Codice di Procedura Penale art. 465 - Atti del presidente del tribunale o della corte di assise 1 .Atti del presidente del tribunale o della corte di assise1. 1. Il presidente del tribunale o della corte di assise, ricevuto il decreto che dispone il giudizio [432, 457, 464], può, con decreto, per giustificati motivi, anticipare l'udienza [425 2f] o differirla non più di una volta [143 att.]. 2. Il provvedimento è comunicato al pubblico ministero [153] e notificato alle parti private [60, 76, 84, 85, 89], alla persona offesa [90, 91] e ai difensori [96, 97, 100, 101]; nel caso di anticipazione, fermi restando i termini previsti dall'articolo 429 commi 3 e 4, il provvedimento è comunicato e notificato almeno sette giorni prima della nuova udienza [172 5, 178 1c, 179]. [1] Con riferimento alle misure urgenti per contrastare l’emergenza epidemiologica da COVID-19, v. art. 24, comma 3, d.l. 9 novembre 2020, n. 149, per le sospensioni (dall'entrata in vigore del citato decreto fino al 31 gennaio 2021, v. anche comma 2 dell'art. 24) delle udienze dei giudizi penali, rinviate per l'assenza del testimone, del consulente tecnico, del perito o dell'imputato in procedimento connesso i quali siano stati citati a comparire per esigenze di acquisizione della prova. Successivamente l'intero decreto è stato abrogato dall'articolo 1, comma 2, della legge 18 dicembre 2020, n. 176. Restano validi gli atti e i provvedimenti adottati e sono fatti salvi gli effetti prodottisi e i rapporti giuridici sorti sulla base del medesimo decreto. V. ora l'art. 23-bis del d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, conv., con modif., in l. 18 dicembre 2020, n. 176. Da ultimo, da ultimo v. art. 16, comma 1, d.l. 30 dicembre 2021, n. 228, conv., con modif. in l. 25 febbraio 2022, n. 15, dispone che «Le disposizioni di cui all'articolo 221, commi 3, 4, 5, 6, 7, 8 e 10 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito con modificazioni dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, nonché le disposizioni di cui all'articolo 23, commi 2, 6, 7, 8, primo, secondo, terzo, quarto e quinto periodo, 8-bis, primo, secondo, terzo e quarto periodo, 9, 9-bis e 10, e agli articoli 23-bis, commi 1, 2, 3, 4 e 7, e 24 del decreto-legge 28 ottobre 2020 n. 137, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, in materia di processo civile e penale, continuano ad applicarsi fino alla data del 31 dicembre 2022»; in particolare, ai sensi dell'art. 16, comma 1-bis d.l. n. 228, cit., aggiunto in sede di conversione, l'art. 23, comma 4, del d.l. n. 137/2020 cit., in materia di processo penale, continua ad applicarsi fino alla data di cessazione dello stato di emergenza epidemiologica da COVID-19. V. anche art. 16, comma 2, d.l. n. 228, cit. InquadramentoLa fase degli atti preliminari al dibattimento ha inizio, fuori dalla pubblica udienza (cfr. art. 465, comma 1), nel momento della ricezione, da parte della cancelleria del giudice del dibattimento, del decreto di citazione e del fascicolo per il dibattimento (formato dal g.u.p. all'esito dell'udienza preliminare, ex art. 431, ovvero dal p.m. ex art. 553): « soltanto da tale momento è previsto l'esercizio del potere del presidente del collegio [o del giudice monocratico] di anticipare o di differire l'udienza e di adottare ogni altro provvedimento ordinatorio preordinato alla trattazione del processo in sede dibattimentale » (Cass. S.U., n. 6/1995). Il passaggio del fascicolo all'ufficio del giudice del dibattimento costituisce vero e proprio “spartiacque” tra la fase delle indagini preliminari e quella del giudizio: « lo sviluppo delle singole scansioni della vicenda processuale è correlato dal passaggio degli atti da un giudice all'altro (...) l'art. 91 disp. att. rappresenta esplicazione di tale principio nella particolare materia delle misure cautelari, in quanto l'attribuzione della competenza funzionale in ordine ai relativi procedimenti incidentali è fatta dipendere dalla disponibilità giuridica del procedimento, i cui limiti cronologici coincidono, da un canto, con l'acquisizione della disponibilità materiale del fascicolo attraverso la ricezione degli atti e, dall'altro, con la spedizione degli stessi al giudice dell'impugnazione » (Cass. S.U., n. 6/1995). Il suo epilogo viene, normalmente individuato nel momento del controllo della regolare costituzione delle parti (art. 484) in pubblica udienza, anche se in taluni casi tassativamente previsti dalla legge (ad esempio, ove sia emessa sentenza di proscioglimento ex art. 469), esso ha luogo nell'udienza camerale, con la contemporanea fine anticipata dell'intero processo. Gli atti preliminari al dibattimentoSotto il profilo funzionale, tra gli atti predibattimentali rientrano una serie di attività variamente destinate ad esplicare la propria efficacia sul futuro dibattimento: a ) alcune sono preparatorie e strumentali rispetto al futuro dibattimento (artt. 465, 466, 468 e/o 555 comma 1); b ) altre mirano a risolvere problemi urgenti (art. 467); c ) altre ancora possono addirittura rendere superfluo lo stesso dibattimento (art. 469). Oltre alle attività tipicamente disciplinate dagli artt. 465-469, nella fase degli atti predibattimentali possono, inoltre, aver luogo: d ) la citazione del responsabile civile (art. 83); e ) l'interrogatorio di garanzia (art. 294), nel caso in cui il giudice competente per la futura celebrazione del giudizio dibattimentale abbia applicato una misura coercitiva (diversamente, in caso di esecuzione in fase predibattimentale di una misura applicata dal g.i.p. o dal g.u.p., sarà quest'ultimo a dover procedere all'interrogatorio). Quanto alle competenze, pur se l'art. 465 mostra di evocare unicamente quelle del presidente del collegio, in realtà, ove si proceda con rito collegiale, nella fase degli atti preliminari al dibattimento, occorre distinguere (Bonetto, 2002, 33 s.): a ) competenze del presidente del collegio, tra le quali rientrano - i provvedimenti aventi carattere ordinatorio, ovvero quelli finalizzati a preordinare le successive attività giurisdizionali, a controllare gli atti delle parti e dei rispettivi difensori ed all'assunzione delle prove urgenti ai sensi dell'art. 467; - tutti i provvedimenti inerenti alla rinnovazione ed alla notificazione del decreto di citazione a giudizio ed all'emissione del decreto di irreperibilità (Cass. III, n. 106/1996; Cass. I, n. 3837/2001): in proposito, la giurisprudenza ha, peraltro, ritenuto che « il provvedimento che ordina la citazione della persona offesa dal reato, adottato, non al di là delle operazioni di apertura del dibattimento, dal collegio anziché dal presidente, non costituisce atto abnorme in quanto non si pone al di fuori del sistema della legge e dei poteri attribuiti al giudicante » (Cass. VI, n. 4438/1995); b) competenze del collegio, tra le quali rientrano, invece, le attività di natura valutativo-decisoria, quali, ad esempio, la revoca o la modifica delle misure cautelari (sia personali che reali), la dichiarazione di invalidità degli atti, il proscioglimento anticipato ex art. 469 I rapporti con il dibattimentoLa fase degli atti predibattimentali è ben distinta, ed autonoma, rispetto al successivo dibattimento. L'affermazione non è meramente teorica e descrittiva, ma, al contrario, comporta conseguenze rilevantissime in relazione alla possibilità di deduzione delle nullità a regime intermedio verificatesi nel corso del predibattimento: la giurisprudenza osserva, in proposito, che « la natura intermedia di una nullità verificatasi nella fase degli atti preliminari al dibattimento, funzionalmente e strutturalmente distinta dallo stesso, a norma della prima parte dell'art. 180, deve essere dedotta prima della deliberazione della sentenza di primo grado. Non può, infatti, sostenersi l'intima compenetrazione tra le due fasi per la loro vicinanza topografica (titoli I e II del libro VII) e temporale, giacché l'autonomia di quella degli atti preliminari al dibattimento deriva da precisi riscontri normativi (artt. 469 e 181, commi 3 e 4) » (Cass. III, n. 3986/1995, e Cass. III, n. 529/1998). L'anticipazione ed il differimento dell'udienza per giustificati motiviL'art. 465 (la cui applicabilità anche nel processo dinanzi al tribunale in composizione monocratica è pacifica) stabilisce, nel primo comma, che il presidente del tribunale o della corte di assise (e, conseguentemente, il giudice monocratico), ricevuto il decreto che dispone il giudizio, può, con decreto, per giustificati motivi, anticipare l'udienza o differirla non più di una volta. Il codice vigente, al duplice scopo di sottrarre al presidente del tribunale (ovvero al giudice monocratico titolare del giudizio) la possibilità di stabilire discrezionalmente l'ordine di fissazione dei processi e di creare le premesse per una più rapida instaurazione del giudizio, eliminando la fase di stasi che in precedenza intercorreva fra la conclusione dell'istruttoria e l'inizio del dibattimento (e le conseguenti perdite di tempo), ha affidato la fissazione dell'udienza per il dibattimento ad un organo diverso (il g.u.p. o il g.i.p., oppure il p.m., nei casi di citazione diretta a giudizio ex artt. 550 ss.) rispetto a quello cui compete la celebrazione del dibattimento. In dottrina si è ritenuto che questo sistema non leda la garanzia costituzionale del giudice naturale (art. 25 comma 1 Cost.) « visto che la destinazione al giudice del dibattimento viene effettuata da un altro componente della magistratura giudicante e non dal pubblico ministero »; d'altro canto, appare legittimo anche un sistema che affidi l'individuazione del giudice del dibattimento al p.m. (si pensi al rito direttissimo, oltre, naturalmente, allo stesso giudizio dinanzi al tribunale in composizione monocratica), poiché in tal caso si avrebbe unicamente una « discrezionalità necessaria ad assicurare l'efficienza della funzione giurisdizionale » (Cristiani, 347). Tuttavia, per fugare « il timore di una futura scarsa omogeneità dei ruoli processuali, in particolare del casuale addensarsi di dibattimenti fissati da vari g.u.p. per la stessa data, così da renderne impossibile l'effettiva celebrazione ai giorni fissati » (Rivello, 1990, 324), e scongiurare eventuali disfunzioni organizzative (per l'estrema difficoltà, o meglio l'impossibilità, di prevedere con precisione i tempi necessari per la trattazione di ciascun processo, che dipendono da numerose variabili: gravità delle imputazioni, numero degli imputati, possibile accesso a riti alternativi, pluralità di eccezioni, istanze e richieste, complessità e durata dell'istruzione dibattimentale, possibili impedimenti delle parti e dei difensori, possibile esistenza di vizi formali di contraddittorio, etc.), il legislatore ha introdotto alcuni correttivi, con gli artt. 132-132-bis - 160, comma 1, disp. att. (ai quali si rinvia) ed, appunto, con l'art. 465, che attribuisce al presidente del tribunale od al giudice monocratico la facoltà di anticipare o differire l'udienza, per giustificati motivi, non più di una volta. Il provvedimento: forma, non reiterabilità ed inoppugnabilità Il provvedimento di anticipazione o differimento dell'udienza assume, per espressa previsione normativa, le forme del decreto che, secondo una parte della dottrina (Dubolino, 1203), dovrebbe essere motivato quantomeno con riguardo alle esigenze organizzative che abbiano consigliato lo spostamento della data di udienza, a pena di nullità, ai sensi degli artt. 125, comma 3, e 465, comma 1, (che fa riferimento, come presupposto per l'esercizio del potere di anticipazione o differimento dell'udienza, alla sussistenza di « giustificati motivi »). Si è, peraltro, replicato che « l'art. 125, comma 3, prevede che le sentenze e le ordinanze siano motivate, a pena di nullità; i decreti devono, al contrario, essere motivati, a pena di nullità, nei soli casi in cui la motivazione è espressamente prescritta dalla legge. L'art. 465, comma 1, nulla dispone al riguardo » (Beltrani, 93). Il provvedimento di anticipazione o differimento dell'udienza non può essere reiterato, per espressa previsione di legge («... non più di una volta... »); l'indebita reiterazione non è, tuttavia, sanzionata processualmente, ma soltanto disciplinarmente, ed in dottrina (Cordero, 536) si è, in proposito, osservato che l'eventuale reiterazione