Codice di Procedura Penale art. 460 - Requisiti del decreto di condanna.Requisiti del decreto di condanna. 1. Il decreto di condanna contiene: a) le generalità dell'imputato o le altre indicazioni personali che valgano a identificarlo nonché, quando occorre, quelle della persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria [89]; b) l'enunciazione del fatto, delle circostanze [59 s. c.p.] e delle disposizioni di legge violate; c) la concisa esposizione dei motivi di fatto e di diritto su cui la decisione è fondata, comprese le ragioni dell'eventuale diminuzione della pena al di sotto del minimo edittale; d) il dispositivo, con l'indicazione specifica della riduzione di un quinto della pena pecuniaria nel caso previsto dalla lettera h-ter)1; e) l'avviso che l'imputato e la persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria [89] possono proporre opposizione [461] entro quindici giorni dalla notificazione del decreto e che l'imputato può chiedere mediante l'opposizione [141 3 att.] il giudizio immediato [456 1, 3, 5, 464] ovvero il giudizio abbreviato [441-443] o l'applicazione della pena a norma dell'articolo 444 ; 2 f) l'avvertimento all'imputato e alla persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria [89] che, in caso di mancata opposizione, il decreto diviene esecutivo; g) l'avviso che l'imputato e la persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria [89] hanno la facoltà di nominare un difensore [96, 100]; h) la data [111] e la sottoscrizione [110] del giudice e dell'ausiliario che lo assiste; h-bis) l'avviso all'imputato della facoltà di accedere ai programmi di giustizia riparativa3; h-ter) l'avviso che può essere effettuato il pagamento della pena pecuniaria in misura ridotta di un quinto, nel termine di quindici giorni dalla notificazione del decreto, con rinuncia all'opposizione4 2. Con il decreto di condanna il giudice applica la pena nella misura richiesta dal pubblico ministero indicando l'entità dell'eventuale diminuzione della pena stessa al di sotto del minimo edittale [459 2]; ordina la confisca nei casi previsti dall'articolo 240, secondo comma, del codice penale, o la restituzione delle cose sequestrate [262 s.]; concede la sospensione condizionale della pena [163, 175 c.p.]. Nei casi previsti dagli articoli 196 e 197 del codice penale, dichiara altresì la responsabilità della persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria [534] 5. 3. Copia del decreto è comunicata al pubblico ministero ed è notificata con il precetto al condannato, al difensore d'ufficio o al difensore di fiducia eventualmente nominato ed alla persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria 6. 4. Se non è possibile eseguire la notificazione per irreperibilità dell'imputato, il giudice revoca il decreto penale di condanna e restituisce gli atti al pubblico ministero 7. 5. Il decreto penale di condanna non comporta la condanna al pagamento delle spese del procedimento, né l'applicazione di pene accessorie. Nel termine di quindici giorni dalla notifica del decreto il condannato può effettuare il pagamento della sanzione nella misura ridotta di un quinto, con rinuncia all'opposizione. Il decreto, anche se divenuto esecutivo non ha efficacia di giudicato nel giudizio civile o amministrativo. Il reato è estinto se il condannato ha pagato la pena pecuniaria e, nel termine di cinque anni, quando il decreto concerne un delitto, ovvero di due anni quando il decreto concerne una contravvenzione, [l'imputato] non commette un delitto ovvero una contravvenzione della stessa indole. In questo caso si estingue ogni effetto penale e la condanna non è comunque di ostacolo alla concessione di una successiva sospensione condizionale della pena 8.
