Codice di Procedura Penale art. 348 - Assicurazione delle fonti di prova.

Aldo Aceto

Assicurazione delle fonti di prova.

1. Anche successivamente alla comunicazione della notizia di reato, la polizia giudiziaria continua a svolgere le funzioni indicate nell'articolo 55 raccogliendo in specie ogni elemento utile alla ricostruzione del fatto e alla individuazione del colpevole [55, 326, 346]1 .

2. Al fine indicato nel comma 1, procede, fra l'altro:

a) alla ricerca delle cose e delle tracce pertinenti al reato [352-354] nonché alla conservazione di esse e dello stato dei luoghi [354-357 2b];

b) alla ricerca delle persone in grado di riferire su circostanze rilevanti per la ricostruzione dei fatti [351];

c) al compimento degli atti indicati negli articoli seguenti.

3. Dopo l'intervento del pubblico ministero, la polizia giudiziaria compie gli atti ad essa specificamente delegati a norma dell'articolo 370, esegue le direttive del pubblico ministero ed inoltre svolge di propria iniziativa, informandone prontamente il pubblico ministero, tutte le altre attività di indagine per accertare i reati ovvero richieste da elementi successivamente emersi e assicura le nuove fonti di prova2.

4. La polizia giudiziaria, quando, di propria iniziativa o a seguito di delega [370] del pubblico ministero, compie atti od operazioni che richiedono specifiche competenze tecniche, può avvalersi di persone idonee [143] le quali non possono rifiutare la propria opera [650 c.p.; 359].

 

[1] Comma così sostituito dall'art. 4, d.l. 8 giugno 1992, n. 306, conv., con modif., nella l. 7 agosto 1992, n. 356.

[2] Comma modificato dall'art. 4,  comma 2, lett. b), d.l. 8 giugno 1992, n. 306, conv., con modif., nella l. 7 agosto 1992, n. 356. e successivamente sostituito dall'art. 8 l. 26 marzo 2001, n. 128.

Inquadramento

La trasmissione della notizia di reato non legittima tempi morti in attesa di una qualche delega o direttiva di indagine. La polizia giudiziaria è funzionalmente dipendente dall’autorità giudiziaria ma conserva il potere dell’autonomia investigativa.

Il principio di continuità investigativa e l’autonomia della polizia giudiziaria

L'art. 348, come riformato nel 2001, afferma il principio della “continuità delle indagini preliminari” il quale esige che anche dopo la trasmissione della notizia di reato, la polizia giudiziaria deve continuare a svolgere, in piena autonomia, le indagini finalizzate alla ricostruzione del fatto e alla individuazione del suo autore, in particolare compiendo le attività tipiche e atipiche indicate ai commi 1 e 2.

La piena autonomia investigativa della polizia giudiziaria subisce limitazioni solo con «l'intervento del pubblico ministero» che può intervenire, alternativamente, con deleghe e/o direttive; le une hanno ad oggetto il compimento di specifici atti, le altre danno un indirizzo di indagine.

In ogni caso, la polizia giudiziaria resta libera di procedere autonomamente ad atti di indagine, anche non necessari e urgenti, sia prima che dopo la comunicazione al P.M. della notizia di reato, con la sola condizione che tali atti siano compatibili con le direttive e le deleghe eventualmente impartite dal P.M. medesimo (Cass. V, n. 15003/2019; Cass. I, n. 26284/2006).

Gli artt. 55 e 348 dunque sanciscono il principio di atipicità degli atti di indagine della polizia giudiziaria, cui compete, anche in difetto di direttive o formali deleghe del pubblico ministero, il potere-dovere di compiere di propria iniziativa tutte le indagini che ritiene necessarie ai fini dell'accertamento del reato e dell'individuazione dei colpevoli (così, in tema di individuazione fotografica, Cass. II, n. 34211/2020, secondo cui, però, le specifiche circostanze in cui avviene il riconoscimento devono indurre il giudice a valutare con maggiore o minore prudenza l'esito della prova, tipica o atipica, ed eventualmente a richiedere la presenza di ulteriori risultati probatori o di riscontri). Di certo, l'atto compiuto al di fuori (e anche contro) una specifica delega del pubblico ministero non è sol per questo inutilizzabile (Cass. II, n. 34211/2020, cit.).

