Codice di Procedura Penale art. 331 - Denuncia da parte di pubblici ufficiali e incaricati di un pubblico servizio.

Aldo Aceto

Denuncia da parte di pubblici ufficiali e incaricati di un pubblico servizio.

1. Salvo quanto stabilito dall'articolo 347, i pubblici ufficiali [357 c.p.] e gli incaricati di un pubblico servizio [358 c.p.] che, nell'esercizio o a causa delle loro funzioni o del loro servizio, hanno notizia di un reato perseguibile di ufficio, devono farne denuncia per iscritto [361, 362 c.p.], anche quando non sia individuata la persona alla quale il reato è attribuito (1).

2. La denuncia è presentata [107 att.; 221 coord.] (1) o trasmessa senza ritardo al pubblico ministero [51] o a un ufficiale di polizia giudiziaria [57].

3. Quando più persone sono obbligate alla denuncia per il medesimo fatto, esse possono anche redigere e sottoscrivere [110] un unico atto.

4. Se, nel corso di un procedimento civile o amministrativo, emerge un fatto nel quale si può configurare un reato perseguibile di ufficio, l'autorità che procede redige e trasmette senza ritardo la denuncia al pubblico ministero [106 att.] 1.

 

[1] Per i rapporti, i referti e le denunzie concernenti i reati ministeriali e quelli indicati nell'art. 90 Cost., v. l. cost. 16 gennaio 1989, n. 1 e l. 5 giugno 1989, n. 219. Per gli speciali doveri del sindaco imposti dal regolamento di polizia mortuaria, v. gli artt. 3 e 5 d.P.R. 10 settembre 1990, n. 285. Sulle «modalità particolari» per la denuncia di alcune notizie di reato, v. l'art. 221 coord. V. anche sub art. 333.

Inquadramento

La norma, e quella che la segue, apre l’elenco delle notizie di reato tipizzate dal codice e dà contenuto al principio della obbligatorietà dell’azione penale imponendo a pubblici ufficiali e incaricati di pubblico servizio l’obbligo di informare la polizia giudiziaria e/o il pubblico ministero delle notizie di reato di cui siano venuti a conoscenza nell’esercizio o a causa delle loro funzioni.

I destinatari dell’obbligo. Il presupposto e il modo del suo adempimento

L'art. 331 impone ai pubblici ufficiali, che non siano agenti e ufficiali di polizia giudiziaria (cui si applica l'art. 347), e agli incaricati di pubblico servizio l'obbligo di denunciare per iscritto i fatti-reato procedibili d'ufficio di cui siano venuti a conoscenza nell'esercizio o a causa delle loro funzioni o del servizio.

Il fatto costitutivo dell'obbligo (penalmente sanzionato dagli artt. 361 e 362 c.p.) esige il concorso dei seguenti elementi: a) l'esser pubblici ufficiali o incaricati di pubblico servizio (come definiti dagli artt. 357 e 358 c.p.); b) la notizia di un fatto integrante una fattispecie di reato perseguibile d'ufficio, essendo irrilevante che ne sia noto o meno l'autore (sarà compito delle indagini preliminari individuarlo; nel senso che l'obbligo di denuncia gravante sul pubblico ufficiale presuppone la configurabilità in concreto del reato, Cass. II, n. 13932/2014; cfr. altresì Cass. VI, n. 27508/2009, secondo cui è necessario che il pubblico ufficiale sia in grado di individuarne gli elementi ed acquisire ogni altro dato utile per la formazione del rapporto; Cass. V, n. 2608/2008, secondo cui l'omissione o il ritardo del pubblico ufficiale nel denunciare i fatti di reato idonei ad integrare il delitto di cui all'art. 361 c.p. si verifica solo quando il p.u. sia in grado di individuare, con sicurezza, gli elementi di un reato, mentre, qualora egli abbia il semplice sospetto di una possibile futura attività illecita, deve, ricorrendone le condizioni, semplicemente adoperarsi per impedire l'eventuale commissione del reato ma non è tenuto a presentare denuncia); c) l'acquisizione della notizia nell'esercizio (presupposto temporale) o a causa (presupposto funzionale) della propria funzione o del proprio servizio.

