Codice di Procedura Penale art. 428 - Impugnazione della sentenza di non luogo a procedere 1 .

Enrico Campoli

Impugnazione della sentenza di non luogo a procedere1.

1. Contro la sentenza di non luogo a procedere possono proporre appello2:

a) il procuratore della Repubblica e il procuratore generale [594] nei casi di cui all'articolo 593-bis, comma 23;

b) l'imputato, salvo che con la sentenza sia stato dichiarato che il fatto non sussiste o che l'imputato non lo ha commesso [593 2].

2. La persona offesa può proporre appello [606] nei soli casi di nullità previsti dall'articolo 419, comma 7. [La persona offesa costituita parte civile può proporre ricorso per cassazione ai sensi dell'articolo 606]45.

3. Sull’impugnazione la corte di appello decide in camera di consiglio con le forme previste dall’articolo 127. In caso di appello del pubblico ministero, la corte, se non conferma la sentenza, pronuncia decreto che dispone il giudizio, formando il fascicolo per il dibattimento secondo le disposizioni degli articoli 429 e 431, o sentenza di non luogo a procedere con formula meno favorevole all’imputato. In caso di appello dell’imputato, la corte, se non conferma la sentenza, pronuncia sentenza di non luogo a procedere con formula più favorevole all’imputato6.

3-bis. Contro la sentenza di non luogo a procedere pronunciata in grado di appello possono ricorrere per cassazione l’imputato e il procuratore generale solo per i motivi di cui alle lettere a), b) e c) del comma 1 dell’articolo 6067.

 

3-ter. Sull’impugnazione la corte di cassazione decide in camera di consiglio con le forme previste dall’articolo 6118.

3-quater. Sono inappellabili le sentenze di non luogo a procedere relative a reati puniti con la sola pena pecuniaria o con pena alternativa 910.

 

[1] Articolo così sostituito dall'art. 4 l. 20 febbraio 2006, n. 46. Il testo dell'articolo era il seguente: «1. Salvo quanto previsto dall'articolo 593, comma 3, contro la sentenza di non luogo a procedere possono proporre appello: a) il procuratore della Repubblica e il procuratore generale; b) l'imputato, salvo che con la sentenza sia stato dichiarato che il fatto non sussiste o che l'imputato non lo ha commesso. - 2. Sull'impugnazione decide la corte di appello in camera di consiglio con le forme previste dall'articolo 127. - 3. La persona offesa dal reato può ricorrere per cassazione nei casi di nullità previsti dall'articolo 419, comma 7. - 4. Il procuratore della Repubblica, il procuratore generale e l'imputato possono proporre ricorso immediato per cassazione a norma dell'articolo 569. - 5. Se la sentenza è inappellabile, il procuratore generale, il procuratore della Repubblica e l'imputato possono ricorrere per cassazione. - 6. In caso di appello del procuratore della Repubblica o del procuratore generale, la corte di appello, se non conferma la sentenza, pronuncia decreto che dispone il giudizio ovvero sentenza di non luogo a procedere con formula meno favorevole all'imputato. - 7. In caso di appello dell'imputato, la corte di appello, se non conferma la sentenza, pronuncia sentenza di non luogo a procedere con formula più favorevole all'imputato. - 8. Contro la sentenza di non luogo a procedere pronunciata in grado di appello possono ricorrere per cassazione l'imputato e il procuratore generale. - 9. In ogni caso la corte di cassazione decide in camera di consiglio con le forme previste dall'articolo 611».

[2] La parola «appello» è stata sostituita alle parole « ricorso per cassazione» dall’art. 1, comma 38, l. 23 giugno 2017, n. 103. Ai sensi dell’art.1, comma 95, l. n. 103, cit., la stessa legge entra in vigore il trentesimo giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale (G.U. n. 154 del 4 luglio 2017).

[3] Lettera modificata dall'articolo 3, comma 2, d.lgs. 6 febbraio 2018, n.11, che ha aggiunto, le parole  «nei casi di cui all'articolo 593-bis, comma 2.» dopo le parole: «e il procuratore generale».

[4] La parola «appello» è stata sostituita alle parole « ricorso per cassazione» dall’art. 1, comma 38, l. 23 giugno 2017, n. 103. Ai sensi dell’art. 1, comma 95, l. n. 103, cit., la stessa legge entra in vigore il trentesimo giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale (G.U. n. 154 del 4 luglio 2017).

