Codice di Procedura Penale art. 450 - Instaurazione del giudizio direttissimo.Instaurazione del giudizio direttissimo. 1. Quando procede a giudizio direttissimo, [449], il pubblico ministero fa condurre direttamente all'udienza l'imputato arrestato in flagranza [380-383] o in stato di custodia cautelare [284-286]1 (1). 2. Se l'imputato è libero, il pubblico ministero lo cita a comparire all'udienza per il giudizio direttissimo. Il termine per comparire non può essere inferiore a tre giorni [172 5]. 3. La citazione contiene i requisiti previsti dall'articolo 429, comma 1, lettere a), b), c), d-bis), f), con l'indicazione del giudice competente per il giudizio nonché la data [111] e la sottoscrizione [110]. La citazione contiene, inoltre, l'avvertimento all'imputato che non comparendo sarà giudicato in assenza. La citazione è nulla se l'imputato non è identificato in modo certo, se non contiene l'avvertimento di cui al periodo precedente ovvero se manca o è insufficiente l'indicazione di uno dei requisiti previsti dall'articolo 429, comma 1, lettere c) e f).2. 4. Il decreto, unitamente al fascicolo previsto dall'articolo 431, formato dal pubblico ministero, è trasmesso alla cancelleria del giudice competente per il giudizio [465; 138 att.]. 5. Al difensore è notificato senza ritardo a cura del pubblico ministero l'avviso della data fissata per il giudizio. 6. Il difensore ha facoltà di prendere visione e di estrarre copia, nella segreteria del pubblico ministero, della documentazione relativa alle indagini espletate [433].
[1] L'art. 2 d.l. 23 maggio 2008, n. 92, conv., con modif., dalla legge 24 luglio 2008, n. 125, ha così modificato il presente comma. Il testo precedente recitava: «Se ritiene di procedere a giudizio direttissimo, il pubblico ministero fa condurre direttamente all'udienza l'imputato arrestato in flagranza o in stato di custodia cautelare». [2] Comma modificato dall'art. 26, d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, che ha sostituito le parole «dall'articolo 429, comma 1, lettere a), b), c), d-bis), f),» alle parole «dall'articolo 429 comma 1 lettere a), b), c), f),» e da ultimo dall'art. 2, comma 1, lett. q) d.lgs. 19 marzo 2024, n. 31 che sostituito il secondo periodo. Il testo del periodo era il seguente: «Si applica inoltre la disposizione dell'articolo 429, comma 2». InquadramentoL'art. 450 disciplina le modalità di instaurazione del giudizio direttissimo, diverse a seconda che l'imputato sia in stato di arresto o di custodia cautelare ovvero in stato di libertà, precisando, per l'ipotesi di imputato libero, quali requisiti debba contenere la citazione. La norma detta altresì regole particolari in ordine alla trasmissione del fascicolo formato dal P.m., alla notifica al difensore dell'avviso della data fissata per il giudizio ed alla facoltà del difensore medesimo di prendere visione ed estrarre copia degli atti. Modalità di instaurazione del giudizio direttissimo in caso di imputato detenutoNel caso di imputato detenuto, il giudizio direttissimo viene instaurato mediante presentazione dell'imputato medesimo direttamente all'udienza. La presenza fisica dell'imputato è necessaria ai fini della contestazione dell'imputazione. Né è pensabile che l'imputato, rifiutandosi di comparire, possa in tal modo condizionare le scelte del P.M., impedendogli di adottare il rito speciale: da un lato, perché il potere del P.M. di conduzione coattiva dell'imputato detenuto in udienza trova fondamento nell'art. 42-bis l. 26 luglio 1975, n. 354 (ord. pen.); dall'altro, perché l'art. 451, comma 4, nel disporre che “il P.m. (...) contesta l'imputazione all'imputato presente”, sembra presupporre una stretta correlazione tra la presenza fisica dell'imputato in udienza e la relativa contestazione dell'accusa. Conseguentemente, si ritiene di poter escludere non soltanto ogni ipotesi alternativa alla presenza fisica dell'imputato, quale una dichiarazione di contumacia o di assenza, ma anche che l'eventuale consenso dell'imputato alla celebrazione del giudizio in sua assenza possa valere ad impedire la presentazione coattiva dello stesso in udienza, essendo la sua effettiva presenza necessaria almeno fino al momento della contestazione dell'imputazione. Qualche dubbio si pone relativamente all'imputato latitante, essendovi oscillazione tra la tesi che propende per l'esperibilità del rito alla sola condizione che copia della citazione sia notificata al difensore ai sensi dell'art. 165 ed altra tesi che tende ad escludere comunque, in siffatta situazione, l'instaurabilità del rito. Modalità di instaurazione del giudizio direttissimo nel caso di imputato liberoSe l'imputato è libero, il P.m. che intende procedere con il rito direttissimo, gli fa notificare la citazione a comparire all'udienza assegnandogli un termine non inferiore a tre giorni. Il decreto di citazione deve contenere i requisiti previsti dall'art. 429 e, a pena di nullità, l'enunciazione dell'imputazione. L'art. 450, comma 3, nel richiamare l'art. 429, comma 1, lett. a), b), c), f), include, fra gli elementi che deve contenere la citazione per il giudizio direttissimo «l'enunciazione in forma chiara e precisa» non solo del fatto, ma anche delle circostanze aggravanti. Nel sistema processuale, tale enunciazione assume il rilievo di una componente essenziale e indefettibile della contestazione dell'accusa, in conformità alla previsione dell'art. 6, comma 3, lett. a) Cedu per la quale «ogni accusato ha diritto soprattutto ad essere informato, nel più breve tempo possibile, in una lingua a lui comprensibile e in modo dettagliato, della natura e dei motivi dell'accusa elevata a suo carico», ove detta informazione non può che comprendere le circostanze aggravanti nella loro incidenza sull'entità del fatto contestato e sulle conseguenze sanzionatorie che ne derivano. Lo stesso indirizzo giurisprudenziale ammissivo della contestazione in fatto delle circostanze aggravanti consente tale forma di contestazione, delimitandone la legittimità, nei termini in cui l'imputazione riporti in maniera sufficientemente chiara e precisa gli elementi di fatto che integrano la fattispecie circostanziale, permettendo all'imputato di averne piena cognizione e di espletare adeguatamente la propria difesa sugli stessi. Su questi presupposti, la S.C. (Cass. S.U. , n. 24906/2019) ha ritenuto che l'ammissibilità della contestazione in fatto delle circostanze aggravanti deve essere verificata rispetto alle caratteristiche delle singole fattispecie circostanziali e, in particolare, alla natura degli elementi costitutivi delle stesse: aspetto che determina inevitabilmente il livello di precisione e determinatezza che rende l'indicazione di tali elementi sufficiente a garantire la puntuale comprensione del contenuto dell'accusa da parte dell'imputato. In questa prospettiva, la contestazione in fatto non dà luogo a particolari problematiche di ammissibilità per le circostanze aggravanti le cui fattispecie, secondo la previsione normativa, si esauriscono in comportamenti descritti nella loro materialità, ovvero riferiti a mezzi od oggetti determinati nelle loro caratteristiche oggettive. Diverso è il caso delle circostanze aggravanti in cui, in luogo dei fatti materiali o in aggiunta agli stessi, la previsione normativa includa componenti valutative: ove il risultato di questa valutazione non sia esplicitato nell'imputazione, con la precisazione della ritenuta esistenza di particolari connotazioni qualitative o quantitative, la contestazione risulterà priva di una compiuta indicazione degli elementi costitutivi della fattispecie circostanziale. E pertanto, la necessità dell'enunciazione in forma chiara e precisa del contenuto dell'imputazione impone che la scelta operata dalla pubblica accusa fra le (diverse ed alternative) possibili conclusioni sia portata a conoscenza della difesa, non potendosi ravvisare una valida contestazione della circostanza aggravante nella mera prospettazione in fatto degli elementi materiali della relativa fattispecie. Perplessità sono state avanzate circa la possibilità per il P.m. di compiere attività integrativa d'indagine dopo l'emissione del decreto di citazione a giudizio, attesa la difficoltà di applicare in via analogica ad un rito speciale la norma generale contenuta nell'art. 430: peraltro, in giurisprudenza, si è ritenuto che non sussista inutilizzabilità degli atti costituenti l'oggetto di attività integrativa di indagine, a mente dell'art. 430 — ancorché espletata prima della emissione del decreto che dispone il giudizio — se la documentazione relativa venga depositata