Codice di Procedura Penale art. 391 - Udienza di convalida 1 .

Sergio Beltrani

Udienza di convalida1.

1. L'udienza di convalida si svolge in camera di consiglio [127; 123 att.] con la partecipazione necessaria del difensore [179] dell'arrestato o del fermato [18, 18-bis min.]. Quando l'arrestato, il fermato o il difensore ne fanno richiesta il giudice può autorizzarli a partecipare a distanza2 .  

2. Se il difensore di fiducia o di ufficio non è stato reperito o non è comparso, il giudice provvede a norma dell'articolo 97, comma 4. Il giudice altresì, anche d'ufficio, verifica che all'arrestato o al fermato sia stata data la comunicazione di cui all'articolo 386, comma 1, o che comunque sia stato informato ai sensi del comma 1-bis dello stesso articolo, e provvede, se del caso, a dare o a completare la comunicazione o l'informazione ivi indicate3.

 

3. Il pubblico ministero, se comparso [3903-bis], indica i motivi dell'arresto o del fermo e illustra le richieste in ordine alla libertà personale [291]. Il giudice procede quindi all'interrogatorio [2941] dell'arrestato o del fermato, salvo che questi non abbia potuto o si sia rifiutato di comparire; sente in ogni caso il suo difensore4.

 

4. Quando risulta che l'arresto o il fermo è stato legittimamente eseguito e sono stati osservati i termini previsti dagli articoli 386, comma 3, e 390, comma 1, il giudice provvede alla convalida con ordinanza. Contro l'ordinanza che decide sulla convalida, il pubblico ministero e l'arrestato o il fermato possono proporre ricorso per cassazione [606]5.

5. Se ricorrono le condizioni di applicabilità previste dall'articolo 273 e taluna delle esigenze cautelari previste dall'articolo 274, il giudice dispone l'applicazione di una misura coercitiva [281-286] a norma dell'articolo 291. Quando l'arresto è stato eseguito per uno dei delitti indicati nell'articolo 387-bis del codice penale o nell'articolo 381, comma 2, del presente codice ovvero per uno dei delitti per i quali è consentito anche fuori dai casi di flagranza, l'applicazione della misura è disposta anche al di fuori dei limiti di pena previsti dagli articoli 274, comma 1, lettera c), e 28067 .

6. Quando non provvede a norma del comma 5, il giudice dispone con ordinanza la immediata liberazione dell'arrestato o del fermato [306]8.

 

7. Le ordinanze previste dai commi precedenti, se non sono pronunciate in udienza, sono comunicate o notificate a coloro che hanno diritto di proporre impugnazione [309-311, 606]. Le ordinanze pronunciate in udienza sono comunicate al pubblico ministero e notificate all'arrestato o al fermato, se non comparsi. I termini per l'impugnazione decorrono dalla lettura del provvedimento in udienza [1485] ovvero dalla sua comunicazione o notificazione. L'arresto o il fermo cessa di avere efficacia se l'ordinanza di convalida non è pronunciata o depositata nelle quarantotto ore successive al momento in cui l'arrestato o il fermato è stato posto a disposizione del giudice [3902]9.

 

[1]  Per talune disposizioni per favorire  l'esercizio dell’attività  giurisdizionale  nella  vigenza dell'emergenza epidemiologica da COVID-19, in particolare per il collegamento da remoto per la partecipazione alle udienze o nel corso delle indagini preliminari vedi l’art. 23, commi 4, 5, del d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, conv., con modif., in l. 18 dicembre 2020, n. 176. Da ultimo, da ultimo v. art. 16, comma 1, d.l. 30 dicembre 2021, n. 228, conv., con modif., in l. 25 febbraio 2022, n. 15, che stabilisce che « Le disposizioni di cui all'articolo 221, commi 3, 4, 5, 6, 7, 8 e 10 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, nonché le disposizioni di cui all'articolo 23, commi 2, 6, 7, 8, primo, secondo, terzo, quarto e quinto periodo, 8-bis, primo, secondo, terzo e quarto periodo, 9, 9-bis e 10, e agli articoli 3-bis, commi 1, 2, 3, 4 e 7, e 24 del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, in materia di processo civile e penale, continuano ad applicarsi fino alla data del 31 dicembre 2022»; v. anche art. 16, comma 2, d.l. n. 228, cit.

[2] Comma così modificato dall'art. 19, comma 1, lett. b), d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, che ha aggiunto, dopo il primo periodo, il periodo: «Quando l'arrestato, il fermato o il difensore ne fanno richiesta il giudice può autorizzarli a partecipare a distanza.».  Per l'entrata in vigore delle modifiche disposte dal citato d.lgs. n. 150/2022, vedi art. 99-bis, come aggiunto dall'art. 6, comma 1, d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, conv., con modif., in l. 30 dicembre 2022, n. 199. Precedentemente, l'art. 25 d.lg. 14 gennaio 1991, n. 12 aveva modificato il testo dei commi 1 e 4, nonché sostituito il testo dei commi 3, 5 (successivamente così modificato dall'art. 12 l. 26 marzo 2001, n. 128) e 7.

[3]  Comma modificato dall'art. 1, comma 1, lett. f), d.lg. 1° luglio 2014, n. 101, che ha aggiunto il seguente periodo: «Il giudice altresì, anche d'ufficio, verifica che all'arrestato o al fermato sia stata data la comunicazione di cui all'articolo 386, comma 1, o che comunque sia stato informato ai sensi del comma 1-bis dello stesso articolo, e provvede, se del caso, a dare o a completare la comunicazione o l'informazione ivi indicate».

[4]  L'art. 25 d.lg. 14 gennaio 1991, n. 12 ha così modificato il testo dei commi 1 e 4, nonché sostituito il testo dei commi 3, 5 (successivamente così modificato dall'art. 12 l. 26 marzo 2001, n. 128) e 7. Per l'esercizio delle funzioni di pubblico ministero nella udienza di convalida da parte degli uditori giudiziari con almeno sei mesi di tirocinio e dei vice procuratori onorari, v. art. 721 lett. b)r.d. 30 gennaio 1941, n. 12.

[5]  L'art. 25 d.lg. 14 gennaio 1991, n. 12 ha così modificato il testo dei commi 1 e 4, nonché sostituito il testo dei commi 3, 5 (successivamente così modificato dall'art. 12 l. 26 marzo 2001, n. 128) e 7.

[6] L'art. 25 d.lg. 14 gennaio 1991, n. 12 ha così modificato il testo dei commi 1 e 4, nonché sostituito il testo dei commi 3, 5 (successivamente così modificato dall'art. 12 l. 26 marzo 2001, n. 128) e 7. Successivamente l'art. 13, comma 1, lett. c), del 24 novembre 2023, n.168 ha inserito le seguenti parole: «nell'articolo 387-bis del codice penale o» dopo le parole: «per uno dei delitti indicati» e le parole: « del presente codice» dopo le parole « nell'articolo 381, comma 2, ».

[7] Vedi l'art. 3 d.l. 13 maggio 1991, n. 152, conv., con modif., nella l. 12 luglio 1991, n. 203.

[8] V. l'art. 8 l. 13 dicembre 1989, n. 401, come modificato, da ultimo, dall'art. 4, d.l. 8 febbraio 2007, n. 8, conv., con modif., in l. 4 aprile 2007, n. 41, in tema di reati commessi in occasioni di manifestazioni sportive; per una disposizione transitoria v. art. 1-bis d.l. 24 febbraio 2003, n. 28, conv., con modif., in l. 24 aprile 2003, n. 88, come da ultimo modificato dall'art. 4 2 d.l. n. 8, cit.

[9]  L'art. 25 d.lg. 14 gennaio 1991, n. 12 ha così modificato il testo dei commi 1 e 4, nonché sostituito il testo dei commi 3, 5 (successivamente così modificato dall'art. 12 l. 26 marzo 2001, n. 128) e 7.

Inquadramento

L'art. 391 disciplina l'udienza di convalida dell'arresto in flagranza e del fermo davanti al G.I.P., prevedendo, in primo luogo, la sua non pubblicità; così ne sintetizza icasticamente i tratti salienti la dottrina: «il giudice la fissa nelle 48 ora dalla domanda (...) avvertendo senza ritardo pubblico ministero e difensore (...); e qualora il difensore non venga reperito o non sia comparso, ne designa uno ex art. 97, comma 4, quale sostituto (...). Non occorre più che il pubblico ministero intervenga (artt. 24 sg. D.lgs. 14 gennaio 1991 n. 12): può trasmettere al giudice le sue richieste e i relativi materiali (art. 390, comma 3-bis). Necessaria la presenza del difensore (art. 391, comma 1): se fosse assente, sarebbe nullità assoluta (art. 179). Udienza in camera di consiglio: l'arrestato o fermato compare, se vuole, senza diritto al rinvio quando sia impedito; esposti i termini del caso, il pubblico ministero (lo supponiamo comparso [in sua assenza, si attiverà il giudice]) formula “richieste in ordine alla libertà personale”; segue l'interrogatorio, condotto dal giudice, se l'interessato è comparso; in ogni caso interloquisce il difensore (art. 391, comma 3)» (Cordero 1998, 485).

Le “garanzie di assistenza difensiva nel giudizio sulla convalida”, previste dalla direttiva 34, «sono assicurate mediante la previsione che, nell'ipotesi di mancata reperibilità o comparizione del difensore di fiducia o di ufficio, il giudice designi un altro difensore immediatamente reperibile secondo la procedura prevista dall'art. 9[7] [comma 4 e a tale difensore, ove ne faccia richiesta, può essere concesso un termine» (Relazione al Progetto preliminare del c.p.p., 217).

L'udienza si svolge attraverso l'indicazione, da parte del P.M. (la cui presenza, originariamente necessaria, è divenuta meramente facoltativa per effetto delle modifiche introdotte all'articolo in commento dal d. lgs. n. 25 del 1991) o (come ormai quasi inevitabilmente accade) del G.I.P., dei motivi dell'arresto o del fermo e delle richieste (del P.M.) in ordine alla libertà personale; vengono poi sentiti l'arrestato od il fermato (se abbia potuto comparire e non si sia rifiutato di farlo, e se intende rilasciare dichiarazioni) ed il difensore; all'esito, il G.I.P. provvede alla convalida con ordinanza, verificando se l'arresto od il fermo siano stati legittimamente eseguiti, e se sono stati rispettati i termini di cui agli artt. 386 e 390 c.p.p. (cui si rinvia); nel caso in cui ricorrano le condizioni di applicabilità delle misure cautelari personali e le esigenze cautelari previste, rispettivamente, dagli artt. 273 e 274 (cui si rinvia), e ve ne sia richiesta, «il giudice, con il provvedimento di convalida, ordina la conversione dell'arresto o del fermo in una delle misure di coercizione previste dalla legge. Il comma 5 prevede espressamente la convertibilità, in una misura di coercizione, anche dell'arresto facoltativo a norma dell'art. 3[81] comma 2 in ordine a delitti punibili con la reclusione non inferiore nel massimo a 3 anni, e ciò benché l'art. 280 disponga che le misure coercitive ”possono essere applicate solo quando si procede per delitti per i quali la legge stabilisce la pena della reclusione superiore nel massimo a 3 anni”, ovvero anche al di fuori dei limiti di pena all'uopo previsti [cfr. artt. 274, comma 1, lettera c), e 280 c.p.p.]».

Ove l'arresto od il fermo non siano stati convalidati, e non vi sia stata l'applicazione di misure cautelari coercitive (non esclusa dalla mera circostanza della mancata convalida della misura precautelare), il giudice deve disporre l'immediata liberazione dell'arrestato o del fermato, se non detenuti per altra causa; in ogni caso, l'arresto od il fermo perdono efficacia se il giudice non decide sulla convalida e sulla eventuale conversione della misura precautelare in una misura cautelare coercitiva nelle 48 ore successive al momento in cui l'arrestato od il fermato sono stati posti a sua disposizione.

Per quanto riguarda la necessità o meno della convalida, ed in caso affermativo, l'individuazione dei relativi termini, si rinvia sub art. 389, § 2.

Il procedimento

L'udienza di convalida si svolge in camera di consiglio (e quindi senza pubblicità), con la partecipazione necessaria del difensore dell'arrestato o del fermato, non quindi anche di quest'ultimo: l'art. 19, comma 1, lett. b), d. lgs. n. 150 del 2022 (c.d. “riforma Cartabia”, in vigore dal 30/12/2022, in difetto di una normativa transitoria ad hoc, secondo il principio tempus regit actum) ha aggiunto nel comma 1 la previsione che, “quando l'arrestato od il fermato ne fanno richiesta, il giudice può autorizzarli a partecipare a distanza”, con le modalità previste dai nuovi artt. 133-bis e 133-ter c.p.p., ai quali si rinvia; analoga facoltà non è prevista per il difensore.

Nel caso in cui il difensore di fiducia o di ufficio non sia stato reperito o non sia comparso, il giudice designa come sostituto un difensore di ufficio immediatamente reperibile (cfr. art. 97, comma 4, c.p.p.), e verifica, altresì, anche d'ufficio, che all'arrestato o al fermato sia stata data la comunicazione di cui all'articolo 386, comma 1, o comunque che egli abbia ricevuto le informazioni di cui al comma 1-bis dello stesso articolo; ove ciò non sia avvenuto, lo stesso giudice provvede, ove necessario, a dare o a completare la comunicazione o le informazioni in ipotesi omesse.

Il pubblico ministero, se comparso, indica i motivi dell'arresto o del fermo ed illustra le richieste che formula in ordine alla libertà personale.

Il giudice procede quindi all'interrogatorio dell'arrestato o del fermato, salvo che questi non abbia potuto o si sia rifiutato di comparire, e sente, in ogni caso, il suo difensore.

All'esito, quando risulta che l'arresto o il fermo è stato legittimamente eseguito e sono stati osservati i termini previsti dagli articoli 386, comma 3, e 390, comma 1, il giudice provvede alla convalida con ordinanza: detto provvedimento è ricorribile in cassazione dal pubblico ministero e dall'arrestato o dal fermato. Se ricorrono le condizioni di applicabilità previste dall'articolo 273 e taluna delle esigenze cautelari previste dall'articolo 274, il giudice, se ve ne sia richiesta, dispone l'applicazione di una misura coercitiva [281-286] a norma dell'articolo 291. Quando l'arresto è stato eseguito per uno dei delitti indicati nell'articolo 381, comma 2, ovvero per uno dei delitti per i quali è consentito anche fuori dai casi di flagranza, l'applicazione della misura è disposta anche al di fuori dei limiti di pena previsti dagli articoli 274, comma 1, lettera c), e 280; il problema non si pone per i casi di arresto obbligatorio in flagranza di reato di cui all'art. 380, i cui limiti edittali consentono sempre l'applicazione di misure coercitive.

Quando non provvede nei sensi predetti, il giudice dispone con ordinanza l'immediata liberazione dell'arrestato o del fermato.

Le predette ordinanze:

– se non sono pronunciate in udienza, sono comunicate o notificate ai soggetti che hanno diritto di proporre impugnazione;

– se pronunciate in udienza, sono comunicate al pubblico ministero e notificate all'arrestato o al fermato, se non comparsi.

I termini per l'impugnazione decorrono dalla lettura del provvedimento in udienza ovvero dalla sua comunicazione o notificazione.

L'arresto o il fermo cessano di avere efficacia se l'ordinanza di convalida non è pronunciata o depositata nelle quarantotto ore successive al momento in cui l'arrestato o il fermato è stato posto a disposizione del giudice.