[5] Il secondo periodo del presente comma è stato soppresso dall’art. 1, comma 39, l. 23 giugno 2017, n. 103Ai sensi dell’art. 1, comma 95, l. n. 103, cit., la stessa legge entra in vigore il trentesimo giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta ufficiale (G.U. n. 154 del 4 luglio 2017). Il testo del periodo era il seguente: « La persona offesa costituita parte civile può proporre ricorso per cassazione ai sensi dell’articolo 606».

[6] L’originario comma 3 è stato sostituito dai  commi 3, 3-bis e 3-ter dall’art. 1, comma 40, l. 23 giugno 2017, n. 103Ai sensi dell’art. 1,  comma 95, l. n. 103,  cit., la  stessa legge entra in vigore il trentesimo giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale (G.U. n. 154 del 4 luglio 2017). Il testo del comma era il seguente: «3. Sull’impugnazione decide la Corte di cassazione in camera di consiglio con le forme previste dall’articolo 127».

[7] Comma aggiunto per effetto della sostituzione dall’art. 1, comma 40, l. 23 giugno 2017, n. 103Ai sensi dell’art. 1, comma 95, l. n. 103, cit., la  stessa legge entra in vigore il trentesimo giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale (G.U. n. 154 del 4 luglio 2017).

[8] Comma aggiunto per effetto della sostituzione dall’art. 1, comma 40, l. 23 giugno 2017, n. 103Ai sensi dell’art. 1, comma 95, l. n. 103,  cit., la  stessa legge entra in vigore il trentesimo giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale (G.U. n. 154 del 4 luglio 2017).

[9] Comma aggiunto dall'articolo 2, comma 2, d.lgs. 6 febbraio 2018, n. 11 e successivamente modificato dall'articolo 23, comma 1, lett. m) d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 che  ha sostituito le parole: «reati puniti» alle parole: «contravvenzioni punite» e le parole: «pecuniaria» sono sostituite alla seguente: «dell'ammenda».

[10] V. quanto disposto dall'art. 88-ter, d.l. 10 ottobre 2022, n. 150, come inserito dall’ art. 5-septies, comma 1, d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, conv., con modif., dalla l. 30 dicembre 2022, n. 199.

Inquadramento

L'art. 428 costituiva (fino all'entrata in vigore della l. n.103/2017)  uno degli ultimi “residuati” processuali della l. n. 46/2006.

Con la l. n. 103/2017, il Legislatore ha ripristinato  l'appellabilità della sentenza di non luogo a procedere.

Se da un lato ciò comporta un rimedio al maldestro tentativo di attribuire alla Corte di Cassazione un compito non proprio – come quello di cassare la sentenza ex art. 425 ed imporre la celebrazione di una nuova udienza preliminare – non può non evidenziarsi che ciò rischi di “indebolire” quel filtro di selezione che l'udienza preliminare stava in concreto svolgendo: sarebbe stato sufficiente, difatti, per bilanciare entrambe le prospettive mantenere il ricorso di legittimità ma solo nella misura di cui al nuovo comma 3-bis (limitazione ai motivi di cui alle lett. a, b e c del comma 1 dell'art. 606).

L'appellabilità della sentenza di non luogo a procedere

Profili generali

Prima dell'intervento normativo della l. 20 febbraio 2006, n. 46 la sentenza di non luogo a procedere era appellabile e la corte d'appello, laddove di diverso avviso rispetto alla decisione del giudice dell'udienza preliminare, aveva il potere di disporre il rinvio a giudizio dinanzi al giudice funzionalmente competente.

Con l'intervento normativo sopra citato veniva implicitamente dichiarata l'inappellabilità delle sentenze ex art. 425  c.p.p. in quanto l'unico rimedio processuale previsto per essa era, in sede di impugnazione, il ricorso per cassazione.

Con la l. n. 103/2017 si è ritornati al regime previgente dell'appellabilità della sentenza ex art. 425 c.p.p.

I soggetti legittimati all'impugnazione della sentenza di non luogo a procedere

Profili generali

Il comma 1 dell'art. 428 individua i soggetti legittimati all'impugnazione della sentenza di non luogo a procedere emessa dal giudice dell'udienza preliminare.