e posta immediatamente a disposizione degli indagati, non essendo ravvisabile, in tal caso, alcuna violazione dei diritti di difesa (Cass. III, n. 8049/2007). La specialità del rito, caratterizzato com'è da modalità e cadenze temporali diverse da quello ordinario, comporta altresì che l'instaurazione di esso non debba essere preceduta dalla notifica dell'avviso di conclusione delle indagini. Nel giudizio direttissimo la costituzione del rapporto processuale si verifica con la presentazione all'udienza dell'imputato arrestato o in stato di custodia cautelare ovvero, nel caso di imputato in stato di libertà, con l'emissione del decreto di citazione seguita dalla trasmissione degli atti al giudice, sicché è legittima la contestazione, nel decreto di citazione, di circostanze aggravanti ulteriori rispetto a quelle contenute nella richiesta di fissazione dell'udienza di convalida, atteso che quest'ultima è mero atto interno e non rappresenta l'esercizio dell'azione penale (Cass. IV, n. 8109/2019). L'avviso al difensore della data fissata per il giudizioIl difensore dell'imputato è avvisato della data fissata per il giudizio «senza ritardo»: trattasi di formula assai vaga ed elastica, essendo insuscettibile d'esser tradotta in un intervallo temporale preciso; essa, pertanto, può dar luogo a prassi giudiziarie riduttive ovvero di estrema conflittualità, senza che ne scaturisca alcuna nullità processuale. La giurisprudenza, con riferimento all'omologo avviso per l'udienza di convalida, consente che il difensore sia avvisato di quest'ultima anche poche ore prima (Cass. VI, n. 42155/2010). Inoltre, quanto alle modalità per l'informativa de qua, nella medesima giurisprudenza, prevale un indirizzo “antiformalistico”. Si è infatti ritenuto che l'avviso al difensore possa essere dato in forma libera, atipica, essendo sufficiente l'adeguatezza del mezzo comunicativo utilizzato, e risultando irrilevante il fatto che il destinatario ne abbia o meno effettivamente preso cognizione (cfr., Cass. S.U., n. 39414/2002, in cui si è ritenuto che la mancata conoscenza del messaggio, registrato nella segreteria telefonica del difensore designato all'atto dell'arresto, a causa di vizi di funzionamento dell'apparecchiatura o del mancato ascolto della registrazione, non incidesse sulla ritualità dell'avviso, gravando sul difensore medesimo l'onere di assicurarsi della perfetta funzionalità degli apparecchi di cui è dotato il proprio studio professionale e di ascoltare le comunicazioni memorizzate; sulle notifiche in forma libera, cfr., Cass. S.U., n. 23/1993). Inoltre, il controllo sull'adeguatezza del mezzo viene concretamente condotto in modo assai elastico, essendosi reputati sufficienti sia un avviso dato oralmente al difensore da parte della polizia giudiziaria (Cass. VI, n. 10508/2001), sia la registrazione d'un messaggio nella segreteria telefonica, avvenuta dopo l'orario di chiusura dello studio professionale, anche se tale comunicazione non sia stata ricevuta dal legale per mancato ascolto del nastro o per difetti di funzionamento dell'apparecchio (Cass. S.U., n. 39414/2002, cit.; nonché, addirittura, la telefonata cui nessuno abbia risposto, perché eseguita in orario notturno al recapito dell'ufficio: Cass. VI, n. 10008/1991). La formazione del fascicolo dibattimentaleNel rito direttissimo contestuale, il fascicolo per il dibattimento è formato dal P.m. de plano non appena intervenuta la convalida (art. 138, secondo periodo, disp. att.); negli altri casi, invece, l'inquirente vi provvede subito dopo aver notificato all'imputato la citazione in giudizio, trasmettendo quindi la documentazione alla cancelleria del giudice competente (art. 450, comma 4). Queste soluzioni normative lasciano assai perplessi, attesa la delicatezza dell'attività, sul cui corretto espletamento riposa la fisiologia dei rapporti tra indagini e giudizio. Elevato, dunque, il rischio di transiti documentali abusivi nel fascicolo dibattimentale in relazione ai quali potranno proporsi questioni di carattere preliminare per decidere sull'espunzione. Quanto al contenuto di quest'ultimo, ci si deve riferire senz'altro all'elencazione di cui all'art. 431. Incertezze vi sono, tuttavia, circa la collocazione del verbale contenente la confessione dell'imputato resa nel corso dell'interrogatorio. Trattandosi di un atto d'indagine, esso non andrebbe inserito nel fascicolo dibattimentale. Sennonché — in quanto la confessione riveste anche il ruolo di presupposto del rito — un orientamento giurisprudenziale ha considerato il relativo verbale rientrante tra gli «atti relativi alla procedibilità dell'azione penale» (Cass. IV, n. 12273/2005; cfr. altresì, Corte cost. n. 452/1990). CasisticaQuando il giudice del dibattimento, investito della convalida dell'arresto e del contestuale giudizio direttissimo di un cittadino straniero che non comprende la lingua italiana, si sia trovato nell'impossibilità di procedere, a causa della irreperibilità di un interprete, deve restituire gli atti al P.m., perché proceda nelle forme ordinarie, anche relativamente alla richiesta di convalida (Cass. V, n. 10517/2007). La presentazione del cittadino straniero in stato di arresto davanti al giudice del dibattimento per la convalida ed il contestuale giudizio direttissimo preclude la pronuncia della sentenza di non luogo a procedere ai sensi dell'art. 13, comma 3-quater d.lgs. 25 luglio 1998 n. 286, in caso di sopravvenuta espulsione, essendo già instaurato il rapporto processuale (Cass. V, n. 30522/2021). La costituzione di parte civile richiede, anche nel giudizio direttissimo, il rispetto delle formalità previste dalla legge, consistenti nel deposito in cancelleria o nella presentazione in udienza dell'apposita dichiarazione (Cass. IV, n. 38535/2008). Nel giudizio direttissimo atipico il decreto di citazione previsto dall'art. 450, comma 2, tiene luogo del «provvedimento che dispone il giudizio» indicato dall'art. 303, comma 1, lett. a), ai fini dell'individuazione del momento di passaggio dalla fase delle indagini a quella del giudizio e pertanto, una volta emesso, è idoneo a rendere operativi i termini di cui alla successiva lettera b) (Cass. I, n. 20331/2006). In tema di giudizio direttissimo obbligatorio, qualora entro i termini per la convalida la persona arrestata in flagranza sia presentata all'udienza, l'omessa indicazione nel cosiddetto «decreto di presentazione» della data dell'udienza non determina alcuna invalidità del rapporto processuale, in quanto il giudizio si instaura regolarmente con la presentazione diretta dell'arrestato, incombendo sul P.m. soltanto l'obbligo di comunicare al difensore, eventualmente nominato, la data nella quale l'imputato verrà presentato in udienza. Di conseguenza, é abnorme, comportando una illegittima regressione del procedimento nella fase delle indagini preliminari, il provvedimento con il quale il Tribunale dichiari la nullità del decreto di comparizione e disponga la restituzione degli atti al P.m. (Cass. I, n. 1384/2006). In tema di giudizio direttissimo susseguente all'arresto in flagranza, la disposizione di cui all'art. 450, comma 5, che stabilisce la notifica al difensore della data fissata per l'udienza, deve ritenersi osservata quando l'avviso — dato a mezzo telefono da un ufficiale di P.g., il quale abbia deposto sul punto in conformità — sia stato ricevuto personalmente dal difensore, senza la necessità che l'avviso stesso sia stato seguito da conferma mediante telegramma (Cass. IV, n. 12252/2005). Le modifiche introdotte dal “collegato Cartabia”Il d.lgs. n. 31/2024, c.d. “collegato Cartabia”, interpolando, il comma 3 dell'art. 450, ha previsto che la citazione contenga anche l'avvertimento all'imputato che, non comparendo, sarà giudicato in assenza, precisandosi altresì che la citazione è nulla se l'imputato non è identificato in modo certo, se non contiene l'avvertimento in ordine alla possibile declaratoria di assenza ovvero se manca o è insufficiente l'indicazione di uno dei requisiti previsti dall'art. 429, comma 1, lett. c) ed f). BibliografiaChiliberti-Roberti-Tuccillo, Manuale pratico dei procedimenti speciali, Milano, 1994; Dubolino - Baglione - Bartolini, Sub art. 450, in Il nuovo codice di procedura penale, Piacenza, 1990; Giustozzi, Il giudizio direttissimo, in Fortuna-Dragone-Fassone-Giustozzi, Manuale pratico del processo penale, Padova, 2007, 822; Ramajoli, I procedimenti speciali nel nuovo codice di procedura penale, Padova, 1996; Zanetti, Il giudizio direttissimo, in Pisani (a cura di), I procedimenti speciali in materia penale, Milano, 2003. |