Le presenze necessarie in udienza di convalida: profili di costituzionalità

La Corte costituzionale (n. 412/1999) ha dichiarato manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 391, sollevata, con riferimento agli artt. 3,24 e 97 Cost., nella parte in cui non prevede “la necessaria presenza di un rappresentante della Polizia giudiziaria che ha partecipato alle operazioni di arresto e con diretta cognizione dei fatti o, comunque, non consente al Giudice per le indagini preliminari procedente di chiedere l'intervento del predetto, anche a chiarimento dei fatti”:

– quanto alla evocata violazione dell'art. 3 Cost., si è osservato che, nel sistema del codice di procedura penale, l'udienza di convalida dell'arresto, disciplinata dall'art. 391, è costruita come un momento di necessaria garanzia sullo status libertatis, volto esclusivamente a verificare, allo stato degli atti e nei tempi brevissimi imposti dall'art. 13, comma terzo, Cost., le condizioni di legittimità dell'arresto sulla base del relativo verbale, trasmesso dal p.m. a norma dell'art. 122 disp. att. c.p.p. unitamente alla richiesta di convalida: di conseguenza, gli incombenti, che si pretendono illegittimamente omessi dal legislatore, si porrebbero in radicale contrasto con le strutture e le finalità dell'udienza di convalida dell'arresto;

– quanto alla evocata violazione dell'art. 24 Cost., si è osservato che il diritto di difesa risulta sufficientemente garantito dalla presenza necessaria del difensore e dall'interrogatorio dell'arrestato, per cui, in caso di effettiva lacunosità o contraddittorietà degli elementi sottoposti alla sua valutazione, il giudice, in omaggio al principio del favor libertatis, dovrà disattendere la richiesta del p.m., non convalidando l'arresto;

– quanto alla evocata violazione dell'art. 97 Cost., si è, infine, osservato che il principio del buon andamento dei pubblici uffici non si riferisce all'attività giurisdizionale in senso stretto, bensì all'organizzazione o al funzionamento dell'amministrazione della giustizia.

L’arrestato ed il fermato

In tema di giudizio di convalida dell'arresto e di contestuale giudizio direttissimo, la giurisprudenza ha ritenuto che il legittimo impedimento che non permette la presenza fisica dell'arrestato all'udienza non è ostativo alla richiesta di convalida dell'arresto e contestuale giudizio direttissimo, presentata ai sensi dell'art. 558 c.p.p. (Cass. VI, n. 53850/2014); nella medesima situazione processuale, la mancata presenza dell'arrestato all'udienza, senza che sussista un legittimo impedimento, non osta a che il giudice, nella sussistenza dei requisiti di legge, provveda alla convalida, perché in tal caso trova applicazione l'art. 391, comma 3 (Cass. VI, n. 41598/2018).

Si è, inoltre, precisato, in tema di convalida della misura dell'allontanamento urgente dalla casa familiare ex art. 384-bis c.p.p., che l'indagato che si renda irreperibile, ponendosi nella condizione di non essere raggiunto dalla notifica dell'avviso di fissazione dell'udienza di convalida, rende impossibile l'assunzione dell'interrogatorio di garanzia, in tal modo determinando una causa di forza maggiore impeditiva a fronte della quale il giudice ha il dovere di procedere comunque alla convalida, ove ne ricorrano i presupposti di legge (Cass. VI, n. 22524/2019).

Per l'assunzione in udienza di convalida dell'interrogatorio dell'arrestato o del fermato, anche in sede di convalida vanno rispettate le garanzie generali previste dagli art. 64 e 65 c.p.p., e l'indagato può avvalersi della facoltà di non rispondere; l'interrogatorio va documentato nei modi stabiliti dall'art. 141-bis c.p.p., ed è, in difetto inutilizzabile (Cass. I, n. 5912/1995).

Non è affetto da nullità il provvedimento di convalida dell'arresto di persona che, presente all'udienza, in luogo del previsto interrogatorio si limiti a consentire che il difensore prospetti la ricostruzione dei fatti (Cass. VI, n. 28988/2013).

In tema di udienza di convalida (nella specie, dell'arresto) celebrata nel periodo di emergenza sanitaria da Covid–19, si è ritenuto che i vizi procedurali afferenti alla partecipazione dell'indagato all'udienza celebrata in videoconferenza ai sensi dell'art. 83, comma 12-bis, d.l. 17 marzo 2020, n. 18, come convertito, integrino una nullità di ordine generale a regime intermedio, a norma degli artt. 178, comma 1, lett. c), e 180 c.p.p., che resta sanata per intempestiva deduzione ove non eccepita dalla parte interessata prima del compimento dell'atto ovvero, ove ciò non sia possibile, immediatamente dopo, ex art. 182, comma 2, c.p.p. (Cass. VI, n. 22528/2020: fattispecie in cui, a fronte del motivo di ricorso con il quale si deduceva che l'udienza era iniziata senza la presenza di tutte le parti e che l'arrestato non era stato messo in condizione di assistere alla relazione svolta dalla polizia giudiziaria, la S.C. ha rilevato che il difensore, pur essendo presente, non aveva sollevato alcuna eccezione).

L’arrestato ed il fermato alloglotti

L'arrestato ed il fermato, se stranieri alloglotti , hanno diritto, in udienza di convalida, all'assistenza di un interprete (argomenta, in generale, da Cass. S.U., n. 5052/2004).

Nel caso di mancata o incompleta traduzione della comunicazione inerente alle garanzie ed ai diritti difensivi, previsti dall'art. 386, commi 1 e 1-bis, c.p.p., il diritto di difesa nei confronti dell'arrestato è comunque soddisfatto dall'assistenza, in sede di udienza di convalida, di un interprete che traduca le contestazioni e le ragioni che hanno determinato l'emissione del provvedimento nei suoi confronti, nonché dalla traduzione anche orale dell'ordinanza cautelare emessa all'esito della predetta udienza (Cass. V, n. 11068/2018);

Si è, peraltro, precisato che, anche a seguito dell'entrata in vigore del D. Lgs. 4 marzo 2014, n. 32, con cui è stata data attuazione alla direttiva 2010/64/UE sull'assistenza linguistica, è legittima la convalida dell'arresto dello straniero alloglotto, senza che si sia previamente proceduto al suo interrogatorio per l'impossibilità di reperire tempestivamente un interprete, ricorrendo in tale eventualità un caso di forza maggiore che non impedisce la decisione del giudice sulla legittimità dell'operato della polizia giudiziaria (Cass. VI, n. 38791/2014; Cass. IV, n. 4649/2015).

Il difensore

In ordine al regime degli avvisi al difensore ed alla relativa casistica, cfr. anche sub art. 390.

La procedura di convalida dell'arresto o del fermo è caratterizzata da una speciale urgenza e pertanto, qualora il difensore di fiducia dell'arrestato non risulti prontamente reperibile, il giudice deve designare un difensore di ufficio immediatamente reperibile, senza prima effettuare ulteriori tentativi di notifica dell'avviso di fissazione dell'udienza a quello di fiducia (Cass. IV, n. 29125/2018); sempre in considerazione del carattere d'urgenza della procedura, la quale postula l'assistenza difensiva dell'arrestato, ma non necessariamente quella del difensore di fiducia, come evincibile dal disposto dell'art. 391, comma 2, il quale prevede che il giudice prosegua comunque nell'udienza di convalida in caso di mancata reperibilità od assenza del difensore di fiducia dell'arrestato, nominando un difensore di ufficio, si è ritenuto che il giudice non è tenuto a pronunciarsi sull'istanza di rinvio per impedimento avanzata dal difensore di fiducia (Cass. VI, n. 34784/2020).

Fuori da tali casi, l'omesso avviso dell'udienza di convalida al difensore di fiducia tempestivamente nominato integra una nullità assoluta ed insanabile ai sensi degli artt. 178, comma 1, lett. c) e 179, comma 1, c.p.p., poiché dello stesso in udienza di convalida è obbligatoria la presenza (Cass. S.U., n. 24630/2015), a nulla rilevando che la notifica sia stata effettuata al difensore d'ufficio e che in udienza sia stato presente un sostituto nominato ex art. 97, comma 4, c.p.p., poiché, in presenza di una rituale e tempestiva nomina fiduciaria effettuata dall'interessato, se il giudice proceda irritualmente alla designazione di un difensore d'ufficio, viene ad essere leso il diritto dell'imputato “ad avere un difensore di sua scelta”, riconosciuto dall'art. 6, § 3, lett. c), Conv. EDU (Cass. S.U., n. 24630/2015; Cass. I, n. 16587/2016), ed a nulla rilevando, altresì, che la notifica sia stata effettuata ad altro difensore (Cass. VI, n. 29683/2020: fattispecie in cui gli operanti informavano erroneamente dell'udienza altro difensore, mentre alcun tentativo di rintraccio veniva eseguito all'utenza telefonica del titolare del mandato fiduciario, che pure sarebbe stata agevolmente rinvenibile presso il sito del Consiglio dell'Ordine).

