Codice di Procedura Penale art. 473 - Ordine di procedere a porte chiuse.

Sergio Beltrani

Ordine di procedere a porte chiuse.

1. Nei casi previsti dall'articolo 472, il giudice, sentite le parti, dispone, con ordinanza pronunciata in pubblica udienza [586], che il dibattimento o alcuni atti di esso si svolgano a porte chiuse. L'ordinanza è revocata con le medesime forme quando sono cessati i motivi del provvedimento.

2. Quando si è ordinato di procedere a porte chiuse, non possono per alcun motivo essere ammesse nell'aula di udienza persone diverse da quelle che hanno il diritto o il dovere di intervenire [147-ter 2 att.]. Nei casi previsti dall'articolo 472, comma 3, il giudice può consentire la presenza dei giornalisti.

3. I testimoni [194 s.], i periti [220 s.] e i consulenti tecnici [225, 233, 359, 360] sono assunti secondo l'ordine in cui vengono chiamati e, fatta eccezione di quelli che sia necessario trattenere nell'aula di udienza, vi rimangono per il tempo strettamente necessario.

Inquadramento

La decisione di procedere a porte chiuse può essere presa in ogni momento, ed anche per un singolo atto, ai sensi dell'art. 473, comma 1, dal «giudice», ovvero dal collegio (o dal giudice monocratico), che ha competenza funzionale, previa audizione delle parti.

In proposito, la giurisprudenza ha ritenuto che l'inosservanza, da parte del giudice, dell'obbligo di sentire le parti prima di adottare la decisione di procedere “a porte chiuse” non è causa di nullità assoluta ai sensi dell'art. 178, comma 1, lett. c), ma determina una nullità relativa che, se verificatasi alla presenza della parte, è da ritenersi non più deducibile, se non eccepita immediatamente dopo il compimento dell'atto, ai sensi dell'art. 182, comma 2 (Cass. III, n. 15927/2009).

In senso contrario, parte della dottrina ha ritenuto che l'omessa audizione della parti integri una nullità generale a regime intermedio ex artt. 178, comma 1, lett. b) e/o c), e  180 (Manzione, in Chiavario, V, 1991, 71).

L'ordine di procedere a porte chiuse, riguardando il dibattimento od anche una sola parte di esso, non può estendersi al postdibattimento, « e, in particolare, al momento della lettura del dispositivo » (D'Andria, 35).

Il provvedimento

Il provvedimento assume le forme dell'ordinanza, e quindi deve essere motivato (art. 125), è pronunciato in pubblica udienza ed è revocabile con le medesime forme (e, quindi, con ordinanza resa, sentite le parti, e pronunziata in pubblica udienza, a pena di nullità ex artt. 471, comma 1, e 181), quando sia venuta meno la causa che aveva inizialmente legittimato l'ordine di procedere a porte chiuse: è, pertanto, necessario che il pubblico venga fatto rientrare in udienza, prima dell'emissione dell'ordinanza di revoca, se cessano i motivi del provvedimento.

Segue . Casistica

In una fattispecie nella quale il ricorrente lamentava l'omessa motivazione del provvedimento reiettivo dell'istanza di revoca dell'ordine di procedere a porte chiuse, la giurisprudenza (Cass. I, n. 1495/1999), rifacendosi al consolidato principio secondo il quale la nullità prevista dall'art. 471, comma 1, rientra tra quelle previste dall'art. 181, ha ritenuto che la nullità dell'atto dovesse essere eccepita immediatamente dopo l'assunzione di esso.

Il regime di impugnazione

In difetto di espressa previsione di impugnabilità, deve ritenersi che i provvedimenti inerenti alla celebrazione totale o parziale del dibattimento a porte chiuse siano impugnabili solo unitamente alla sentenza che definisce il giudizio (cfr. artt. 181, comma 4, e 586).

La giurisprudenza formatasi sotto la vigenza dell'abrogato codice di rito riteneva che il provvedimento che ordina la celebrazione del dibattimento a porte chiuse, che ha natura discrezionale, può essere soggetto a ricorso per cassazione solo sotto il profilo del controllo di legittimità (Cass. VI, n. 4080/1983).

Secondo parte della dottrina, il soggetto che intenda impugnare l'ordinanza che ha disposto procedersi a porte chiuse (deducendone la nullità), avrebbe l'onere di sollevare la questione ex artt. 491 e 181, comma 3, non potendo dedurre la questione per la prima volta in sede di gravame (Manzione, in Chiavario, V, 1991, 75).