Organi della accusa

Rientrano tra i soggetti legittimati all'impugnazione della sentenza di non luogo a procedere gli organi della pubblica accusa in primo e secondo grado.

Mentre il pubblico ministero di primo grado ha partecipato all'udienza preliminare e quindi è a conoscenza della decisione assunta dal giudice dell'udienza preliminare, — ragion per cui in caso di motivazione contestuale o di motivazione correttamente depositata entro il termine dei trenta giorni lo stesso non riceverà alcun avviso e deve quindi diligentemente determinarsi per impugnarla —, la procura generale presso la corte d'appello ha sempre diritto a ricevere avviso della decisione da parte della cancelleria, e solo da quel momento partono per essa i termini per l'impugnazione ovvero il decorso del tempo ai fini dell'attestazione della “irrevocabilità”. (La sentenza di non luogo a procedere del giudice dell'udienza preliminare è revocabile laddove ricorrano i presupposti di cui agli artt. 434 ss.).

Imputato

L'imputato è legittimato ad impugnare la sentenza di non luogo a procedere emessa dal giudice dell'udienza preliminare nei suoi confronti solo ove vi abbia “interesse”.

È per tale ragione che l'impugnazione dello stesso, avente ad oggetto profili attinenti l'insussistenza del fatto ovvero la sua estraneità partecipativa al medesimo, è esclusa.

La sentenza di non luogo a procedere per estinzione del reato dovuta alla decorrenza della prescrizione è sempre impugnabile dall'imputato anche quando quest'ultimo non abbia espressamente rinunciato alla stessa rientrando nei suoi poteri quello di richiedere una formula liberatoria più favorevole ex art. 129, comma 2 (Cass. III, n. 49663/2015).

Persona offesa

Il potere d'impugnazione della sentenza di non luogo a procedere è attribuito alla persona offesa solo in relazione al profilo formale di non avere ricevuto correttamente avviso della celebrazione dell'udienza preliminare.

Va dichiarato inammissibile il ricorso per cassazione del difensore della persona offesa avverso la sentenza di non luogo a procedere laddove la procura speciale è stata rilasciata per specifiche attività processuali, tra cui non quella prevista dall'art. 428 (Cass. II, n. 44671/2015).

Parte civile

Sussiste l'interesse della persona offesa, costituita parte civile, all'impugnazione della sentenza di non luogo a procedere per mancanza di querela in quanto si tratta di questione attinente gli effetti penali della pronuncia (Cass. V, n. 41350/2013).

Danneggiato dal reato

Anche se costituita parte civile, la persona danneggiata dal reato, laddove non sia persona offesa, non è legittimata ad impugnare la sentenza di non luogo a procedere essendo l'impugnazione vincolata alla tutela esclusiva degli interessi penalistici della stessa (Cass. III, n. 50929/2013).

Le novità introdotte dalla l. 23 giugno 2017, n. 103

Con la recente riforma – (l. n. 103/2017) -il Legislatore reintroduce per la sentenza di non luogo a procedere l'appellabilità dinanzi alla Corte d'appello e limitando il ricorso per cassazione avverso l'eventuale conferma solo ai “motivi di cui alle lettere a), b) e c) del comma 1 dell'art. 606”. 

Oltre alle correzioni nominalistiche di cui al comma 1 laddove le parole “ricorso per cassazione” sono sostituite dalla parola “appello” le modifiche sostanziali attengono al rito, di fatto ripristinando quanto era prima sancito nella versione “antica” del codice di procedura penale.

Nelle more della messa a regime del nuovo sistema di impugnazione il ricorso per cassazione va convertito in appello in quanto deve ritenersi precluso il cd. ricorso per saltum(Cass. IV, n. 27526/2017) : il combinato disposto di cui agli artt. 569 e 608, comma 4, c.p.p. non ha, difatti, subito alcuna modifica dalla l. n. 103/2017 con la conseguenza che tale tipo di impugnazione resta circoscritta alla sola fase di cognizione, cui l'udienza preliminare non appartiene costituendone la porta d'accesso.

Per tutte le sentenze di non luogo a procedere ex art. 425 c.p.p., pronunciate prima dell'entrata in vigore della l. n. 103/2017, poiché quest'ultima è priva di disciplina transitoria, l'impugnazione deve essere svolta con le forme del ricorso per cassazione : occorrerà, pertanto, individuare con cura il giorno di emissione del provvedimento impugnato in modo da stabilire il mezzo d'impugnazione adottabile (Cass. V, n. 46430/2017).

Viene, difatti, introdotta l'impugnazione (in fatto) della sentenza di non luogo a procedere dinanzi alla corte d'appello competente, la quale deciderà di camera in consiglio “nelle forme previste dall'art. 127”.

In caso di appello del pubblico ministero laddove non verrà confermata la sentenza ex art. 425 del giudice dell'udienza preliminare (ovvero non verrà riformata con formula meno favorevole all'imputato) alla corte d'appello sono attribuiti i poteri di emissione del decreto che dispone il giudizio e di formazione del fascicolo per il dibattimento.

In caso di appello del (solo) imputato la corte ha unicamente l'alternativa tra la conferma e la riforma con formula meno favorevole.

La decisione di conferma della sentenza di non luogo a procedere è impugnabile in sede di legittimità – che deciderà anch'essa in camera di consiglio nelle forme di cui all'art. 611 — solo nei limiti di cui all'art. 606, comma 1, lett. a), b) e c).

Le novità del d.lgs. 6 febbraio 2018, n. 11

Con il d.lgs. n. 11/2018, a mezzo di specifiche interpolazioni, è stata completata la rivisitazione dell'impugnazione della sentenza di non luogo a procedere (art. 425) emessa all'esito dell'udienza preliminare.

Sebbene a rappresentare l'organo della pubblica accusa, in caso di gravame della sentenza ex art. 425, dovrà essere, necessariamente, quello insediato in secondo grado si è, paradossalmente, circoscritto il potere di impugnazione di quest'ultimo.

A mezzo, difatti, del rimando, all'art. 593-bis, comma 2 -, contestualmente introdotto con la medesima normativa -, si è limitato il potere di impugnazione del procuratore generale presso la corte d'appello della sentenza ex art. 425 ai casi in cui abbia, in precedenza, avocato le indagini ovvero allorquando “il procuratore della repubblica abbia prestato acquiescenza”.

E' evidente che, nel primo caso, il riconoscimento del potere di impugnazione del procuratore generale presso la corte d'appello costituisce una ovvia ripercussione del fatto che, – nella migliore delle ipotesi –, tale organo (artt. 412 – 413) è andato a sopperire all'inerzia dell'ufficio del pubblico ministero di primo grado, circostanza quest'ultima che, peraltro, con la nuova cadenza dei termini delle indagini preliminari (art. 407, comma 3-bis ) potrà verificarsi, nella prassi, anche con una certa frequenza.

Di ben diversa portata è, invece, la seconda situazione relativa all'acquiescenza attesa l'ambiguità di tale figura (di creazione giurisprudenziale) che, per la prima volta, trova esplicito riconoscimento normativo ma che non è in alcun modo codicisticamente regolamentata.

Tale lacuna comporta l'indispensabilità

di un' apposita interlocuzione fra gli uffici della pubblica accusa di primo e secondo grado. : la diversa decorrenza del termine per l'impugnazione della sentenza ex art. 425 tra i due uffici potrà determinare, difatti, equivoci, se non – addirittura – conflitti.

Quando la motivazione della sentenza ex art. 425 viene emessa dal giudice dell'udienza preliminare in modo contestuale, o nel rispetto dei termini assegnati per il deposito (30 gg.) della stessa, alcun avviso viene dato dalla cancelleria all'organo dell'accusa in primo grado mentre, nel rispetto del canone generale di cui all'art. 548, c.p.p. comma 3, lo stesso viene svolto “in ogni caso al procuratore generale presso la corte d'appello”.

Nel caso in cui, invece, il giudice dell'udienza preliminare depositerà la motivazione  sforando il termine dei trenta giorni concesso dalla legge (art. 424, ultimo comma) entrambi gli organi dell'accusa riceveranno l'avviso di deposito e dalla comunicazione dello stesso decorreranno i relativi termini per l'impugnazione.

Ebbene, fermo restando l'incidenza della disciplina dei termini per l'impugnazione che potrà avere differenti decorrenze per i due diversi organi, qualora per acquiescenza si debba intendere, nello specifico caso, la situazione processuale in cui ci si determina a non azionare il potere di impugnazione concesso dalla legge appare evidente che esso troverà “consumazione” solo con l'intera decorrenza del periodo : ciò comporterà che solo anticipandone il suo decorso, e solo comunicandolo, da parte della procura in primo grado la procura generale potrà efficacemente esercitarlo.

In assenza, difatti, di un'apposita comunicazione della procura della repubblica, - che attesti l'acquiescenza prestata -, l'eventuale impugnazione dovrà essere dichiarata inammissibile.

L'interlocuzione tra gli organi della pubblica accusa, di primo e secondo grado, dovrà passare, pertanto, in questa specifica materia, per appositi protocolli interni ben potendo nascere divergenze in forza di mancati raccordi  burocratici.

L'altra significativa novella introdotta dal d.lgs. 11/2018 riguarda la inappellabilità della sentenza di non luogo a procedere, emessa all'esito dell'udienza preliminare, allorquando essa ha ad oggetto “contravvenzioni punite con la sola pena dell'ammenda o con pena alternativa”.

Tenuto conto del fatto che per le contravvenzioni l'art. 550 ne inibisce l'accesso all'udienza preliminare, la circostanza prevista dalla norma riguarda esclusivamente i casi in cui tali fattispecie trovino trattazione in quella sede in forza della connessione con ipotesi delittuose “più gravi”.

Non pare essere stato valutato dal legislatore, con la giusta ponderazione, che alcune "delicate" fattispecie, soprattutto in materia ambientale, - (es: art. 256, d.lgs. n. 152/2006) -, sono di natura contravvenzionale finendo così per rendere, in questo modo, il filtro dell'udienza preliminare “eccessivamente” risolutivo.

Con la riforma Cartabia (art. 428, comma 3 quater) si è ancor più ampliato il margine di inappellabilità della sentenza ex art. 425 estendendolo a tutti i reati (e non solo alle contravvenzioni) puniti con pena pecuniaria (e non solo con l'ammenda).

Con il decreto legge n. 162/2022 – art. 88 ter – le disposizioni in materia di inappellabilità introdotte dal decreto legislativo n. 150/2022 sono applicabili “alle sole sentenze di non luogo a procedere emesse dopo l'entrata in vigore del presente decreto”.

Casistica

La sentenza di non luogo a procedere ex art. 425, emessa dopo l'entrata in vigore della l. n. 103/2017, modificativa dell'art. 428, è impugnabile soltanto mediante appello, e avverso la stessa non è ammissibile il ricorso immediato ai sensi dell'art. 569 (Cass. IV, n. 34872/2018).

In seguito alla riforma della l. n. 103/2017 Non è possibile neanche il ricorso “per saltum” in quanto la facoltà concessa dall’art. 569, riguarda solo specifiche, e tassative, situazioni previste dallo stesso – (Cass. V, ord. n. 18305/2019).

Va qualificato come appello il ricorso in cassazione del P.M. contro la sentenza del G.u.p. di non luogo a procedere ex art. 425 (Cass. IV, n. 29520/2018).

Nel nuovo quadro normativo (art. 428, comma 3 bis) la contrazione dei casi di ricorso avverso la conferma in sede di appello della sentenza di non luogo a procedere è stata drastica avendola il legislatore limitata ai soli motivi (violazione di legge) di cui all'art. 606, comma 1, lett. a), b) e c) “laddove nell'originaria disciplina il ricorso per cassazione era proponibile senza limiti” – Cass. I, n. 57871/2018 -  : ciò per un verso, appare in linea con quanto dettato in via generale dall'art. 608, comma 1-bis, e per un altro prende necessariamente atto che esso va ad impattarsi con una doppia valutazione conforme dei giudici di merito. 

Non è abnorme il decreto che dispone il giudizio emesso dalla corte d’appello, a seguito dell’appello del pubblico ministero avverso la sentenza di non luogo a procedere, che esprima valutazioni di merito riguardo alla non condivisibilità di quest’ultima atteso che, all’esito della camera di consiglio svolta ai sensi dell’art. 428, comma 3 - così come riformato dalla l. n. 103/2017 -, le stesse non incidono sulla idoneità dell’atto a determinare la progressione del processo verso il merito – (Cass. IV, n. 6432/2019).

Bibliografia

Aprile-Saso, L'udienza preliminare, Milano, 2005.

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