Per il compimento di atti che richiedono specifiche competenze, anche se delegati dal P.M., la polizia giudiziaria può avvalersi di ausiliari di polizia giudiziaria nei cui confronti non opera il divieto di cui all'art. 195, comma 4. (Cass. II, n. 19160/2019, secondo cui l'esito della interlocuzione cartolare tra organi investigativi e case produttrici titolari dei marchi rinvenuti su merce contraffatta non ha natura di consulenza tecnica del pubblico ministero ai sensi dell'art. 359, né di prova documentale ex art. 234, ma di parere tecnico a formazione endoprocedimentale, contenente valutazioni specialistiche e funzionali alla prova del fatto, di cui è escluso il transito diretto nel fascicolo dibattimentale in violazione delle regole del contraddittorio, vertendosi in materia di dichiarazioni di scienza, provenienti da esperti, che possono essere esaminati in dibattimento in qualità di testi).

Non sussiste incompatibilità tra l'ufficio di testimone e quello di ausiliario della polizia giudiziaria nello stesso procedimento, non potendosi applicare a tale figura, per analogia, il disposto di cui all'art. 197, comma 1, lett. d), nel quale si prevede soltanto l'ipotesi dell'incompatibilità a testimoniare dell'ausiliario del giudice o del pubblico ministero (Cass. III, n. 6/2019, che ha escluso l'incompatibilità a rendere testimonianza, sulle modalità dell'audizione di un minore, dell'ausiliario di polizia giudiziaria che aveva prestato la sua opera nelle indagini).

Casistica

È utilizzabile l'accertamento sull'identità dell'indagato compiuto mediante ricorso ai dati relativi al DNA contenuti negli archivi informatici della polizia giudiziaria, non sussistendo alcun divieto di legge riguardo la capacità organizzativa, da parte della p.g., dei dati conoscitivi singolarmente acquisti nelle diverse indagini (Cass. II, n. 15577/2021 che ha ritenuto corretta l'individuazione dell'autore del reato attraverso la comparazione del DNA estratto da materiale biologico rinvenuto sui guanti trovati nell'auto utilizzata per una rapina con il codice genetico dell'imputato, conservato negli archivi informatici della p.g., ed estrapolato dalla polizia slovena in occasione di altra rapina per cui l'imputato era stato condannato con sentenza riconosciuta in Italia su sua richiesta). Nello stesso senso, Cass. V, n. 4430/2006, secondo cui non è inutilizzabile, in mancanza della violazione di un divieto di legge, l'accertamento sulla identità dell'indagato compiuto mediante ricorso ai dati relativi al DNA contenuti in un archivio informatico che la polizia giudiziaria abbia istituito prescindendo dalle cautele previste dal codice sulla “privacy” (nel caso in questione la Corte ha ritenuto corretta l'individuazione dell'autore del furto, realizzata attraverso il confronto del DNA estratto da capelli rinvenuti nell'abitacolo dell'autovettura rubata con il codice genetico dell'imputato, conservato negli archivi informatici della P.G.)

Lo svolgimento da parte della polizia giudiziaria di una mera attività di osservazione descrittiva dello stato dei luoghi, eventualmente documentata con rilievi fotografici, non è assimilabile all'ispezione dei luoghi disciplinata dall'art. 244 che tale ultima attività ha ad oggetto l'accertamento delle “tracce” e degli “altri effetti materiali del reato” (Cass. III, n. 31640/2019).

La geolocalizzazione a mezzo sistema di rilevamento satellitare (GPS) – che costituisce una forma di osservazione e controllo eseguita con strumenti tecnologici, non assimilabile in alcun modo all'attività di intercettazione – non ha natura irripetibile, atteso che le operazioni di rilevazione delle distanze (effettuate nel caso di specie attraverso il sistema “Google maps”) possono essere controllate e ripetute illimitatamente e, dunque, non sono sottoposte alle garanzie previste dall'art. 360 c.p. (Cass. II, n. 23172/2019).

In tema di localizzazione mediante il sistema di rilevamento satellitare, la perdita, per un disguido tecnico, del supporto informatico contenente i dati trasmessi e rilevati dal GPS istallato sul veicolo dell'imputato non preclude che tali informazioni possano comunque essere acquisite nel dibattimento per mezzo delle deposizioni della polizia giudiziaria che ha proceduto alla loro analisi ed alla loro annotazione nelle relazioni di servizio (Cass. III, n. 36364/2019).

L'attività di verifica dello stato dei luoghi effettuata, in occasione di accertamenti per furto di energia elettrica, dal personale dell'ente erogatore, non costituisce atto irripetibile cui debbano applicarsi le garanzie difensive di cui all'art. 360 (Cass. V, n. 45253/2021).  

Bibliografia

D’Alessio, Sub art. 348, in Codice di procedura penale. Rassegna di giurisprudenza e dottrina, a cura di G. Lattanzi e E. Lupo, V, Milano, 2017.

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