[1] [1] Lettera modificata dall'art. 28, comma 1, lett. b), n. 1, lett. a), d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, che ha aggiunto le parole «, con l'indicazione specifica della riduzione di un quinto della pena pecuniaria nel caso previsto dalla lettera h-ter)» dopo le parole «il dispositivo» . [2] [2] La Corte cost., con sentenza 21 luglio 2016, n. 201, (in Gazz. Uff., 27 luglio, n. 30), ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della presente lettera nella parte in cui non prevede che il decreto penale di condanna contenga l’avviso della facoltà dell’imputato di chiedere mediante l’opposizione la sospensione del procedimento con messa alla prova. [3] [3] Lettera inserita dall'art. 28, comma 1, lett. b), n. 1, lett. c), d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150. Per l'applicazione vedi l’art. 92, comma 2-bis, d.lgs. n. 150 cit., come aggiunto, in sede di conversione, dall’art. 5-novies d.l. n. 162, cit. [4] [4] Lettera inserita dall'art. 28, comma 1, lett. b), n. 1, lett. c), d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150. Per l'applicazione vedi l’art. 92, comma 2-bis, d.lgs. n. 150 cit., come aggiunto, in sede di conversione, dall’art. 5-novies d.l. n. 162, cit. [5] [5] Comma dapprima sostituito dall'art. 372 lett. a)l. 16 dicembre 1999, n. 479, e successivamente così modificato dall'art. 2-decies d.l. 7 aprile 2000, n. 82, conv., con modif., dalla l. 5 giugno 2000, n. 144. [6] [6] Comma così sostituito dall'art. 20 l. 6 marzo 2001, n. 60. [7] [7] La Corte cost., con sentenza 18 novembre 2000, n. 504, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del presente comma «nella parte in cui non prevede la revoca del decreto penale di condanna e la restituzione degli atti al pubblico ministero anche nel caso in cui non sia possibile la notificazione nel domicilio dichiarato a norma dell'art. 161 del codice di procedura penale». [8] [8] Precedentemente il presente comma è stato sostituito dall'art. 37 2 lett. b) l. n. 479, cit. e successivamente modificato dall'art. 28, comma 1,lett. b), n. 2, d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, che ha inserito il periodo : «Nel termine di quindici giorni dalla notifica del decreto il condannato può effettuare il pagamento della sanzione nella misura ridotta di un quinto, con rinuncia all'opposizione.» dopo il primo periodo, ha sostituito le parole «Il decreto, anche» alla parola «Anche» e ha soppresso le parole «l'imputato» . InquadramentoL'art. 460 elenca i requisiti del decreto penale di condanna, e cioè i passaggi fondanti la pronuncia del G.i.p. che ha inteso accogliere l'istanza monitoria dell'inquirente. Si tratta della struttura del provvedimento destinato a recare la condanna, qualora non opposto. I contenuti minimi possono essere ricostruiti secondo un parallelo tra i requisiti formali della richiesta di rinvio a giudizio (art. 417) e quelli costituenti l'enunciazione della sentenza di condanna. Requisiti del decreto ed effetti premialiLa discrezionalità del giudice è limitata dall'impossibilità di discostarsi dalla richiesta del P.m. anche sotto il profilo del nomen juris del fatto. L'ambito decisionale appare stretto in un vincolante “prendere o lasciare” imposto dall'art. 460, comma 2, norma chiara nell'indicare la necessaria corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato. Quindi, al giudice in disaccordo (per eccesso o per difetto) con la pena richiesta non rimane che un provvedimento reiettivo (Corte. cost. n. 447/1990; conforme, Cass. V, n. 1187/1999). Sotto questo profilo, viene alla luce una straordinaria valenza del principio ne procedat iudex ex officio, poiché lo spazio decisionale dell'organo giudicante è ridotto all'accoglimento in toto della domanda monitoria ovvero al suo rigetto. Gli altri profili dispositivi riguardano aspetti operanti ex lege, inclusa l'adozione della confisca obbligatoria, residuando solamente una valutazione sul concedere o meno la sospensione condizionale della pena. Così, la discrezionalità sanzionatoria si riduce, nell'ambito del procedimento per decreto, per effetto del principio della domanda, mentre torna alla scelta giurisdizionale l'applicazione o meno della sospensione condizionale della pena, a differenza delle incertezze proprie del patteggiamento, dove l'istituto è maggiormente sottoposto alla volontà delle parti (cfr., Cass. III, n. 4624/1993, che conferisce all'opposizione efficacia sanante la nullità del decreto per omessa motivazione). È, questo, uno strumento che potrebbe, in parte, compensare l'instabilità del provvedimento monitorio determinata da indagini incomplete. Infatti, l'«attestazione di una elaborazione razionale degli elementi di prova e delle questioni giuridiche» contribuisce a persuadere l'imputato «della giustizia del decreto». La riforma CartabiaIl decreto legislativo n. 150 del 10 ottobre 2022, di attuazione della l. 27 settembre 2021, n. 134 recante delega al Governo per l'efficienza del processo penale nonché in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari, con