Codice di Procedura Penale art. 411 - Altri casi di archiviazione.

Enrico Campoli

Altri casi di archiviazione.

1. Le disposizioni degli articoli 408, 409, 410 e 410-bis si applicano anche quando risulta che manca una condizione di procedibilità [345], che la persona sottoposta alle indagini non é punibile ai sensi dell'articolo 131-bis del codice penale per particolare tenuità del fatto, che il reato è estinto [150 s. c.p.] o che il fatto non è previsto dalla legge come reato [425] 12.

1-bis. Se l'archiviazione é richiesta per particolare tenuità del fatto, il pubblico ministero deve darne avviso alla persona sottoposta alle indagini e alla persona offesa, precisando che, nel termine di dieci giorni, possono prendere visione degli atti e presentare opposizione in cui indicare, a pena di inammissibilità, le ragioni del dissenso rispetto alla richiesta. Il giudice, se l'opposizione non é inammissibile, procede ai sensi dell'articolo 409, comma 2, e, dopo avere sentito le parti, se accoglie la richiesta, provvede con ordinanza. In mancanza di opposizione, o quando questa é inammissibile, il giudice procede senza formalità e, se accoglie la richiesta di archiviazione, pronuncia decreto motivato. Nei casi in cui non accoglie la richiesta il giudice restituisce gli atti al pubblico ministero, eventualmente provvedendo ai sensi dell'articolo 409, commi 4 e 5 3.

 

[1] L'art. 2 d.lgs. 16 marzo 2015, n. 28 ha inserito la frase «che la persona sottoposta alle indagini non é punibile ai sensi dell'articolo 131-bis del codice penale per particolare tenuità del fatto». Successivamente le parole «degli articoli 408, 409, 410 e 410-bis» sono state sostituite alle parole «degli articoli 408, 409 e 410» dall’art. 1, comma 34, l. 23 giugno 2017, n. 103. Ai sensi dell’art. 1,  comma 95, l. n.103, cit., la stessa legge entra in vigore il trentesimo giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale (G.U. n. 154 del 4 luglio 2017).

[2] Per i procedimenti relativi a reati di competenza del giudice di pace, v. art. 34, d.lg. 28 agosto 2000, n. 274.

[3] Comma aggiunto dall'art. 2 d.lg. 16 marzo 2015, n. 28.

Inquadramento

L'art. 411 costituisce la necessaria integrazione delle norme che lo precedono e che espressamente, e significativamente, esso richiama.

Mentre l'art. 409 c.p.p. ha ad oggetto l'infondatezza della notizia di reato, l'art. 411 prende in considerazione tutte le altre ipotesi in cui il pubblico ministero, all'esito delle indagini preliminari, si determini per il non esercizio dell'azione penale inoltrando al giudice per le indagini preliminari richiesta di archiviazione.

Oltre all'archiviazione per mancanza di una condizione di procedibilità, o perché il reato è estinto o perché il fatto non è previsto dalla legge come reato, il legislatore ha introdotto, di recente, anche quella per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.), provvedendo a regolamentare tale ipotesi speciale anche sotto il profilo procedurale.

L’art. 411 – con l’approvazione della l. n. 103/2017 - viene novellato (comma 1) solo in forza del richiamo nominalistico dell’art. 410-bis dovendosi necessariamente contemplare anche esso nel novero delle disposizioni che riguardano le ipotesi residuali di archiviazione.

Le altre cause di archiviazione

Profili generali

Per quanto apparentemente residuale tale norma trova ampio spazio applicativo nella prassi quotidiana degli uffici giudiziari.

Essa, difatti, include, oltre all'archiviazione per estinzione del reato, — tra le cui cause è, di rilevante applicazione, la decorrenza dei tempi della prescrizione —, anche quella, di recente introduzione, della particolare tenuità del fatto.

Altre cause di archiviazione

Il controllo dell'obbligatorietà dell'azione penale riguarda necessariamente anche le altre cause a mezzo delle quali il pubblico ministero può determinarsi a richiedere l'archiviazione del procedimento.