Il pubblico ufficiale che non sia agente o ufficiale di polizia giudiziaria non è obbligato a prendere notizia dei reati di propria iniziativa (art. 55 e 330), è un mero “recettore” comunque tenuto a condividere la conoscenza del fatto-reato con chi è obbligato ad investigare (pubblico ministero o polizia giudiziaria).

Non è sufficiente la denunzia orale; è necessario che sia scritta e deve essere presentata o trasmessa senza ritardo . Il fatto che la denuncia debba essere presentata o trasmessa senza ritardo non presuppone, nemmeno implicitamente, l'obbligo del pubblico ufficiale/incaricato di pubblico servizio di effettuare accertamenti sulla fondatezza o meno della notizia di reato (non è questo il suo compito), ma non esclude tale possibilità (art. ex art. 332), fermo restando l'obbligo della trasmissione anche in caso di ritenuta infondatezza della notizia (Cass. VI, n. 12021/2014, secondo cui non integra il reato di cui all'art. 361 c.p. la condotta del pubblico ufficiale che, dinanzi alla segnalazione di un fatto avente connotazioni di possibile rilievo penale, disponga i necessari approfondimenti all'interno del proprio ufficio, al fine di verificare l'effettiva sussistenza di una “notitia criminis”, e non di elementi di mero sospetto; Cass. V, n. 14465/2011, secondo cui il ritardo della comunicazione della notizia di reato, fondata o meno che essa appaia, sussiste quando non consenta al P.M. qualsiasi iniziativa a lui spettante. Nel caso di specie la Corte ha escluso che la intervenuta modifica del termine ex art. 347, da quarantotto ore a “senza ritardo”, previsto per riferire al P.M. la notizia di reato, autorizzi il pubblico ufficiale ad una valutazione di fondatezza).

Non sono fatti costitutivi dell'obbligo : a) l'aver avuto occasionale conoscenza del fatto-reato al di fuori del proprio servizio o ufficio; b) l'aver avuto conoscenza di un fatto-reato perseguibile a querela di parte. Non è tenuto a trasmettere la notizia di reato, il pubblico ufficiale che, con ragionevole ed elevata probabilità, possa essere chiamato a rispondere a titolo di concorso (Cass. VI, n. 21516/2020, secondo cui trova applicazione, in questo caso, l'esimente di cui all'art. 384, c.p.).

La polizia giudiziaria, invece, è tenuta a riferire la notizia di reato anche se procedibile a querela e ad assicurare anche le relative fonti di prova ponendo in essere gli atti urgenti utili alla ricostruzione del fatto e alla individuazione dell'autore (art. 346).

La denuncia deve essere presentata o trasmessa senza ritardo al pubblico ministero o ad un ufficiale di polizia giudiziaria e se più persone sono parimenti obbligate è sufficiente che la denuncia sia unica, purché redatta e sottoscritta da tutte all'unica condizione che il fatto denunziato sia lo stesso (stessa regola è stabilita dall'art. 334, comma 3, per la redazione del referto).

L'ultimo comma prevede il caso specifico della emersione di un fatto astrattamente integrante un reato perseguibile d'ufficio nel corso di un procedimento civile o amministrativo. In tal caso l'autorità che procede è obbligata redigere e a trasmettere al pubblico ministero senza ritardo la relativa notizia di reato.

Si tratta di ipotesi simile a quella prevista dall'art. 220, disp. coord. c.p.p., che disciplina il caso della emersione di indizi di reato nel corso di attività ispettive o di vigilanza previste da leggi o decreti e che deve essere coniugata con il dovere dei pubblici ufficiali indicato dal primo comma della norma in commento.

L'adempimento dell'obbligo è penalmente presidiato dagli artt. 361,362,363 c.p.

Casistica

La qualifica di pubblico ufficiale spetta al notaio non solo nell'esercizio del suo potere certificativo in senso stretto, ma in tutta la sua complessa attività, disciplinata da norme di diritto pubblico (legge notarile) e diretta alla formazione di atti pubblici (negozi giuridici notarili), ivi compresa l'attività di adempimento dell'obbligazione tributaria, nella specie mancato versamento da parte del notaio di somme affidate da clienti, destinate al pagamento dell'imposta di registro in relazione agli atti rogati (Cass. V, n. 47178/2009 che ha censurato la decisione con cui il G.i.p. ha dichiarato non luogo a procedere perché il fatto non sussiste, escludendo la configurabilità del delitto di cui all'art. 361 c.p. nei confronti dei funzionari dell'agenzia delle entrate per la mancata denuncia all'autorità giudiziaria del reato commesso dal notaio).

Integra il delitto di omessa denuncia di reato di cui all'art. 361 c.p., la condotta del pubblico ufficiale che ometta, ovvero ritardi, la denuncia di un reato perseguibile d'ufficio, quando egli è in grado di individuarne gli elementi ed acquisire ogni altro dato utile per la formazione della denuncia stessa (Cass. VI, n. 49833/2018, in un caso in cui il commissario capo della polizia locale, pur essendo a conoscenza del fatto che alcuni agenti sottoposti al suo comando rilasciavano permessi di parcheggio falsi in cambio di denaro, aveva omesso di denunciare tale attività illecita).

La disposizione con la quale il giudice, ai sensi dell'art. 331, comma primo, ordina trasmettersi gli atti al pubblico ministero per l'eventuale esercizio dell'azione penale in ordine ad un fatto-reato, diverso e ulteriore rispetto a quello oggetto del giudizio , non è impugnabile, trattandosi di provvedimento avente carattere puramente ordinatorio e non decisorio, la cui adozione non pregiudica posizioni soggettive, comunque tutelabili in diversa sede (Cass. VI, n. 36635/2014, che ha escluso che l'ordine di trasmissione possa essere affetto da abnormità strutturale, essendo conseguente all'adempimento di un dovere derivante da specifica previsione normativa, ovvero da abnormità funzionale, non determinando alcuna stasi o indebita regressione del processo; nello stesso senso, Cass. V, n. 4139/1998, secondo cui la disposizione con la quale il giudice, nel contesto del dispositivo, ordina trasmettersi gli atti al pubblico ministero per l'eventuale esercizio dell'azione penale in ordine ad un fatto-reato, diverso e ulteriore rispetto a quello oggetto del giudizio, non è una statuizione in senso tecnico, perché non investe alcun capo o punto della sentenza, ma è un provvedimento autonomo, del tutto estraneo alla sentenza. È un atto di formale trasmissione di notitia criminis, doverosa anche a norma dell'art. 331, a prescindere dalla natura pattizia o meno della sentenza, e come tale inoppugnabile. Ne consegue che è irrilevante e manifestamente infondata la dedotta questione d'illegittimità costituzionale, in quanto il soggetto non rimane senza difesa e non riceve pregiudizio neppure in ordine alla pena ed ai benefici, potendo, nell'ipotesi di esercizio dell'azione penale per l'ulteriore reato, chiedere riti alterativi e, ricorrendone i presupposti, l'applicazione della continuazione; Cass. VI, n. 3057/1994, secondo cui è inammissibile il ricorso avverso l'ordine del tribunale – adottato nel provvedimento di rigetto dell'appello contro l'ordinanza del G.I.P. in materia di sequestro preventivo – di trasmissione degli atti al Procuratore della Repubblica, a norma dell'art. 331 comma primo, ed al Direttore dell'Ufficio del Registro, per la verifica della regolarità fiscale degli atti e per segnalare alla competente autorità amministrativa fatti eventualmente integranti illecito amministrativo, ai sensi dell'art. 14 comma terzo legge n. 689/1981. Tali provvedimenti, aventi carattere puramente ordinatorio e non decisorio, non pregiudicano posizioni soggettive, comunque tutelabili in diversa sede, non sono impugnabili).

