Codice di Procedura Penale art. 464 - Giudizio conseguente all'opposizione.

Andrea Pellegrino

Giudizio conseguente all'opposizione.

1. Se l'opponente [461] ha chiesto il giudizio immediato, il giudice emette decreto a norma dell'articolo 456, commi 1, 3 e 5 [132, 160 att.]. Se l'opponente ha chiesto il giudizio abbreviato [438], il giudice fissa con decreto l'udienza dandone avviso almeno cinque giorni prima al pubblico ministero, all'imputato, al difensore e alla persona offesa; nel giudizio si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni degli articoli 438, commi 3 e 5, 441, 441-bis, 442 e 443; si applicano altresì le disposizioni di cui all’articolo 438, comma 6-bis; nel caso di cui all'articolo 441-bis, comma 4, il giudice, revocata l'ordinanza con cui era stato disposto il giudizio abbreviato, fissa l'udienza per il giudizio conseguente all'opposizione. Se l'opponente ha chiesto l'applicazione della pena a norma dell'articolo 444, il giudice fissa con decreto un termine entro il quale il pubblico ministero deve esprimere il consenso, disponendo che la richiesta e il decreto siano notificati al pubblico ministero a cura dell'opponente. Ove il pubblico ministero non abbia espresso il consenso nel termine stabilito ovvero l'imputato non abbia formulato nell'atto di opposizione alcuna richiesta [461 3], il giudice emette decreto di giudizio immediato 12.

2. Il giudice, se è presentata domanda di oblazione [162, 162-bis c.p.; 441 att.] contestuale all'opposizione, decide sulla domanda stessa prima di emettere i provvedimenti a norma del comma 1.

3. Nel giudizio conseguente all'opposizione, l'imputato non può chiedere il giudizio abbreviato o l'applicazione della pena su richiesta, né presentare domanda di oblazione. In ogni caso, il giudice revoca il decreto penale di condanna 3.

4. Il giudice può applicare in ogni caso una pena anche diversa e più grave di quella fissata nel decreto di condanna e revocare i benefici già concessi [460 2].

5. Con la sentenza che proscioglie l'imputato perché il fatto non sussiste, non è previsto dalla legge come reato ovvero è commesso in presenza di una causa di giustificazione, il giudice revoca il decreto di condanna anche nei confronti degli imputati dello stesso reato che non hanno proposto opposizione [463].

[1] Comma dapprima modificato dall'art. 37 , comma 3, l. 16 dicembre 1999, n. 479, successivamente modificato dall'art. 2-nonies, comma 3,3d.l. 7 aprile 2000, n. 82, conv., con modif., nella l. 5 giugno 2000, n. 144 e, da ultimo, modificato dall’art. 1, comma 48, l. 23 giugno 2017, n. 103, che ha inserito le seguenti parole:«si applicano altresì le disposizioni di cui all’articolo 438, comma 6-bis;».  Ai sensi dell’art. 1, comma 95, l. n.103, cit., la stessa legge entra in vigore il trentesimo giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale (G.U. n. 154 del 4 luglio 2017).

[2] La Corte cost., con sentenza 23 maggio 2003, n. 169, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del presente comma nella parte in cui «non prevede che, in caso di rigetto della richiesta di giudizio abbreviato subordinata ad una integrazione probatoria, l'imputato possa rinnovare la richiesta prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado e il giudice possa disporre il giudizio abbreviato». Precedentemente la Corte cost., con sentenza 15 febbraio 1991, n. 81, aveva dichiarato l’illegittimità costituzionale del presente comma nella parte in cui non prevedeva che il pubblico ministero, in caso di dissenso, fosse tenuto ad enunciarne le ragioni e nella parte in cui non prevedeva che il giudice, quando, a dibattimento concluso, avesse ritenuto ingiustificato il dissenso del pubblico ministero, potesse applicare all'imputato la riduzione di pena contemplata dall'art. 4422 c.p.p. La successiva sentenza della Corte cost. 31 gennaio 1992, n. 23 aveva inoltre dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 4581 e 2 c.p.p. e dell'art. 4641 c.p.p. nella parte in cui tali disposizioni non prevedevano che il giudice, all'esito del dibattimento, ritenendo che il processo potesse essere definito allo stato degli atti dal giudice per le indagini preliminari, potesse applicare la riduzione di pena prevista dall'art. 4422 dello stesso codice.

