati, in base a quanto prescritto dall’art. 61. Dal combinato disposto degli art. 325, comma 1 e 322 si desume che sono legittimati a proporre ricorso per cassazione avverso le ordinanze rese a norma dell’art. 324 solo i soggetti che hanno partecipato al relativo procedimento di riesame. Non è legittimato a prendere parte ai gradi ulteriori del procedimento, né a presentare memorie, il soggetto che non abbia partecipato a quelli precedenti, non potendo il rapporto processuale includere soggetti nuovi nella sua evoluzione da un grado all’altro (Cass. S.U., n. 23271/2004; Cass. III, n. 6438/2016). Pubblico ministero Legittimato a ricorrere contro i provvedimenti del Tribunale del riesame è solo il pubblico ministero presso l'organo decidente e non anche quello che ha richiesto il sequestro (Cass. III, n. 2245/1999; Cass. IV, n. 36882/2007). La previsione della possibilità di partecipazione del pubblico ministero che ha richiesto l'applicazione della misura stessa all'udienza del tribunale del riesame non è stata inserita anche con riferimento alla misura cautelare reale. Infatti gli artt. 324 e 325 non sono stati modificati dal d.l. n. 553/1996, conv., in l. n. 652/1996, diversamente dall'art. 309 nel quale è stata introdotta tale previsione. Pertanto, è inammissibile, per difetto di legittimazione, il ricorso proposto dal Pubblico Ministero che ha richiesto l'applicazione della misura cautelare (Cass. III, n. 25882/2010; Cass. III, n. 47142/2012 ; Cass. V, n. 18822/2018). Nulla cambia, però, sotto il profilo giuridico, qualora alla sottoscrizione del pubblico ministero legittimato segua una «postilla» in cui si precisa che il ricorso «viene presentato dal p.m. presso il tribunale quale soggetto legittimato», anche se «predisposto dal p.m. assegnatario del relativo procedimento, che pure lo sottoscrive», poiché, con la sottoscrizione dell'atto, il p.m. legittimato all'impugnazione lo ha fatto proprio, anche se non ne aveva elaborato il contenuto ( così come avviene per gli atti giudiziari stilati dagli uditori senza funzioni, ma sottoscritti dai magistrati affidatari), mentre l'ulteriore sottoscrizione del p.m. non legittimato non può annullare la paternità del primo sottoscrittore (Cass. III, n. 2810/1997). La pendenza del ricorso per cassazione avverso il provvedimento del Tribunale del riesame di annullamento del sequestro preventivo per equivalente, non impedisce al pubblico ministero, a fronte di elementi sopravvenuti, di avanzare per il medesimo fatto una nuova richiesta cautelare reale al giudice per le indagini preliminari che, se accolta, avrebbe la conseguenza di rendere improcedibile l'impugnazione pendente per la sopravvenuta mancanza di interesse. (Cass. III, n. 18031/2019). Imputato Il ricorso per cassazione avverso qualsiasi tipo di provvedimento, compresi quelli in materia cautelare, non può essere proposto dalla parte personalmente, ma, a seguito della modifica apportata agli artt. 571 e 613 c.p.p. dalla legge 23 giugno 2017, n. 103, deve essere sottoscritto, a pena di inammissibilità, da difensori iscritti nell'albo speciale della Corte di cassazione (Cass. S.U., n. 8914/2018). Sull’interesse ad impugnare v. sub art. 322, § 4 e art. 324, § 3.3. Persona che avrebbe diritto alla restituzione La persona che avrebbe diritto alla restituzione, legittimata ai sensi dell'art. 325 a proporre ricorso per cassazione avverso le ordinanze emesse in sede di riesame contro i provvedimenti di sequestro, deve individuarsi non in ogni persona che abbia una qualunque forma di interesse alla restituzione, ma solo in quella che abbia una posizione giuridica autonomamente tutelabile e coincidente quindi con un diritto soggettivo (reale o anche solo personale) o anche con una situazione di mero rapporto di fatto tuttavia tutelato (ad esempio il possesso): ciò emerge dalla lettera della suddetta norma che espressamente parla di diritto alla restituzione nonché dalla riserva al giudice civile prevista dall'art. 324, comma 8 (Cass. VI, n. 3775/1994). V. sub art. 322, § 3. Ai fini della proposizione del ricorso per cassazione il terzo interessato alla restituzione dei beni deve conferire una procura speciale al suo difensore, nelle forme previste dall'art. 100 (Cass. II, n. 6611/2014), con la conseguenza che il ricorso per cassazione proposto dal difensore del terzo interessato avverso il provvedimento di rigetto della richiesta di riesame relativa a decreto di sequestro preventivo, quando é rilevato il difetto di procura speciale, deve essere dichiarato inammissibile senza che possa trovare applicazione la disciplina della concessione del termine previsto dall'art. 182, comma 2, per la regolarizzazione del difetto di rappresentanza (Cass. III, n. 39077/2013; Cass. III, n. 29858/2018). Detta procura, a meno che nell'atto sia espressa diversa volontà, si presume conferita per un solo grado del procedimento, come si desume, non solo dai principi generali in materia, ma anche dalla mancanza di una specifica norma che equipari, sul punto, il citato soggetto all'imputato (Cass. II, n. 310/2018: nella fattispecie la Corte ha ritenuto non sufficiente la procura speciale rilasciata esplicitamente per il solo riesame). Persona alla quale le cose sono state sequestrate Deve escludersi che il detentore delle cose sottoposte a sequestro preventivo sia da ricomprendersi tra soggetti aventi la detta legittimazione (sempreché non coimputata). Infatti, deve ritenersi che s'identifichi nella persona alla quale le cose sono state sequestrate non qualsiasi soggetto che abbia un rapporto di fatto con le cose medesime e che le detenga in modo non autonomo, ma colui che avendone il possesso possa avvalersi di un potere di disponibilità tale sulle cose da «aggravare o protrarre le conseguenze (del reato) ovvero agevolare la commissione di altri reati», tanto da rendere necessaria l'adozione della misura cautelare reale volta a sottrarre a costui le cose tramite il vincolo di indisponibilità. Si deve trattare, in sostanza, di persona che sia titolare di un potere di disponibilità tale da compromettere l'interesse di prevenzione speciale che si vuole garantire con il sequestro preventivo (Cass. VI, n. 3136/1992). Persona offesa La persona offesa che non sia titolare del diritto all'eventuale restituzione delle cose sequestrate, non è legittimata a partecipare o a presentare memorie nel procedimento di riesame del sequestro instaurato ai sensi dell'art. 324 né, conseguentemente, nel giudizio di cassazione sull'ordinanza di riesame (Cass. S.U., n. 23271/2004). Infatti, la disposizione di cui all'art. 325 — a differenza di quanto previsto dall'art. 318 in relazione al sequestro conservativo — attribuisce tale diritto solo a chi sia stato leso dal provvedimento ablativo e non già a chiunque possa avervi interesse. Parte civile Si rinvia all’art. 318, § 3 e all’art. 324, § 8.6. Curatore fallimentare Si rinvia all’art. 322, § 3. Ricorso per saltumLa possibilità di ricorrere direttamente in Cassazione come previsto dall'art. 325, comma 2 è limitata all'impugnazione del decreto di sequestro, non anche contro l'ordinanza di sequestro conservativo, stante il riferimento esclusivo alla forma tipica di provvedimento adottabile per il sequestro preventivo e per quello probatorio (Cass. IV, n. 8804/2009). Pertanto, è inammissibile il ricorso diretto per cassazione avverso il decreto di adozione di sequestro conservativo, non essendo un tale mezzo previsto dalla legge (Cass. VI, n. 39010/2013). Ugualmente inammissibile è il ricorso diretto per cassazione avverso il provvedimento con il quale il giudice, ai sensi dell'art. 323, comma 4, dispone su istanza del pubblico ministero che sulle cose già oggetto di sequestro preventivo sia mantenuto il sequestro con le finalità conservative di cui all'art. 316; né il rimedio inammissibilmente esperito può convertirsi in richiesta di riesame, previa trasmissione degli atti al giudice competente, ai sensi dell'art. 568, comma 5, nel caso in cui l'impugnazione sia stata proposta oltre il termine perentorio di dieci giorni previsto dall'art. 324, comma 1 (Cass. V, n. 50946/2017). Con riferimento al sequestro probatorio, occorre precisare che non è consentito il ricorso diretto per cassazione avverso il decreto col quale il pubblico ministero dispone il sequestro probatorio. L'art. 325, comma 2, infatti, così come modificato dall'art. 19 d.lgs. n. 12/1991, consente il ricorso immediato non più “contro il provvedimento di sequestro”, ma solo contro “il decreto di sequestro emesso dal giudice” (Cass. V, n. 3764/1994; Cass. IV, n. 22022/2001; Cass. III, n. 45854/2001). Avverso il provvedimento del giudice per le indagini preliminari di rigetto della richiesta di sequestro preventivo non può essere proposto il ricorso per saltum in cassazione che, in materia cautelare reale, è proponibile ai sensi dell'art. 325 solo contro il decreto che dispone il sequestro preventivo, con la conseguenza che, ove erroneamente esperita, detta impugnazione deve essere qualificata come appello, ai sensi degli artt. 322-bis e 568, ultimo comma (Cass. III, n. 17132/2015 ; Cass. II, n. 1869/2017 ). Avverso il provvedimento di rigetto dell'istanza di dissequestro o di revoca del sequestro non è esperibile il ricorso per cassazione, sia perché un tale rimedio non è previsto dall'art. 568, comma 2, che sancisce la ricorribilità contro i provvedimenti relativi alla libertà personale e contro le sentenze, sia perché nessuna norma di carattere specifico lo contempla; mentre è previsto l'appello al tribunale del riesame, che è rimedio di carattere generale per tutti i provvedimenti, diversi da quello impositivo della misura, che comunque operano in tema di misura cautelare reale (Cass. I, n. 5320/1997; Cass. VI, n. 26232/2013; Cass. III, n. 19995/2017 ). Termine per proporre il ricorsoL'art. 325 non stabilisce il termine entro il quale il ricorso deve essere proposto. Le Sezioni Unite hanno precisato che il termine per proporre ricorso per cassazione ai sensi dell'art. 325 avverso le ordinanze emesse dal tribunale all'esito di appello o di riesame proposti avverso provvedimenti in materia di misure cautelari reali è quello ordinario di quindici giorni previsto dall'art. 585, comma 1, lett. a) per le decisioni adottate in camera di consiglio, il quale, secondo il disposto della lett. a) del comma 2 dello stesso art. 585 inizia a decorrere dal momento della comunicazione o notificazione dell'avviso di deposito dell'ordinanza (Cass. S.U. , n. 5/1994 ); ciò in quanto il termine di dieci giorni previsto dall'art. 311, comma 1, si riferisce esclusivamente alla materia delle misure cautelari personali e non viene richiamato dal successivo art. 325, il quale fa riferimento solo ai commi 3 e 4 dell'art. 311 (Cass. II, n. 49966/2015 ; Cass. III, n. 13737/2019). Mentre il ricorso per saltum , in base al rinvio all'art. 324 comma 1 operato dall'art. 325 comma 2, deve essere presentato entro dieci giorni dalla data di esecuzione del provvedimento che ha disposto il sequestro o da quella diversa in cui l'interessato ha avuto conoscenza dell'atto. La sospensione dei termini procedurali durante il periodo feriale opera anche in riguardo ai procedimenti incidentali concernenti l'impugnazione di provvedimenti in materia di misure cautelari reali (Cass. II, n. 1138/2008). Invece, la deroga, prevista per i reati di criminalità organizzata, alla sospensione nel periodo feriale dei termini stabiliti per la fase delle indagini preliminari riguarda anche quelli inerenti alle procedure incidentali in materia di misure cautelari reali (Cass. S.U., n. 37501/2010 ; da ultimo: Cass. IV, n. 146/2019). Forme e modalità di proposizione del ricorsoIl ricorso è presentato presso la cancelleria del giudice che ha emesso la decisione in base all'art. 311, comma 3., come disposto dall'art. 325, comma 3 e, nel caso di ricorso per saltum, in quella del giudice che ha emesso il provvedimento di sequestro. Le specifiche modalità fissate dal legislatore per la presentazione del gravame costituiscono evidente deroga alle norme che regolano in via generale la presentazione dell'impugnazione. Pertanto, il ricorso per cassazione presentato nella cancelleria di giudice diverso da quello che ha emesso il provvedimento cautelare impugnato è inammissibile, ma può essere ritenuto ammissibile allorché esso sia tempestivamente pervenuto anche nella cancelleria del giudice che ha emesso il provvedimento impugnato, ponendosi a carico dell'impugnante il rischio che l'impugnazione, presentata ad un ufficio diverso da quello indicato dalla legge, sia dichiarata inammissibile per tardività, in quanto la data di presentazione rilevante ai fini della tempestività - salvo i casi espressamente previsti, ex artt. 582 e 583 c.p.p. - è quella in cui l'atto perviene all'ufficio competente a riceverlo (Cass. II, n. 3261/2019; Cass. III, n. 14774/2020; Cass. III, n. 6637/2022). Con D.M. 4 luglio 2023 (GU Serie Generale n.155 del 05-07-2023) sono stati individuati gli atti il cui deposito da parte dei difensori deve avvenire esclusivamente mediante il portale del processo penale telematico ai sensi dell'art. 87, comma 6-ter, del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150, e con le modalità individuate con provvedimento del direttore generale dei sistemi informativi automatizzati del Ministero della giustizia, tra questi atti vi è anche il ricorso per cassazione avverso le ordinanze in materia di misure cautelari reali. Il deposito degli atti si intende eseguito al momento del rilascio della ricevuta di accettazione da parte dei sistemi ministeriali, secondo le modalità stabilite dal provvedimento. Il deposito è tempestivo quando è eseguito entro le ore ventiquattro del giorno di scadenza. Con successivo D.M. 18 luglio 2023 (G.U. serie generale n. 166 del 18 luglio 2023) è stato disposto che «L'efficacia del decreto del Ministro della giustizia del 4 luglio 2023, nella parte in cui dispone che il deposito da parte dei difensori degli atti indicati nell'elenco di cui all'art. 1 dello stesso decreto avviene esclusivamente mediante il portale del processo penale telematico, decorre dal quindicesimo giorno successivo alla pubblicazione dei regolamenti di cui ai commi 1 e 3 dell'art. 87 del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150. Sino alla scadenza del termine di cui al periodo che precede, negli uffici indicati dal decreto del Ministro della giustizia del 4 luglio 2023, è possibile, in via sperimentale, il deposito da parte dei difensori degli atti elencati nell'art. 1 del medesimo decreto anche mediante il portale del processo penale telematico con le modalità individuate con provvedimento del direttore generale dei sistemi informativi automatizzati del Ministero della giustizia». È inammissibile il ricorso per cassazione avverso il provvedimento del tribunale del riesame i cui motivi rinviino genericamente alle censure articolate nel precedente atto di gravame senza indicarne il contenuto, in quanto anche nella materia cautelare reale è necessario che il ricorso rispetti i necessari requisiti di specificità stabiliti dall'art. 581, lett. c), al fine di consentire l'autonoma individuazione delle questioni che si assumono irrisolte e sulle quali si sollecita il sindacato di legittimità (Cass. III, n. 13744/2016; Cass. VI, n. 11008/2020). ProcedimentoPrima della novella legislativa n. 103 del 23 giugno 2017, le Sezioni Unite ( Cass. S.U., n. 51207/2015 ) avevano stabilito, modificando un precedente orientamento delle stesse Sezioni Unite (Cass. S.U., n. 14/1993), che il procedimento dovesse svolgersi nelle forme del rito non partecipato previsto dall'art. 611; con l'intervento legislativo che ha aggiunto al comma 3 dell'art. 625 il riferimento al comma 5 dell'art. 311, il procedimento deve svolgersi nelle forme partecipate di cui all'art. 127. Effetto sospensivoL’art. 325, ultimo comma, dispone che il ricorso per cassazione non ha effetto sospensivo dell’ordinanza impugnata. Ne consegue che, se il tribunale, in sede di riesame, abbia annullato l’ordinanza impositiva del vincolo del sequestro, l’esecutività di tale provvedimento non può essere interrotta dalla sentenza con la quale la Corte di cassazione annulli con rinvio l’ordinanza del giudice del riesame, con l’ulteriore conseguenza che l’effetto ripristinatorio della misura può conseguire soltanto dalla pronuncia del giudice di rinvio (Cass. VI, n. 1336/1998). Termini e contenuti della decisioneIn tema di misure cautelari reali, nel giudizio di cassazione il termine di trenta giorni per la decisione, decorrente dalla ricezione degli atti, ha natura ordinatoria e il termine per il deposito della sentenza, a seguito di udienza camerale nelle forme di cui all'art. 127, è quello ordinario, in quanto il procedimento, al contrario del giudizio di riesame, caratterizzato da atipicità e indefettibile immediatezza, non si discosta dallo schema degli altri procedimenti di impugnazione (Cass. VI, n. 1672/2020). Allorché l'ordinanza di accoglimento del riesame avverso il provvedimento di sequestro sia affetta da vizi di violazione di legge tali che in ogni caso la relativa richiesta avrebbe dovuto essere rigettata e il sequestro confermato, la Corte di cassazione annulla senza rinvio l'ordinanza impugnata, disponendo contestualmente la trasmissione di copia del dispositivo al pubblico ministero presso il tribunale per l'esecuzione del ripristinando sequestro (Cass. III, n. 13149/2020). Nel caso di radicale mancanza della motivazione, in ordine alla necessaria sussistenza della concreta finalità probatoria perseguita in funzione dell'accertamento dei fatti, del decreto di sequestro di cose qualificate come corpo di reato, che, sebbene non integrato sul punto dal p.m. neppure all'udienza di riesame, sia stato confermato dall'ordinanza emessa all'esito di questa procedura, la Corte di cassazione deve pronunziare sentenza di annullamento senza rinvio di entrambi i provvedimenti (Cass. S.U., n. 5876/2004; Cass. II, n. 49536/2019). BibliografiaV. sub art. 324 |