La disposizione con la quale il g.i.p., nell'archiviare gli atti in conformità alla richiesta del P.M., ne ordina, nel contesto del dispositivo, la trasmissione all'organo dell'accusa per l'eventuale esercizio dell'azione penale in relazione a un fatto-reato ulteriore e diverso rispetto a quello oggetto della richiesta, non è una statuizione in senso tecnico, perché non investe alcun capo o punto della questione sottoposta alla sua cognizione, ma è un atto del tutto autonomo che si concreta in una “notitia criminis” doverosa anche a norma dell'art. 331 e, come tale, è inoppugnabile (Cass. II, n. 332/2005).

Nel senso che anche un'istanza di ricusazione può veicolare una notizia di un reato nei confronti del magistrato ricusato che, se falsa, può essere valutata anche come notizia di calunnia, Cass. VI, n. 30297/2002).

Anche la relazione del curatore fallimentare può costituire notizia di reato che il giudice delegato al fallimento deve trasmettere al pubblico ministero (Cass. V, n. 7484/2002, secondo cui può essere ricusato – in quanto incompatibile ai sensi dell'art. 34, comma 3, il quale fa riferimento, tra l'altro, a “chi ha proposto denunzia” –, il magistrato che, nella qualità di giudice delegato al fallimento, abbia, in precedenza, sulla base della relazione redatta dal curatore, ed in adempimento di quanto previsto dall'art. 331 del codice di rito, trasmesso al Pubblico ministero la notizia dei reati anzidetti).

Nel caso in cui il magistrato abbia sporto denuncia nei confronti di persona che si trovi poi a dover giudicare, ricorre l'ipotesi di incompatibilità del giudice di cui all'art. 34, comma terzo, secondo cui non può esercitare nel procedimento l'ufficio di giudice la persona che ha sporto denuncia. La situazione indicata dalla norma si riferisce non solo al caso in cui il magistrato abbia sporto denuncia come privato, ma anche a quello in cui abbia denunciato il privato quale pubblico ufficiale che, nell'esercizio o a causa delle sue funzioni, abbia avuto notizia di un reato perseguibile d'ufficio. Ciò, sia perché anche in questo secondo caso v'è stato un apprezzamento dell'esistenza del “fumus” di un reato, sia perché l'ipotesi di incompatibilità ha il suo antecedente storico nell'art. 61 abrogato che tale incompatibilità riconduceva tanto al caso in cui il giudice avesse presentato rapporto, quanto a quello in cui avesse sporto denuncia; istituti allora distinti ma oggi non più diversificabili per la scomparsa dal nuova codice del lemma “rapporto” e per l'unificazione delle due ipotesi nell'istituto della “denuncia”, che ricomprende le fattispecie degli artt. 331 e 333 (Cass. VI, n. 2705/2000).

Cass. n. 16577/2019 , ha escluso la consapevolezza in capo al dirigente dell'ufficio tecnico comunale dell'avvenuta esecuzione di opere edili abusive oggetto di domanda di sanatoria, avendo lo stesso avuto il coordinamento di plurimi servizi senza procedere personalmente all'istruttoria delle numerosissime pratiche di condono, e non essendo stati acquisiti elementi per ritenere che avesse contezza, pur generica, del contenuto delle singole istanze.  

Bibliografia

Silvestri, Sub art. 331, in Codice di procedura penale. Rassegna di giurisprudenza e dottrina, a cura di G. Lattanzi e E. Lupo, V, Milano, 2017.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario