Codice di Procedura Penale art. 391 bis - Colloquio, ricezione di dichiarazioni e assunzione di informazioni da parte del difensore (1) 1 .

Alessio Scarcella

Colloquio, ricezione di dichiarazioni e assunzione di informazioni da parte del difensore (1)1.

1. Salve le incompatibilità previste dall'articolo 197, comma 1, lettere c) e d), per acquisire notizie il difensore, il sostituto, gli investigatori privati autorizzati o i consulenti tecnici possono conferire con le persone in grado di riferire circostanze utili ai fini dell'attività investigativa. In questo caso, l'acquisizione delle notizie avviene attraverso un colloquio non documentato.

2. Il difensore o il sostituto possono inoltre chiedere alle persone di cui al comma 1 una dichiarazione scritta ovvero di rendere informazioni da documentare secondo le modalità previste dall'articolo 391-ter [371-ter c.p.].

3. In ogni caso, il difensore, il sostituto, gli investigatori privati autorizzati o i consulenti tecnici avvertono le persone indicate nel comma 1:

a) della propria qualità e dello scopo del colloquio;

b) se intendono semplicemente conferire ovvero ricevere dichiarazioni o assumere informazioni indicando, in tal caso, le modalità e la forma di documentazione;

c) dell'obbligo di dichiarare se sono sottoposte ad indagini o imputate nello stesso procedimento, in un procedimento connesso o per un reato collegato;

d) della facoltà di non rispondere o di non rendere la dichiarazione;

e) del divieto di rivelare le domande eventualmente formulate dalla polizia giudiziaria o dal pubblico ministero e le risposte date;

f) delle responsabilità penali conseguenti alla falsa dichiarazione [371-ter].

4. Alle persone già sentite dalla polizia giudiziaria o dal pubblico ministero non possono essere richieste notizie sulle domande formulate o sulle risposte date.

5. Per conferire, ricevere dichiarazioni o assumere informazioni da una persona sottoposta ad indagini o imputata nello stesso procedimento, in un procedimento connesso o per un reato collegato, è dato avviso, almeno ventiquattro ore prima, al suo difensore la cui presenza è necessaria. Se la persona è priva di difensore, il giudice, su richiesta del difensore che procede alle investigazioni, dispone la nomina di un difensore di ufficio ai sensi dell'articolo 97.

5-bis. Nei procedimenti per i delitti di cui all'articolo 351 comma 1-ter, il difensore, quando assume informazioni da persone minori, si avvale dell'ausilio di un esperto in psicologia o in psichiatria infantile (2)2.

6. Le dichiarazioni ricevute e le informazioni assunte in violazione di una delle disposizioni di cui ai commi precedenti non possono essere utilizzate [191]. La violazione di tali disposizioni costituisce illecito disciplinare ed è comunicata dal giudice che procede all'organo titolare del potere disciplinare.

7. Per conferire, ricevere dichiarazioni o assumere informazioni da persona detenuta, il difensore deve munirsi di specifica autorizzazione del giudice che procede nei confronti della stessa, sentiti il suo difensore ed il pubblico ministero. Prima dell'esercizio dell'azione penale l'autorizzazione è data dal giudice per le indagini preliminari. Durante l'esecuzione della pena provvede il magistrato di sorveglianza.

8. All'assunzione di informazioni non possono assistere la persona sottoposta alle indagini, la persona offesa e le altri parti private.

9. Il difensore o il sostituto interrompono l'assunzione di informazioni da parte della persona non imputata ovvero della persona non sottoposta ad indagini, qualora essa renda dichiarazioni dalle quali emergano indizi di reità a suo carico. Le precedenti dichiarazioni non possono essere utilizzate contro la persona che le ha rese.

10. Quando la persona in grado di riferire circostanze utili ai fini dell'attività investigativa abbia esercitato la facoltà di cui alla lettera d) del comma 3, il pubblico ministero, su richiesta del difensore, ne dispone l'audizione che fissa entro sette giorni dalla richiesta medesima. Tale disposizione non si applica nei confronti delle persone sottoposte ad indagini o imputate nello stesso procedimento e nei confronti delle persone sottoposte ad indagini o imputate in un diverso procedimento nelle ipotesi previste dall'articolo 210. L'audizione si svolge alla presenza del difensore che per primo formula le domande. Anche con riferimento alle informazioni richieste dal difensore si applicano le disposizioni dell'articolo 362 [371-bis c.p.].