[3] Comma così sostituito dall'art. 37, comma 4, l. n. 479, cit.

Inquadramento

L'imputato, nei quindici giorni a disposizione, qualora intenda opporsi al decreto penale notificatogli, deve contestualmente decidere di accedere agli altri riti premiali. In mancanza, o qualora la scelta di questi sia dichiarata inammissibile o improcedibile, all'opposizione conseguirà unicamente il dibattimento. A sua volta, la scelta oppositiva dell'imputato deve combinarsi con le singole regole di ammissibilità, di acquisizione del consenso del P.m. e di valutazione della proposta spiegata con riferimento a ciascun rito.

In forza del richiamo alle disposizioni dell’art. 438, comma 6-bis, operato dalla l. 23 giugno 2017, n. 103, nell’ipotesi di trasformazione del giudizio immediato in conseguenza dell’opposizione a decreto penale in giudizio abbreviato si determina la sanatoria delle nullità non assolute, la non rilevabilità delle inutilizzabilità, salve quelle derivanti dalla violazione di un divieto probatorio e l’impossibilità di sollevare questioni sulla competenza per territorio del giudice.

Le alternative atipiche conseguenti all'opposizione

Introduzione

Il giudizio conseguente all'opposizione dell'imputato cambia scenario a seconda delle scelte compiute dall'imputato medesimo contestualmente alla mancata acquiescenza.

In ogni caso, il procedimento prosegue con un rito speciale; la mancata opzione espressa per il giudizio immediato, per il giudizio abbreviato ovvero per il patteggiamento impone al giudice di emettere, ai sensi dell'art. 464, comma 2, decreto di giudizio immediato. Identico risultato consegue all'eventuale rigetto all'eventuale rigetto di uno dei due riti speciali prescelti;

La mancanza di procura speciale per il rito richiesto determina l'inammissibilità della richiesta relativa a tale rito, ma non comporta l'inammissibilità dell'intera opposizione a decreto penale (Cass. IV, n. 58015/2017, nella quale la S.C. ha annullato il provvedimento con cui il G.i.p. aveva dichiarato inammissibile l'opposizione a decreto penale di condanna con contestuale richiesta di sospensione del procedimento con messa alla prova, in un caso in cui la procura speciale non indicava, tra i riti alternativi per i quali il difensore era abilitato a proporre l'opposizione, quello disciplinato dall'art. 464-bis).

Il sistema delle preclusioni impone delle precisazioni, innanzitutto, riguardanti il contenuto minimo dell'opposizione.

Si è visto che, qualora l'imputato non chieda nulla, limitandosi a presentare una dichiarazione di opposizione, ferma l'ammissibilità dell'atto, il G.i.p. sarà tenuto ad emettere decreto di giudizio immediato (privo degli avvisi ex art. 456, comma 2). I tentativi di costruire un giudizio immediato sui generis, nell'ambito del quale al P.m. sarebbe inibito, addirittura, il potere di modificare l'imputazione, non trovano solide basi normative e appaiono muovere da un esasperato intento di massimizzare i ricorsi al rito speciale (Cass. III, n. 15476/2002, secondo cui, ad un'interpretazione adeguatrice dell'art. 516 — tale da non precludere all'imputato, in ragione di scelte erronee della pubblica accusa, l'opportunità che si proceda mediante decreto di condanna anche riguardo al nuovo reato — conseguirebbe «la necessità che il giudice, ove riconosca l'evidente insussistenza od irrilevanza del fatto originariamente contestato, pronunzi exart. 129 una sentenza di proscioglimento e disponga la trasmissione degli atti al P.m. perché proceda per il diverso fatto emerso in udienza»).

Venendo agli aspetti problematici, non convince totalmente la posizione assunta dalla giurisprudenza, né sui rapporti tra decreto penale nullo e decreto di giudizio immediato ai sensi dell'art. 464, comma 1, né sulle dinamiche sottostanti il controllo sull'atto introduttivo del giudizio di opposizione.

Quanto alla prima tematica, sul presupposto dell'efficacia sanante dell'opposizione, si afferma l'inapplicabilità dell'art. 185 alle nullità che colpiscano l'atto monitorio, di modo che il decreto di citazione rimane immune da contagio (Cass. IV, n. 13335/2003).