l'art. 28 ha previsto, innanzitutto, che il dispositivo del decreto penale di condanna contenga l'indicazione specifica della riduzione di un quinto della pena pecuniaria nel caso – di nuova introduzione – di pagamento nel termine di quindici giorni dalla notificazione del decreto, con rinuncia all'opposizione: in tal modo, il legislatore compensa la consapevole e volontaria rinuncia dell'interessato ad esercitare il diritto di difesa nel successivo sviluppo del procedimento (e l'economia processuale che ne deriva) riconoscendo a quest'ultimo un'importante riduzione sanzionatoria, realizzando un ragionevole equilibrio fra le diverse esigenze in gioco, compatibile con i principi costituzionali. Il decreto, poi, deve contenere l'avviso all'imputato della facoltà di accedere ai programmi di giustizia riparativa. La disposizione normativa che subordina l'effetto estintivo del reato al pagamento della pena pecuniaria, appare chiaramente volta ad assicurare effettività e cogenza al decreto penale, consentendo all'interessato di avvalersi del beneficio soltanto a fronte del compiuto adempimento della statuizione in esso contenuta. Profili di diritto intertemporale In mancanza di diversa disposizione, trattandosi di norma processuale, si applica il principio del “tempus regit actum”. Si richiamano le considerazioni esposte nel par. 8.1 a commento dell’art. 438. I poteri di valutazione del giudiceIl giudice che ritenga insufficiente la prova della responsabilità dell'imputato, alla luce del suo potere di sindacato completo, non può far altro che rigettare la richiesta di decreto e restituire gli atti al P.m. E anche se il vuoto probatorio risulti colmabile attraverso lo svolgimento di nuove indagini, non può verificarsi un epilogo uguale a quello previsto dall'art. 409, comma 4, in relazione alla richiesta di archiviazione. Trattasi, infatti, secondo la Consulta (Corte cost. n. 217/1999) di situazioni “strutturalmente e funzionalmente eterogenee”, la cui diversità di disciplina corrisponde alla “diversa funzione dell'intervento giurisdizionale (...), giacché, mentre la disamina che il giudice è chiamato a svolgere in presenza della richiesta di decreto penale di condanna è volta a verificare la sussistenza dei presupposti, in rito e nel merito, del procedimento speciale promosso dal P.M., e, quindi, a soddisfare specifiche ed intuibili esigenze di garanzia, il controllo in sede di archiviazione è mosso dal ben diverso intento di verificare la legittimità della “inazione”, in stretta aderenza con il parametro offerto dall'art. 112 Cost. e dei connessi valori di legalità ed uguaglianza”. Il giudice non accoglie la richiesta e dispone la trasmissione degli atti al P.m. anche quando accerta la propria incompetenza per qualsiasi causa: accertamento di incompetenza che, in base a quanto disposto dall'art. 22, comma 3, deve essere dichiarato con sentenza. Esorbita dal sindacato del G.i.p. qualsiasi valutazione in ordine alla “opportunità del procedimento monitorio”: invero, secondo la giurisprudenza, il G.i.p., richiesto dell'emissione di un decreto penale di condanna, può pronunziare sentenza di proscioglimento ex art. 129 solo quando risulti evidente la prova positiva dell'innocenza dell'imputato o l'impossibilità di acquisire prove della sua colpevolezza, mentre è precluso un analogo esito decisorio sulla base di una valutazione di opportunità sul proficuo esercizio dell'azione penale o sulla inoffensività della condotta (Cass. III, n. 3914/2014, in fattispecie in cui la S.C. ha annullato la sentenza di assoluzione dal reato di omesso versamento di ritenute previdenziali motivata in ragione dell'esiguità delle somme evase). In tal senso, non è stato considerata abnorme l'ordinanza con la quale il G.i.p. rigetta la richiesta di emissione del decreto penale di condanna, disponendo la restituzione degli atti al P.m., salvo che il provvedimento sia fondato esclusivamente su ragioni di opportunità (Cass. IV, n. 45683/2014, che, in applicazione del principio, ha escluso l'abnormità del provvedimento di restituzione degli atti giustificata dalla valutazione di incongruità della pena richiesta in relazione alla gravità della violazione contestata; contra, Cass. III, n. 2002/1996). Gli obblighi informativiAssumono rilevanza ai fini di un corretto esercizio del diritto di difesa (e, dunque, della validità del decreto stesso) gli avvertimenti indicati nell'art. 460, comma 1, lett. e). L'obbligo informativo ivi prescritto attraversa, infatti, tutte le facoltà concesse all'imputato, dalla domanda di un giudizio dibattimentale all'accesso a riti alternativi quali l'abbreviato e il patteggiamento; all'eventuale violazione della norma, consegue una nullità a regime intermedio ai sensi degli artt. 178, comma 1, lett. c) e 180. Al riguardo, costituisce previsione complementare l'art. 141, commi 2 e 3 disp. att. laddove estende l'oggetto degli avvisi anche alla possibilità di presentare domanda di oblazione. Una volta emesso, copia del decreto deve essere notificata con il precetto al condannato, al difensore e alla persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria (con riferimento alla notificazione alla persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria, a nulla rileva il fatto che esista un rapporto di immedesimazione organica, cioè che l'imputato si identifichi con il legale rappresentante del civilmente obbligato quando questa sia una persona giuridica: Cass. III, n. 1576/1996). Il difensore d'ufficio è tra i destinatari del provvedimento (l. 6 marzo 2001, n. 60) ed è ritenuto affetto da nullità assoluta il decreto che ometta la designazione e la notificazione al predetto difensore (Cass. VI, n. 29398/2009). L'importanza di raggiungere l'imputato (essenziale ai fini dell'esercizio del diritto di difesa tramite lo strumento oppositivo) è, invece, sancita dall'art. 459, comma 4, che esclude la stabilizzazione del decreto in caso di irreperibilità. Inoltre, tra coloro ai quali il decreto va comunicato, vi è il querelante. A prescindere dalla libertà di forme dell'adempimento (comunicazione e non notificazione), l'irrilevanza processuale di un'eventuale omissione informativa non vale a ritenere superfluo l'incombente, potendosi immaginare una facoltà di stimolo a che il P.m. impugni l'atto emanato nonostante l'opposizione del querelante (l'impugnabilità tramite ricorso per cassazione per violazione della legge processuale, viene costruita attraverso l'inclusione del decreto nell'ambito operativo dell'art. 111, comma 7, Cost.). Il provvedimento di rigetto non ha una forma prescritta dalla legge, né sussiste uno specifico obbligo motivazionale. Tuttavia, l'utilizzazione dell'ordinanza consente un controllo sull'operato del giudice, permettendo al P.m. di determinarsi consapevolmente per le scelte conseguenti, eventualmente, presentando una nuova richiesta di decreto penale. La sopravvivenza del rito monitorio non poteva non essere accompagnata da benefici per disincentivare l'imputato a esercitare la propria opposizione al decreto. Oltre alle attenuazioni sanzionatorie, è interessante rilevare come, originariamente, le previsioni premiali si fermassero ad escludere l'efficacia di giudicato del decreto nel giudizio civile o amministrativo, considerato il carattere sommario dell'accertamento. Solo con la riforma operata dall'art. 37, comma 2, lett. a) e b), l. n. 479/1999, si è avuta una proliferazione premiale che ha (ulteriormente) avvicinato il decreto penale al patteggiamento. Peraltro, unitamente al venir meno dell'obbligo di pagamento delle spese processuali, si è introdotta la non applicazione delle pene accessorie; un'eventuale richiesta da parte del P.m. che includesse queste ultime, dovrebbe infatti condurre al rigetto della richiesta da parte del G.i.p. Come per il patteggiamento, sfugge all'“accordo” delle parti l'applicabilità di sanzioni amministrative che conseguono alla commissione di un determinato illecito; di modo che il G.i.p., verificata la sussistenza dei presupposti, provvederà ex officio alla relativa irrogazione (per i reati stradali — sospensione patente di guida —, cfr. Cass. IV, n. 11358/2008; per i reati urbanistici — ordine di demolizione —, cfr. Cass. III, n. 23710/2007), nonostante la tipica sommarietà del giudizio. L'avvicinamento premiale con il patteggiamento si attua, altresì, con l'art. 25, comma 1, lett. e) d.P.R. 14 novembre 2002, n. 313, che include anche il decreto penale tra le iscrizioni al casellario giudiziale che sono escluse del certificato penale richiesto dall'interessato. In tema di procedimento per decreto, il disposto dell'art. 460, comma 1, lett. h-ter, come novellato dall'art. 28, comma 1, lett. b), d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, a termini del quale è dato avviso all'imputato della possibilità di fruire di una riduzione della pena pecuniaria di un quinto in caso di mancata opposizione, trova applicazione, ex art. 2, comma quarto, c.p., anche con riguardo ai decreti penali di condanna emessi antecedentemente all'entrata in vigore di tale disposizione, ma notificati successivamente, trattandosi di norma di carattere processuale che ha prodotto effetti sostanziali, in quanto determinante un trattamento sanzionatorio più favorevole (Cass. I, n. 1296/2024). Il fascicolo del difensoreSebbene il dato letterale dell'art. 391-octies induca ad una formale risposta negativa, si ritiene che, in coerenza con l'opportunità di un recupero anche in questo modulo processuale di un contraddittorio, seppure cartolare e solo sulla formazione della prova intesa come risultato probatorio e non come mezzo di prova, esista comunque un dovere del P.m. di formare un unico “fascicolo degli atti di indagine”, non solo successivamente all'udienza preliminare che si sia conclusa con il rinvio a giudizio dell'imputato, ma anche tutte le volte in cui l'organo dell'accusa assuma una decisione che, come nel caso del decreto penale, presupponga la chiusura delle indagini preliminari. La confisca, le spese del procedimento e la rateizzazione della pena pecuniariaSussistendone i presupposti, il giudice che emette il decreto penale ordina la confisca nei casi in cui il codice penale la preveda come obbligatoria. Il divieto di disporre la confisca obbligatoria diversa da quella di cui all'art. 240, comma 2, c.p. non vale quando la legge speciale si riferisce genericamente a “pronunce di condanna”. Questo per quanto attiene ai poteri esercitabili ope iudicis: il veto vale, cioè, tutte le volte in cui il giudice ritenga di applicare la confisca indipendentemente da una specifica richiesta del P.m. Nulla sembra invece precludere al P.m. la richiesta di qualsiasi misura di sicurezza che non abbia carattere personale e, quindi, sia della confisca facoltativa sia della cauzione di buona condotta (il che sembra trovare ulteriore conferma esegetica nel fatto che nell'elenco dei benefici conseguenti ex lege al decreto manca ogni riferimento alle misure di sicurezza patrimoniali). Tra i benefici del decreto penale vi è quello della mancata condanna al pagamento delle spese del procedimento. Il beneficio non ricomprende, evidentemente, le spese necessarie al recupero del credito in sede esecutiva verso il soggetto che non adempie sua sponte. È invece espressamente previsto che, anche nel caso del decreto penale, si proceda al recupero delle spese per la custodia dei beni sequestrati e delle spese di mantenimento dei detenuti (art. 240, comma 3, d.P.R. n. 115/2002). Entro questi limiti, all'eventuale omissione della condanna alle spese, può porsi rimedio attraverso il procedimento di correzione degli errori materiali. Nell'applicare la pena pecuniaria, il giudice può disporre, ai sensi dell'art. 133-ter c.p., il pagamento rateale, i cui effetti valgono anche per l'obbligazione sussidiaria del civilmente obbligato. Ciò presuppone, però, che il giudice possegga gli elementi cognitivi per poter valutare le “condizioni economiche del condannato”, giacché lo stesso art. 133-ter c.p. prevede che la rateizzazione sia disposta “in relazione” alle suddette condizioni. In caso contrario, la rateizzazione potrà essere disposta in sede di esecuzione, previo accertamento dell'insolvibilità del condannato. La motivazione del decretoAl pari della sentenza, il decreto penale deve contenere “la concisa esposizione dei motivi in fatto e in diritto su cui la decisione è fondata”. Tuttavia, l'obbligo di motivazione del decreto non ha un'estensione identica a quella prevista per la sentenza, giacché, rispetto a questa, manca la prescrizione relativa all'indicazione delle “prove poste a base della decisione stessa e l'enunciazione delle ragioni per le quali il giudice ritiene non attendibili le prove contrarie”. Peraltro, in presenza di eventuali prove contrarie, ancor di più si giustifica una motivazione esaustiva che espliciti le ragioni in fatto e in diritto in virtù delle quali le ragioni dell'accusa prevalgano su quelle della difesa. Se così non fosse, quella che il legislatore ha configurato come motivazione “concisa” si trasformerebbe in una motivazione “sommaria”. Al di là del suo contenuto, la motivazione del decreto penale assolve ad una funzione peculiare: essa, infatti, non è che il mezzo formale che consente alle parti di sottoporre la correttezza logico-giuridica della decisione al vaglio del giudice dell'impugnazione. Va ricordato, infatti, che, nel giudizio conseguente all'opposizione, il giudice non verifica la fondatezza del decreto penale (che si limita a revocare), bensì accerta ex novo i fatti contestati all'imputato. La motivazione del decreto penale ha, invece, una funzione persuasiva, nel senso che mira a far comprendere all'imputato la “giustezza della condanna” e i vantaggi che gli derivano dall'acquiescenza al decreto. La revoca del decretoIl problema relativo alla legittimità della revoca del decreto penale da parte del medesimo giudice che lo ha emesso, si pone soltanto con riferimento a quelle situazioni in cui il decreto non è divenuto esecutivo, per non essere ancora trascorso il termine per l'opposizione ovvero perché l'opposizione è stata proposta ma il conseguente giudizio non è stato ancora definito. In caso contrario, infatti, la proponibilità della revoca è da escludere, anche solo sul piano teorico, per il principio della intangibilità del giudicato. Unica eccezione è quella prevista dall'art. 673 per l'ipotesi della sopravvenuta abrogazione del reato o della dichiarazione di illegittimità costituzionale della norma penale: alla revoca, in tal caso, provvede il giudice dell'esecuzione con il procedimento ex art. 666. Gli stessi effetti della revoca potrebbero essere raggiunti attraverso l'istituto della revisione, avvalendosi, in particolare, dell'interpretazione giurisprudenziale relativa al concetto di “prova nuova”. In ogni caso, la S.C. ritiene che la revoca del decreto penale adottata con riferimento a situazioni diverse da quelle espressamente previste dalla legge (art. 460, comma 4, e art. 464, comma 3) sia atto radicalmente estraneo al sistema processuale e come tale abnorme ed immediatamente ricorribile per cassazione (Cass. III, n. 7385/2001). CasisticaL'irreperibilità prevista dall'art. 460, comma 4, che determina la revoca del decreto penale di condanna, non presuppone l'adozione della formale procedura dichiarativa di cui all'art. 159, ma va intesa nel senso più generale di non rintracciabilità del destinatario tale da impedire, comunque, la notificazione del provvedimento (Cass. V, n. 18179/2015, in fattispecie in cui la S.C. ha anche escluso che l'avvenuta notifica al difensore di fiducia dell'imputato potesse surrogare l'impossibilità della notificazione a quest'ultimo). Non è abnorme e non è dunque impugnabile il provvedimento di revoca del decreto penale di condanna adottato sul presupposto, rivelatosi erroneo, dell'irreperibilità dell'imputato (Cass. III, n. 16786/2013). È abnorme ed immediatamente ricorribile per cassazione, in quanto atto radicalmente estraneo al sistema processuale, il provvedimento di revoca del decreto penale di condanna adottato dallo stesso giudice che lo ha emesso, al di fuori dell'ipotesi prevista dall'art. 460, comma 4, di impossibilità della notifica per irreperibilità dell'imputato (Cass. III, n. 39196/2014). È preclusa la dichiarazione di estinzione del reato oggetto di un decreto penale di condanna se, nel termine di cinque anni in caso di delitto o di due anni in caso di contravvenzioni, l'autore commette un nuovo delitto o una nuova contravvenzione della stessa indole, ancorché il nuovo reato oggetto di altro decreto penale di condanna sia stato dichiarato estinto per non aver l'interessato commesso l'ulteriore reato nei cinque o due anni successivi (Cass. I, n. 32869/2014). L’estinzione del reato e di ogni effetto penale di cui all’art. 460, comma 5, comporta, come conseguenza, l’estinzione della pena non ancora espiata o riscossa (Cass. I, n. 10314/2020). Non è abnorme il provvedimento con il quale il giudice del dibattimento dichiara la nullità del decreto di citazione a giudizio emesso dal G.i.p. a seguito di opposizione a decreto penale di condanna, per omessa enunciazione in forma chiara e precisa del fatto (Cass. I, n. 30741/2013). Il decreto penale di condanna interrompe, dal momento della sua emissione, la prescrizione del reato quand'anche successivamente revocato (Cass. III, n. 1460/2013). Il civilmente obbligato per la pena pecuniaria è legittimato a proporre opposizione avverso il decreto penale di condanna solo nel caso in cui esso contenga nei suoi confronti una espressa statuizione di condanna al pagamento della pena corrispondente alla sanzione pecuniaria inflitta all'imputato (Cass. III, n. 17713/2013). Non è ammessa in sede esecutiva la revoca della confisca ancorché erroneamente disposta con decreto penale di condanna divenuto irrevocabile per mancata opposizione, ostandovi la formazione del giudicato (Cass. III, n. 49477/2012). È configurabile l'interesse ad ottenere la riabilitazione in relazione a pena irrogata con decreto penale per reato del quale sia dichiarata l'estinzione a norma dell'art. 460, comma 5, (Cass. I, n. 35893/2012). La procura speciale rilasciata al difensore ai fini dell'opposizione al decreto penale e della richiesta di giudizio abbreviato non conferisce al difensore medesimo speciali poteri di rappresentanza in ordine alle successive notifiche, non potendo tale procura essere equiparata ad un'elezione di domicilio (Cass. VI, n. 15136/2012, nella quale, in applicazione del principio, la S.C. ha ritenuto nulla la notifica dell'avviso dell'udienza preliminare, fissata a seguito di opposizione a decreto penale, effettuata al solo difensore procuratore speciale e non anche all'imputato). La revoca, a seguito di tempestiva opposizione, del decreto penale di condanna per carenza dei requisiti prescritti dall'art. 460 non preclude al giudice il potere di nuova emissione anche in assenza di una nuova richiesta del P.m. (Cass. III, n. 43471/2011, nella quale è stata disattesa la censura difensiva di nullità del decreto per mancata restituzione degli atti al P.m. e per essere stata preclusa la facoltà di chiedere riti alternativi o l'oblazione). È abnorme il provvedimento con il quale il G.i.p., una volta emesso già il decreto penale, disponga con autonomo provvedimento, al di fuori della procedura di correzione degli errori materiali, la confisca del veicolo con il quale era stato commesso il reato di cui all'art. 186, comma 2, lett. c), d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285 (Cass. IV, n. 41105/2010). È abnorme il provvedimento con il quale il G.i.p., dopo avere revocato il decreto penale di condanna in ragione dell'impossibilità di eseguirne la notificazione per irreperibilità dell'imputato e avere disposto la restituzione degli atti al P.m. ai sensi dell'art. 460, comma 4, dichiari inammissibile la successiva richiesta di archiviazione sul rilievo che l'azione penale era già stata esercitata ed è per sua natura irretrattabile (Cass. IV, n. 2368/2018). Il giudice che, nell'ambito del medesimo procedimento abbia adottato un decreto di sequestro preventivo, svolgendo funzioni di G.i.p., non può emettere il decreto penale di condanna, sussistendo una delle cause di incompatibilità stabilite dall'art. 34, comma 2-bis, (Cass. III, n. 2859/2019) Non è abnorme il provvedimento di revoca del decreto penale di condanna adottato sull'erroneo presupposto dell'irreperibilità dell'imputato (Cass. IV, n. 12350/2020, in fattispecie in cui, eletto dall'imputato domicilio presso il difensore, la notifica del decreto penale era stata vanamente tentata nel luogo di residenza). BibliografiaChiavario, Diritto processuale penale, Torino, 2007, 439; Giustozzi, I procedimenti speciali, in Fortuna-Dragone-Fassone- Giustozzi, Nuovo manuale pratico del processo penale, Padova, 2002; Piziali, Il procedimento per decreto, in Pisani (a cura di), I procedimenti speciali in materia penale, Milano, 2003; Zappalà, I procedimenti speciali, in Siracusano-Galati-Tranchina-Zappalà, Diritto processuale penale, II, Milano, 2004; Gatta, Riforma della giustizia penale: contesto, obiettivi e linee di fondo della “legge Cartabia”, in Sistema penale, 15 ottobre 2021; Varraso, La “legge Cartabia” e l’apporto dei procedimenti speciali al recupero dell’efficienza processuale, in Sistema penale, 2/2022, 29 e ss.; Conte, L’immediatezza nella riforma Cartabia, in Giur. pen. web, 2022, 6; Donini, Efficienza e principi della legge Cartabia. Il legislatore a scuola di realismo e cultura della discrezionalità, in Politica del diritto, 4/2021, 591 e ss.; Bassi, I riti speciali nella riforma Cartabia: un’occasione mancata ?, in Il Penalista, 25 ottobre 2021; Relazione dell’Ufficio del Massimario n. 60/2021, 3 novembre 2021; Relazione dell’Ufficio del Massimario n. 68/2022, 7 novembre 2022; Relazione dell’Ufficio del Massimario n. 2/2023, 5 gennaio 2023. |