L'erronea indicazione della data di udienza nell'atto notificato al difensore integra una nullità assoluta solo in ipotesi di incertezza assoluta e non anche quando sia possibile determinarla agevolmente dal contesto dell'atto notificato, in relazione alla funzione propria di esso (Cass. III, n. 22315/2011: nella specie, l'avviso al difensore dell'udienza di convalida dell'arresto con rito direttissimo, inviato a mezzo fax alle ore 00,45 del 6 marzo, indicava come data di udienza la “mattinata di domani”, formula che, secondo la Corte, in un contesto di normale diligenza difensiva, non dava adito a dubbi sul fatto che l'udienza si sarebbe svolta nella stessa mattinata del 6 marzo).

Il difensore dell'arrestato o del fermato ha diritto, nel procedimento di convalida, di esaminare ed estrarre copia degli atti su cui si fonda la richiesta di convalida e di applicazione della misura cautelare; il denegato accesso a tali atti determina una nullità di ordine generale a regime intermedio dell'interrogatorio e del provvedimento di convalida, da ritenersi sanata se non eccepita nel corso dell'udienza di convalida (Cass. S.U., n. 36212/2010; conforme, Cass. VI, n. 9573/2020: fattispecie in cui sono state annullate senza rinvio l'ordinanza di convalida nonché – non condivisibilmente: cfr. amplius sub § 2.8 – quella applicativa della misura cautelare, rilevando che il difensore aveva tempestivamente eccepito il denegato accesso agli atti del fascicolo prima dell'interrogatorio dell'arrestato).

La nullità a regime intermedio che segue al divieto apposto dalla polizia giudiziaria all'arrestato o fermato di colloquio col difensore, in assenza di un apposito provvedimento dilatorio del giudice, non si estende alla successiva udienza di convalida se prima della sua celebrazione l'indagato sia comunque ammesso al colloquio, ancorché egli rifiuti di tenerlo (Cass. VI, n. 6672/2010).

Segue : la presentazione di memorie a mezzo PEC

Come in generale previsto dall'art. 121 c.p.p., anche in vista dell'udienza di convalida il difensore ha facoltà di presentare memorie in cancelleria.

Prima dell'emergenza COVID-19, e della normativa speciale che ha consentito, ma solo provvisoriamente, il deposito di memorie a mezzo PEC, la giurisprudenza, con esclusivo riferimento al procedimento di convalida del divieto di accedere a manifestazioni sportive con obbligo di presentazione all'ufficio di p.s., riteneva ammissibile la presentazione delle richieste e delle memorie delle parti al giudice competente tramite posta elettronica certificata (PEC), atteso che l'art. 6, comma 2-bis, l. n. 401 del 1989, al fine di contemperare il regolare esercizio di diritto di difesa con l'estrema ristrettezza dei termini previsti per gli adempimenti in questione, stabiliti ad horas, non prescrive che i predetti atti debbano essere necessariamente depositati in cancelleria nella loro materiale fisicità e, dall'altro, che il mezzo impiegato garantisce sicura affidabilità quanto alla provenienza e alla ricezione, ed essendo ciò connaturale alla particolare natura, cartolare ed informale, del procedimento ed alla ristrettezza dei termini, stabiliti ad horas, entro cui deve concludersi il controllo di legalità di provvedimenti che limitano la libertà personale, pena l'inefficacia delle relative prescrizioni (Cass. III, n. 17844/2018, con la precisazione che il giudice della convalida deve tenere conto degli atti inviati a mezzo PEC anche se pervenuti in cancelleria in un giorno festivo, essendo irrilevante l'assenza, in tali giorni, del personale addetto alla ricezione degli atti esterni, trattandosi di un disservizio imputabile all'ufficio giudiziario che non può ripercuotersi negativamente sul cittadino; conforme, Cass. III, n. 30281/2021, con la precisazione che, in tali casi, è onere della parte, che abbia inteso inoltrare una memoria difensiva a mezzo posta elettronica certificata, accertarsi del regolare arrivo del documento e della sua tempestiva presentazione al giudice procedente: detto onere consegue alla scelta di utilizzare una modalità di comunicazione non istituzionale che, come tale, non presuppone una organizzazione normativamente disciplinata del controllo, del recepimento e della trasmissione al giudice degli atti).

La previsione di tale facoltà si avvia a divenire generalizzata per ogni tipologia di udienza di convalida a partire dal momento in cui sarà vigente la disciplina del c.d. “processo penale telematico” introdotta dalla c.d. “riforma Cartabia”, con particolare riferimento agli artt. 111-bis e 111-ter c.p.p., ai quali si rinvia, e per la cui effettiva vigenza si rinvia altresì alle disposizioni transitorie di cui agli artt. 87 ed 87-bis d. lgs. n. 150 del 2022.

Il pubblico ministero

Come anticipato, ai sensi del combinato disposto dei commi 1 e 3 della disposizione in commento, la presenza del P.M. all'udienza di convalida è attualmente prevista come meramente facoltativa.

Con riferimento ai casi di presentazione dell'arrestato al Tribunale per la convalida ed il giudizio direttissimo, si è ritenuto che la delega conferita dal Procuratore della Repubblica al vice procuratore onorario per l'udienza di convalida e per il successivo giudizio direttissimo autorizza il delegato a configurare in termini diversi l'accusa ed a procedere a nuove contestazioni (Cass. VI, n. 16170/2011: fattispecie in cui è stata ritenuta legittima la contestazione da parte del vice procuratore onorario dell'aggravante di cui all'art. 80 d.P.R. n. 309 del 1990).

Secondo la giurisprudenza (Cass. S.U., n. 13716/2011) la delega conferita dal procuratore della Repubblica al vice procuratore onorario e al magistrato ordinario in tirocinio da almeno sei mesi per lo svolgimento delle funzioni di Pubblico Ministero nella udienza di convalida dell'arresto o del fermo, nei rispettivi ambiti stabiliti dall'art. 72, comma secondo, lett. b), ord. giud., comprende la facoltà di richiedere l'applicazione di una misura cautelare personale.

Il giudice

Per l'individuazione del giudice competente, cfr. sub art. 390, § 3.

Non sussiste violazione del principio del giudice naturale nel caso in cui, specie in presenza di un cospicuo numero di indagati, alla convalida dei fermi o degli arresti e all'applicazione di misure coercitive, provvedono più magistrati, purché ciascuno di essi sia addetto, o ritualmente applicato, all'ufficio del giudice per le indagini preliminari (Cass. VI, n. 394/1994; Cass. I, n. 21349/2020).

La nullità dell’interrogatorio di convalida: effetti sulla validità della misura coercitiva emessa all’esito

L'autonomia del procedimento di convalida rispetto all'emissione dell'ordinanza applicativa di misura cautelare impone di ritenere non avvenuto ai sensi dell'art. 294 c.p.p. un interrogatorio non svolto all'udienza di convalida per rifiuto di comparire dell'arrestato (Cass. IV, n. 31589/2012).

Si pone il problema di valutare le conseguenze della nullità dell'interrogatorio di convalida sulla ordinanza coercitiva genetica emessa all'esito della convalida stessa, ed in particolare se essa possa comportare la caducazione della misura in atto, per omesso legittimo interrogatorio di garanzia nei termini di rito.

A parere di un non recente orientamento delle Sezioni Unite (Cass. S.U., n. 36212/2010), non sarebbe consentito il motivo di ricorso avente ad oggetto l'inefficacia della misura coercitiva emessa all'esito dell'udienza di convalida dell'arresto in flagranza o del fermo per mancanza di valido interrogatorio, nei casi in cui il ricorrente non abbia impugnato l'ordinanza con la quale il giudice, disattendendo l'eccezione di nullità dell'interrogatorio, tempestivamente sollevata in sede di udienza di convalida, abbia ciononostante provveduto alla convalida dell'arresto o del fermo.