Con riferimento, invece, alla verifica di legittimità effettuabile dal giudice del dibattimento sull'atto introduttivo emesso dal G.i.p., si afferma l'illegittimità (ma non l'abnormità) dell'eventuale dichiarazione di nullità del decreto di giudizio immediato per la genericità del fatto contestato laddove adeguata motivazione sia contenuta nella richiesta del P.m. (Cass. III, n. 12443/2006): in entrambi i casi, il conseguente ridimensionamento subito dalle tutele difensive, sembra sfornito di riferimenti normativi che lo giustifichino, prevalendo una prospettiva tipicamente “sostanzialistica”.

Laddove l'opposizione venga presentata dal difensore, non si rinvengono argomenti utili ad estendere allo stesso la facoltà di richiedere un giudizio speciale se non munito di procura speciale: l'assenza di una deroga espressa agli artt. 438, comma 3, e 446, comma 3, impedisce di operare una lettura di segno diverso (cfr., Cass. V, n. 3009/1994).

La richiesta di applicazione della pena e di giudizio abbreviato

Nel caso in cui l'imputato voglia intraprendere la via della pena concordata (la scelta, dopo l'accennata novella con la l. n. 479/1999, ha senso se, ad esempio, si vuole ottenere la sospensione condizionale non concessa ovvero, in una prospettiva meramente dilatoria, per impugnare l'eventuale erroneo inquadramento giuridico della fattispecie; contra, Cass. III, n. 20517/2005), deve formulare una proposta; una semplice dichiarazione di intenti non verrebbe ritenuta ammissibile giusto il disposto dell'art. 464, comma 1, chiaramente ispirato all'art. 447, comma 3.

Incertezze, invece, possono sorgere con riferimento al grado di specificazione necessario della richiesta di giudizio abbreviato e, inoltre, ai margini di modificabilità della richiesta medesima nell'udienza fissata ai sensi dell'art. 464. Il primo nodo da sciogliere è, dunque, il carattere preclusivo o meno della scelta (abbreviato “semplice” o “condizionato”) indicata con l'opposizione. Il richiamo all'art. 438, comma 5, non sembrerebbe ammettere deviazioni dallo schema “ordinario” dell'abbreviato, imponendo all'imputato di manifestare l'opzione per una delle due forme. Tuttavia, l'impossibilità di affermare l'irrevocabilità della richiesta così presentata, ne consente una modifica in itinere fino quando non intervenga (nell'udienza fissata ai sensi dell'art. 464, comma 1) una formale trasformazione del rito. Lo scenario che si profila, così, è analogo a quello della richiesta di giudizio immediato: il G.i.p., in questi casi, non è chiamato a valutare de plano anche la fondatezza dell'istanza, trattandosi di attività demandata al giudice dell'udienza nell'ambito del contraddittorio tra le parti (Cass. S.U., n. 30200/2011, in cui si specifica come «per iniziare il giudizio abbreviato vi sia bisogno di un provvedimento ammissivo del rito emesso a conclusione di apposita udienza caratterizzata dall'oralità»).

Altra ipotesi è quella in cui la richiesta di patteggiamento o di giudizio abbreviato presentata in sede dibattimentale segua un precedente tentativo rigettato dal giudice. A questo riguardo, la Corte costituzionale è intervenuta per correggere la mancata previsione della rinnovabilità dinanzi al giudice del dibattimento della richiesta condizionata di giudizio abbreviato già rigettata dal G.i.p. (Corte cost. n. 169/2003). Sulla scia di tale decisione, la giurisprudenza di legittimità ha affermato la facoltà, per l'imputato, di optare anche per il giudizio abbreviato non condizionato a seguito del rigetto della richiesta condizionata da parte del G.i.p. dell'udienza ex art. 464. La soluzione assicura una ragionevole trasposizione delle regole del giudizio abbreviato “ordinario” nella particolare sede in esame; le due forme (condizionata e semplice) di giudizio abbreviato non esprimono diversi riti alternativi ma solo “modalità differenziate” dello stesso tipo di giudizio.

La richiesta di giudizio abbreviato subordinata ad integrazione probatoria, deve, a pena di inammissibilità, essere proposta con l'opposizione al decreto penale di condanna e può essere successivamente integrata solo con gli elementi necessari per l'acquisizione della prova (Cass. III, n. 14339/2012); inoltre, qualora l'imputato abbia tempestivamente richiesto, con l'atto di opposizione a decreto penale di condanna, il giudizio abbreviato condizionato e l'istanza sia stata rigettata dal G.i.p., la richiesta di giudizio abbreviato semplice formulata all'udienza fissata, ai sensi dell'art. 464, comma 1, non può considerarsi tardiva, a nulla rilevando che nell'atto di opposizione essa non sia stata avanzata neanche in via subordinata, in quanto il giudizio abbreviato condizionato e il giudizio abbreviato semplice sono espressioni che indicano non già due diversi riti alternativi, ma modalità differenziate del medesimo tipo di giudizio, che possono essere esplicitate nel corso della citata udienza (Cass. IV, n. 34151/2012).

Se la richiesta è presentata ai sensi dell'art. 438, comma 1, il giudice può soltanto accoglierla, di tal che la fissazione diretta dell'udienza per la celebrazione del rito appare un fatto doveroso ed inevitabile. Se, invece, la richiesta viene presentata a norma dell'art. 438, comma 5, al giudice è riconosciuto un certo potere discrezionale: in tal caso, infatti, una valutazione di carattere preliminare da parte del giudice, sarebbe astrattamente ipotizzabile. Invero, proprio la considerazione dell'ampiezza dello spettro valutativo rimesso al giudice, oltre che dell'esigenza che in connessione a quella richiesta si innesti l'eventuale articolazione di una prova contraria da parte del P.m., mostra l'opportunità che la decisione sull'ammissione del rito sia differita all'udienza che, in forza dell'art. 464, deve essere fissata; senza considerare, poi, che il rigetto dell'istanza prima di fissare l'udienza — con conseguente emissione del decreto di giudizio immediato — priverebbe l'interessato della possibilità di rimodulare l'istanza (eliminando o riformulando le condizioni probatorie), come invece in udienza gli sarebbe possibile fare.

Con riferimento, invece, alla pena concordata, emerge l'applicabilità dell'art. 448, comma 1, laddove prevede la possibilità di reiterazione della richiesta di patteggiamento a seguito di un dissenso opposto dal P.m. ovvero di un rigetto da parte del G.i.p. (in giurisprudenza cfr., Cass. III, n. 20517/2005, cit.). Esigenze di uguaglianza impongono di non ritenere preclusivo il mancato richiamo della norma da parte dell'art. 464, comma 1; l'instaurazione (senza esito positivo) della procedura monitoria non è ragione sufficiente a creare una disparità di trattamento con le “ordinarie” dinamiche del patteggiamento.

Riguardo al procedimento, va detto come l'art. 464 non stabilisca alcunché in ordine alla necessità o meno di fissare un'apposita udienza. La soluzione affermativa appare da preferire, essendo arduo sostenere che una sentenza, specie se di condanna o ad essa equiparabile, possa essere pronunciata fuori udienza.

In caso di dissenso del P.m. alla richiesta dell'imputato di applicazione pena ex art. 444, il G.i.p. è tenuto ad emettere decreto di giudizio immediato; nulla dice la norma, invece, nel caso in cui il P.m. esprima il consenso ma l'applicazione della pena sia ugualmente preclusa a causa della valutazione negativa del giudice. Nessuna logica, tuttavia, consente di ritenere che in questa ipotesi il giudice possa astenersi dal disporre il giudizio immediato ed ordinare l'esecuzione del decreto solo perché il mancato accesso al patteggiamento derivi da una valutazione propria anziché del P.m.

Il rigetto della richiesta di applicazione pena comporta la celebrazione del giudizio immediato (Cass. V, n. 6369/2014).

La disciplina introdotta dalla legge Orlando

Nel testo normativo di riforma (l. 23 giugno 2017, n. 103) si prevede che, nell'ipotesi di richiesta di rito abbreviato in sede di opposizione a decreto penale di condanna, si determini la sanatoria delle nullità non assolute, la non rilevabilità delle inutilizzabilità, salve quelle derivanti dalla violazione di un divieto probatorio e l'impossibilità di sollevare questioni sulla competenza per territorio del giudice.

La richiesta di oblazione

È compito del giudice accertare, tramite l'esame del fascicolo trasmessogli dal P.m. ai sensi dell'art. 459, comma 1, la sussistenza di tutti i presupposti per l'ammissione all'oblazione. È abnorme l'atto con il quale il giudice, richiesto di pronunciarsi sull'oblazione, faccia regredire il procedimento alla fase delle indagini preliminari richiedendo al P.m. di valutare l'avvenuta eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato (Cass. III, n. 1395/1994).

La domanda di oblazione non può essere proposta nella fase degli atti preliminari al dibattimento introdotto con decreto di giudizio immediato a seguito di opposizione a decreto penale di condanna, atteso quanto previsto sia dal comma secondo, sia dal comma terzo dell'art. 464 (Cass. I, n. 18141/2014).

La richiesta di oblazione e quella, contestualmente presentata, di opposizione, sono sostanzialmente e processualmente autonome. Il giudice, pertanto, deve inizialmente pronunziarsi sulla richiesta di oblazione e, qualora la respinga o la dichiari inammissibile, non può disattendere l'opposizione e disporre l'esecuzione del decreto penale: in tal caso si avrebbe un provvedimento abnorme perché priverebbe l'imputato della possibilità di rimettere in discussione, nel contraddittorio delle parti, la sua responsabilità (Cass. III, n. 31231/2019, in cui si è precisato che, ai sensi dell'art. 464, comma 1, il giudice deve emettere decreto di giudizio immediato anche nel caso in cui l'imputato, con l'atto di opposizione, no abbia chiesto il giudizio).

Il discorso muta nella situazione inversa, allorché il giudice valuti positivamente la richiesta di oblazione ma giudichi inammissibile l'opposizione: in questo caso, il vizio, incidendo sulla “parte necessaria dell'atto”, esplicherà i suoi effetti anche sulla parte eventuale (istanza di oblazione), costringendo il giudice a dichiarare inammissibile l'oblazione e ad ordinare l'esecuzione del decreto penale.

Il giudizio immediato conseguente all'opposizione

Introduzione

L'imputato che, con l'atto di opposizione, richiede il giudizio immediato, pone in essere una situazione del tutto simile a quella prevista dall'art. 419, commi 5 e 6, e richiamata dall'art. 453, comma 3.

Il giudice, nei confronti dell'opposizione, non esercita alcun potere discrezionale in quanto, accertato che la stessa è stata proposta e che risulta ammissibile, è tenuto esclusivamente ad emettere il decreto di giudizio immediato.

La giurisprudenza ritiene che in questa fase sia preclusa al P.m. procedere alla modifica dell'imputazione al fine di effettuare la relativa contestazione: con la conseguenza che il giudice, ove riconosca l'evidente insussistenza od irrilevanza del fatto originariamente “contestato” è tenuto a pronunciare sentenza di proscioglimento a norma dell'art. 129 ed a disporre la trasmissione degli atti al P.m. perché proceda per il diverso fatto emerso in udienza (Cass. III, n. 15476/2002).

Il termine a comparire

Tra la data in cui il decreto di giudizio immediato è comunicato al P.m., notificato all'imputato e alla persona offesa e il giudizio devono trascorrere almeno trenta giorni: termine che deve ritenersi applicabile anche per i giudizi dinanzi al tribunale monocratico, nonostante per questi il termine a comparire sia ordinariamente di sessanta giorni.

La formazione del fascicolo per il dibattimento

In mancanza di una specifica disciplina per la formazione del fascicolo dibattimentale successivamente all'emissione del decreto di giudizio immediato, si ritiene naturale rifarsi alle previsioni dell'art. 457 piuttosto che all'art. 553: e questo, per l'assenza di previsioni idonee a convincere che il giudice che ha emesso il decreto, in presenza di una opposizione, debba restituire tutti gli atti al P.m.

Inoltre, l'ampia formulazione dell'art. 457 milita a favore del rinvio integrale all'art. 431.

La pena applicabile

L'art. 464, comma 4, consente al giudice di applicare una pena anche diversa e più grave di quella fissata nel decreto di condanna, in una chiara prospettiva disincentivante l'opposizione, pur non potendo il giudice motivare l'aggravamento sulla base di riconosciuti scopi defatigatori, non potendo la reformatio in peius trasformarsi in una sanzione atipica per l'esercizio di un diritto di difesa. In tal senso, si è affermato che, nel giudizio conseguente all'opposizione al decreto penale di condanna il giudice può applicare una pena diversa e più grave di quella fissata nel decreto penale, in quanto l'opposizione introduce un giudizio autonomo con il quale il giudice non verifica la fondatezza del decreto penale ma accerta "ex novo" i fatti contestati all'imputato (Cass. IV, n. 12358/2020).

Gli effetti estensivi della sentenza di proscioglimento

L'effetto estensivo della sentenza di proscioglimento emessa nel giudizio di opposizione costituisce applicazione del principio generale stabilito dall'art. 587 anche se, rispetto a questo, ha un ambito operativo meno ampio, dal momento che l'effetto estensivo determinato dall'opposizione è legato all'impiego delle formule assolutorie elencate nell'art. 464, comma 5, mentre quello generale opera per il solo fatto che l'impugnazione non sia fondata su motivi esclusivamente personali.

L'effetto espansivo a beneficio dei condannati non opponenti, opera, nonostante la formula impropriamente utilizzata, ipso iure. Esso, inoltre, prescinde dal fatto che gli imputati non opponenti siano stati condannati ciascuno con un distinto decreto penale oppure con un decreto penale unico, giacché nell'interpretazione dell'art. 464, comma 5, si deve attribuire rilievo al dato sostanziale della identità dell'addebito mosso agli imputati rispetto al dato formale rappresentato dalla separazione delle relative posizioni in sede di richiesta di emissione del decreto di condanna (Cass. I, n. 2806/2000).

Casistica

Il decreto penale di condanna, una volta fatto oggetto di opposizione, perde la sua natura di condanna anticipata e produce unicamente l'effetto di costituire il presupposto per l'introduzione di un giudizio (immediato, abbreviato o di patteggiamento) del tutto autonomo e non più dipendente da esso che, in ogni caso, ai sensi dell'art. 464, comma 3, è revocato «ex nunc» dal giudice che procede dopo la verifica di rituale instaurazione del giudizio (Cass. III, n. 20261/2014: in applicazione del principio, la S.C. ha escluso che il giudice del dibattimento conseguente all'opposizione potesse dichiarare la nullità che si assumeva derivare dalla erronea indicazione del nome dell'imputato nel dispositivo del decreto penale).

E' illegittimo il provvedimento con cui il giudice, nel dichiarare l'inammissibilità dell'opposizione al decreto penale di condanna per intervenuta rinunzia, condanna l'imputato alla refusione delle spese di costituzione di parte civile, atteso che la condanna al risarcimento e alle restituzioni non è prevista dalla disciplina del rito speciale in oggetto, né può applicarsi la previsione dell'art. 541 che subordina la condanna dell'imputato alla refusione delle spese all'accoglimento della domanda risarcitoria proposta dalla parte civile (Cass. VI, n. 13295/2018). E' abnorme il provvedimento con cui il tribunale, una volta instauratosi il giudizio immediato a seguito di opposizione a decreto penale di condanna, dichiari l'esecutività del decreto opposto per tardività dell'opposizione, essendo tale potere unicamente proprio del G.i.p. (Cass. III, n. 34683/2021). 

Il decreto di giudizio immediato conseguente ad opposizione a decreto penale di condanna va legittimamente notificato al solo imputato e non anche al suo difensore, dovendo solo il primo essere posto a conoscenza dell'imputazione e della facoltà di richiedere riti alternativi ed essendo prevista, per il secondo, unicamente la notifica dell'avviso della data fissata per il giudizio (Cass. VI, n. 24321/2023).

In caso di esito negativo della messa alla prova, disposta a seguito dell'opposizione al decreto penale con richiesta di sospensione del procedimento, il giudice non deve dichiarare l'esecutività del decreto opposto, ma disporre la prosecuzione del processo nelle forme ordinarie, mediante emissione di decreto di giudizio immediato (Cass. IV, n. 22141/2023).

Bibliografia

Colamussi, Il procedimento per decreto innanzi al tribunale in composizione monocratica, in Cass. pen. 2001, 2248; D’Andria, Il procedimento per decreto, in Canzio - Ferranti - Pascolini, Contributi allo studio del nuovo codice di procedura penale, Milano, 1989; Molinari, Domanda di oblazione ed opposizione a decreto penale, in Dir. pen. e proc. 1998, 1402; Riccio, Procedimenti speciali, in Profili del nuovo codice di procedura penale, in Conso - Grevi (a cura di), Padova, 1993; Scalfati, Le nuove prospettive del decreto penale, in Il processo penale dopo la riforma del giudice unico, in Peroni (a cura di), Padova, 2000; Sechi, Opposizione al decreto penale di condanna, in Le impugnazioni penali. Trattato, in Gaito (a cura di), Torino, 1998.

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