di provvedimenti di anticipazione o differimento dell'udienza sarebbe, comunque, preferibile al rinvio (per la concomitante pendenza di altri procedimenti) del dibattimento disposto immediatamente dopo la sua apertura; questa autorevolissima opinione non considera, peraltro, che, in quest'ultimo caso, sarà possibile dare gli avvisi di rito alle parti (di fatto o legalmente) presenti, laddove il differimento fuori udienza onererebbe la cancelleria in toto ed ex novo. In difetto della previsione di uno strumento impugnatorio ad hoc, il decreto di anticipazione o differimento dell'udienza, essendo privo di effetti sulla decisione, non è autonomamente impugnabile, stante il principio della tassatività delle impugnazioni (art. 568): esso potrà essere impugnato soltanto congiuntamente alla sentenza (Cass. I, n. 4556/1994). I giustificati motivi Costituiscono giustificati motivi (« concetto vago ed elastico, che postula apprezzamenti di schietta indole soggettiva »: G. Bonetto, 1991, 31 s.) - per l'anticipazione dell'udienza, la necessità di trattare sollecitamente un processo con imputati in stato di custodia cautelare in carcere (l'art. 20, comma 5, reg. esec. prevede, come già l'art. 406, comma 3, 1930, in tema di formazione dei ruoli di udienza, che i dibattimenti riguardanti imputati sottoposti a custodia cautelare abbiano precedenza assoluta rispetto ad ogni altro: le eventuali violazioni non sono sanzionate processualmente, ma in sede disciplinare), ovvero avente ad oggetto reati prossimi alla prescrizione; - per il differimento dell'udienza, la preesistenza sul ruolo di udienza di un numero eccessivo di processi (anche tenuto conto della rispettiva complessità), la necessità di consentire la trattazione concentrata di un processo (particolarmente rilevante o particolarmente complesso) precedentemente fissato a ruolo, l'impedimento giustificato di un difensore, o dell'imputato, comunicato in anticipo (ciò vale, peraltro, soltanto con riguardo al rito monocratico, poiché nel rito collegiale, la valutazione del dedotto impedimento compete al collegio ed il presidente non potrebbe usurparne le funzioni con il provvedimento reso ex art. 465). Parte della dottrina (Giordano, 454) ha considerato giustificato motivo per l'anticipazione od il differimento, la pendenza di un'astensione forense dalle udienze; l'opinione non sembra, peraltro, poter essere condivisa, poiché l'astensione potrebbe successivamente essere revocata, e comunque il singolo difensore potrebbe decidere di non aderirvi (l'adesione dipende, infatti, da una libera scelta del professionista, che non è giuridicamente vincolato alla decisione della propria associazione di categoria), mentre, al contrario, il differimento ex art. 465 finirebbe col sottrargli il diritto di libera scelta circa l'adesione o meno, e negherebbe all'imputato il diritto di chiedere che si proceda ugualmente. La giurisprudenza ha escluso che la sussistenza di una nullità possa costituire giustificato motivo ex art. 465: si è, infatti, chiarito che detta disposizione, riservando al presidente del tribunale il potere di anticipare o differire l'udienza per giustificati motivi, va letta nel senso che tali giustificati motivi devono essere diversi da quelli afferenti alla nullità della citazione in giudizio o della sua notifica. In quest'ultimo caso, il presidente (od il giudice) che rilevi tale nullità, può dichiararla nell'esercizio del relativo potere esplicitamente riconosciutogli (Cass. III, 23 febbraio 1993, P.m. in proc. Viola ed altri, in Guariniello, 295). L'art. 465, comma 1, non prevede alcuna sanzione processuale per il caso in cui il provvedimento di rinvio sia stato emesso in difetto dei « giustificati motivi »: in tal caso, l'irregolarità potrà, pertanto, assumere, al più, rilevanza disciplinare, ex art. 124, ma non avrà alcuna incidenza sul processo (Beltrani, 93). Una fattispecie di anticipazione dell'udienza ex lege è stata introdotta dall'art. 3, comma 5, d.l. n. 29/1999, conv. con modif. in l. n. 109/1999, in tema di rapporti di competenza fra tribunale e corte di assise. Gli adempimenti successivi Ai sensi dell'art. 465, comma 2, il provvedimento di anticipazione o differimento dell'udienza (che dovrà anche contenere la chiara indicazione che non occorre comparire all'udienza in precedenza fissata), deve essere comunicato al p.m. e notificato alle parti private, alla persona offesa ed ai difensori (destinatari dell'avviso sono anche i difensori delle parti private diverse dall'imputato, ma tale previsione appare superflua, atteso che essi sono domiciliatari ex lege — art. 100, comma 5, — delle predette parti). Per la differenza tra «comunicazione» e «notificazione», si rinvia agli artt. 148 ss. (in particolare, all'art. 153) e 64 disp. att. Nel caso di anticipazione, fermo restando il rispetto dei termini previsti dall'art. 429, commi 3 e 4, (nonché 552, comma 3), il provvedimento è comunicato o notificato (secondo quanto stabilito dalla prima parte del comma secondo cit.) almeno sette giorni prima della nuova udienza, salvo il prolungamento dei termini nei casi previsti dall'art. 174: tale termine decorre, naturalmente, dall'effettuazione della comunicazione o notificazione. La dottrina (Bonetto, 1991, 31 ss.) ha, in proposito, osservato che «l'informativa [...] non determina il decorrere di un nuovo termine a comparire; ma la nuova udienza non può, in caso di anticipazione della data, essere stabilita in pendenza del vecchio termine. Il tempo che la legge assegna alle parti per predisporsi al dibattimento deve in ogni caso essere integralmente assicurato». In relazione al termine di sette giorni prima della nuova udienza è stabilito solo il momento finale, e ciò comporta, a norma dell'art. 172, comma 5, che i sette giorni devono intendersi liberi; detto termine coincide con quello fissato dagli artt. 468, comma 1, e 555, comma 1, di sette giorni per la citazione di testimoni, periti e consulenti tecnici nel giudizio dinanzi al tribunale: le parti, per ovviare alle eventualmente conseguenti difficoltà, potranno chiedere, ai sensi dell'art. 493, comma 2, l'ammissione di prove non indicate in lista (previa dimostrazione — nel caso di specie, in re ipsa — di non avere potuto indicare tempestivamente le stesse) (Beltrani, 95). L'omissione dei suddetti adempimenti rende necessaria la nuova citazione delle parti e dei difensori. CasisticaIl rinvio disposto fuori udienza a giudizio iniziato La giurisprudenza ritiene che il provvedimento, adottato fuori udienza, con il quale il giudice rinvia il dibattimento, pur non essendo previsto espressamente dal codice di rito, non sia abnorme, costituendo espressione del potere conferito al giudice di sospendere o rinviare il dibattimento attribuito al giudice dall'art. 465 (Cass. III, n. 17218/2009). Si è precisato che, mentre i rinvii disposti in udienza vengono dati oralmente e sostituiscono le citazioni e le notificazioni per coloro che sono comparsi o debbono considerarsi presenti (art. 477, comma 3), quelli disposti fuori udienza non possono che essere comunicati alle parti private ed ai difensori di queste con le forme delle notificazioni, sicché l'eventuale omissione determina una nullità riconducibile all'art. 178, comma 1, lett. c), incidendo sull'intervento, sull'assistenza e sulla rappresentanza dell'imputato e delle altre parti private e, soprattutto, che il rinvio, pur disposto fuori udienza, non va notificato agli imputati già dichiarati contumaci, essendo sufficiente la notifica ai difensori che per legge li rappresentano (Cass. III, n. 17218/2009 cit.), situazione che, come ovvio, non può presentarsi nel corso del predibattimento. La riferibilità della disposizione di cui all'art. 465 anche ai casi di anticipazione o differimento disposti fuori udienza, nel corso del dibattimento, e la necessità di notificare il relativo decreto soltanto al difensore che rappresenta l'imputato già dichiarato contumace, e non anche personalmente a quest'ultimo, è stata ribadita da Cass. III, n. 52507/2014 (con riferimento a fattispecie antecedente alle modifiche apportate dalla l. n. 67/2014, all'art. 420-quater.), e da Cass. II, n. 8729/2020 , con la precisazione che il legislatore, laddove ha voluto che l'imputato, benché dichiarato contumace o assente, sia destinatario diretto di determinati atti compiuti nel corso del dibattimento, lo ha previsto espressamente). Si è anche chiarito che, nel caso di rinvio ad altra data dell'udienza dibattimentale relativa a procedimento a carico di più imputati, l'indicazione nell'avviso da notificare al difensore di uno degli imputati del procedimento con il nome dell'imputato capolista (diverso da quello cui l'avviso si riferisce), non può dar luogo ad alcuna incertezza da parte del difensore stesso circa l'individuazione del procedimento e del cliente cui fa riferimento l'avviso, ove sopperiscano altre indicazioni relative al procedimento rilevabili nell'avviso, specie se già note al difensore medesimo per essersi, questi, attivato per il rinvio della prima udienza, essendo notoria la prassi giudiziaria di indicare i procedimenti con il nome dell'imputato capolista (Cass. III, n. 3510/1994). Il rinvio dell'udienza nel corso del giudizio riguardante reati appartenenti alle attribuzioni del tribunale in composizione collegiale (o nel corso del giudizio di appello) può essere disposto anche con provvedimento non collegiale, in quanto il difetto nella composizione numerica (o qualitativa) del collegio determina la nullità assoluta dei soli atti espressivi del magistero giurisdizionale, aventi natura decisoria od istruttoria, e non anche di quelli aventi natura ordinatoria (Cass. V, n. 25444/2014, in fattispecie nella quale il rinvio del processo riguardante reati rientranti nelle attribuzioni del tribunale in composizione collegiale era stato disposto, a dibattimento iniziato, con provvedimento del tribunale composto da due soli magistrati). Secondo la giurisprudenza (Cass. II, n. 22972/2018), l'ordinanza anticipatoria dell'udienza adottata dal giudice nel corso del dibattimento non deve essere notificata all'imputato almeno sette giorni prima della nuova udienza, atteso che tale obbligo è previsto dall'art. 465 esclusivamente nell'ipotesi di anticipazione della udienza disposta nella fase degli atti preliminari, in cui non ha ancora avuto modo di esplicarsi pienamente l'attività difensiva attraverso la conoscenza di tutti gli atti del processo ed eventualmente il deposito delle liste testimoniali. Anticipazione di udienza e disciplina emergenziale da Covid-19 Con riferimento alla disciplina processuale emanata per fronteggiare l'emergenza da Covid-19, la giurisprudenza ha ritenuto che, in assenza di deroga espressa al regime delle notificazioni degli atti funzionali all'instaurazione del contraddittorio, la notifica alle parti del provvedimento di anticipazione dell'udienza rispetto all'ora prefissata non può ritenersi sostituita dalla pubblicazione dell'avviso sul sito dell'ufficio giudiziario, anche se disposta in attuazione delle linee organizzative adottate dal dirigente dell'ufficio per fronteggiare l'emergenza pandemica (Cass. V, n. 37876/2021). BibliografiaBeltrani, Il dibattimento penale monocratico, Torino, 2003; Bonetto, Sub art. 465, in Commento al nuovo codice di procedura penale, coordinato da Chiavario, Torino, V, 1991, 31; Bonetto, Il predibattimento, in Giurisprudenza sistematica di diritto processuale penale, diretta da Chiavario- Marzaduri, Torino, 2002, 35; Cordero, Codice di procedura penale, Torino, 1991; Cristiani, Manuale del nuovo processo penale, Torino, 1991; D'Andria, Sub art. 465, in Codice di procedura penale. Rassegna di giurisprudenza e di dottrina, diretta da Lattanzi- Lupo, VI, Agg. 2003-2007, (artt. 465-567), a cura di D'Andria- Fidelbo- Gallucci, Milano, 2008, 1; P. Dubolino, Il nuovo codice di procedura penale, Piacenza, 1992; Giordano, La vocatio in iudicium nel nuovo, in Giust. pen. 1991, III, 449; Grilli, Il dibattimento penale, Padova, 2007; R. Guariniello, Il processo penale nella giurisprudenza della Corte di cassazione, Torino, 1994; Plotino, Il dibattimento nel nuovo codice di procedura penale, Milano, 1996; Rivello, Gli atti preliminari al dibattimento, in Giust. pen. 1990, III, 324; Rivello, Il dibattimento nel processo penale, Torino, 1997. |