Il procedimento a porte chiuse

Quando si procede a porte chiuse, possono restare in aula soltanto i soggetti che hanno il dovere (è il caso dei giudici, del p.m. e dei rispettivi ausiliari) od il diritto (è il caso delle parti private e dei rispettivi difensori) di intervento; possono trattenersi in aula soltanto per il tempo strettamente necessario alla loro audizione, testimoni, periti e consulenti tecnici.

Eccezionalmente, l'art. 609-decies, comma 2, c.p. stabilisce che, nei casi in cui si proceda per i reati di cui agli artt. 600 (riduzione o mantenimento in schiavitù o in servitù), 600-bis (prostituzione minorile), 600-ter (pornografia minorile), 600-quinquies (iniziative turistiche volte allo sfruttamento della prostituzione minorile), 600-octies (impiego di minori nell'accattonaggio), 601 (tratta di persone), 602 (acquisto ed alienazione di schiavi), 609-bis (violenza sessuale), 609-ter (violenza sessuale aggravata), 609-quinquies (corruzione di minorenne), 609-octies (violenza sessuale di gruppo) c.p., commessi in danno di minorenni, o di cui all'art. 609-quater c.p. (atti sessuali con minorenne), « l'assistenza affettiva e psicologica della persona offesa minorenne è assicurata, in ogni stato e grado del procedimento, dalla presenza dei genitori o di altre persone idonee indicate dal minorenne e ammesse dall'a.g. che procede »: in questi casi, anche i soggetti di volta in volta chiamati ad assistere il minore potranno trattenersi in aula, nonostante si proceda a porte chiuse.

La giurisprudenza ha, peraltro, evidenziato che l'assistenza dei familiari o di un esperto in psicologia infantile all'esame testimoniale del minore è meramente facoltativa e non obbligatoria (cfr. art. 498, comma 4), non essendo imposta né dall'art. 609-decies c.p., che ha la diversa finalità di assicurare alla parte offesa minorenne un'adeguata assistenza affettiva e psicologica durante tutto il corso del procedimento, né dalle disposizioni di cui agli artt. 392, comma 1-bis — 398, comma 3-bis — 473 (Cass. III, n. 22066/2003, e Cass. n. 42477/2010).

L'assistenza per l'esame testimoniale della persona offesa minorenne prevista dall'art. 609-decies c.p. deve essere richiesta dall'interessato ed ammessa dal giudice: ne consegue che l'esame svolto senza l'assistenza, non richiesta, non è nullo né inutilizzabile (Cass. III, n. 41676/2005; in argomento, Palma, 364 ss.).

L'art. 473, comma 2, ult. parte, prevede che, nei casi nei casi di cui all'art. 472, comma 3 (ovvero quando si proceda a porte chiuse perché la pubblicità può nuocere alla pubblica igiene; in presenza di intemperanze da parte del pubblico, che turbino il regolare svolgimento delle udienze o, infine, perché è necessario salvaguardare la sicurezza di testimoni o di imputati), il giudice (e, quindi, il collegio, e non il suo presidente) può consentire la presenza dei giornalisti: la dottrina ha osservato che la disposizione conferma « la caduta di ogni automatismo tra limiti alla pubblicità immediata e limiti alla pubblicità mediata » (Voena, 513).

Per il divieto di pubblicazione di atti o di immagini del dibattimento, nei casi in cui si proceda a porte chiuse, si rinvia sub art. 114.

Nel caso in cui tra il pubblico figurino anche soggetti particolarmente turbolenti o facinorosi, è possibile procedere alla loro espulsione, senza ordinare che si proceda a porte chiuse.

Le deroghe previste dalla normativa speciale emanata per fronteggiare l’emergenza da COVID-19

Si rinvia sub art. 471, § 7.

Bibliografia

Beltrani, Il dibattimento penale monocratico, Torino, 2003; D'Andria, Sub artt. 472-473, in Codice di procedura penale. Rassegna di giurisprudenza e di dottrina, diretta da Lattanzi- Lupo, VI, Agg. 2003-2007, (artt. 465-567), a cura di D'Andria- Fidelbo- Gallucci, Milano, 2008, 34; Palma, Importanti puntualizzazioni della Suprema Corte in tema di consulenze psicologiche sulle vittime di abusi sessuali, in Arch. n. proc. pen. 2007, 364; Plotino, Il dibattimento nel nuovo codice di procedura penale, Milano, 1996; Rivello, Il dibattimento nel processo penale, Torino, 1997; Voena, voce Udienza penale, in Enc. dir., XLV, Milano, 1992, 495.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario