Codice di Procedura Penale art. 425 - Sentenza di non luogo a procedere 1 2 .

Enrico Campoli

Sentenza di non luogo a procedere12.

1. Se sussiste una causa che estingue il reato [150 s. c.p.] o per la quale l'azione penale non doveva essere iniziata o non deve essere proseguita [336 s., 649], se il fatto non è previsto dalla legge come reato ovvero quando risulta che il fatto non sussiste o che l'imputato non lo ha commesso o che il fatto non costituisce reato o che si tratta di persona non punibile per qualsiasi causa, il giudice pronuncia sentenza di non luogo a procedere, indicandone la causa nel dispositivo.

2. Ai fini della pronuncia della sentenza di cui al comma 1, il giudice tiene conto delle circostanze attenuanti. Si applicano le disposizioni dell'articolo 69 del codice penale.

3. Il giudice pronuncia sentenza di non luogo a procedere anche quando gli elementi acquisiti non consentono di formulare una ragionevole previsione di condanna3.

4. Il giudice non può pronunciare sentenza di non luogo a procedere se ritiene che dal proscioglimento dovrebbe conseguire l'applicazione di una misura di sicurezza diversa dalla confisca 4.

5. Si applicano le disposizioni dell'articolo 537.

 

[1] [1] Articolo così sostituito dall'art. 231l. 16 dicembre 1999, n. 479.

[2] [2] Per la responsabilità degli enti per gli illeciti amministrativi dipendenti da reato, v. art. 61, comma 1, d.lg. 8 giugno 2001, n. 231.

[3] [3] Comma modificato dall'articolo 23, comma 1, lett. l) d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 che ha sostituito le parole : «non consentono di formulare una ragionevole previsione di condanna» alle parole: «risultano insufficienti, contraddittori o comunque non idonei a sostenere l'accusa in giudizio».

[4] [4] Comma così modificato dall'art. 2-sexies d.l. 7 aprile 2000, n. 82, conv., con modif., nella l. 5 giugno 2000, n. 144.

Inquadramento

L'art. 425 elenca tutte le cause che il giudice dell'udienza preliminare pone a base della propria decisione di proscioglimento, cause che deve specificamente indicare nel dispositivo di sentenza.

La regola di giudizio della sentenza di non luogo a procedere (ovvero, di contro, quella posta a fondamento del decreto ex art. 429) ha subito, nel corso di oltre un ventennio di operatività, numerosi interventi tutti tesi a potenziare il ruolo di filtro affidatole da legislatore ma i risultati, anche in forza di una giurisprudenza di legittimità assai restrittiva, e che solo di recente pare aprire la strada ad una più corretta interpretazione della funzione affidata all'udienza preliminare, sono sempre stati fortemente deludenti.

Le cause di proscioglimento

Profili generali

Il disposto dell'art. 425 racchiude tutte le formule elencate negli artt. 529, 530 e 531, fatta eccezione per quella di non imputabilità.

In relazione a quest'ultima si è avuto modo di specificare, in sede di legittimità, che, in seguito alla modifica dell'articolo 425, introdotta dall'art. 23 l. n. 479/1999, deve ritenersi ricompresa nella causa della non punibilità “per qualsiasi causa” anche quella del difetto di imputabilità per incapacità di intendere e di volere, purché dalla stessa non discenda la necessità dell'applicazione di una misura di sicurezza personale dovuta alla pericolosità sociale dell'imputato (Cass., II, n. 21826/2014).

Rientra tra le cause di non punibilità previste dall'art. 425 anche quella disciplinata dall'art. 131-bis c.p. della particolare tenuità del fatto (Cass. V, 21409/2016 ),quest’ultima ulteriormente estesa nel suo campo applicativo dalla riforma Cartabia.

L'evoluzione normativa

Quello che differenzia le formule di non luogo a procedere contenute dall'art. 425 c.p.p. da quelle di proscioglimento emesse in sede dibattimentale è la regola di giudizio rispettivamente sottesa alle une ed alle altre.

La prima stesura della norma consentiva la pronuncia di non luogo procedere solo nei casi in cui le cause in essa contenute emergevano con la caratteristica dell'evidenza.

In seguito alla claustrofobica residualità di tale situazione processuale, — tesa ad arrestare solo le cd. ipotesi azzardate —, tale parametro valutativo è stato cassato ma senza che l'interpretazione dell'udienza preliminare da parte dei giudici che la celebravano mutasse.

Si è, quindi, pensato di allargare la capacità istruttoria del giudice dell'udienza preliminare sia a mezzo dell'introduzione di alcun poteri istruttori, come quelli sanciti dagli artt. 421-bis e 422, e sia estendendo la possibilità di pronunciare la sentenza di non luogo a procedere in tutti i casi in cui venissero a crearsi le condizioni di cui ai commi 2 e 3 dell'articolato.

La valutazione delle circostanze attenuanti : spazio e limiti di intervento

Profili generali

Il comma 2 dell'art. 425 ha attribuito al giudice dell'udienza preliminare, sia in forza della valutazione delle circostanze attenuanti che del bilanciamento circostanziale, di dar luogo ad una sentenza di non luogo a procedere per intervenuta prescrizione.

Spazio e limiti di intervento

Il vero significato della novella, o meglio la vera portata innovativa della stessa, — poi totalmente messa in discussione dalla nuova disciplina in termini di prescrizione —, sta nell'avere implicitamente introdotto la possibilità che il giudice dell'udienza preliminare dia luogo ad una sentenza di non luogo a procedere anche nel caso in cui sviluppi un ragionamento prognostico sulla responsabilità dell'imputato da cui poi far discendere, in forza dell'applicazione circostanziale, la maturazione dei termini di prescrizione.

Sebbene contestata, tale possibilità era, invero, già insita nei poteri del giudice dell'udienza preliminare il quale tutte le volte in cui dovesse ritenere di dover diversamente qualificare un fatto per come contestato può determinarsi, dinanzi all'inutilità della celebrazione dell'udienza dibattimentale, a dar luogo ad un'immediata pronuncia di estinzione del reato.

La regola di giudizio (probatorio) della sentenza di non luogo a procedere

Profili generali

La regola di giudizio della sentenza di non luogo a procedere ha subito nel corso degli anni numerosi interventi tesi a potenziarne l'efficacia atteso che solo il confluire in sede dibattimentale di un numero limitato di processi può coniugarsi con la riuscita della scelta del rito accusatorio.

Impostazione tradizionale

La delibazione del giudice dell'udienza preliminare non ha quale oggetto una pronuncia riguardante la innocenza o la colpevolezza dell'imputato bensì l'inutilità o meno del dibattimento per affermare la prima evenienza.

La sentenza di non luogo a procedere è posta a presidio di tutti quei procedimenti per i quali l'accesso alla fase dibattimentale non consentirebbe alcuna evoluzione in positivo degli elementi raccolti nel corso delle indagini preliminari finendo per comportare per il cittadino sottoposto a processo un inutile costo ed un dispendio per lo Stato di risorse pubbliche.

Tale interpretazione ha avuto fluttuanti ed ondivaghi risultati con la paradossale situazione che mentre il giudice per le indagini preliminari può disporre l'archiviazione del procedimento tutte le volte in cui “gli elementi acquisiti nel corso delle indagini non sono idonei a sostenere l'accusa in giudizio” (art. 125 att.) il giudice dell'udienza preliminare dispone il rinvio a giudizio proprio per verificare tale idoneità.

E' per tale elementare ragione che con la riforma Cartabia nel modificare la regola di giudizio dell'udienza preliminare (art. 425, comma 3), parametrandola alla necessità che il giudice disponga il rinvio a giudizio solo in forza di una “ragionevole previsione di condanna”, si è cassata la disposizione dell'art. 125 att. non solo formalmente – abrogandola – ma anche modificandone la portata, inserendo nell'art. 408, la medesima formula di discrimine tra l'esercizio dell'azione penale e la richiesta di archiviazione.

Né nel Decreto Legislativo n. 150/2022 né, significativamente, nel Decreto Legge n. 162/2022 – che ha, complessivamente, ritardato l'entrata in vigore della riforma Cartabia al 30/12/2022 – è stata introdotta alcuna norma transitoria riguardo all'applicabilità della nuova regola di giudizio della ragionevole previsione di condanna, e ciò per evidente ragioni sistemiche - tempus regit actum – e di più ampio regime di favore relativamente all'imputato.

Si è, difatti, affermato che in considerazione della funzione di filtro affidata all'udienza preliminare il G.u.p. deve valutare, “solo sotto il profilo processuale” l'insufficienza, contraddittorietà o inidoneità degli elementi probatori acquisiti esprimendo un giudizio prognostico sull'inutilità del dibattimento “senza poter effettuare una complessa ed approfondita disamina del merito” (Cass., II, n. 46145/2015).

L'evoluzione giurisprudenziale

Di recente, in sede di legittimità, prendendo spunto da alcune coraggiose decisioni di merito, tese a rendere l'udienza preliminare un fondamentale snodo del procedimento penale, si sta affermando un orientamento che reimposta la finalità delle decisioni ex art. 424. Non può non avere inciso in tale diversa impostazione l'evoluzione dell'intero meccanismo procedurale il quale necessita del fatto che lo stesso pubblico ministero nel momento in cui esercita l'azione penale nelle forme di cui all'art. 416, attesa la possibilità da parte dell'imputato di porre, senza alcun filtro, quel materiale a fondamento di una richiesta di rito abbreviato, debba essere convinto della sua idoneità ad un giudizio di condanna: con la nuova formula dell'art. 425, comma 3, quella che era un'impostazione, spesso ritenuta azzardata, trova ora espresso riconoscimento legislativo.

Ebbene, tale situazione di contesto ha reso senz'altro più agevole l'affermazione che se da un lato le decisioni ex art. 424 sono certamente “processuali” ciò non sta a significare che esse non debbano avere un contenuto di merito probatorio, e solo in presenza di una credibile piattaforma, e di una sua positiva evoluzione in sede dibattimentale, può trovare ingresso la decisione ex art. 429 e non, invece, in assenza di tali presupposti, quella ex art. 425 (Cass. VI, n. 33763/2015).

La pronuncia ex art. 425 e l'incidenza sulle misure cautelari personali

Profili generali

L'udienza preliminare nei confronti di soggetti sottoposti a misure restrittive trova la sua regolamentazione, riguardo alla scadenza delle stesse, negli artt. 303 e 308.

A differenza delle regressioni disposte in altre fasi processuali, — che determinano una nuova decorrenza di fase ex art. 303, comma 2 —, eventuali dichiarazioni di nullità ex art. 416 c.p.p. non comportano l'interruzione del termine di fase che ha ad oggetto solo, ed esclusivamente, l'intervallo tra il momento dell'esecuzione della misura e quello dell'emissione del decreto ex art. 429.

La dichiarazione d'inefficacia

Dalla decisione di non luogo a procedere può scaturire l'inefficacia della misura cautelare personale laddove la pronuncia ha ad oggetto la condotta per la quale è stata emessa la misura restrittiva: l'art. 300, comma 1, stabilisce, difatti, che “le misure disposte in relazione ad un determinato fatto perdono efficacia quando per tale fatto e nei confronti della medesima persona è... pronunciata sentenza di non luogo a procedere”.

Contestualmente alla decisione di non luogo a procedere e di inefficacia della misura restrittiva il giudice, ex artt. 131-bis e 154-bis, comma 2, disp. att. dispone l'immediata liberazione dell'imputato prosciolto che, se non detenuto per altra causa, guadagna immediatamente (cioè in aula, al momento della lettura) il suo stato di libertà tant'è che va, in tali casi, riaccompagnato (senza vincoli ed in modo separato dagli altri detenuti) all'istituto presso il quale era detenuto, ovvero lo raggiungerà con propri mezzi ove ne faccia richiesta, al fine del disbrigo delle incombenze amministrative (è per tale ragione che nel foglio matricolare che accompagna ogni detenuto tradotto in udienza dovrebbe essere sempre tratteggiata esaustivamente la pendenza o meno di altre misure coercitive ovvero altre cause di detenzione).

L'incompatibilità tra la sentenza di non luogo a procedere e l'applicazione delle misure di sicurezza non patrimoniali

Profili generali

Il legislatore ha sancito l'inidoneità dell'udienza preliminare ad emettere sentenza di non luogo a procedere in tutti i casi in cui la persona non è imputabile e nei suoi confronti vada applicata una misura di sicurezza.

Anche con la riscrittura dell'art. 425, comma 3, da parte della riforma Cartabia, è stato mantenuto fermo tale principio, vieppiù rafforzato dal fatto che le parallele modifiche che hanno interessato l'art. 408 hanno espressamente statuito la necessità dell'esercizio dell'azione penale (da cui in conseguenza la non possibilità del non luogo a procedere) nei confronti di quei soggetti per i quali risulta necessaria l'applicazione di una misura di sicurezza (personale) all'esito del giudizio di merito.

Misure di sicurezza

Dopo un'iniziale gaffe il legislatore ha specificato, a mezzo di una specifica correzione normativa, che l'inidoneità della pronuncia di non luogo a procedere ha quale confine le misure di sicurezza “diverse dalla confisca”, con ciò avendo modo di escludere espressamente quelle di natura patrimoniale.

L'esclusione della possibilità di applicazione delle misure di sicurezza personali ha trovato, in sede giurisprudenziale, un confine ai soli casi di pericolosità sociale sebbene l'art. 300, comma 2, preveda espressamente tale possibilità.

Il controllo di legalità che compete al giudice di sorveglianza in ordine all'applicazione ed all'esecuzione della misura di sicurezza non si estende alla verifica della regolarità del procedimento penale al cui esito la misura sia stata disposta – (Cass., I, n. 51892/2019).

Eterni giudicabili

Da non confondere con la imputabilità è la situazione degli eterni giudicabili, cioè di coloro che nel corso dell'udienza preliminare, previa apposita perizia, vengano dichiarati incapaci di partecipare coscientemente al processo: per tali situazioni la recente introduzione dell'art. 72-bis c.p.p. prevede, per tutti i casi in cui non occorra applicare misure di sicurezza, la dichiarazione di non luogo a procedere in presenza di una malattia irreversibile.

Dipendenti pubblici

Il giudice dell'udienza preliminare così come deve, ex art. 133, comma 1-bis, att., in caso di specifici delitti, (artt. 314, comma 1, 317, 318, 319, 319 ter, 319 quater, 320 c.p.), notificare il decreto che dispone il giudizio emesso nei confronti di dipendenti pubblici agli enti di appartenenza ad altrettale obbligo è vincolato, ex art. 154-ter  disp. att., in caso di sentenza di non luogo a procedere (come di altra sentenza penale).

Le amministrazioni pubbliche di appartenenza possono richiedere, in caso di sentenza, la trasmissione della copia integrale della sentenza.

La dichiarazione di falsità

Profili generali

Anche la sentenza di non luogo a procedere, come tutte quelle in sede dibattimentale, — da cui il richiamo espresso svolto dall'ultimo comma dell'art. 425 alla disciplina prevista dall'art. 537, deve dichiarare la falsità dell'atto o del documento di sia stata accertata, nel corso del procedimento, tale qualità.

Modalità

Il giudice dell'udienza preliminare, in sede di dispositivo, — con disposizione autonomamente impugnabile —, può tanto limitarsi alla mera dichiarazione di falsità, che ben può essere totale o parziale, quanto facoltativamente disporre unitamente ad essa, e sempre laddove ciò non pregiudichi “interessi di terzi” che non hanno partecipato al processo, il ripristino, la riforma o la rinnovazione dell'atto e le modalità a mezzo delle quali tali obiettivi vengano raggiunti.

Casistica

All'imputato assente all'udienza preliminare non è dovuta la notifica della sentenza ex art. 425 c.p.p. in quanto, in seguito alla introduzione dell'art. 420-bis c.p.p., lo stesso è rappresentato dal difensore, così come previsto sia per la sentenza emessa all'esito del giudizio dibattimentale che per quella con rito abbreviato (Cass. S.U., n. 698/2020), sempre fatto salvo il caso in cui il giudice non abbai rispettato il termine indicato per il deposito della motivazione. Ciò trova, peraltro, conferma nel fatto che “il legislatore, laddove ha voluto imporre un onere di notifica in favore dell'imputato assente, lo ha previsto in maniera espressa. E' il caso dell'art. 429, comma 4, c.p.p., il quale stabilisce che il decreto che dispone il giudizio è notificato all'imputato “non presente alla lettura del provvedimento” – (Cass., III, n. 37391/2021).

Bibliografia

Castaldo, La regola di giudizio della sentenza di non luogo a procedere, in ilpenalista.it, 2016; Siragusa, Il giudizio preliminare ed il criterio prognostico, in ilpenalista.it.

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