Codice di Procedura Penale art. 417 - Requisiti formali della richiesta di rinvio a giudizio.

Alessio Scarcella

Requisiti formali della richiesta di rinvio a giudizio.

1. La richiesta di rinvio a giudizio contiene:

a) le generalità dell'imputato o le altre indicazioni personali che valgono a identificarlo nonché le generalità della persona offesa dal reato [90, 91] qualora ne sia possibile l'identificazione;

b) l'enunciazione, in forma chiara e precisa, del fatto, delle circostanze aggravanti [61 c.p.] e di quelle che possono comportare l'applicazione di misure di sicurezza [199 s. c.p.], con l'indicazione dei relativi articoli di legge1;

c) l'indicazione delle fonti di prova acquisite;

d) la domanda al giudice di emissione del decreto che dispone il giudizio [429];

e) la data [111] e la sottoscrizione [110].

[1] Lettera sostituita dall'art. 18 1 l. 16 dicembre 1999, n. 479.

Inquadramento

L'art. 417 riflette quanto disposto dal principio di obbligatorietà dell'azione penale ex art. 112 Cost., in virtù del quale, ricevuta la notizia di reato e in presenza di precisi presupposti definiti ex lege, il P.M. è tenuto ad esercitare l'azione penale. La norma definisce il contenuto della richiesta di rinvio a giudizio (generalità dell'imputato o altre indicazioni personali che valgono a identificarlo; generalità della persona offesa dal reato, qualora ne sia possibile l'identificazione; enunciazione, in forma chiara e precisa, del fatto, delle circostanze aggravanti e di quelle che possono comportare l'applicazione di misure di sicurezza, con l'indicazione dei relativi articoli di legge; indicazione delle fonti di prova acquisite; domanda al giudice di emissione del decreto che dispone il giudizio, data e sottoscrizione).

Generalità

Gli interventi della Corte costituzionale

Nessuna delle questioni di costituzionalità che hanno interessato la norma processuale in esame è stata accolta dalla Consulta.

I giudici della Corte costituzionale, infatti hanno dichiarato manifestamente infondate o manifestamente inammissibili le questioni di costituzionalità dell'art. 417, da solo o in combinato disposto con altre norme processuali: a) sollevata in riferimento, agli artt. 24, 111, e 112 Cost., nella parte in cui non prevede alcuna nullità nell'ipotesi di contestazione generica del fatto. In casi consimili — si è affermato —, essendo in gioco la regolarità del contraddittorio, grava sul g.u.p. il dovere di invitare il p.m. a procedere alle necessarie precisazioni (quanto al problema dell'insufficiente indicazione delle fonti di prova, non di meno, la Corte ha chiarito che ciò attiene al merito della decisione da adottare, senza che sia possibile ravvisare alcuna violazione dei parametri costituzionali invocati (Corte Cost. n. 131/1995); b) sollevata in riferimento agli artt. 2, 3, 97 e 101, comma 2, Cost., nella parte in cui rende atto dovuto da parte del gip la fissazione dell'udienza preliminare (trattandosi di questione già dichiarata manifestamente infondata in ipotesi analoghe concernenti gli artt. 418, comma 1, e 419, comma 6, riguardo alla mancata previsione per il g.i.p. di sindacare la scelta del rito operata dal P.M. ad eccezione del giudizio immediato (Corte cost. n. 8/1992); c) sollevata in riferimento agli art. 3 e 24 Cost., per difetto di rilevanza, in quanto le norme impugnate hanno esaurito la propria sfera applicativa con la celebrazione dell'udienza preliminare e con la pronuncia del decreto che dispone il giudizio, sicché, pendendo il procedimento «a quo» davanti al giudice del dibattimento, le norme stesse non rilevano in alcun modo agli effetti della decisione che il tribunale rimettente è chiamato ad adottare (Corte cost. n. 34/1992); d) sollevata, in riferimento agli artt. 3, 24 e 101 comma 2 Cost. nella parte in cui tali norme impongono al giudice di adottare, nel decreto che dispone il giudizio, la definizione giuridica del fatto formulata dal p.m. (nella motivazione la Corte ha osservato che nel giudizio a quo non viene in discorso una diversa qualificazione giuridica del fatto, ma una circostanza attenuante, che, come tale, non rientra fra gli elementi che, ai sensi dell'art. 429 lett. c), devono essere indicati nel decreto che dispone il giudizio: Corte cost. n. 112/1994); e) sollevata, in riferimento agli art. 3, 24 e 111 Cost., nella parte in cui non prevede che la sanzione processuale della decadenza, conseguente alla mancata proposizione, prima della conclusione dell'udienza preliminare, dell'eccezione concernente l'erronea attribuzione dei reati alla cognizione del tribunale in composizione monocratica o collegiale, sia «correlata allo specifico obbligo del p.m. di indicazione del giudice davanti al quale chiede il rinvio a giudizio» (la Corte ha reputato manifestamente inammissibile la questione in quanto il rimettente non ha dato atto delle ragioni per le quali non era possibile interpretare la disciplina in modo coerente con i presupposti logico-giuridici che informano il sistema dei termini posti a pena di decadenza. Un sistema — ha precisato la Corte — rispetto al quale è connaturale che l'onere di esercitare una facoltà entro un certo limite temporale o di fase possa essere imposto solo quando il presupposto di fatto a cui la facoltà è collegata, nel caso di specie, la presunta inosservanza delle disposizioni relative all'attribuzione dei reati alla cognizione del tribunale in composizione collegiale o monocratica, si sia effettivamente verificato prima della decorrenza dei termini di decadenza: Corte cost. n. 395/2001).