Un erroneo calcolo della prescrizione può, difatti, determinare un'illegittima archiviazione del procedimento, così come ciò può trovare causa in altri tipi di valutazione riguardanti le condizioni di procedibilità — (es.: tempestività o meno della querela).

Anche in sede di archiviazione per prescrizione del reato il giudice per le indagini preliminari deve pronunciarsi in merito ai beni in sequestro, provvedendo o alle confische obbligatorie, — quelle cioè sancite dall'art. 240, o da leggi speciali —, ovvero, alla restituzione, quando pur in presenza di una richiesta del pubblico ministero di applicazione della misura di sicurezza patrimoniale, ritenga che non ne ricorrano le condizioni.

Il regime processuale applicabile alle altre cause di archiviazione

Profili generali

Fatta salva l'ipotesi della non punibilità per particolare tenuità del fatto, — in relazione alla quale il legislatore ha creato una speciale regolamentazione, solo parzialmente conforme al regime processuale riguardante tutti gli altri casi di archiviazione —, la richiesta di archiviazione formulata ex art. 411, comma 1, trova la sua scansione procedimentale negli artt. 408, 409 e 410.

Violenza di genere

È da ritenere, in seguito all'introduzione dell'art. 408, comma 3-bis, che in tutti i casi in cui in relazione ai reati della cd. violenza di genere, — vedi, sul punto, Cass. S.U., n. 10959/2016 —, il pubblico ministero si dovesse determinare alla richiesta di archiviazione per una delle ipotesi residuali di cui all'art. 411 (estinzione del reato; carenza della condizione di procedibilità; etc.) dovrà, comunque, dar luogo, così come sancito per le ipotedi di infondatezza della notizia di reato, alla notifica di tale avviso alla persona offesa — a prescindere dal fatto che quest'ultima lo abbia richiesto — e quest'ultima avrà un termine più ampio, venti giorni, rispetto a quello ordinario di dieci, per formulare opposizione.

L'archiviazione per particolare tenuità del fatto: differenze ed analogie di disciplina

Profili generali

Con il d.lgs. n. 28/2015 è stata introdotta nel nostro ordinamento una speciale causa di non punibilità, quella della particolare tenuità del fatto – (Con la riforma Cartabia tale deflazione è stata ulteriormente incentivata con profonde innovazioni estensive da parte del Legislatore).

Per rendere applicabile tale causa di non punibilità anche in sede di archiviazione, — per gli evidenti aspetti deflattivi che la stessa può implicare —, il legislatore, anziché determinarsi per la pronuncia di non luogo a procedere durante le indagini, come nel processo minorile, ha introdotto nell'ambito dell'art. 411, il comma 1-bis che detta regole peculiari.

L'opzione del legislatore è stata quella di introdurre un contraddittorio argomentativo consentendo all'indagato di poter contrastare la richiesta di archiviazione per particolare tenuità del fatto formulata dal pubblico ministero ma senza concedergli un diritto di veto sulla decisione del giudice.

L'avviso all'indagato

È stata espressamente prevista la necessità di dare avviso alla persona sottoposta alle indagini della richiesta del pubblico ministero di definire il procedimento con l'archiviazione per particolare tenuità del fatto.

Tale avviso ha quale sua fondamentale ragione sia la legittima pretesa dell'indagato di vedersi riconosciuta l'infondatezza della notizia di reato, — un fatto, sia pur tenute, sussiste e può essere addebitato — e sia il fatto che l'eventuale archiviazione in sede penale non esclude ripercussioni in sede risarcitoria.

È per tale ragione che l'avviso all'indagato deve presentare la specifica prescrizione che entro dieci giorni dalla notifica dello stesso egli ha facoltà di prendere visione degli atti (e di estrarne copia) e di formulare opposizione spiegando le ragioni del proprio dissenso.

L'avviso alla persona offesa

Così come l'avviso della richiesta di archiviazione del pubblico ministero per particolare tenuità del fatto va dato all'indagato analogo adempimento la segreteria del pubblico ministero dovrà svolgere nei confronti della persona offesa ovvero del difensore della stessa (art. 33 disp. att.).

In questo caso si prescinde totalmente dal fatto che la persona offesa abbia chiesto o meno di essere avvisata, o si verta o meno in un reato della cd. violenza di genere, in quanto l'avviso va sempre notificato accedendosi ad un regime processuale del tutto diverso da quello ordinario.

La prescrizione contenuta nel suddetto avviso è declinata, in questo caso, nei confronti della persona offesa che ha l'analogo termine dell'indagato (dieci giorni) per prendere visione degli atti (ed estrarne copia) e formulare l'atto di opposizione.

L'opposizione dell'indagato

L'atto di opposizione dell'indagato, — un unicum nel procedimento penale, atteso il disposto di cui all'art. 111, comma 5, Cost. —, può tanto limitarsi a rifiutare la definizione del procedimento con l'applicazione della speciale causa di non punibilità, tanto illustrare le ragioni per le quali il procedimento vada archiviato per infondatezza della notizia di reato quanto, invece, indicare al giudice diverse ricostruzioni fattuali o ulteriori approfondimenti che escludano la propria responsabilità.

L'opposizione della persona offesa

A differenza del canonico atto di opposizione della persona offesa, — che deve, a pena di inammissibilità, indicare le indagini integrative da svolgersi ed i relativi elementi di prova —, quello previsto per la causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto non ha parametri di riferimento.

Il legislatore, difatti, statuisce che, con l'atto di opposizione, la persona offesa deve illustrare unicamente le ragioni del proprio dissenso in merito alla richiesta di archiviazione del pubblico ministero ma nulla vieta che la stessa solleciti il giudice per le indagini preliminari ad ulteriori approfondimenti anche relativamente ad ipotesi di reato non contestate.

L'archiviazione ed il rigetto de plano

Il giudice per le indagini preliminari, investito della richiesta di archiviazione ex art. 411, comma 1-bis, dopo avere controllato che il pubblico ministero ha dato luogo al corretto adempimento degli obblighi di notifica all'indagato ed alla persona offesa, potrà, in assenza degli atti di opposizione o nel caso di una loro inammissibilità, pronunciare, con decreto motivato, l'archiviazione de plano ovvero restituire — sempre de plano — la richiesta motivando le ragioni per le quali ritiene non applicabile la causa di non punibilità.

Indagini coartate e imputazione coatta

Nel dar luogo al rigetto della richiesta di archiviazione per particolare tenuità del fatto il giudice per le indagini preliminari, nei casi in cui non ha fissato udienza, — e cioè in assenza di opposizioni ovvero per loro inammissibilità —, può dar luogo — anche in questo caso de plano — ai provvedimenti previsti dall'art. 409, comma 4, — indagini coartate — e comma 5 — imputazione coatta.

L'udienza camerale: i possibili, ed alternativi, esiti

In presenza anche solo di una opposizione, di una delle due parti legittimate, purché ammissibile, il giudice per le indagini preliminari dovrà fissare l'udienza camerale.

All'esito di quest'ultima il giudice potrà tanto accogliere la richiesta di archiviazione applicando la causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto quanto rigettarla restituendo gli atti al pubblico ministero affinché formuli l'imputazione ovvero indicando allo stesso eventuali tempi incompleti delle indagini.

E’ stato affermato in sede di legittimità, - Cass.  V, n. 36857/2016 -, che quella regolamentata dall’art. 411,  comma 1-bis, in tema di “particolare tenuità del fatto” ai sensi dell’art. 131-bis c.p., costituisce una speciale, ed autonoma, disciplina in materia di archiviazione dovendo essere sempre garantito alle parti il diritto di conoscenza in proposito onde poter elaborare la propria opposizione.

