Codice di Procedura Penale art. 461 - Opposizione 1 2 .

Andrea Pellegrino

Opposizione12.

1. Nel termine di quindici giorni dalla notificazione del decreto, l'imputato e la persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria [89], personalmente o a mezzo del difensore eventualmente nominato [96, 100], possono proporre opposizione con le forme previste dall'articolo 582 nella cancelleria del giudice per le indagini preliminari che ha emesso il decreto [460] ovvero nella cancelleria del tribunale o del giudice di pace del luogo in cui si trova l'opponente [140, 163-ter att.] 3.

2. La dichiarazione di opposizione deve indicare, a pena di inammissibilità, gli estremi del decreto di condanna, la data del medesimo e il giudice che lo ha emesso. Ove non abbia già provveduto in precedenza, nella dichiarazione l'opponente può nominare un difensore di fiducia.

3. Con l'atto di opposizione l'imputato può chiedere al giudice che ha emesso il decreto di condanna il giudizio immediato [4561, 3, 5, 4641] ovvero il giudizio abbreviato [441-443] o l'applicazione della pena a norma dell'articolo 444.

4. L'opposizione è inammissibile, oltre che nei casi indicati nel comma 2, quando è proposta fuori termine [173] o da persona non legittimata.

5. Se non è proposta opposizione o se questa è dichiarata inammissibile, il giudice che ha emesso il decreto di condanna ne ordina l'esecuzione [463, 6483, 650].

6. Contro l'ordinanza di inammissibilità l'opponente può proporre ricorso per cassazione [606].

 

[1] [1] [1] In tema di disposizioni per la semplificazione delle attività di deposito di atti, documenti e istanze nella vigenza dell'emergenza epidemiologica da COVID-19 v. quanto disposto dall'art. 24, comma 6-quinquies del d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, conv., con modif., in l. 18 dicembre 2020, n. 176. Da ultimo, v. art. 16, comma 1, d.l. 30 dicembre 2021, n. 228, conv., con modif. in l. 25 febbraio 2022, n. 15, dispone che «Le disposizioni di cui all'articolo 221, commi 3, 4, 5, 6, 7, 8 e 10 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito con modificazioni dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, nonché le disposizioni di cui all'articolo 23, commi 2, 6, 7, 8, primo, secondo, terzo, quarto e quinto periodo, 8-bis, primo, secondo, terzo e quarto periodo, 9, 9-bis e 10, e agli articoli 23-bis, commi 1, 2, 3, 4 e 7, e 24 del decreto-legge 28 ottobre 2020 n. 137, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, in materia di processo civile e penale, continuano ad applicarsi fino alla data del 31 dicembre 2022»; in particolare, ai sensi dell'art. 16, comma 1-bis, aggiunto in sede di conversione, l'art. 23, comma 4, del d.l. n. 137/2020 cit., in materia di processo penale, continua ad applicarsi fino alla data di cessazione dello stato di emergenza epidemiologica da COVID-19. V. anche art. 16, comma 2, d.l. n. 228, cit.

[2] [2] [2]  V. quanto disposto dall'art. 87-bis, comma 6, d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, come modificato dall' art. 5-quinquies, comma 1, d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, conv., con modif., in l. 30 dicembre 2022, n. 199.

[3] [3] [3] Comma dapprima modificato dall'art. 184, d.lg. 19 febbraio 1998, n. 51, e dall'art. 451l. 16 dicembre 1999, n. 479  e successivamente dall'art. 28, comma 1,lett. c), d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150,  che ha sostituito le parole  «con le forme previste dall'articolo 582» alle parole  «mediante dichiarazione ricevuta». Per l'entrata in vigore delle modifiche disposte dal citato d.lgs. n. 150/2022, vedi art. 99-bis, come aggiunto dall'art. 6, comma 1, d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, conv., con modif., in l. 30 dicembre 2022, n. 199.In merito alle disposizioni transitorie in materia di processo penale telematico, v. art. 87, comma 4, d.lgs. 150 , cit. che prevede:  «4. Sino al quindicesimo giorno successivo alla pubblicazione dei regolamenti di cui ai commi 1 e 3, ovvero sino al diverso termine di transizione previsto dal regolamento di cui al comma 3 per gli uffici giudiziari e per le tipologie di atti in esso indicati, continuano ad applicarsi, nel testo vigente al momento dell'entrata in vigore del presente decreto, le disposizioni di cui agli articoli 110, 111, comma 1, 116, comma 3-bis, 125, comma 5, 134, comma 2, 135, comma 2, 162, comma 1, 311, comma 3, 391-octies, comma 3, 419, comma 5, primo periodo, 447, comma 1, primo periodo, 461, comma 1, 462, comma 1, 582, comma 1, 585, comma 4, del codice di procedura penale, nonché le disposizioni di cui l'articolo 154, commi 2, 3 e 4 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271» .

Inquadramento

Con l'atto di opposizione, l'imputato non chiede una revisione del provvedimento monitorio emesso dal G.i.p. bensì ottiene soltanto, qualora non acceda agli altri riti speciali, che il procedimento rientri dalla deriva monitoria e prosegua secondo il suo svolgimento tipico. Purtuttavia, non sarà in alcun modo recuperata la fase (anteriore all'esercizio dell'azione penale) consunta sino a quel momento, per cui, ritenuto che le garanzie dell'udienza preliminare (conoscenza dell'accusa e vaglio giudiziale sull'esercizio dell'azione penale) siano state assolte con l'emissione del decreto penale, si potrà soltanto dar luogo alla celebrazione del giudizio dibattimentale.

Il recupero del contraddittorio

Il recupero del contraddittorio si attua con il riconoscimento del diritto dell'imputato di opporsi al decreto penale di condanna. La presenza di tale strumento è essenziale alla tenuta del sistema nella misura in cui concede all'imputato la scelta sulla prosecuzione o meno della procedura. Come già evidenziato nel commento agli articoli precedenti, la Corte costituzionale ha costantemente agganciato la legittimità del rito monitorio alla possibilità di opporsi riconosciuta al destinatario della condanna (Corte cost. n. 27/1966). La stessa irreperibilità dell'imputato, attualmente prevista quale ipotesi espressa di revoca del decreto (art. 460, comma 4), da sempre rappresenta un limite applicativo per l'istituto (cfr., Corte cost. n. 90/1963). Il giudice delle leggi, nell'intento di sottolineare l'esercizio del diritto di difesa, ha rilevato come l'opposizione si risolva «in una richiesta di dibattimento, sul presupposto della ritenuta ingiustizia della condanna, richiesta resa agevole ed alla portata anche di persona priva di cognizioni tecniche in quanto può concretarsi nella mera contestazione degli elementi risultanti dal decreto penale» (Corte cost. n. 189/1972).

Nell'individuare la natura giuridica dell'opposizione proposta dall'imputato, si ricorre sovente alla categoria dei mezzi di impugnazione. In giurisprudenza, rispetto alla compatta linea interpretativa che attrae l'opposizione tra i mezzi di impugnazione (v. ex plurimis, Cass. S.U., n. 21243/2010), si registra una lettura che rifiuta di considerare l'opposizione «concettualmente e tecnicamente mezzo di impugnazione a tutti gli effetti», limitando l'assimilabilità alle impugnazioni solo per la funzionalità ablatoria dell'atto (Cass. IV, n. 14514/2010).

In senso sostanzialmente contrario, si pone, inoltre, la giurisprudenza che ammette un potere di intervento, da parte del G.i.p. emittente, sul decreto opposto (in tal senso, v. Cass. III, n. 43471/2011, che addirittura legittima la revoca e la ri-emissione, da parte del G.i.p. e a prescindere da una nuova richiesta del P.m., del decreto opposto).

La cognizione completa devoluta al giudizio successivo fa ritenere di essere dinanzi a un mezzo di gravame puro (Cass. S.U., n. 21243/2010, cit.).

Intuibili perplessità riguardo ad una simile linea di pensiero possono sorgere considerando l'effetto ablatorio che automaticamente consegue all'opposizione («revocato il decreto... le vicende precedenti al dibattimento perdono ogni rilievo giuridico») e la sua incongruenza rispetto al sistema delle impugnazioni, dove è il provvedimento finale pronunciato a seguito del secondo giudizio a “sostituire” quello gravato. 

Del resto, una sostanziale distanza dai mezzi di impugnazione, si può scorgere già nella giurisprudenza costituzionale che accoglieva la questione di illegittimità della disciplina monitoria del codice del 1930 laddove faceva conseguire l'inammissibilità dell'opposizione alla mancata indicazione dei motivi (Corte cost. n. 19/1973).

Dunque, se manca un provvedimento nei cui confronti si deve rivolgere l'attenzione del “giudice dell'impugnazione”, la superfluità dei motivi dell'opposizione sembra piuttosto il sintomo di un'estraneità della procedura al genus delle impugnazioni.

Quanto all'area dei soggetti legittimati a proporre opposizione, oltre all'imputato e al difensore (dotati di diversi margini di intervento per l'accesso ai riti speciali), anche al civilmente obbligato per la pena pecuniaria è riconosciuto autonomo potere; a quest'ultimo riguardo, si è precisato come sia necessaria la sussistenza di una condanna (al pagamento della pena pecuniaria) nei suoi confronti (Cass. III, n. 2119/1999). Quest’ultimo, tuttavia, tramite tale atto, non può avanzare richiesta di oblazione, giudizio abbreviato o patteggiamento, ma solo di giudizio immediato.

Dubbi non insuperabili, invece, sono stati manifestati circa la possibilità di comprendere il difensore d'ufficio nel riferimento, contenuto nell'art. 461, al “difensore eventualmente nominato” quale soggetto dotato di un'autonoma legittimazione a opporsi. Le perplessità scaturiscono, così, dalla doverosità della nomina del difensore d'ufficio e dalla dedotta impossibilità di applicare allo stesso il dettato dell'art. 461 (Cass. IV, n. 42682/2003; contra, Cass. I, n. 15166/2009). Peraltro, un'interpretazione in pejus, sarebbe davvero poco giustificabile sul piano dell'eguaglianza di trattamento quanto all'intensità della difesa tecnica, penalizzando l'imputato nel caso di assistenza del difensore d'ufficio.

L’atto di opposizione non richiede formule sacramentali o vincolate essendo sufficiente che risulti espresso, inequivocabilmente, l’intento di sottoporre l’atto impugnato a sindacato giurisdizionale (Cass. IV, n. 13598/2019, con la quale la S.C. ha annullato l’ordinanza del G.i.p. che aveva dichiarato inammissibile la richiesta di applicazione concordata della pena, formulata nei termini per proporre opposizione a decreto penale di condanna senza manifestare esplicitamente la volontà di opporsi al decreto medesimo).

Dall'assimilazione dell'atto di opposizione al regime delle impugnazioni, discende la possibilità di ricorrere ai principi generali delle stesse. Così, per il termine di quindici giorni si ritiene applicabile l'art. 585, comma 3, che individua il dies a quo nell'ultima notificazione effettuata nel caso di diversa decorrenza per imputato e difensore.

Allo stesso tempo, deve escludersi l'inammissibilità dell'opposizione qualora presentata in cancelleria da incaricato con atto privo di sottoscrizione autenticata, in virtù dell'estensione applicativa dell'art. 582. Per la rinuncia all'opposizione, devono osservarsi le formalità prescritte dall'art. 589; non può ritenersi ammissibile, ad esempio, la rinuncia all'opposizione presentata del difensore non munito di procura speciale (Cass. IV, n. 41557/2010).

Dalla circostanza che la legittimazione all'opposizione del difensore dell'imputato non tragga fonte dalla norma generale di cui all'art. 99 ma sia autonomamente sancita dall'art. 461, comma 1, non può dedursi che lo stesso difensore sia, in assenza di procura speciale, legittimato a richiedere anche il giudizio abbreviato o l'applicazione della pena.

Invero, l'art. 461 non apporta alcuna deroga alle regole stabilite dagli artt. 438, comma 3, 446, comma 3, in virtù delle quali la richiesta di rito speciale da parte dell'imputato deve essere espressa personalmente o a mezzo di procuratore speciale (Cass. V, n. 3009/1994).

Nulla vieta che l'opponente richieda, in via principale, un determinato rito speciale e, in via subordinata, uno o più degli altri riti speciali: tale evenienza sembra, anzi, essere presupposta dall'art. 464, comma 2, allorché stabilisce la precedenza della decisione sull'istanza di oblazione rispetto agli altri “provvedimenti” previsti dal comma 1 del medesimo articolo, tra i quali, appunto, vi sono quelli relativi alla richiesta di giudizio abbreviato o di applicazione della pena.

Cause di inammissibilità dell'opposizione (unica ipotesi in cui il decreto penale potrà stabilizzare la propria efficacia stante la mancata prosecuzione del procedimento che ne consegue) sono indicate dall'art. 461, comma 2, che le limita alla mancata indicazione degli estremi del decreto di condanna, della data e del giudice emittente.

A tale proposito, si è specificato come non tutti gli elementi caratterizzanti l'atto oppositivo ai sensi dell'art. 461 assurgono a requisiti essenziali dello stesso; parametro di discernimento sarebbe l'identificabilità dell'atto opposto (Cass. III, n. 39179/2001).

Tale indulgenza giurisprudenziale si è spinta sino a non ritenere indispensabili elementi alla cui mancanza il legislatore ha espressamente ricondotto l'inammissibilità dell'atto; così, ricorrendo implicitamente al principio del conseguimento dello scopo, si è ritenuta irrilevante la mancata indicazione del giudice e della data del decreto in presenza dell'indicazione del numero di ruolo generale del procedimento.

Le dinamiche processuali sottostanti la revoca del decreto opposto (art. 464, comma 3) consentono al P.m. di intervenire per rilevare eventuali vizi dell'opposizione: la verifica di ammissibilità di tale atto, potendo compiersi finché il provvedimento non è revocato, è operazione effettuabile anche nel dibattimento ex art. 464.

Le impugnazioni

Le particolari dinamiche della procedura monitoria influiscono sul sistema delle impugnazioni avverso le decisioni emesse dal G.i.p. investito di una richiesta di decreto.

Innanzitutto, l'individuazione del rimedio esperibile contro la sentenza emessa ai sensi degli artt. 129 e 459, comma 3, è stata oggetto di una lunga riflessione giurisprudenziale.

Dopo iniziali aperture all'appellabilità del proscioglimento, le Sezioni unite sono intervenute, in un primo momento, per bocciare gli orientamenti giurisprudenziali precedenti, che, ammessa l'appellabilità, divergevano solo sui poteri decisionali del giudice d'appello in caso di accoglimento: decisione nel merito ovvero trasmissione al G.i.p. per l'emissione del decreto o la restituzione degli atti al P.m. (Cass. S.U., n. 6203/1992; Cass. S.U., n. 18/1995: orientamento unanimemente seguito sino al revirement di Cass. VI, n. 46646/2007; conforme Cass. V, n. 7702/2009, per poi approdare in Cass. S.U., n. 43055/2010).

Richiamata la tassatività delle impugnazioni e la clausola di salvaguardia contenuta nell'art. 568, comma 2, le Sezioni unite individuano nel ricorso per cassazione l'unico strumento utilizzabile.

Tra gli ostacoli all'ammissibilità dell'appello contro tale proscioglimento, s'invoca l'assenza di disposizioni dirette a provocare effetti rescindenti della relativa decisione: la possibilità di (solo) confermare o riformare il provvedimento di primo grado esclude ipotesi di annullamento diverse da quelle di cui all'art. 604. Le Sezioni unite rilevano, inoltre, l'impossibilità, per il giudice di appello, di emettere una sentenza di condanna poiché altrimenti si inciderebbe sulla regiudicanda con poteri cognitivi più ampi rispetto a quelli del giudice di primo grado. Accolta tale impostazione, rimane l'interrogativo riguardante la possibilità di appellare la sentenza di proscioglimento nei casi in cui sono espressamente previsti effetti rescindenti (art. 604), ponendo attenzione a non vulnerare il principio di tassatività espresso dall'art. 568.

Si afferma, inoltre, l'ammissibilità del ricorso per cassazione attraendolo nell'area operativa dell'art. 111, comma 7, Cost. La giurisprudenza di legittimità ammette esplicitamente tale mezzo per il P.m., perlomeno sin quando il decreto non sia irrevocabile e manchi l'opposizione da parte dell'imputato (cfr., Cass. VI, n. 11358/2008, cit.). L'ammissibilità costituzionale del ricorso per cassazione per violazione di legge contro le “sentenze” e l'assimilazione codicistica del decreto di condanna alla sentenza (giusto il contenuto decisorio del merito), sono i motivi che sorreggono tale orientamento. La soluzione negativa, accolta nel sistema del 1930, era compensata dalla presenza di un'azione revocatoria promossa dal P.m. per il decreto penale di condanna pronunciato fuori dei casi consentiti dalla legge. 

La lettura dell'art. 111, comma 7, Cost., utile a legittimare l'impugnazione del P.m. contro il decreto penale può valere a dotare di analogo strumento l'imputato tenendo conto, soprattutto, delle diverse opportunità offerte rispetto all'opposizione. Che si tratti di un ulteriore strumento reattivo, oltre l'opposizione, non è ragione sufficiente per negare all'imputato le possibilità di ricorrervi, considerato peraltro, il potere di impiego riconosciuto al P.m.

A ben vedere, infatti, negare il ricorso per cassazione all'imputato, costringerebbe lo stesso a subire un'alternativa: o la rinuncia ai benefici monitori tramite l'opposizione o l'acquiescenza ad una condanna viziata. Niente esclude l'interesse dell'imputato a dolersi solo parzialmente del decreto emesso in violazione di legge (magari per l'applicazione di una pena accessoria ovvero di una misura di sicurezza personale).

A una soluzione opposta perviene, invece, la giurisprudenza che considera inammissibile il ricorso per cassazione dell'imputato avverso il decreto penale di condanna (Cass. IV, n. 14514/2010). Oltre a creare opinabili corsie preferenziali per l'organo di accusa, tale impostazione cela una applicazione parziale dell'art. 111, comma 7, Cost. in favore del P.m. che, non solo è sfornita di parametri positivi, ma si pone in contrasto con la parità delle parti. Ovviamente, una volta riconosciuta la possibilità per l'imputato di proporre ricorso per cassazione, anche la persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria si può avvalere dello stesso mezzo.

Rientra, invece, nel normale potere di impugnazione ex art. 606, comma 1, lett. c) la possibilità, per imputato e persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria, di dolersi della pronuncia di inammissibilità dell'opposizione. È da considerare fondato, al riguardo, il ricorso dell'imputato anche in caso di rinuncia all'opposizione presentata dal difensore sfornito di procura speciale (Cass. IV, n. 41557/2010).

Sull'individuazione del termine per impugnare, all'impostazione che avvicina la fattispecie all'ipotesi dei procedimenti in camera di consiglio «che può fungere da modello per tutte le ipotesi camerali anomale in rapporto alle quali mancano più specifiche previsioni», la giurisprudenza contrappone laconicamente l'applicabilità dell'art. 585, comma 1, lett. b) quale effetto dell'equiparazione del decreto alla sentenza (Cass. III, n. 23710/2007).

Casistica

Il ricorso per cassazione avverso l'ordinanza, che ha dichiarato inammissibile, in quanto tardiva, l'opposizione a decreto penale di condanna, è affetto da inammissibilità originaria, che impedisce la costituzione di un valido rapporto processuale innanzi al giudice di legittimità e preclude l'apprezzamento di una eventuale causa di estinzione del reato (nella specie, remissione della querela) intervenuta successivamente all'irrevocabilità del provvedimento di condanna (Cass. II, n. 53663/2014).

La mancata indicazione, nell'atto di opposizione a decreto penale, di tutti gli elementi previsti dall'art. 461 non ne determina l'inammissibilità, atteso che l'atto in questione non è a forma vincolata e gli elementi indicati nel citato art. 461 hanno carattere indicativo ed ammettono equipollenti idonei a consentire l'individuazione certa del provvedimento opposto (Cass. V, n. 18855/2014, in fattispecie in cui la S.C. ha ritenuto ammissibile l'opposizione in cui erano stati indicati il giudice che aveva emesso il decreto, il numero del procedimento penale e il numero del decreto).

Sulla richiesta di sospensione del procedimento con messa alla prova exart. 464-bis, avanzata in sede di opposizione a decreto penale di condanna, è competente a decidere il G.i.p. e non il giudice del dibattimento, alla stessa stregua degli altri procedimenti speciali, tra i quali la disciplina della messa alla prova è inserita, con conseguente possibilità per l'interessato di eventualmente chiedere - in via subordinata ovvero in caso di rigetto della richiesta stessa - la definizione mediante riti alternativi rispetto ai quali non siano ancora maturate preclusioni (Cass. I, n. 53622/2017).

In caso di opposizione a decreto penale di condanna proposta esclusivamente avverso la statuizione di confisca per equivalente, non è ammissibile la revoca parziale del decreto, ostandovi l'effetto integralmente devolutivo di tale mezzo di impugnazione (Cass. III, n. 17484/2020).

E' inammissibile l'opposizione a decreto penale di condanna presentata a mezzo PEC stante il principio di tassatività ed inderogabilità delle forme per la presentazione delle impugnazioni, non essendo previsto in via ordinaria dalla legge processuale il deposito telematico degli atti salvo che nella fase di emergenza sanitaria da Covid-19 per effetto dell'art. 24, comma 4, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito con modificazioni dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, e senza che l'errata informazione impartita dalla cancelleria in senso contrario, possa, in quanto "contra legem", integrare gli estremi del caso fortuito o della forza maggiore ai fini della restituzione nel termine (Cass. III, n. 12456/2021).

E' inammissibile l'impugnazione proposta personalmente dall'imputato a mezzo lettera raccomandata con sottoscrizione non autenticata, a nulla rilevando l'allegazione della fotocopia del documento di identità poichè, trattandosi di atto a forma vincolata, le relative modalità di presentazione e di ricezione previste non ammettono equipollenti (Cass. V, n. 1883/2022).

L'art. 5-quinquies d.l. n.162/2022, introdotto dalla legge di conversione n. 199 del 30 dicembre 2022, ha inserito nel decreto legislativo n. 150/22 l'art. 87-bis (disposizioni transitorie in materia di semplificazione delle attività di deposito di atti, documenti, istanze) in forza del quale deve ritenersi consentito il deposito a mezzo PEC delle impugnazioni fino al momento in cui, con l'entrata in vigore dei regolamenti indicati dall'art. 87, sarà pienamente operativo il processo penale telematico e il sistema di deposito degli atti previsto all'art. 111-bis del codice di rito (Cass. II, n. 4790/2024).

Bibliografia

Di Rella, Procedimenti speciali, in Dig. d. pen., X, Torino, 1995; Nicolucci, Il decreto penale di condanna tra principio del contraddittorio e diritto di difesa, in Dir. pen. e proc. 2003, 1019; Sechi, Opposizione al decreto penale di condanna, in Gaito (a cura di), Le impugnazioni penali. Trattato, Torino, 1998, 845; Ranieri, Il decreto penale di condanna, in Le recenti modifiche al codice di procedura penale, in Normando (a cura di), III, Le innovazioni in tema di riti alternativi, Milano, 2000; Virgilio, Difesa e opposizione a decreto penale di condanna, in Riv. pen., 1992, 325; Zappala', I procedimenti speciali, in Siracusano - Galati - Tranchina - Zappalà, Diritto processuale penale, II, Milano, 2006, 265.

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