L'identificazione dell'imputato e della p.o.

L'art. 417 prevede anzitutto che la richiesta di rinvio a giudizio deve contenere le generalità dell'imputato o le altre indicazioni personali che valgono a identificarlo nonché le generalità della persona offesa dal reato qualora ne sia possibile l'identificazione.

La giurisprudenza ha interpretato tale indicazione affermando che l'iscrizione nel registro delle notizie di reato del nome della persona alla quale questo è attribuito, per gli effetti che ne derivano ai fini del computo del termine di durata delle indagini e della utilizzabilità degli atti compiuti, postula la completa identificazione della stessa, non essendo sufficiente al riguardo la semplice indicazione del nome e del cognome. Ciò si ricava, tra l'altro, dall'art.417, comma 1, lettera a), che, tra i requisiti formali della richiesta di rinvio a giudizio, indica le "generalità dell'imputato o le altre indicazioni personali che valgano a identificarlo (Cass. I, n. 4795/1996; Cass. II, n. 36590/2007).

Quanto alla persona offesa dal reato, come chiarito dalla stessa Consulta, ove la stessa non sia identificata — o l'identificazione di questa, benché possibile, risulti insufficiente —, il giudice è legittimato a trasmettere gli atti al p.m. perché proceda agli accertamenti necessari, salvo che non ritenga di provvedervi direttamente il giudice (Corte Cost. n. 8/1992).

La giurisprudenza di legittimità ha peraltro chiarito che nessuna nullità è prevista per il caso in cui la richiesta di rinvio a giudizio manchi dei requisiti indicati nell'art. 417; pertanto, l'ordinanza del giudice per le indagini preliminari che dichiara la nullità della richiesta di rinvio a giudizio per mancata indicazione della persona offesa e per genericità della contestazione costituisce provvedimento abnorme — ed è, quindi, impugnabile per cassazione — in quanto si colloca completamente al di fuori del sistema del vigente ordinamento processuale, non essendo in alcun modo previsto dalla legge (Cass. V, n. 2299/1992). Analogamente si è qualificato come abnorme il provvedimento con il quale il Tribunale dichiara la nullità della richiesta di rinvio a giudizio e di tutti gli atti successivi ed ordina la restituzione degli atti al pubblico ministero in quanto viola il principio di irretrattabilità dell'azione penale. Gli atti vanno trasmessi al Gip a norma dell'art. 185, comma 3. Tale principio opera sia che la nullità sia stata dichiarata per l'erronea/mancata indicazione dei nomi delle parti offese sia per l'incompleta enunciazione dei fatti quali specificati anche attraverso l'indicazione delle parti offese (Cass. VI, n. 416/1998).

L'enunciazione dettagliata del fatto e dei relativi “accessori”

La norma prevede, poi, che la richiesta di rinvio a giudizio deve contenere l'enunciazione, in forma chiara e precisa, del fatto, delle circostanze aggravanti e di quelle che possono comportare l'applicazione di misure di sicurezza, con l'indicazione dei relativi articoli di legge.

Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno, anzitutto, qualificato come abnorme, e come tale immediatamente ricorribile per cassazione, il provvedimento con cui il g.u.p. disponga la restituzione degli atti al p.m. per genericità o indeterminatezza dell'imputazione, senza avergli previamente richiesto di precisarla. Secondo la giurisprudenza di legittimità, infatti, in ossequio al principio costituzionale della ragionevole durata del processo, è configurabile il vizio dell'abnormità in ogni fattispecie di indebita regressione del procedimento in grado di alterarne l'ordinata sequenza logico-cronologica (Cass. S.U. n. 5307/2008; conforme, da ultimo, Cass. I, n. 39234/2014). Le stesse Sezioni Unite, si noti, hanno peraltro escluso l'abnormità del provvedimento con cui è dichiarata la nullità del decreto che dispone il giudizio per omessa o insufficiente descrizione dell'imputazione, con conseguente trasmissione degli atti al g.u.p. che, rifissata l'udienza preliminare, ha il potere-dovere di invitare il p.m. a precisare l'imputazione (Cass. S.U., n. 17/1998; conforme, da ultimo: Cass. I, n. 38640/2010).

Evidenziando, poi, le differenze “strutturali” intercorrenti tra la richiesta di rinvio a giudizio e l’ordinanza custodiale quanto al requisito dell’enunciazione del fatto, la S.C. ha di recente evidenziato la diversità tra l'art. 417 che, per la richiesta di rinvio a giudizio, richiede l'enunciazione dell'addebito "in forma chiara e precisa" e l'art. 292, comma 2, lett. b), che richiede, invece, la "descrizione sommaria del fatto", il che dimostra che l'imputazione si cristallizza solo al momento dell'esercizio dell'azione penale: Cass. III, n. 20003/2020.

Quanto alle conseguenze derivanti dall'omessa indicazione, a fronte di posizioni molto critiche della dottrina, la giurisprudenza, ammette pacificamente la formulazione di una imputazione alternativa da parte del p.m. (Cass. VI, n. 4187/2000, che qualifica come abnorme il provvedimento del G.i.p. che, a fronte di una richiesta di rinvio a giudizio da parte del P.m. contenente un' imputazione alternativa, dichiari la nullità della richiesta stessa, a seguito del rifiuto da parte dell'organo inquirente di operare la scelta fra le due imputazioni, ciò perché la contestazione alternativa è perfettamente legittima e l'ordinamento appresta gli strumenti perché, nel corso del dibattimento, il p.m. possa operare una opzione definitiva fra più imputazioni — artt. 516 e 521 — osservando come d'altra parte, il giudice avrebbe potuto disporre l'archiviazione ovvero prosciogliere l'imputato dalle contestazioni, ma giammai avrebbe potuto emettere il provvedimento dichiarativo della nullità; conforme: Cass. II, n. 18115/2003; Cass. II, n. 26527/2007; Cass. VI, n. 11487/2019).

Quanto al requisito degli articoli di legge violati, si ritiene in giurisprudenza che nel provvedimento deve essere indicato il fatto — reato per cui si procede con la specifica contestazione in fatto, non essendo peraltro sufficiente la sola indicazione degli articoli di legge (Cass. VI, n. 1782/1993).

La giurisprudenza ha poi affermato: a) che la contestazione di entrambi i profili che caratterizzano l'aggravante speciale di cui all'art. 7 d.l. n. 152/1991, conv. in l. n. 203/1991, quali l'utilizzo del metodo mafioso o la finalità di agevolazione mafiosa, non è illegittima, perché in presenza di condotte delittuose complesse e aperte all'una o all'altra modalità operativa o anche ad entrambe, essa amplia e non riduce le prerogative difensive (Cass. I, n. 11742/2012; Cass. II, n. 13469/2013); b) che non è generica e indeterminata la contestazione del reato previsto dagli artt. 167 e 130 d.lgs. n. 196/2003, in relazione all'abusivo invio di una pluralità di messaggi pubblicitari indesiderati (cosiddetto «spamming») ad una moltitudine di utenti iscritti a una «newsletter» senza l'indicazione dei nomi dei destinatari o la descrizione dettagliata del volume e della frequenza del traffico di rete, non essendo esigibile lo sforzo investigativo per risalire ai titolari degli «identificativi» o degli «indirizzi mail», al fine di accertare l'eventuale gradimento della ricezione delle comunicazioni elettroniche (Cass. III, n. 23798/2012); c) che l'omessa enunciazione del fatto in relazione alla condotta tipica del reato integra un'ipotesi di nullità assoluta della richiesta di rinvio a giudizio, ai sensi dell'art. 179, comma 1, per inosservanza delle disposizioni che concernono l'iniziativa del Pubblico Ministero nell'esercizio dell'azione penale (Cass. VI, n. 9659/2015, relativa a fattispecie in cui la Suprema Corte ha annullato senza rinvio la sentenza di condanna, emessa nell'ambito di giudizio celebrato nelle forme del rito abbreviato, in relazione al reato di cui all'art. 73 d.P.R. n. 309/1990, quale conseguenza della nullità della richiesta di rinvio a giudizio per omessa indicazione dei fatti storici rispetto ai quali era stata promossa l'azione penale).

Gli ulteriori contenuti (fonti di prova; domanda al g.u.p.; data e sottoscrizione)

Ultima indicazione “contenutistica” è quella che impone al p.m. di specificare nella richiesta di rinvio a giudizio l'indicazione delle fonti di prova acquisite, la domanda al giudice di emissione del decreto che dispone il giudizio nonché, infine, di apporre la data e la sottoscrizione.

La giurisprudenza di legittimità ha sul punto precisato: a) che è abnorme il provvedimento con cui il G.u.p. del Tribunale mil., dopo che il P.M. abbia formulato l'imputazione coatta in ossequio all'ordinanza di non accoglimento della relativa richiesta di archiviazione, gli restituisce gli atti per la notifica alle parti del decreto di fissazione dell'udienza preliminare con l'indicazione delle fonti di prova, in quanto il relativo onere grava sul giudice (Cass. I, n. 2075/2008); b) che può prospettarsi l'inesistenza giuridica della richiesta, ipotizzabile nel caso in cui manchi la sottoscrizione del pubblico ministero, che è elemento essenziale ai fini del perfezionamento — e, dunque, della giuridica esistenza — della richiesta di rinvio a giudizio, in funzione dell'esercizio dell'azione penale che compete, in via esclusiva, al pubblico ministero (Cass. V, n. 4388/2000, con riferimento al decreto di citazione a giudizio, principio applicabile anche al caso in esame); c) che il provvedimento che è emesso fuori dell'udienza, se privo della data di deposito, non è nullo o addirittura inesistente, perché la data è elemento estrinseco al provvedimento, previsto ai fini dell'efficacia, e serve a fissare il momento di inizio della sua rilevanza esterna, conseguendone che alla omessa indicazione della data di deposito si può sopperire in presenza di altre formalità del pari fidefacienti, contenute anche in atti connessi, e che vi è pertanto difetto essenziale della data solo se la data certa non possa desumersi «aliunde» (Cass. II, n. 42318/2005, fattispecie relativa alla mancanza dell'attestazione di deposito in cancelleria del provvedimento di convalida del decreto con cui il p.m. aveva disposto d'urgenza le intercettazioni telefoniche, ma applicabile mutatis mutandis anche al caso in esame).

Casistica

Requisiti formali della richiesta di rinvio a giudizio

Con riferimento alla disciplina dettata dall'art. 417, la stessa può così sintetizzarsi:

a) la norma definisce il contenuto della richiesta di rinvio a giudizio;

b) la richiesta deve anzitutto contenere le generalità dell'imputato o altre indicazioni personali che valgono a identificarlo;

c) in secondo luogo, le generalità della persona offesa dal reato, qualora ne sia possibile l'identificazione;

d) in terzo luogo, l'enunciazione, in forma chiara e precisa, del fatto, delle circostanze aggravanti e di quelle che possono comportare l'applicazione di misure di sicurezza, con l'indicazione dei relativi articoli di legge;

e) infine, contenuti residuali (indicazione delle fonti di prova acquisite; domanda al giudice di emissione del decreto che dispone il giudizio, data e sottoscrizione).

Bibliografia

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