L'orientamento non può, peraltro, essere condiviso. Invero, ai sensi dell'art. 302, comma 1, prima parte, c.p.p., “la custodia cautelare disposta nel corso delle indagini preliminari perde immediatamente efficacia se il giudice non procede all'interrogatorio entro il termine previsto dall'art. 294”. Questa chiara previsione, che attribuisce all'indagato sottoposto a cautela detentiva in carcere o domiciliare il diritto all'immediata rimessione in libertà in caso di omesso legittimi interrogatorio di garanzia nei termini di rito evidenzia l'improponibilità dell'assunto che, all'uopo, ove la misura de qua sia stata emessa all'esito dell'udienza di convalida celebrata ex art. 391, sarebbe necessario ottenere la caducazione del provvedimento di convalida della misura precautelare emessa, in ipotesi disposto ad onta del vizio sussistente; in tali casi, infatti, l'interessato, lungi dal riacquistare immediatamente la libertà personale, come previsto dall'art. 302 cod. proc. pen., sarebbe costretto a patire il perdurare della custodia cautelare indebita:

– per tutto il corso del termine per l'impugnazione dell'ordinanza di convalida;

– nelle more della trasmissione degli atti in Cassazione;

– nelle more della fissazione del procedimento;

– per tutto il corso del termine a comparire (pari a giorni trenta, ex art. 611 c.p.p.) e fino alla conclusiva decisione.

Il tutto in evidente pregiudizio ex art. 13 Cost. dell'inviolabilità della libertà personale, sottoposta a restrizione fuori dai casi previsti dalla legge, ed anzi in violazione della norma di garanzia di cui all'art. 302 c.p.p., nonché dei principi di ragionevolezza ed uguaglianza consacrati dall'art. 3 Cost., risultando l'avversato regime immotivatamente deteriore rispetto a quello previsto per l'indagato assoggettato a cautela in via ordinaria, ovvero fuori dai casi in cui la custodia cautelare venga disposta dopo l'applicazione di una misura precautelare convalidata.

Merita, per tali ragioni, condivisione il più recente orientamento espresso da Cass. II, n. 5376/2023, che ammette la deducibilità della nullità dell'interrogatorio di convalida, onde ottenere la declaratoria di inefficacia della misura coercitiva disposta all'esito della convalida emessa, anche senza previa impugnazione del provvedimento di convalida (precisando altresì che la questione inerente all'inefficacia della misura coercitiva per asserita mancanza, tardività o comunque invalidità dell'interrogatorio previsto dall'art. 294 c.p.p., svolto ex ante in udienza di convalida ex art. 391, va proposta al giudice che procede, ed in caso di rigetto, può legittimare l'appello cautelare ex art. 310 c.p.p., ma non è deducibile, né rilevabile d'ufficio, nel procedimento di riesame ex art. 309 c.p.p., che attiene unicamente al momento genetico della misura, a nulla rilevando che la questione sia proposta unitamente ad altre questioni inerenti a vizi genetici del provvedimento impugnato).

Continua, peraltro, ad essere diffuso, e dominante, il contrario orientamento (ribadito da ultimo da Cass. I, n. 430/2023) per il quale la nullità di ordine generale a regime intermedio dell'interrogatorio e dell'ordinanza di convalida (nella specie, per l'omessa traduzione dei verbali nella lingua dell'interessato), sebbene ritualmente eccepita in udienza, non può essere dedotta nel giudizio di riesame del provvedimento applicativo di misura cautelare (questa affermazione è condivisibile), essendo rilevabile esclusivamente con l'impugnazione della decisione sulla convalida, in assenza della quale deve ritenersi sanata (questa affermazione, invece, non lo è).

Il termine per la convalida

Il termine di quarantotto ore imposto dalla legge per gli adempimenti del giudice ai fini della convalida fa riferimento soltanto alla fissazione e al momento di inizio dell'udienza di convalida e non anche al momento in cui è emessa la decisione, che può quindi essere adottata successivamente, purché intervenga a chiusura dell'udienza senza soluzione di continuità (Cass. VI, n. 23784/2012; Cass. II, n. 54415/2018); il giudice è tenuto a disporre la liberazione dell'arrestato o del fermato se entro il termine massimo di 48 ore, previsto dall'art. 391, non dispone l'applicazione della misura cautelare richiesta dal P.M., pur conservando il potere di decidere su quest'ultima anche oltre detto termine, la cui scadenza non esplica alcun effetto sulla legittimità dell'ordinanza coercitiva successivamente emessa (Cass. I, n. 10465/2016).

Con riguardo all'arresto in flagranza di reato, si è evidenziato che esso si realizza nel momento in cui il soggetto perde la libertà personale, ed a quel momento occorre avere riguardo per valutare la tempestività dell'inizio dell'udienza di convalida, essendo irrilevante la circostanza che il verbale di arresto sia stato redatto in un momento successivo (Cass. IV, n. 21995/2009, ribadendo che è legittimo il provvedimento di convalida emesso successivamente alla scadenza del termine di 48 ore dalla richiesta di convalida, purché l'udienza abbia avuto inizio entro tale termine).

Con riguardo al fermo, si è evidenziato che il termine utile per la convalida decorre dal momento in cui si è verificata l'effettiva privazione della libertà personale anche nel caso in cui il P.M. abbia disposto il fermo dell'indiziato di delitto in un momento successivo a quello in precedenza eseguito dalla polizia giudiziaria di propria iniziativa, dovendo escludersi che il fermo disposto dal P.M. possa risolversi in una illegittima proroga di quello operato dalla polizia giudiziaria (Cass. I, n. 263/2008).

Il provvedimento di convalida: generalità

Il richiamo operato dall'art. 391, comma 4, alla previsione di cui all'art. 386, comma 3, c.p.p. si riferisce esclusivamente al rispetto del termine delle ventiquattro ore, entro cui la polizia giudiziaria deve porre l'arrestato od il fermato a disposizione del pubblico ministero e non anche al luogo materiale, ove nel frattempo mantenerlo in custodia, essendo sufficiente che lo stesso rimanga a disposizione del pubblico ministero in una idonea camera di sicurezza (Cass. VI, n. 45711/2016: in applicazione del principio, la S.C. ha annullato il provvedimento con cui il G.I.P. non aveva convalidato l'arresto, in ragione del fatto che l'arrestato, rinchiuso in camera di sicurezza, pur essendo posto a disposizione del pubblico ministero, fosse stato condotto in carcere oltre il suindicato termine di legge; conforme, Cass. V, n. 23653/2018).

Segue . La diversa qualificazione del fatto provvisoriamente contestato

Ai fini della convalida dell'arresto (o del fermo), il G.I.P. può attribuire al fatto una qualificazione giuridica diversa da quella prospettata dal P.M., ai limitati effetti del giudizio di convalida o non convalida, in quanto rientra tra i suoi poteri di controllo quello di individuare in concreto l'ipotesi di reato al fine di stabilire se sia consentito l'arresto in flagranza (Cass. V, n. 14314/2010). A tal fine, egli può, peraltro, valorizzare unicamente la situazione che si prospettava alla polizia giudiziaria operante all'atto dell'intervento e non anche elementi sopravvenuti acquisiti all'esito di indagini o di assunzione di informazioni, o successivamente nel corso dell'udienza di convalida, che possono assumere rilievo soltanto ai fini della eventuale successiva emissione di una misura cautelare (Cass. III, n. 37861/2014; Cass. V, n. 49340/2019: fattispecie relativa ad arresto di un soggetto che, quale padre di un minore, aveva trattenuto presso di sé il figlio nonostante un provvedimento del giudice che aveva ordinato la consegna alla madre, in relazione alla quale la S.C. ha confermato la non convalida dell'arresto per sequestro di persona, sul presupposto che i fatti configuravano piuttosto il reato di cui all'art. 388 c.p.; conforme, in relazione ad un fermo, Cass. II, n. 30698/2013: fattispecie in cui è stato confermato il provvedimento con il quale il G.I.P. aveva negato la convalida del fermo per il reato di ricettazione, ritenendo genuina la confessione del diverso reato di furto resa dall'imputato agli agenti operanti).

Si è, ad esempio, ritenuto che non dovesse essere convalidato il fermo operato in relazione al delitto di omicidio volontario, laddove la situazione di fatto che si prospettava alla polizia giudiziaria al momento dell'intervento delineava un sinistro stradale naturalisticamente inquadrabile – all'epoca – nello schema tipico dell'omicidio colposo (Cass. I, n. 18667/2008).

La Corte costituzionale (n. 424/2001) ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale degli artt. 390, comma 3-bis, e 391, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 111 della Costituzione, nella parte in cui prevedono che il giudice possa acquisire e utilizzare ai fini della convalida dell'arresto soltanto gli elementi su cui si fonda la richiesta del pubblico ministero e quelli derivanti dall'interrogatorio dell'arrestato: «tenuto conto della struttura e della funzione dell'udienza di convalida, volta esclusivamente a verificare le condizioni di legittimità dell'arresto, non contrasta con il principio di ragionevolezza che al giudice non sia consentito procedere all'assunzione di ulteriori elementi ai fini della decisione, quali l'esame di testimoni; né la garanzia del giusto processo impone di modellare ogni procedimento incidentale de libertate sullo schema del processo di merito».

La giurisprudenza ha, peraltro, evidenziato che l'ordinanza di convalida dell'arresto o del fermo e quella con la quale il G.I.P. dispone una misura cautelare costituiscono due provvedimenti autonomi, fondati su presupposti diversi e soggetti a distinti mezzi di impugnazione; non può, pertanto, ritenersi precluso alle parti di trasmettere al giudice, dopo la convalida – per la cui decisione sono utilizzabili solo gli elementi indicati dal pubblico ministero nella relativa richiesta e quelli derivanti dall'interrogatorio – atti o documenti reputati rilevanti e utilizzabili per la delibazione sulla limitazione della libertà personale (Cass. II, n. 15137/2019, con la precisazione che il verbale contenente l'accertamento sulla natura stupefacente della sostanza in sequestro – c.d. narcotest –, pervenuto dopo la conclusione dell'udienza di convalida, non poteva essere utilizzato per il giudizio sulla convalida, ma era utilizzabile per la delibazione sulla richiesta cautelare).

La convalida dell’arresto

Per le nozioni di “flagranza” e “quasi flagranza”, si rinvia sub art. 382.

Ai fini della convalida dell'arresto, il giudice è tenuto ad accertare, con valutazione ex ante – ossia tenendo conto esclusivamente della situazione conosciuta o conoscibile al momento in cui l'arresto fu effettuato e non anche di elementi successivi – l'astratta configurabilità del reato per cui si procede e la sua attribuibilità alla persona arrestata, quali condizioni legittimanti la privazione della libertà personale, effettuando sulle attestazioni della polizia giudiziaria un sindacato di attendibilità, che, però, va condotto con l'oggetto e gli standard propri della sede, senza, cioè, che vengano sviluppati argomenti e metodi tipici della fase cautelare o di merito e senza soprattutto tener conto di possibili ed eventuali successivi sviluppi istruttori (Cass. III, n. 12954/2021; conformi, Cass. VI, n. 18196/2016: fattispecie in cui è stata annullata l'ordinanza di rigetto della richiesta di convalida dell'arresto per il reato di evasione dell'imputato, il cui stato di non imputabilità era emerso solo a seguito della documentazione presentata dalla difesa all'udienza di convalida; Cass. VI, n. 700/2014: fattispecie in cui è stato annullato il diniego di convalida di un arresto facoltativo sulla scorta della versione difensiva dell'arrestato e prospettando un eventuale sviluppo istruttorio conseguente la possibilità in futuro di sentire un testimone e di visionare immagini riprese da una telecamera; il giudice della convalida è chiamato ad operare un controllo di mera ragionevolezza, ponendosi nella stessa situazione di chi ha operato l'arresto sulla base degli elementi al momento conosciuti, per cui, ai fini della verifica dell'eventuale incapacità di intendere e di volere dell'arrestato, è necessario che tale stato si sia manifestato in modo chiaro all'agente operante al momento dell'intervento (Cass. VI, n. 7470/2017: in applicazione del principio, la S.C. ha ritenuto correttamente convalidato l'arresto di un soggetto evaso dagli arresti domiciliari fermato “in pieno stato confusionale”, ritenendo che tale stato poteva essere ragionevolmente ricondotto anche ad ubriachezza o ad intossicazione da sostanze stupefacenti).

La valutazione del giudice sulla legittimità dell'arresto, pur non estendendosi all'accertamento dell'esistenza dei gravi indizi di colpevolezza, deve pertanto pur sempre avere ad oggetto la configurabilità in astratto del reato per cui si è proceduto all'arresto e la sua attribuibilità alla persona arrestata, quali condizioni legittimanti la privazione della libertà personale (Cass. III, n. 8422/2018: nella specie, la Corte ha annullato senza rinvio l'ordinanza di diniego di convalida dell'arresto per il reato di detenzione di sostanza stupefacente, ravvisando la sussistenza di elementi indicatori della finalità di spaccio dalla notevole quantità dello stupefacente, dallo stato di disoccupazione della persona arrestata e dalla mancanza di una versione difensiva alternativa).

Con specifico riferimento all'arresto facoltativo in flagranza, si è ribadito che il giudice della convalida deve operare un controllo di mera ragionevolezza, ponendosi nella stessa situazione di chi ha operato l'arresto per verificare, sulla base degli elementi al momento conosciuti, se la valutazione di procedere all'arresto rimanga nei limiti della discrezionalità della polizia giudiziaria e trovi ragionevole motivo nella gravità del fatto o nella pericolosità del soggetto, senza, evidentemente, estendere il predetto controllo alla verifica dei presupposti per l'affermazione di responsabilità, precisando che, ai fini della legittimità dell'arresto facoltativo in flagranza, non è necessaria la presenza congiunta della gravità del fatto e della pericolosità del soggetto, essendo sufficiente che ricorra almeno uno dei due parametri (Cass. V, n. 10916/2012: in applicazione del principio, la S.C. ha confermato il provvedimento con il quale il G.I.P. non aveva convalidato l'arresto facoltativo in flagranza di un soggetto accusato di furto aggravato di due cellulari, ritenendo, quanto al parametro della gravità, trattarsi di fatto lieve perché l'accusato si era impadronito della res lasciata incustodita sul banco di una pizzeria; conformi, Cass. V, n. 1814/2016, che ha annullato senza rinvio l'ordinanza di non convalida dell'arresto di un soggetto accusato di condotte di cui agli artt. 497-bis e 477-482 c.p., per essere stato trovato in possesso di una carta di identità valida per l'espatrio e di una patente contraffatte, motivata solo in relazione all'incensuratezza dell'arrestato nonché alla possibilità di concedere la sospensione condizionale, elementi al contrario all'uopo non valutabili; Cass. VI, n. 34090/2013: premesso che il G.I.P. deve verificare le ragioni dell'arresto non solo in base al contenuto descrittivo del verbale ma, ove possibile e necessario, anche in base ad atti complementari presenti nel fascicolo e acquisiti prima dell'adozione del provvedimento precautelare, la S.C. ha annullato il provvedimento di rigetto di un arresto facoltativo eseguito per il reato di cui all'art. 319-quater c.p. nel quale il giudice si era “laconicamente ancorato a un'assertiva insussistenza del requisito della flagranza”, trascurando gli atti del fascicolo che, documentando il rapporto tra il pubblico ufficiale e il privato, avrebbero conferito significato rilevante alla dazione di denaro documentata dal verbale di arresto). È stato ritenuto illegittimo l'arresto facoltativo in flagranza eseguito per un reato perseguibile a querela, qualora quest'ultima non sia stata proposta dalla persona offesa all'ufficiale o all'agente di polizia giudiziaria presente nel luogo (nella specie: presso il presidio ospedaliero), come richiesto dall'art. 381, comma 3, c.p.p., non rilevando che essa sia stata sporta altrove nella stessa giornata (Cass. III, n. 16385/2012).

