Codice di Procedura Penale art. 389 - Casi di immediata liberazione dell'arrestato o del fermato.Casi di immediata liberazione dell'arrestato o del fermato. 1. Se risulta evidente che l'arresto [380, 381, 383] o il fermo [384] è stato eseguito per errore di persona [68] o fuori dei casi previsti dalla legge o se la misura dell'arresto o del fermo è divenuta inefficace a norma degli articoli 386, comma 7, e 390, comma 3 [380 3, 381 3], il pubblico ministero dispone con decreto motivato che l'arrestato o il fermato sia posto immediatamente in libertà [97 3, 121 att.; 6 reg.]. 2. La liberazione è altresì disposta prima dell'intervento del pubblico ministero dallo stesso ufficiale di polizia giudiziaria [57], che ne informa subito il pubblico ministero del luogo dove l'arresto o il fermo è stato eseguito [120 att.]. InquadramentoL'art. 389 indica i casi nei quali il pubblico ministero (con decreto) o, prima dell'intervento di quest'ultimo, l'ufficiale di p.g. (con redazione di apposito verbale) devono procedere all'immediata liberazione dell'arrestato o del fermato; ciò deve avvenire: – se risulta evidente che l'arresto o il fermo è stato eseguito per errore di persona; – se risulta evidente che l'arresto o il fermo è stato eseguito fuori dei casi previsti dalla legge; – se la misura dell'arresto o del fermo è divenuta inefficace a norma degli articoli 386, comma 7, e 390, comma 3, ai quali si rinvia. Nella redazione della norma «si è adottata la formula “fuori dei casi previsti dalla legge”, ritenuta comprensiva di qualsiasi ipotesi di illegittima privazione della libertà personale: può cioè trattarsi di misura vietata in via assoluta, come nel caso in cui difettino i presupposti di legittimità in relazione, ad esempio, al titolo del reato od ai limiti di pena, ovvero dei casi di difetto o di errata valutazione delle concrete condizioni richieste per l'adozione della misura» (Relazione al Progetto preliminare del c.p.p., 216). La disposizione attribuisce al P.M. il controllo preliminare rispetto all'inoltro al giudice della richiesta di convalida dell'arresto o del fermo, controllo che riguarda innanzitutto la legittimità dell'intervento della P.G. e che si estende anche al merito, cioè alla valutazione dell'attualità della permanenza di esigenze cautelari, ed all'adeguatezza della misura, e nulla impedisce allo stesso p.m., nell'esercizio di tale attività di controllo, di riqualificare correttamente come verbale di arresto in quasi flagranza un atto erroneamente definito come verbale di fermo dai militari operanti (Cass. III, n. 707/1999). Analogo potere non è attribuito al g.i.p. : è stato, pertanto, ritenuto illegittimo il provvedimento con il quale quest'ultimo, investito delle contestuali richieste di convalida dell'arresto (o del fermo) e di applicazione di una misura cautelare, respinga quest'ultima e disponga la scarcerazione dell'arrestato (o del fermato) prima dell'udienza di convalida, atteso che l'art. 391, comma 3, c.p.p., prescrive espressamente che la decisione sull'applicazione della misura cautelare sia adottata nel contraddittorio e quindi all'esito dell'udienza camerale; detta violazione di legge, concernendo una disposizione che garantisce la partecipazione del pubblico ministero agli atti del procedimento, integra la nullità generale a regime intermedio di cui all'art. 178, comma 1, lett. b), c.p.p., ma non determina, altresì, l'abnormità del provvedimento e la sua immediata ricorribilità per cassazione, poiché rientra nei poteri del giudice decidere sulla richiesta di applicazione di una misura cautelare né si verifica, in conseguenza del suo rigetto, una situazione di irrimediabile stallo del procedimento essendo consentito al pubblico ministero denunciare l'invalidità mediante l'appello de libertate di cui all'art. 310 c.p.p. (Cass. S.U., n. 33/2000). Un ulteriore caso di liberazione anticipata dell'arrestato o del fermato è previsto dall'art. 121 disp. att. c.p.p., ove il P.M. ritenga di non dover chiedere l'applicazione di misure coercitive. Necessità o meno della convalida anche in caso di liberazione anticipataNei casi di cui all'art. 389 non è previsto che il P.M. inoltri richiesta di convalida o non convalida dell'arresto o fermo, atteso che ha già ritenuto non ricorrerne i presupposti (in tal senso, condivisibilmente, in dottrina Nappi 2007, 329); diversamente, per espressa previsione di legge (art. 121, comma 2, disp. att. c.p.p.), la convalida dell'arresto è dovuta nei casi in cui il P.M. abbia rimesso in libertà l'arrestato od il fermato non ritenendo di dover chiedere l'applicazione di misure coercitive: in tali ultimi casi, la richiesta di convalida dell'arresto non è soggetta ai termini tassativi di cui all'art. 390 c.p.p. (Cass. VI, n. 1630/2022;Cass. II, n. 2732/2012). Cionondimeno, un orientamento giurisprudenziale ha ritenuto che il giudizio di convalida del fermo o dell'arresto deve essere eseguito anche nel caso in cui il P.m. abbia rimesso in libertà il fermato o l'arrestato per una qualsiasi ragione, non essendo egli esonerato dall'obbligo di sottoporre al controllo giurisdizionale l'operato della polizia giudiziaria (Cass. I, n. 998/2012). L'orientamento, che richiama adesivamente un orientamento in realtà riguardante il diverso caso di cui all'art. 121 disp. att. cit. (Cass. II, n. 43428/2003), ed i principi espressi dalla Corte costituzionale (Corte cost., n. 304/1991), peraltro sempre in riferimento alla situazione di cui all'art. 121 cit., appare non condivisibile; più correttamente, altro orientamento (Cass. I, n. 25635/2011) ha sostenuto che, «ove il P.M. abbia liberato di sua iniziativa l'arrestato, non è obbligato a richiedere la convalida», ed ha inoltre escluso che il giudice possa procedere ad una convalida di arresto non chiesta dal P.M., non avendo un potere di iniziativa autonoma in tal senso, non essendo previsto alcun equivalente alla richiesta del P.M., dunque indefettibile, di convalida. La correttezza di tale ultimo orientamento era già stata stata confermata dalla Corte costituzionale (n. 515/1990), che aveva dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 390 c.p.p., sollevata in riferimento all'art. 13, comma terzo, Cost., nella parte in cui esclude che il P.M. debba richiedere al G.I.P. la convalida dell'arresto o del fermo, ove, divenuti questi inefficaci ai sensi dell'art. 386, comma 7, o dell'art. 390, comma 3, stesso codice, per decorso dei termini, sia stata ordinata la immediata liberazione dell'arrestato o del fermato, affermando che «un controllo del giudice sulla legittimità dei provvedimenti restrittivi della libertà personale adottati dall'autorità di pubblica sicurezza di propria iniziativa non è imposto, dall'art. 13, terzo comma, della Costituzione, ”sempre e comunque”. Una pronuncia sulla convalida da parte dell'autorità giudiziaria è necessaria quando si tratti di protrarre nel tempo, oltre i termini tassativamente indicati dal precetto costituzionale, gli effetti del provvedimento restrittivo, ma non quando tali effetti, per vizi inerenti al procedimento, siano destinati automaticamente a cessare». Una successiva decisione (Corte cost., n. 304/1991) premesso che nessuna disposizione preclude al P.M. che abbia ordinato l'immediata liberazione dell'arrestato (o del fermato) ritenendo “di non dovere richiedere l'applicazione di misure coercitive”, di presentare successivamente al G.I.P. una richiesta in tal senso, in conseguenza del venir meno delle ragioni di opportunità che lo avevano in precedenza indotto a disporre la liberazione, ha osservato che anche nei casi in cui il P.M., a seguito della liberazione anticipata dell'arrestato o del fermato ex art. 121 disp. att. c.p.p. non richieda misure coercitive, l'udienza di convalida non costituisce una “inutile formalità” in quanto, pur non essendo imposta dall'art. 13, terzo comma, della Costituzione (avendo il soggetto già riacquistato la libertà), la sua previsione risponde comunque all'interesse del cittadino per l'accertamento giudiziale della legittimità del provvedimento restrittivo adottato nei suoi confronti dall'autorità di pubblica sicurezza, specie quando la liberazione è stata determinata non da vizi procedurali, bensì da una valutazione di opportunità da parte del pubblico ministero. La giurisprudenza ha poi chiarito che la previsione, sancita dal comma 2 dell'art. 121 disp. att. c.p.p., secondo cui anche nell'ipotesi di liberazione dell'arrestato o del fermato da parte del P.M. a seguito della riconosciuta non necessità di richiedere l'applicazione di misure coercitive, il giudice deve comunque fissare l'udienza di convalida e darne avviso, senza ritardo, anche alla persona liberata, non trova applicazione nei casi di arresto o fermo di minorenni ovvero di accompagnamento a seguito di flagranza, previsti rispettivamente dagli artt. 18 e 18-bis d.P.R. n. 448 del 1988, posto che tali norme richiamano, al comma quinto, gli artt. 389,390 e 391 c.p.p., ma non il succitato art. 121. Ne consegue che nel caso in cui il P.M. – a norma dell'art. 18, comma 3 d.P.R. n. 448 del 1988 (richiamato anche dal comma 5 del successivo art. 18-bis) – disponga la liberazione del minore non ritenendo di dover richiedere l'applicazione di una misura cautelare, non occorre far luogo a convalida, dovendosi ritenere che il legislatore abbia voluto evitare la celebrazione dell'udienza di convalida quando il minore è ormai in libertà (Cass. V, n. 1342/1991). BibliografiaNappi, Guida al codice di procedura penale, Milano 2007. Cfr. anche sub art. 381. |