E’ per tali ragioni che la causa di non punibilità per “particolare tenuità del fatto” non può trovare applicazione, ex officio, da parte del giudice per le indagini preliminari ma solo in forza di un’apposita richiesta in tali sensi dell’ufficio del pubblico ministero che, inoltre, abbia avuto cura di darne specifico avviso alle parti interessate.

In assenza di tale domanda del pubblico ministero, e senza quindi il rispetto della procedura di avviso alle parti prevista dall’art. 411,  comma 1-bis “il provvedimento di archiviazione è nullo” ledendo sia “l’iniziativa del pubblico ministero nell’esercizio dell’azione penale” – art. 178, comma 1, lett. b – che “l’intervento …. … dell’imputato e delle altre parti private” -  art. 178, comma 1, lett. c.

A conferma di tale orientamento la pronuncia di legittimità - Cass., II, n. 45630/2017 – secondo cui è “inibita al giudice per le indagini preliminari l’archiviazione, giustificata dal riconoscimento della lieve entità del fatto se non vi sia stata una specifica richiesta in tal senso del pubblico ministero” creando, di fatto, un’affermazione dell’implicito principio costituzionale del “chiesto e pronunciato”: una violazione di quest’ultimo comporterebbe, di fatto, da un lato, l’indebita attribuzione al giudice “di un potere di riconoscimento della responsabilità, seppure nella dimensione “lieve” in assenza di richiesta della procura e, dall’altro, la lesione del diritto di difesa dell’indagato e della persona offesa che hanno diritto al contraddittorio sul punto”.

Viene, pertanto, affermato quanto sostenuto in dottrina, secondo cui la scelta del pubblico ministero in ordine alla particolare tenuità del fatto preclude al giudice per le indagini preliminari l'accesso ad altre formule di archiviazione, in quanto una volta investito della volontà di inazione della parte pubblica non può trovare spazio applicativo il canone generale di cui all'art. 125 disp. att.

Di diverso, e sorprendente, avviso altra pronuncia di legittimità secondo cui : non è abnorme il provvedimento con cui il giudice per le indagini preliminari, investito della richiesta di archiviazione per tenuità del fatto, disponga, invece, la archiviazione per infondatezza della notizia di reato in quanto la fondatezza costituisce il primo passaggio della progressione decisionale rimessa allo stesso (Cass., II, n. 41104/2019).

Archiviazione per tenuità del fatto ed iscrizione al casellario giudiziale

Con il d.lgs. n. 28/2015 è stato novellato anche l'art. 3, comma 1, lett.  f) d.P.R. n. 313/2002 prevedendo l'iscrizione al casellario giudiziale anche di tutti “i provvedimenti ... che hanno dichiarato la non punibilità ai sensi dell'art. 131-bis del codice penale”.

Occorre, pertanto, chiedersi se, alla luce dell'applicabilità della causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto anche nella fase delle indagini preliminari, a mezzo della procedura garantita di cui all'art. 411, comma 1-bis, il decreto di archiviazione pronunciato in tal senso vada o meno iscritto al casellario giudiziale.

Nel d.P.R. n. 313/2002, — che ha riscritto le norme del codice di procedura penale in materia (artt. 685690) —, l'art. 2 (comma 1, lett. f) laddove dà luogo alle “definizioni” prese in considerazione ai fini dell'applicazione delle norme sul casellario giudiziale individua quale “provvedimento giudiziario” oltre alla sentenza ed al decreto penale anche “ogni provvedimento emesso dall'autorità giudiziaria”, implicitamente non escludendo anche il decreto di archiviazione.

Inoltre, la ratio sottesa al d.lgs. n. 28/2015 è sì quella di consentire una definizione anticipata del procedimento ma anche impedire che l'assenza di ogni registrazione al riguardo consente al soggetto che usufruisce della causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto possa, in futuro, riottenere tale beneficio che esulerebbe dai principi stessi dell'art. 131-bis c.p.

Tale prospettazione porta, pertanto, ad affermare che  anche il decreto di archiviazione pronunciato ai sensi dell'art. 411, comma 1-bis, c.p., vada iscritto al casellario giudiziale.

I giudici di legittimità si stanno, però, orientando in senso opposto.

Nella sentenza n. 30685/2017 la III sezione della Cassazione afferma il principio che il provvedimento di archiviazione per particolare tenuità del fatto non è ricorribile per cassazione, -  se non per far valere una nullità di cui all'art. 127, così come statuito dall'art. 409, comma 6 -,  “in quanto non essendo iscrivibile nel casellario giudiziale, trattandosi di provvedimento non definitivo,” non lede la posizione dell'indagato e, quindi, non determina l'interesse dello stesso all'impugnazione.

Tale lesione – secondo i giudici di legittimità – “risulterebbe sussistente solo ed esclusivamente qualora il provvedimento di archiviazione fosse iscritto nel casellario” ma l'art. 3, comma 1, lett. f), d.P.R. n. 313/2002 sancisce ciò solo per i provvedimenti giudiziari definitivi tra cui il primo non è annoverabile.

Invero, l'art. 3 cit., oltre a menzionare i provvedimenti giudiziari (definitivi) “che hanno prosciolto l'imputato o dichiarato non luogo a procedere per difetto di imputabilità o disposto una misura di sicurezza” menziona espressamente anche “quelli che hanno dichiarato la non punibilità ai sensi dell'art. 131 bis del codice penalepalesemente accomunando quest'ultimi in un'unica categoria tanto da declinarli al plurale – e volutamente in modo generico (“quelli”).

Il ragionamento della Corte sulla efficacia preclusiva (limitata e relativa) dell'archiviazione, – in forza della sentenza n. 27/1995 della Corte Costituzionale -.non solo appare del tutto anacronistico rispetto al nuovo istituto della tenuità del fatto, ed alle sue peculiarità, ma appare contraddittorio laddove la stessa Suprema Corte non prende in considerazione che anche la sentenza ex art. 425, per la quale non propone alcun distinguo in merito alla sua iscrizione al casellario, è revocabile.

L'orientamento contrario è stato, però, ribadito da Cass. V, n. 3817/2018: anche in questa pronuncia si è avuto modo di affermare che “l'argomento della prevista iscrizione in casellario, ai sensi dell'art. 4 del d. lgs. n. 28/2015, della pronuncia di archiviazione per particolare tenuità del fatto …. è infondato” in quanto quest'ultima non può essere annoverata tra i provvedimenti giudiziari definitivi di cui all'art. 3 d.P.R. n. 313/2002.

Il ragionamento svolto fonda il proprio assunto sulla differenza formulata dall'art. 2 d.P.R. n. 313/2002 tra provvedimenti giudiziari (lettera f) e provvedimenti giudiziari definitivi (lett. g), quest'ultimi unicamente da individuare in quelli divenuti irrevocabili, passati in giudicato e non più soggetti ad impugnazione con strumenti diversi dalla revocazione.

Sempre nel medesimo solco sopra esposto, Cass. I, n. 31600/2018 secondo cui “è ricorribile per cassazione l'ordine di iscrizione nel casellario giudiziale del provvedimento di archiviazione per particolare tenuità del fatto, in quanto non previsto dalla legge”.

Con la sentenza n. 9836/2019 la I Sezione della Corte di Cassazione, su sollecitazione del Procuratore Generale, prendendo atto del contrasto giurisprudenziale, ha rimesso la questione alle Sezioni Unite avendo modo di evidenziare che la tesi maggioritaria – non condivisa dal Collegio remittente – fonda i propri assunti sulla considerazione che “tutti i provvedimenti iscrivibili sono tali solo se definitivi, ovvero non impugnati o altrimenti definitivi (per rigetto dell'impugnazione”, categoria cui “il provvedimento di archiviazione, in quanto non impugnabile, è per sua natura sempre provvisorio, per la possibilità di riapertura delle indagini”.

Secondo la Corte, non solo la decisione di cui all'art., 411, 1° comma bis, c.p.p. è assunta dal giudice a seguito di un procedimento nel corso del quale è pienamente assicurato il pieno contraddittorio ma allo stesso è attribuito un pieno potere dovendo egli sempre verificare “la sussistenza e la procedibilità del reato ipotizzato” e la riconducibilità  della condotta all'indagato e, solo all'esito di tali accertamenti, valutare se applicare (o meno) la speciale causa di non punibilità.

Anche l'argomentazione secondo la quale la pronuncia di cui all'art. 411, 1° comma bis, c.p.p. non possiede natura di accertamento e non abbia efficacia ai fini civili ed amministrativi è da ritenere, secondo i giudici remittenti, priva di concreta rilevanza in quanto “il provvedimento di archiviazione ...è destinato a definire il procedimento in modo tendenzialmente stabile”, atteso che “non può ipotizzarsi una riapertura delle indagini” traducendosi tale possibilità in un'ipotesi “meramente teorica” mentre, di contro, “la mancata iscrizione nel casellario determina l'impossibilità di valutare, con immediatezza e compiutezza, la non abitualità del comportamento in caso di reiterazione di fatti della stessa indole”.

La non iscrivibilità finisce poi per avere, secondo la pronuncia di remissione, anche delle gravi ripercussioni di ordine pratico, in netta antitesi con la ragione deflattiva per la quale tale causa di non punibilità è stata introdotta nel nostro ordinamento, in quanto, – a differenza di tutte le altre decisioni giurisdizionali in cui essa viene affermata  –, ciò potrebbe indurre l'ufficio del pubblico ministero, proprio “al fine di conservare traccia della declaratoria di non punibilità” a non anticipare alla fase delle indagini “la richiestaex art. 131 bis c.p. rimettendone l'iniziativa all'imputato dopo l'esercizio dell'azione penale”.

In forza delle ragioni sin qui menzionate, nonché per i contenuti della relazione governativa di illustrazione del d. lgs. n. 28/2015 e per la espressa previsione dell'iscrivibilità nel casellario giudiziale di provvedimenti, non definitivi, pertinenti ad istituti analoghi (e cioè, l'ordinanza di sospensione del procedimento per messa alla prova, richiamata dai giudici remittenti, e la sentenza ex art. 425 sopra menzionata in questo paragrafo), la I Sezione rimette alle Sezioni Unite,ex art. 618, comma 1,  la seguente questione : - “Se  il provvedimento di archiviazione per particolare tenuità del fatto a norma dell'art. 131 bis c. p. sia soggetto all'iscrizione nel casellario giudiziale ai sensi dell'art. 3, comma 1, lett. f), del d. P. R. 14 novembre 2002, n. 313”.

Con la sentenza n. 38954/2019 le Sezioni Unite hanno sancito il principio di diritto secondo cui  i provvedimenti di archiviazione per particolare tenuità del fatto vanno iscritti al casellario, fermo restando la non menzione nei certificati rilasciati a richiesta dell'interessato, del datore di lavoro e della pubblica amministrazione.

Fermo restando la possibilità, avverso il provvedimento di archiviazione per tenuità del fatto, di proporre reclamo (art. 410 bis cod. proc. pen.), dinanzi al giudice monocratico, nei casi di nullità di cui all'art. 410, commi 1 e 2, cod. proc. pen., esso è ricorribile per cassazione in presenza della violazione di legge ai sensi dell'art. 111, comma 7, Cost attese le sue caratteristiche decisorie e la capacità di incidere, in via definitiva, su situazioni di diritto significative come quella della iscrizione nel casellario giudiziale – (Cass., V, n. 36468/2023).

 E' per tale ragione che un eventuale reclamo avverso il provvedimento di archiviazione per tenuità del fatto può essere convertito - quale mezzo di impugnazione - nel ricorso per cassazione laddove sia lamentato lo specifico vizio della violazione di legge.

 Occorre, però, nel merito, che l'interessato alleghi “un interesse concreto ed attuale alla rimozione del provvedimento di archiviazione indicando il concreto pregiudizio” che ne subirebbe e ciò, alla luce del fatto che l'iscrizione al casellario giudiziario non è prevista né per il certificato richiesto dal privato, né per quello del datore di lavoro, né per quello destinato alle pubbliche amministrazioni restando circoscritto al circuito giudiziario interno al fine di valutare l'abitualità ai sensi dell'art. 131 bis cod. pen. – (Cass., VI, n. 611/2024).

L'archiviazione nel procedimento per “gli illeciti amministrativi dipendenti da reato” ascrivibili agli enti

Profili generali

L'art. 59 d.lgs. n. 231/2001, — che introduce la responsabilità degli enti per gli illeciti amministrativi dipendenti da reato, — espressamente rinvia all'art. 405, il quale si occupa delle determinazioni del pubblico ministero all'esito della fase delle indagini preliminari in forza dell'alternativa archiviazione — esercizio dell'azione penale.

Archiviazione del pubblico ministero

L'art. 19 d.lgs. n. 231/2001 consente allo stesso pubblico ministero, — in tutti i casi in cui ritiene di non contestare l'illecito amministrativo dipendente dal reato —, di auto-archiviare il procedimento.

È stato, dunque, escluso, in tale materia, — ritenuta, pertanto, esulante in senso stretto dall'obbligatorietà dell'azione penale —, il tradizionale controllo del giudice sull'operato del pubblico ministero.

Le cause dell'archiviazione applicabili in questa particolare disciplina possono essere parametrate a quelle sancite in sede codicistica (infondatezza; mancanza condizione di procedibilità; estinzione; etc.) ma, a differenza di quanto avviene in tale sede, alcun ruolo “attivo” è riconosciuto alla persona offesa.

Archiviazione e cautela

Il decreto di archiviazione adottato dal pubblico ministero non può che comportare, ex art. 300, comma 1, l'inefficacia delle eventuali misure cautelari disposte con il paradossale esito che quest'ultime applicate dal giudice vengono dichiarate inefficaci dal pubblico ministero che le ha meramente richieste.

Casistica

In tema di depenalizzazione, nel caso di illecito amministrativo commesso anteriormente all'entrata in vigore del d.lgs. n. 8/2016 il P.M. deve trasmettere direttamente gli atti alla competente autorità amministrativa senza procedere con richiesta di archiviazione (Cass. IV, n. 1352/2016).

La Corte cost. n. 41/2024 – ha dichiarato infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 411 c.p.p. là dove consente al giudice per le indagini preliminari di archiviare, de plano , il procedimento per intervenuta prescrizione , – dovendosi limitare, in tal caso, a prendere, meramente, atto dell'avvenuto decorso del tempo -, senza che l'interessato possa interloquire rinunciando espressamente alla causa di estinzione ciò in quanto la fase delle indagini preliminari non può essere equiparata a quella successiva all'esercizio penale allorquando tale facoltà è, invece, concessa all'imputato.

Fermo restando tale arresto processuale, ineludibile sotto il profilo formale e sostanziale, la recente introduzione dell' art. 115-bis c.p.p.  consente all'indagato di formulare al giudice espressa richiesta di correzione nel caso in cui le considerazioni svolte nel provvedimento di archiviazione siano pregiudizievoli per la sua reputazione, atteso che solo nelle sentenze di condanna possono utilizzarsi espressioni, e considerazioni, che affermino la responsabilità penale dell'imputato.

Bibliografia

Aprati, Le regole processuali della dichiarazione di “particolare tenuità del fatto”, in Cass. pen. 2015, n. 4, 1317B; Varone, L'archiviazione della notizia di reato, Milano, 2015.

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