11. Il difensore, in alternativa all'audizione di cui al comma 10, può chiedere che si proceda con incidente probatorio all'assunzione della testimonianza o all'esame della persona che abbia esercitato la facoltà di cui alla lettera d) del comma 3, anche al di fuori delle ipotesi previste dall'articolo 392, comma 1.

 

[1] Articolo inserito dall'art. 11, comma 1, l. 7 dicembre 2000, n. 397.

[2] Comma inserito dall'art. 5, l. 1° ottobre 2012, n. 172.

Inquadramento

Tra le attività di ricerca e di individuazione della prova che possono essere poste in essere, l'art. 391-bis menziona la possibilità per il difensore, il sostituto, gli investigatori privati autorizzati nonché i consulenti tecnici di conferire con le persone in grado di riferire circostanze utili ai fini dell'attività investigativa e di acquisire le notizie attraverso un colloquio non documentato.

Limiti soggettivi e ambito di operatività della norma

Profili generali

L'assunzione degli elementi di prova dichiarativi — nella triplice modalità del colloquio non documentato, della ricezione di dichiarazioni e dell'assunzione di informazioni — incontra alcuni limiti di carattere soggettivo, enucleabili dal richiamo dell'art. 391-bis, comma 1, alle incompatibilità previste dall'art. 197, comma 1, lett. c) e d).

È interdetta, pertanto — pena l'inutilizzabilità di quanto raccolto, ai sensi del successivo comma 6 — la ricezione o l'assunzione delle dichiarazioni del responsabile civile e della persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria; anche se, scattando tali qualifiche soggettive soltanto a seguito dell'esercizio dell'azione penale, il divieto in questione vale per le sole indagini difensive integrative e suppletive, non anche per quelle preventive e per quelle svolte nel corso delle indagini preliminari.

Le incompatibilità degli operatori giudiziari

Analogo discorso vale per coloro che nel medesimo procedimento svolgono o hanno svolto la funzione di giudice, p.m. o loro ausiliario, nonché per il difensore che abbia svolto attività di investigazione difensiva e per coloro che hanno formato la documentazione delle dichiarazioni e delle informazioni assunte ai sensi dell'art. 391-ter. Le ultime due ipotesi di incompatibilità tutelano il segreto difensivo di eventuali altre parti private, evitando che il difensore di queste, unitamente ai suoi sostituti o ausiliari, rivelino fatti ad esse sfavorevoli conosciuti nel corso di proprie investigazioni difensive. Tale incompatibilità non è invece prevista per l'investigatore privato autorizzato (abilitato, peraltro, al solo colloquio non documentato), nel caso in cui esso non invochi il segreto professionale di cui all'art. 200.

La Corte di Cassazione è di recente intervenuta in materia affermando che le dichiarazioni rilasciate all'investigatore privato incaricato dalla compagnia assicuratrice sono utilizzabili, non essendo applicabile il divieto di cui all'art. 195, comma 4, c.p.p.; inoltre, non trattandosi di dichiarazioni assunte dal difensore dell'indagato nell'ambito di attività d'investigazione difensiva non trova applicazione in relazione ad esse la disciplina prevista dall'art. 391-bis. Il conferimento dell'incarico di analizzare la dinamica del sinistro da parte della compagnia assicuratrice all'investigatore privato non soggiace, infine, al regime previsto per l' attività di investigazione preventiva dall'art. 391-nonies, c.p.p.. Ne consegue che le dichiarazioni eventualmente rese dalla persona che assumerà la veste di indagato all'investigatore delegato non devono essere garantite dalla somministrazione degli avvisi, configurandosi come dichiarazioni extraprocedimentali, sempre utilizzabili in sede processuale, sebbene valutabili secondo le regole che governano il mezzo di prova che le immette nel processo (Cass. II, n. 30355/2018).

Le incompatibilità imposte dalla normativa deontologica

Ulteriore limite di carattere soggettivo è rinvenibile nella normativa deontologica: infatti, l'art. 11 delle Regole di comportamento del penalista nelle investigazioni difensive fa divieto ai soggetti della difesa di applicare le disposizioni degli artt. 391-bis e ter, c.p. nei confronti della persona assistita, in considerazione dell'attività processualmente «incestuosa» che in tal modo si porrebbe in essere. La violazione di quest'ultimo divieto, peraltro, non è assistita da alcuna sanzione processuale.

La facoltà di nominare sostituti

Sotto, diverso profilo, nessun limite di carattere soggettivo è, invece, rinvenibile quanto alla facoltà del difensore di nominare propri sostituti al compimento delle attività disciplinate dalla norma in commento. Nell'ipotesi in cui il difensore si avvalga di investigatori privati autorizzati l'attività di acquisizione è circoscritta, dalla stessa norma, alla sola forma del colloquio non documentato.

L'espresso richiamo contenuto nell'art. 391-nonies, estende l'ambito di operatività dell'attività investigativa prevista dall'art. 391-bis anche al difensore che abbia ricevuto apposito mandato «per l'eventualità che si instauri un procedimento penale».

Il «contatto» con la fonte di prova

Profili generali

Nessuna norma impone al difensore e al sostituto, nonché (nel caso di colloquio non documentato) all'investigatore privato autorizzato e al consulente tecnico particolari formalità nell'invito della fonte di prova a rendere la dichiarazione, anche se per l'art. 10 delle "Regole di comportamento del penalista" la forma scritta è ritenuta preferibile. È possibile colmare la lacuna legislativa applicando, in quanto compatibile, l'art. 142 disp. att., relativo alla citazione dei testimoni: per cui, l'atto di convocazione della persona informata sui fatti deve essere notificato a mezzo di ufficiale giudiziario oppure mediante raccomandata con avviso di ricevimento, con indicazione delle generalità e del domicilio del soggetto della difesa, del giorno, dell'ora e del luogo della presentazione e degli avvertimenti di cui all'art. 391-bis, comma 3.

Detto adempimento diviene fondamentale per desumere, dalla mancata presentazione della persona invitata, la volontà di questa di non rispondere o di non rendere la dichiarazione, con eventuale conseguente azionamento dei rimedi di cui all'art. 391-bis, commi 10 e 11. Infatti, in caso di mancata presentazione della persona nel giorno e nel luogo indicati nell'invito, in sede di richiesta di audizione dinanzi al p.m. o al giudice basterà allegare alla la lettera di convocazione inviata, unitamente all'avviso di ricevimento, per provare — quanto meno per facta concludentia — l'esercizio della suddetta facoltà da parte della persona informata sui fatti.

La forma scritta per l'assunzione della persona offesa

Nel caso, invece, in cui si vogliano ricevere o assumere informazioni dalla persona offesa, a norma del medesimo art. 10 delle "Regole di comportamento del penalista" l'invito scritto diventa doveroso. In tale ipotesi, analogo invito deve essere inviato almeno ventiquattro ore prima al difensore di questa, nel caso in cui risulti già nominato. Se poi la persona offesa non risulta al momento assistita da alcun difensore, nell'invito è indicata l'opportunità che comunque un difensore sia consultato e intervenga all'atto. Ugualmente (dunque, mediante invito scritto) deve provvedersi nei confronti del dichiarante minorenne, con contemporanea comunicazione dell'invito all'esercente la potestà genitoriale e con avviso della facoltà di intervenire all'atto.

La giurisprudenza, si noti, disattendendo la tesi secondo cui la persona offesa non rientrerebbe tra le «persone in grado di riferire circostanze utili ai fini dell'attività investigativa», cui il difensore può richiedere il rilascio di sommarie informazioni ai sensi dell'art. 391-bis, ha ritenuto che non sono affetti da nullità o inutilizzabilità i verbali di dichiarazioni rese dalla persona offesa al proprio difensore in sede di investigazioni difensive (Cass. III, n. 33898/2010).

La libertà di forma per i soggetti di cui all'art. 210 c.p.p.

La libertà nelle forme dell'invito vale pure per la persona indagata o imputata nello stesso procedimento ovvero in procedimento connesso o per un reato collegato, ma la forma scritta diviene necessaria nei confronti del difensore di tali soggetti, cui deve essere dato avviso, almeno ventiquattro ore prima, dello svolgimento dell'atto (art. 391-bis, comma 5), con richiesta di nomina di difensore d'ufficio al giudice procedente nel caso in cui la persona da sentire ne sia priva. In tali ipotesi, la presenza del difensore del dichiarante è necessaria, pena l'inutilizzabilità dell'atto.

La giurisprudenza ritiene, però, che l'avviso ai prossimi congiunti dell'imputato in ordine alla facoltà degli stessi di astenersi dal testimoniare va loro rivolto, a pena di nullità, anche in sede di sommarie informazioni rese al difensore ex art. 391-bis (Cass. III, n. 41484/2013; Cass. III, n. 46682/2009).

Il colloquio non documentato

Non presenta particolari risvolti di carattere interpretativo l'istituto del colloquio non documentato, strumento di indagine a carattere esplorativo, finalizzato all'acquisizione di informazioni ad utilizzo meramente interno ovvero, al massimo, funzionale alla valutazione della portata e della utilità conoscitiva della persona interpellata. Anche in tale ipotesi, tuttavia, il difensore, il sostituto, l'investigatore privato autorizzato o il consulente tecnico (tali sono, infatti, i soggetti abilitati al colloquio non documentato) devono procedere alla lettura degli avvertimenti di cui al successivo art. 391-bis, comma 4, in quanto, a norma della stessa disposizione, l'adempimento in questione deve essere effettuato «in ogni caso».

Gli avvertimenti: a) le modalità di verbalizzazione

Profili generali

A tutela dei diritti del dichiarante e della segretezza dell'indagine pubblica sono dettati gli avvertimenti di cui all'art. 391-bis, comma 3, la cui avvenuta effettuazione deve essere analiticamente documentata nel verbale.

Così ritiene la giurisprudenza maggioritaria, secondo cui, in tema di indagini difensive, sono inutilizzabili le dichiarazioni scritte raccolte dal difensore, ai sensi dell'art. 391-bis, comma 2, senza la verbalizzazione analitica degli avvertimenti elencati all'art. 391-bis, comma 3, che il medesimo è tenuto a rivolgere al dichiarante (Cass. I, n. 36036/2013). Mentre in alcuni casi è stata ritenuta sufficiente la seguente attestazione informale, contenuta nei verbali redatti dal difensore «il dichiarante viene edotto delle facoltà di legge e di quanto disposto con gli artt. 391-bis e 391-ter, di cui si dà lettura e che ha facoltà di non rispondere» (Cass. II, n. 43473/2002), diversamente si è affermato che non può essere ritenuta sufficiente detta semplice attestazione in merito effettuata dal difensore exart. 391-ter, comma 1, lett. c), atteso che non sussistono ragioni per differenziare l'attività del difensore da quella analoga posta in essere dal giudice o dal p.m. (Cass. III, n. 2017/2003; Cass. fer., n. 34554/2003). Si è peraltro specificato che sono inutilizzabili, perché assunte in violazione delle modalità previste dall'art. 391-ter, comma 3, le informazioni documentate nel verbale mancante di sottoscrizione alla fine di ogni foglio (Cass. II, n. 6524/2011).

Il principio è stato anche di recente ribadito dalla S.C. che - in una fattispecie relativa alla trasmissione, da parte del difensore, di una e-mail al teste contenente un elenco di domande precedute dai menzionati avvisi e alla successiva trasmissione al difensore, da parte del teste, di altra e-mail contenente le relative risposte e copia del proprio documento identificativo – ha ribadito che la ricezione di dichiarazioni con modalità inidonee ad assicurare la previa identificazione del soggetto dichiarante e l'adeguata spiegazione allo stesso del significato degli avvisi previsti dall'art. 391-bis c.p.p. determina l'inutilizzabilità delle stesse (Cass. III, n. 32649/2021).

È stata ritenuta manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale — per contrasto con il diritto di difesa di cui all'art. 24 Cost. e con il principio di parità delle parti processuali di cui all'art. 111, comma secondo, Cost. — del combinato disposto degli artt. 391-bis, comma 6 e 391-ter, comma 1, lett. c), nella parte in cui sancisce l'inutilizzabilità delle investigazioni difensive in caso di omessa specifica elencazione degli avvisi a chi rende dichiarazioni scritte, in assenza di analoga previsione e sanzione per le informazioni assunte dalla pubblica accusa, attesa anche la diversità dei ruoli, sotto il profilo istituzionale e funzionale, del pubblico ministero e del difensore (Cass. I, n. 36036/2013).

Analogamente, è stata ritenuta manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 351, comma 1-ter, in relazione all'art. 3 Cost. nella parte in cui non prevede la sanzione dell'inutilizzabilità delle dichiarazioni rese dal minore alla polizia giudiziaria senza la presenza di un esperto psicologo o psichiatra infantile, come invece disposto dall'art. 391-bis, comma 6, per quelle acquisite nel corso di investigazioni difensive, trattandosi di situazioni oggettivamente differenti la cui diversa disciplina rientra nell'ambito riservato alla discrezionalità del legislatore (Cass. III, n. 22754/2018).

La Cassazione si è occupata si recente anche del tema dell'attendibilità delle dichiarazioni assunte dal difensore in sede di indagini difensive prodotte nel corso del procedimento di riesame. Sul punto, la Corte ha chiarito che l'attendibilità delle dichiarazioni rese dalla persona informata sui fatti non può essere data per presupposta, ma deve essere valutata in concreto, tenendo conto del suo grado di coinvolgimento nei fatti di causa, del conseguente interesse rispetto all'esito del procedimento, del se, nel momento in cui ha reso le dichiarazioni, fosse o meno a conoscenza che l'ordinanza cautelare era stata emessa anche valorizzando sul piano accusatorio i suoi rapporti con l'indagato. (Fattispecie in cui l'ordinanza cautelare aveva evidenziato il fatto che l'indagato aveva esercitato pressioni nei confronti del dichiarante, al fine di favorire l'assunzione in una cooperativa di pulizie di persone legate all'associazione mafiosa: Cass. VI, n. 9386/2018).

Segue: b) i singoli avvertimenti

Mediante il primo avvertimento di cui all'art. 391-bis, comma 3, la persona da sentire è informata della qualità di chi procede all'atto e dello scopo del colloquio. Per cui, il difensore documenta la propria qualità esibendo una copia della dichiarazione di nomina, ovvero del mandato ex art. 391-nonies, in caso di investigazioni preventive; il sostituto, l'investigatore privato o il consulente tecnico esibiscono l'atto con cui il difensore li ha incaricati di svolgere l'indagine. Quanto invece allo scopo, i soggetti della difesa devono rendere noto alla persona che il colloquio mira ad acquisire notizie utili all'assistito in un procedimento penale già instaurato o da instaurare, segnalando quale ruolo l'assistito assume o assumerebbe in esso.

Il secondo avvertimento

Non presenta particolari difficoltà interpretative il secondo avvertimento, che si sostanzia nella richiesta alla persona da sentire circa la scelta del modulo «comunicativo» da adottare nella raccolta delle dichiarazioni. La necessaria indicazione delle modalità e delle forme di documentazione è invece dettata a tutela della fedeltà rappresentativa del verbale, che è atto pubblico al pari degli altri verbali del processo.

Sul tema sono intervenute le Sezioni Unite della Corte di cassazione, Sotto un diverso profilo sono intervenute le Sezioni Unite della Corte di cassazione, le quali, chiamate a dirimere un contrasto potenziale, hanno affermato che integra il reato di falsità ideologica in atto pubblico (art. 479 c.p.) la condotta del difensore che documenta e poi utilizza processualmente le informazioni delle persone in grado di riferire circostanze utili alla attività investigativa, verbalizzate in modo incompleto o non fedele, in quanto l'atto ha la stessa natura e gli stessi effetti processuali del corrispondente verbale redatto dal p.m. (Cass. S.U., n. 32009/2006).

Il terzo avvertimento

L'avvertimento circa l'obbligo della persona informata sui fatti di dichiarare se essa è sottoposta ad indagini o imputata nello stesso procedimento, in un procedimento connesso o per un reato collegato (art. 391-bis, comma 3, lett. c) è funzionale all'eventuale applicazione, nel caso in cui la risposta sia positiva, della garanzia della presenza del difensore di cui al successivo comma 5.

Problemi sorgono, peraltro, nel caso in cui il dichiarante, inconsapevolmente oppure scientemente, non dichiari la sua qualità. Da un lato può sostenersi che da tale ipotesi discenda la inutilizzabilità delle dichiarazioni raccolte; dall'altro, contrariamente potrebbe però sostenersi che le suddette dichiarazioni sono comunque utilizzabili a favore della persona nel cui interesse l'atto di indagine è stato compiuto, a condizione che il difensore abbia rivolto l'avvertimento in parola. Detta soluzione parrebbe quella più corretta, ciò in quanto l'art. 391-bis, comma 6, collega l'inutilizzabilità delle violazioni consapevoli di chi compie l'atto, non a quelle derivanti dall'inosservanza di un obbligo da parte dell'interpellato.

Non è invece applicabile in tale sede l'ulteriore avvertimento di cui all'art. 64, circa le dichiarazioni concernenti la responsabilità di altri nei confronti della persona imputata in un procedimento connesso ex art. 12 lett. c) o collegato ex art. 371, comma 2, lett. b): in tale ipotesi, pertanto, il soggetto che renda dichiarazioni erga alios non assumerà la qualifica di testimone in ordine a tali fatti.

Secondo la giurisprudenza, invece, alle dichiarazioni assunte dal difensore dell'indagato nell'ambito di attività di investigazione difensiva si applica la disciplina prevista dall'art. 63 (Cass. II, n. 47394/2007).

Il quarto avvertimento

All'ulteriore avvertimento circa la facoltà di non rispondere o di non rendere la dichiarazione (art. 391-bis, comma 3, lett. d), facoltà che può essere esercitata anche in relazione a singole domande o a determinati aspetti dell'intervista, si aggiungono quelli previsti dalle citate Regole di comportamento del penalista.

E così, se si tratta di prossimo congiunto di un imputato o di una persona sottoposta alle indagini, il dichiarante è avvertito che, anche in ragione di tale rapporto, esso ha facoltà di non rispondere o di non rendere la dichiarazione (art. 9, comma 5). L'omissione di tale avvertimento non genera, tuttavia, alcuna irregolarità dell'atto: in primis, poiché l'art. 391-bis non lo richiede espressamente, né in tale sede è analogicamente applicabile l'art. 199, che regola la facoltà di astensione dei prossimi congiunti; in secondo luogo, poiché detta facoltà è comunque «coperta» da quella prevista dalla lett. d dell'art. 391-bis, applicabile ad ogni categoria di dichiaranti.

I residui divieti

Il divieto di rivelare le domande formulate alla persona dalla p.g. o dal p.m. e le risposte date, stabilito a tutela della segretezza della strategia investigativa della pubblica accusa, si correla con il divieto sancito dall'art. 391-bis, comma 4 per il difensore, il quale non può esaminare la persona sulle domande formulatele dalla p.g. o dal p.m. e sulle risposte date.

Speculare divieto, del resto, è stato previsto nel caso di assunzione di informazioni da parte del p.m. (art. 362), il quale, per l'appunto, non può chiedere informazioni sulle domande formulate e sulle risposte date alle persone già sentite dal difensore, ma ha pur sempre la possibilità di rivolgere alle stesse domande pertinenti al medesimo tema di indagine (Cass. VI, n. 10776/2009).

Le investigazioni difensive all'estero

Sono inutilizzabili gli atti raccolti dal difensore attraverso investigazioni dallo stesso compiute all'estero, giacché, secondo i principi generali del codice di procedura penale, i risultati di attività di acquisizione probatoria svolta all'estero sono utilizzabili solo attraverso l'espletamento di rogatoria, cui non può fare ricorso il difensore (Cass. I, n. 23967/2007).

La Corte ha altresì chiarito che l'atto notarile contenente le dichiarazioni rese da un funzionario di polizia di uno Stato estero, acquisito nel corso del giudizio su richiesta della difesa, costituisce una dichiarazione scritta ai sensi dell'art. 391-bis, comma 2, inutilizzabile ove non siano stati dati gli avvertimenti previsti dal comma 3 della stessa disposizione, ovvero nel caso in cui siano state disattese le modalità di documentazione di cui all'art. 391-ter . (Fattispecie in cui la Corte ha affermato l'inutilizzabilità del suddetto atto nel giudizio abbreviato: Cass. III, n. 24320/2018).

Lo svolgimento dell'atto

I dichiaranti detenuti

Per quanto riguarda i dichiaranti detenuti, per conferire, ricevere dichiarazioni o assumere informazioni da essi il difensore deve munirsi di specifica autorizzazione dal giudice procedente (art. 391-bis, comma 7).

Data la delicatezza della situazione, si desume dalla norma che a procedere a tale raccolta di dichiarazioni possa essere il solo difensore, non anche gli altri soggetti abilitati in via generale al compimento delle attività di cui all'art. 391-bis. Nel caso in cui il titolo detentivo del dichiarante si riferisca ad un procedimento penale nel quale l'azione penale non è stata ancora esercitata, detta autorizzazione è rilasciata dal g.i.p., ovvero dal magistrato di sorveglianza nel corso dell'esecuzione della pena. Nonostante il provvedimento autorizzativo del magistrato non possa entrare nel merito della richiesta del difensore (fatta salva la verifica circa la legittimazione del difensore all'esperimento dell'atto, che quest'ultimo deve documentare in sede di richiesta di autorizzazione), il procedimento funzionale al suo rilascio appare di una certa complessità, poiché è prevista dal medesimo art. 391-bis, comma 7, la previa acquisizione, da parte del giudice procedente, del parere (non vincolante) del p.m. e del difensore del dichiarante. Il che potrebbe dare luogo ad un appesantimento dei tempi di rilascio dell'autorizzazione, non essendo previsto dalla norma né un termine entro il quale il difensore e il p.m. devono provvedere, né il potere del giudice di autorizzare l'accesso del difensore nell'istituto di pena anche senza il parere dei due soggetti. Nulla esclude, comunque, che il giudice, all'atto della richiesta di parere, fissi un termine congruo entro il quale essi devono provvedere, spirato il quale provvederà comunque al rilascio dell'autorizzazione.

Il divieto di presenziare dell'indagato, p.o. e parti private

Nel verbale ex art. 391-ter, comma 3, è poi opportuno che si dia atto che, all'assunzione di informazioni, non hanno assistito la persona sottoposta alle indagini, la persona offesa e le altre parti private (divieto, questo, esplicitamente imposto dall'art. 391-bis, comma 8).

La violazione di tale prescrizione, pur non coperta dalla sanzione di inutilizzabilità di cui all'art. 391-bis, comma 6 (che fa riferimento, infatti, alle violazioni di una delle disposizioni di cui ai commi precedenti, non anche a quelli successivi) ben potrebbe farsi ricomprendere, comunque, nella cornice generale di cui all'art. 191.

Nel caso in cui il dichiarante non indagato o imputato, nel corso dell'audizione, renda dichiarazioni dalle quali emergono indizi di reità a suo carico, il difensore o il sostituto interrompono l'assunzione di informazioni. Nessun obbligo di denuncia grava sul difensore o sul sostituto, in tal senso esonerati giusta la disposizione di cui all'art. 334-bis; le precedenti dichiarazioni, poi, non possono essere utilizzate contro la persona che le ha rese. Esse, tuttavia, sono utilizzabili a favore del soggetto nel cui interesse è svolta l'indagine difensiva.

L'emersione di indizi nel corso dell'esame del difensore

Il difensore, interrotto l'esame perché ha ravvisato indizi a carico della persona escussa, non può continuarlo nelle forme dell'art. 391-bis, comma 5, vale a dire alla presenza del difensore del dichiarante.

Ciò discende dal fatto che lo status di (co)indagato si acquisisce nel momento in cui l'ufficiale di p.g. o il p.m. esprimono una valutazione di attendibilità circa l'attribuzione di un fatto di reato ad una persona, indipendentemente dall'iscrizione del nome di questa nel registro delle notizie di reato. Se, infine, indizi di reità emergono nel corso del colloquio non documentato, tale colloquio non deve essere necessariamente interrotto, giacché i relativi risultati non assumono valenza processuale.

L'assunzione di informazioni da persona minorenne

Il nuovo comma 5-bis, aggiunto dall'art. 5, comma 1, lett. f), l. n. 172/2012, attuativa della c.d. Convenzione di Lanzarote, prevede oggi espressamente che nei procedimenti per i delitti di cui all'articolo 351, comma 1-ter (ossia nei procedimenti per i delitti previsti dagli artt. 572, 600, 600-bis, 600-ter, 600-quater, 600-quater.1, 600-quinquies, 601, 602, 609-bis, 609-quater, 609-quinquies, 609-octies, 609-undecies e 612-bis c.p.) il difensore, quando assume informazioni da persone minori, si avvale dell'ausilio di un esperto in psicologia o in psichiatria infantile.

I rimedi contro il rifiuto del dichiarante di non rispondere o di non rendere la dichiarazione

a) La richiesta di audizione dinanzi al p.m.

Ai sensi dell'art. 391-bis, comma 10, quando la persona in grado di riferire circostanze utili ai fini dell'attività investigativa abbia esercitato la facoltà di non rispondere o di non rendere la dichiarazione, il p.m., su richiesta del difensore, ne dispone l'audizione che fissa entro sette giorni dalla richiesta.

Lo strumento in questione è attivabile dalla difesa anche in caso di diniego implicito da parte del dichiarante (quando, cioè lo stesso non abbia risposto positivamente all'invito del difensore) ed anche quando esso abbia deciso di non rispondere soltanto ad alcune delle domande postegli dal soggetto della difesa.

La disposizione dell'audizione da parte del p.m. è suscettibile di delega alla p.g. e le dichiarazioni raccolte costituiscono a tutti gli effetti atti del pubblico ministero, con il conseguente inserimento nel fascicolo del P.m. e non in quello del difensore (Cass. III, n. 21092/2007).

Il termine di sette giorni è da intendersi meramente ordinatorio.

L'audizione si svolge alla presenza del difensore, che per primo formula le domande.

In sede di richiesta, comunque, è necessario che il difensore specifichi l'oggetto dell'audizione, indicando gli argomenti sui quali si intendono sentire i soggetti indicati nell'art. 391-bis, comma 1 (Cass. VI, n. 28079/2004) e ciò per consentire al p.m. di partecipare avendo conoscenza, sia pure per grandi linee, del tema probatorio oggetto dell'assunzione di informazioni.

Sul punto, deve segnalarsi la pronuncia con la quale la Suprema Corte ha stabilito che la richiesta al pubblico ministero di disporre l'audizione della persona informata su fatti di interesse per l'investigazione del difensore, che si sia avvalsa della facoltà di non rendere dichiarazioni, deve indicare le circostanze in relazione alle quali si vuole che la persona sia sentita e le ragioni per le quali si ritiene che esse siano utili alle indagini, con la conseguenza che, in difetto di tali indicazioni, il pubblico ministero non ha l'obbligo di provvedere (Cass. II, n. 40232/2006).

Il p.m. ha, da un lato, il potere di rigettare la richiesta di audizione da parte del difensore delle persone indagate o imputate nel medesimo procedimento o in un procedimento connesso o per reato collegato, ipotesi nelle quali l'azionabilità del meccanismo in questione è esplicitamente esclusa dallo stesso art. 391-bis, comma 10; dall'altro, ha il potere, nel momento in cui gli venga avanzata la richiesta, di emettere decreto di segretazione ex art. 391-quinquies e, conseguentemente, di respingere la richiesta.

b) La richiesta di incidente probatorio

Il difensore, in alternativa all'audizione dinanzi al p.m., può chiedere che si proceda con incidente probatorio all'assunzione della testimonianza o all'esame della persona che ha esercitato la facoltà di non rispondere o di non rendere la dichiarazione, anche al di fuori delle ipotesi previste dall'art. 392, comma 1.

Trattasi di incidente probatorio «anomalo», in quanto non giustificato dalla presenza del c.d. «pericolo nel ritardo».

Ne deriva che, all'atto della richiesta, il difensore (non solo dell'indagato-imputato, ma anche della persona offesa) non dovrà allegare le circostanze che, a norma dell'art. 392, rendono la prova non rinviabile al dibattimento (art. 393, comma 1, lett. c).

Ulteriore conseguenza è che i poteri del giudice in ordine alla declaratoria di inammissibilità ovvero di rigetto della richiesta saranno molto più ristretti rispetto all'incidente probatorio «ordinario», quest'ultimo ancorato a presupposti affatto diversi. Secondo la giurisprudenza, comunque, l'ordinanza di rigetto da parte del g.i.p. della richiesta di assumere con incidente probatorio la testimonianza di soggetto rifiutatosi di rendere dichiarazioni scritte o informazioni non è soggetta a gravame, stante il principio di tassatività delle impugnazioni e l'esigenza di speditezza della procedura, rimanendo altresì esclusa la sua qualificabilità quale provvedimento abnorme (con conseguente possibilità di impugnarla con ricorso per cassazione), dal momento che essa, a prescindere dalla eventuale erroneità della decisione o della relativa motivazione, non può dirsi avulsa dall'intero ordinamento processuale (c.d. abnormità strutturale), né adottata al di fuori dei casi consentiti e dalle ipotesi previste, tanto da determinare una stasi irrimediabile del processo (c.d. abnormità funzionale) (Cass. III, n. 20130/2002; Cass. fer., n. 35729/2013).

Si è peraltro precisato che la richiesta, effettuata ai sensi dell'art. 391-bis, comma 11, non presuppone alcun automatismo, implicando una valutazione positiva del giudice circa la rilevanza ai fini investigativi delle circostanze in relazione alle quali si vuole che la persona sia sentita (Cass. III, n. 1399/2011).

Casistica

Le possibili inutilizzabilità: riepilogo

Con riferimento alla disciplina dettata dall'art. 391-bis, la inutilizzabilità si manifesta:

a) per la ricezione o l'assunzione delle dichiarazioni del responsabile civile e della persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria;

b) se non è presente il difensore del dichiarante della persona indagata o imputata nello stesso procedimento ovvero in procedimento connesso o per un reato collegato;

c) per le dichiarazioni scritte raccolte dal difensore senza la verbalizzazione analitica degli avvertimenti che il medesimo è tenuto a rivolgere al dichiarante;

d) per le informazioni documentate nel verbale mancante di sottoscrizione alla fine di ogni foglio, in quanto assunte in violazione delle modalità previste dall'art. 391-ter, comma 3;

e) per gli atti raccolti dal difensore attraverso investigazioni dallo stesso compiute all'estero;

f) se nel verbale non viene dato atto che, all'assunzione delle informazioni, non hanno assistito la persona sottoposta alle indagini, la persona offesa e le altre parti private.

Bibliografia

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