Si è ritenuto che legittimamente fosse stato convalidato l'arresto in “quasi flagranza” di un soggetto che, presentatosi con indumenti sporchi di sangue e di fango ad un ufficio di polizia giudiziaria, dichiarando di aver commesso – come poi effettivamente accertato – un omicidio circa 15 minuti prima, era stato subito trattenuto dagli agenti, i quali si erano fatti da lui accompagnare sul luogo del commesso delitto e, una volta rientrati in ufficio, a distanza di circa due ore, avevano redatto il formale processo verbale di arresto (Cass. I, n. 5912/1995).

Segue . Le causa di giustificazione, sussistenti o putative

In tema di circostanze ostative all'arresto in flagranza, rappresentate dalla causa di giustificazione dell'adempimento di un dovere o dell'esercizio di una facoltà legittima, e da una causa di non punibilità, non è richiesto che le stesse sussistano con evidenza, potendo essere anche solo verosimilmente esistenti (Cass. III, n. 6626/2020: fattispecie relativa ad arresto in flagranza per il delitto di resistenza a pubblico ufficiale, in relazione alla quale la S.C. ha ritenuto corretta la non convalida per la sussistenza, ritenuta percepibile dagli operanti, della scriminante dell'adempimento del dovere di soccorso in mare di naufraghi).

Secondo la giurisprudenza, inoltre, l'erronea supposizione di una causa di giustificazione da parte dell'arrestato non consente di escludere la legittimità dell'arresto, in quanto il giudice è tenuto unicamente a valutare la correttezza dell'operato della polizia giudiziaria, sulla base degli elementi conosciuti o conoscibili al momento e non la sussistenza di gravi indizi a carico dell'indagato (Cass. VI, n. 14071/2021: fattispecie in cui è stata annullata l'ordinanza con la quale era stata negata la convalida dell'arresto eseguito per il delitto di resistenza a pubblico ufficiale, sul presupposto che l'arrestato avesse agito nell'errato presupposto del compimento di un atto arbitrario).

Segue. L’allontanamento d’urgenza dalla casa familiare

In tema di convalida dell’allontanamento d’urgenza dalla casa familiare, si è ritenuto che il giudice deve controllare la sussistenza dei presupposti legittimanti l’eseguito allontanamento, valutando la legittimità dell’operato della polizia in relazione allo stato di flagranza e all’ipotizzabilità di uno dei reati richiamati dall’art. 282-bis, comma 6, c.p.p. (Cass. VI, n. 17680/2020, con la precisazione che il giudice della convalida deve valutare la sussistenza del fumus commissi delicti secondo una verifica ex ante, tenendo conto della situazione conosciuta dalla polizia giudiziaria al momento dell’esecuzione del provvedimento).

La convalida del fermo

Per la nozione di “pericolo di fuga”, si rinvia sub art. 384.

Secondo la giurisprudenza, l'ordinanza di convalida del fermo ha ad oggetto solo il controllo di legittimità dell'operato della polizia giudiziaria, ed essendo autonoma rispetto all'eventuale successivo titolo di detenzione – indispensabile perché permanga lo stato custodiale –, non richiede, per la sua adozione, la sussistenza delle condizioni legittimanti la misura cautelare (Cass. VI, n. 12291/2016); si è anche osservato che, nella motivazione della convalida del fermo, il giudice deve far riferimento a concreti e specifici elementi di fatto risultanti dagli atti con riferimento ai parametri normativi che, nella realtà, consentono e legittimano la misura precautelare nei confronti di persona gravemente indiziata di reato, non essendo a tal fine sufficiente l'utilizzazione di formule di stile, adattabili a qualsiasi situazione, senza che ciò comporti una verifica sulla ragionevolezza dell'operato della polizia giudiziaria cui è attribuita una sfera di discrezionalità (Cass. III, n. 39452/2013: nella specie, è stata ritenuta incoerente la motivazione con la quale il G.I.P. aveva escluso la sussistenza del pericolo di fuga, nonostante il fermato – gravemente indiziato di violenza sessuale e del reato di cui all'art. 497-ter c. p. – avesse rivelato, nell'interrogatorio, la sua intenzione di trasferirsi all'estero per trovare lavoro “il più presto possibile”).

L’applicazione delle misure coercitive

La Corte costituzionale (n. 137/2020) ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale, sollevate in riferimento agli artt. 3 e 13 Cost., dell'art. 391, comma 5, nella parte in cui prevede che, quando l'arresto è stato eseguito per uno dei delitti indicati nell'art. 381, comma 2, c.p.p. l'applicazione della misura cautelare personale è disposta anche al di fuori dei limiti di pena previsti dagli artt. 274, comma 1, lett. c), e 280 c.p.p., nonché dell'art. 280, comma 1, c.p.p., nella parte in cui, nel prevedere i requisiti di applicazione delle misure coercitive, fa salvo il disposto dell'art. 391: «mediante le norme censurate, il legislatore ha ritenuto, non impropriamente, che possa essere esclusa la liberazione dell'arrestato ove specifiche esigenze cautelari impongano il mantenimento della restrizione della libertà personale, senza che, a tale esito, possano essere di impedimento soglie edittali più basse rispetto a quelle ordinarie, laddove i relativi delitti, come quelli tassativamente elencati dall'art. 381, comma 2, c.p.p., siano dal legislatore apprezzati come di particolare allarme sociale. (...) Nondimeno, la deroga censurata presenta profili problematici che, pur senza dare luogo ad una dichiarazione di illegittimità costituzionale, rende auspicabile un intervento del legislatore volto a ricondurre il rapporto tra misure precautelari e misure cautelari coercitive all'originario coordinamento quanto ai presupposti per la loro adozione».

Casistica

Droga

Con riferimento ad un arresto operato per il reato di coltivazione di organismi vegetali da cui è ricavabile sostanza stupefacente, Cass. III, n. 12954/2021 ha precisato che non poteva giustificare la non convalida dell'arresto la circostanza che, nella contestazione provvisoria, fosse stato indicato un ridotto numero di piante – per di più, a fronte della detenzione di una non indifferente quantità di semi di canapa indiana, di un bilancino e di una considerevole somma di danaro contante –, in quanto non è richiesta, in detta fase, la valutazione dell'assenza di tipicità criminale della condotta di coltivazione, che presuppone, fra l'altro, un'ulteriore attività investigativa volta ad escludere significativi indici di inserimento del “coltivatore” nel mercato illegale.

La valutazione del giudice sulla legittimità dell'arresto, pur non estendendosi all'accertamento dell'esistenza dei gravi indizi di colpevolezza, deve tuttavia avere ad oggetto la configurabilità in astratto del reato per cui si è proceduto all'arresto e la sua attribuibilità alla persona arrestata, quali condizioni legittimanti la privazione della libertà personale (Cass. III, n. 8422/2018: nella specie, la Corte ha annullato senza rinvio l'ordinanza di diniego di convalida dell'arresto per il reato di detenzione di sostanza stupefacente, ravvisando la sussistenza di elementi indicatori della finalità di spaccio dalla notevole quantità dello stupefacente, dallo stato di disoccupazione della persona arrestata e dalla mancanza di una versione difensiva alternativa).

In tema di convalida dell'arresto per il reato di detenzione di stupefacenti, non è necessario il preventivo esame del “narcotest”, indispensabile, invece, per qualificare la gravità indiziaria ai fini dell'emissione della misura cautelare, essendo sufficiente il riconoscimento della sostanza da parte degli operatori di polizia in base alla loro specifica esperienza (Cass. III, n. 30331/2021).

È manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 391, comma 5, in riferimento all'art. 3 Cost., nella parte in cui non consente la custodia cautelare in carcere per il reato di cui all'art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990, non permettendo di derogare, per i reati di cui al comma 1 dell'art. 381 c.p.p., tra cui rientra il suddetto, ai limiti di pena fissati dall'art. 280 c.p.p. (Cass. III, n. 31204/2019).

Evasione

In sede di convalida dell'arresto per il reato di evasione – non aggravato ex art. 385, comma secondo, c.p. – in conseguenza di violazioni delle prescrizioni concernenti gli arresti domiciliari, non è consentita l'applicazione della custodia cautelare in carcere, essendo tale reato punito con pena inferiore al limite di cui all'art. 275, comma 2-bis, c.p.p. (Cass. VI, n. 18856/2018: la S.C. ha precisato che non rilevano in senso contrario né la clausola con cui l'art. 275, comma 2-bis, fa salve le disposizioni eccezionali degli artt. 276, comma 1-ter, e 280, comma 3, c.p.p., riferendosi esse soltanto alla misura disposta in aggravamento di quella originaria, né l'art. 391, comma 5, che deroga ai limiti di pena degli artt. 274, comma 1, lett. c), e 280 c.p.p. in relazione ai delitti, compresa l'evasione, per cui l'arresto è consentito anche fuori della flagranza, essendo tale deroga inestensibile in malam partem al limite di pena stabilito dall'art. 275, comma 2-bis, cit.).

M.A.E.

In tema di mandato di arresto europeo, il controllo che l'art. 13 L. 22 aprile 2005 n. 69 demanda al presidente della Corte di appello in caso di arresto della persona ricercata il cui nominativo sia stato inserito nel sistema di informazione Shengen è diverso da quello previsto dall'art. 391, sia con riferimento ai termini per la convalida, sia con riguardo alle garanzie giurisdizionali, sia, infine, in ordine all'adozione della misura coercitiva, esaurendosi tale controllo in una verifica meramente cartolare che non influisce minimamente sull'esito del procedimento di consegna e sulla possibilità che nell'ambito di esso possa essere adottata una misura cautelare più adeguata alle esigenze del singolo caso e, in ogni caso, idonea ad assicurare la consegna della persona allo Stato di emissione (Cass. VI, n. 5547/2016).

La convalida dell'arresto eseguito ad iniziativa della polizia giudiziaria a carico della persona ricercata il cui nominativo sia stato inserito nel sistema di informazione Shengen può essere disposta anche all'esito di udienza alla quale l'arrestato non abbia potuto o voluto comparire, esaurendosi il controllo giurisdizionale in una verifica meramente cartolare funzionale a verificare che l'arresto non sia stato eseguito per errore di persona o fuori dai casi consentiti (Cass. fer., n. 24593/2020).

Non ricorre alcuna nullità nel caso in cui l'avviso della facoltà di nominare un difensore nello Stato che ha emesso il mandato sia dato alla persona della quale è chiesta la consegna dal giudice in sede di convalida, piuttosto che dalla polizia giudiziaria nell'immediatezza dell'arresto (Cass. VI, n. 52013/2018: la S.C. ha precisato che l'avviso integrativo dato dal giudice in base agli artt. 391, comma 2, e 294, comma 1-bis, c.p.p., rispettivamente per la fase dell'arresto e per quella dell'esecuzione dell'ordinanza cautelare, è uno strumento idoneo a garantire l'esercizio del diritto di difesa).

Profili processuali

 

L’impugnazione del provvedimento di convalida

Per la nozione di interesse all’impugnazione, e la relativa casistica, si rinvia sub art. 568.

Segue. I vizi deducibili

In sede di ricorso per cassazione contro il provvedimento di convalida dell'arresto (o, per medesima ratio, esclusi i riferimenti alla flagranza, del fermo) possono dedursi esclusivamente vizi di illegittimità, con riferimento, in particolare, al titolo del reato, all'esistenza o meno della flagranza e all'osservanza dei termini, rimanendo escluse le questioni relative ai vizi di motivazione inerenti alla sussistenza degli indizi di colpevolezza e delle esigenze cautelari (che vanno dedotti mediante l'impugnazione dell'eventuale ordinanza applicativa della custodia cautelare in carcere) e, più in generale, di quelli che attengono, in punto di fatto, al giudizio di merito inerente alla futura affermazione della responsabilità penale (Cass. VI, n. 38180/2010 e n. 21771/2016).

Segue. La valutazione sul pericolo di fuga in sede di legittimità

In tema di convalida del fermo, si è ritenuto che l'apprezzamento del pericolo di fuga – in quanto valutazione prognostica, “discrezionalmente vincolata” a specifici e concreti elementi di fatto, in ordine alla rilevante plausibilità che l'indagato, se lasciato in libertà, si sottragga alla pretesa di giustizia – è insindacabile in sede di legittimità, ove si caratterizzi per uno sviluppo argomentativo logico e consequenziale quanto al significato da attribuire, secondo canoni di ragionevolezza, alle emergenze procedimentali (Cass. II, n. 2935/2022).

Segue. L’annullamento dell’ordinanza in Cassazione

L'annullamento, su ricorso del P.M., dell'ordinanza di non convalida dell'arresto (o del fermo) va disposto senza rinvio, posto che il ricorso, avendo ad oggetto la rivisitazione di una fase ormai definitivamente perenta, è finalizzato esclusivamente alla definizione della correttezza dell'operato della polizia giudiziaria e l'eventuale rinvio solleciterebbe una pronuncia meramente formale, priva di ricadute quanto ad effetti giuridici (Cass. VI, n. 12691/2016; Cass. V, n. 21183/2017).

Gli effetti della nullità dell’udienza di convalida

La nullità dell'udienza di convalida dell'arresto non produce alcun effetto sull'udienza preliminare, le cui causa di nullità sono tassativamente indicate dalla legge (Cass. I, n. 41091/2012).

Altri profili processuali

La giurisprudenza ha chiarito che il giudice investito della convalida dell'arresto e del contestuale giudizio direttissimo deve in ogni caso provvedere, positivamente o negativamente, sulla richiesta di convalida, non potendo omettere di pronunciarsi su tale richiesta per la ritenuta insussistenza di taluno dei presupposti per l'instaurazione del giudizio direttissimo (Cass. IV, n. 105/2016: nella specie, la S.C. ha annullato con rinvio l'ordinanza che non aveva convalidato l'arresto sul presupposto che il reato commesso fosse più grave di quello contestato dal PM e che per esso occorresse procedere con rito ordinario).

Il ricorso per cassazione, esperibile contro il provvedimento del giudice per le indagini preliminari di mancata convalida dell'arresto o del fermo, non è consentito avverso il diniego di applicazione della misura cautelare, impugnabile dal pubblico ministero con l'appello al tribunale del riesame, ai sensi dell'art. 310, comma 1, c.p.p.; di conseguenza, qualora, con un unico ricorso, il pubblico ministero abbia impugnato entrambi i provvedimenti, il ricorso può essere deciso unicamente con riguardo alla mancata convalida, senza che, con riguardo al rigetto (anche implicito) della richiesta di misura, possa convertirsi in appello ai sensi dell'art. 568, comma 5, c.p.p. (Cass. I, n. 9524/2020).

In caso di convalida dell'arresto per un titolo di reato diverso da quello prospettato dal pubblico ministero ed applicazione di misura cautelare differente rispetto a quella richiesta, il pubblico ministero può impugnare il titolo di reato ritenuto congiuntamente alla misura cautelare emessa solo con appello al tribunale del riesame, ex art. 310 c.p.p., sicché l'eventuale ricorso per cassazione proposto va qualificato come gravame di appello, con trasmissione degli atti al giudice competente (Cass. II, n. 29224/2020).

È illegittimo il provvedimento con cui il Tribunale monocratico, investito della richiesta di convalida dell'arresto e di prosecuzione del procedimento con il giudizio direttissimo, ometta di pronunciarsi a causa dell'evasione dell'imputato dagli arresti domiciliari, disponendo la restituzione degli atti al P.M., in quanto la mancata presentazione dell'imputato all'udienza di convalida non costituisce impedimento alla convalida del provvedimento e alla prosecuzione del giudizio; ne consegue che, in tal caso, il Tribunale deve provvedere in ordine alla convalida, impregiudicata la trasformazione del rito a norma dell'art. 452 c.p.p. (Cass. VI, n. 3410/2011).  

Bibliografia

Cordero, Procedura penale, Milano, 1998, IV ed. V. anche sub art. 381.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario