Codice di Procedura Penale art. 518 - Fatto nuovo risultante dal dibattimento.Fatto nuovo risultante dal dibattimento. 1. Fuori dei casi previsti dall'articolo 517, il pubblico ministero procede nelle forme ordinarie se nel corso del dibattimento risulta a carico dell'imputato un fatto nuovo [423] non enunciato nel decreto che dispone il giudizio [429, 450, 456, 552] e per il quale si debba procedere di ufficio. 2. Tuttavia il presidente, qualora il pubblico ministero ne faccia richiesta, può autorizzare la contestazione nella medesima udienza, se vi è consenso dell'imputato presente e non ne deriva pregiudizio per la speditezza dei procedimenti [23]. InquadramentoIn un'ottica di semplificazione delle forme, l'articolo in esame consente al pubblico ministero di ampliare l'imputazione durante il dibattimento, contestando all'imputato che vi consenta un fatto nuovo, non enunciato nel decreto che dispone il giudizio. Aspetti generaliQualora emerga, accanto al thema decidendum originariamente prospettato, un fatto nuovo, diverso da quello enunciato nel decreto che dispone il giudizio e non costituente un reato connesso ai sensi dell'art. 517, si rende necessario svolgere il relativo accertamento «nelle forme ordinarie». A tal fine il giudice dispone con ordinanza la trasmissione degli atti al pubblico ministero. Tale provvedimento, ovviamente, deve riguardare soltanto il fatto nuovo, laddove, viceversa, è da ritenersi abnorme — in quanto determina un'inammissibile regressione del procedimento — l'ordinanza con cui il giudice disponga la trasmissione al pubblico ministero di tutti gli atti del processo, compresi quelli relativi all'originaria contestazione (Cass. III, n. 31835/2018; Cass. VI, n. 12509/2010). Tuttavia, il capoverso dell'art. 518, configura un'alternativa all'esercizio di una distinta azione penale, consentendo all'organo dell'accusa di ampliare l'imputazione inserendovi un fatto nuovo emerso durante l'istruzione dibattimentale, purché vi sia il consenso dell'imputato presente e l'autorizzazione del giudice. Fatto nuovoIl pubblico ministero può effettuare la contestazione ex art. 518 solo se nel corso del dibattimento emerge un fatto nuovo che, secondo il suo apprezzamento, costituisce reato perseguibile d'ufficio. Per fatto “nuovo” deve intendersi un fatto ulteriore ed autonomo rispetto a quello contestato, ossia un episodio storico che non si sostituisce ad esso, ma che eventualmente vi si aggiunge, affiancandolo quale autonomo thema decidendum, trattandosi di un accadimento naturalisticamente e giuridicamente autonomo (Cass. VI, n. 6987/2010). In sostanza, l'intrinseca autonomia strutturale del nuovo accadimento, rispetto al fatto per il quale si è proceduto, costituisce un presupposto idoneo all'instaurazione di un procedimento distinto da quello già in atto e ad esso parallelo. Si pensi, ad esempio, ad una imputazione per omicidio. Se Tizio è accusato di aver ucciso Caio e nel corso dell'istruzione dibattimentale emerge che in realtà ha ucciso Sempronio, siamo di fronte ad un fatto nuovo, perché «se l'ipotesi non fosse stata smentita, nulla impedirebbe di formulare una seconda imputazione accanto all'originaria » (Cordero, 426). Nel caso di specie, Tizio dovrà essere assolto dall'accusa di aver ucciso Sempronio, non potendo l'accusa essere semplicemente modificata, poiché verrebbe a configurarsi una ritrattazione, non consentita, dell'azione penale esercitata, in quanto la stessa risulterebbe astrattamente compatibili con la formulazione di un'altra imputazione (Illuminati, in Conso-Grevi-Bargis, 840). Per «fatto diverso», invece, deve intendersi non solo un fatto che integri una imputazione diversa, restando esso invariato, ma anche un fatto che presenti connotati materiali difformi da quelli descritti nella contestazione originaria, rendendo necessaria una puntualizzazione nella ricostruzione degli elementi essenziali del reato (Cass. VI, n. 26284/2013; Cass. V, n. 2295/2015; Cass. V, n. 3780/2017). Consenso dell'imputatoLa contestazione del fatto nuovo, similmente al giudizio direttissimo, produce l'amputazione dell'intera fase preliminare al dibattimento (indagini e udienza preliminare). La conseguente contrazione delle garanzie difensive richiede quindi il consenso dell'imputato. La norma in esame richiede la presenza dell'imputato e ciò si giustifica in considerazione delle fondamentali garanzie alle quali egli deve rinunciare. Tuttavia, una parte della dottrina ritiene che il consenso alla contestazione del fatto nuovo possa essere prestato anche dall'assente, mediante il difensore che lo rappresenta ex lege (Cordero, 451; contra Rafaraci, 139; Rovello, 300). La giurisprudenza, dal canto suo, esclude che il consenso alla nuova contestazione possa essere presunto dalla richiesta di un termine a difesa ex art. 519, dovendo il consenso essere sollecitato e manifestato, mentre il termine a difesa implica di per sé la salvezza di ogni facoltà concernente l'esercizio di diritti difensivi dai quali l'imputato non sia decaduto. Ne consegue che la contestazione del fatto nuovo nella medesima udienza senza il consenso dell'imputato presente dà luogo alla nullità comminata dal combinato disposto degli artt. 518, comma 2 e 522, che sia tempestivamente eccepita alla scadenza del termine a difesa concesso, essendo arbitrario presumere che la richiesta di detto termine implichi la manifestazione del consenso dell'imputato alla nuova contestazione o, altrimenti, impedisca di considerare come immediatamente proposta dopo il compimento della contestazione stessa, ai sensi degli artt. 181 e 182, comma 2, l'eccezione di nullità dedotta alla ripresa del dibattimento (Cass. III, n. 972/1994). Autorizzazione del giudiceL'autorizzazione del giudice non è un atto dovuto, in quanto spetta all'organo decidente il compito di verificare se l'imputato abbia validamente prestato il proprio consenso e se dalla trattazione unitaria derivi un pregiudizio per la speditezza dei procedimenti. Va escluso, invece, che il giudice possa delibare il fumus dell'addebito riformulato o l'opportunità di ampliare il tema del processo in corso (Rafaraci, 488). Poiché la norma parla di “procedimenti”, si ritiene che il giudice debba valutare le esigenze di economia processale globalmente considerate, ossia riferite anche al procedimento cui darebbe luogo l'esercizio dell'azione penale in altra sede (Marini, in Chiavario, V, 1991, 466). Si ritiene che il giudice, nella sua valutazione, debba farsi carico anche degli interessi dei soggetti che non possono opporsi alla nuova contestazione, come la parte civile e i coimputati (Fassone, Il giudizio, in Fortuna-Dragone-Fassone-Giustozzi-Pignatelli, Nuovo Manuale pratico del processo penale, Padova, 2007, 1003). Contestazione del fatto nuovo e riti premialiCome visto trattando delle contestazioni ex artt. 516 e 517, la Consulta ha quasi integralmente restituito all'imputato la facoltà di accedere ai riti premiali per i reati e le circostanze oggetto di contestazione suppletiva, sia essa fisiologica o patologica. Ciò aveva indotto a dubitare della legittimità costituzionale dell'art. 518, comma 2, che non contempla il recupero della suddetta facoltà a seguito della contestazione del fatto nuovo. La Corte costituzionale, però, aveva escluso che tale preclusione dia luogo a disparità di trattamento o comprimesse il diritto di difesa dell'imputato, il quale ben avrebbe potuto, ove non avesse voluto perdere i benefici legati alla scelta di un rito semplificato, non prestare il consenso alla contestazione del fatto nuovo e costringere il pubblico ministero ad agire nelle forme ordinarie, a norma dell'art. 518, comma 1 (Corte cost. n. 146/1997; Corte cost. n. 41/1994). Come si vedrà meglio oltre trattando dell’art. 519, il d.lgs. n. 150/2022 (c.d. riforma Carabia) ha razionalizzato e generalizzato il diritto dell’imputato ad accedere ai riti premiali a seguito di una qualunque modifica dell’imputazione, compresa la contestazione di un fatto nuovo. Contestazione del fatto nuovo e difetto di “attribuzione”La norma in commento non contiene alcuna disciplina sulla composizione del tribunale e sulle relative norme procedurali. Si è detto che il consenso dell'imputato, unitamente all'autorizzazione del giudice, sia idoneo a legittimare la deroga alla cognizione del tribunale in composizione collegiale e/o la rinuncia all'udienza preliminare (Archiluzzi, 174). Tuttavia, secondo altri, il consenso renderebbe possibile solo l'omissione dell'udienza preliminare, trattandosi di una fase disponibile (Carcano, 323). In caso di illegittima contestazione del fatto nuovo in difetto di attribuzione e in mancanza dell'udienza preliminare, deve farsi applicazione dell'art. 521, comma 3, il quale prescrive la trasmissione degli atti al pubblico ministero nei casi di modifica effettuata fuori dalle previsioni degli artt. 516, 517 e 518, comma 2, e dell'art. 521-bis, per l'analoga previsione in caso di mancata celebrazione dell'udienza preliminare. CasisticaIn tema di bancarotta fraudolenta, non integra fatto nuovo ai sensi dell'art. 518 la individuazione, nel corso dell'istruzione dibattimentale, di diverse modalità della condotta illecita ovvero di ulteriori condotte di distrazione o, comunque, di difformi condotte integrative della violazione dell'art. 216 r.d. n. 267/1942 (l. fall.), trattandosi di fatto che non può generare “novità” dell'illecito, ma soltanto l'integrazione della circostanza aggravante (e non la modifica del fatto tipico), in virtù della peculiare disciplina dell'illecito fallimentare — connaturato alla c.d. unitarietà del reato desumibile dall'art. 219, comma 2, n. 1, r.d. n. 267/1942 (l. fall.) — che deroga alla disciplina della continuazione, e della peculiarità della norma incriminatrice che non assegna alle condotte di distruzione, occultamento, distrazione, dissipazione e dissimulazione natura di fatto autonomo, bensì di fattispecie penalmente tra loro equivalenti, e cioè modalità di esecuzione alternative e fungibili di un unico reato (Cass. V, n. 4551/2010). La modifica relativa al locus commissi delicti non costituisce «fatto nuovo», rappresentando una mera variazione dell'originaria contestazione (Cass. III, n.1960/2017; Cass. IV, n. 17039/2009). Costituisce fatto nuovo, e non diverso, rispetto all'imputazione originaria di calunnia avente ad oggetto un'istigazione non accolta a commettere un omicidio, la falsa incolpazione, in danno del medesimo calunniato, di aver successivamente istigato allo stesso fine altro soggetto (Cass. VI, n. 26284/2013). Non può ritenersi «fatto nuovo» quello costituito dal decesso della persona offesa dal reato di lesioni colpose, sopravvenuto nel corso del procedimento relativo a tale reato in conseguenza della medesima condotta già addebitata all'imputato, poiché in tale ultima ipotesi il pubblico ministero deve procedere alla semplice modifica dell'imputazione ai sensi dell'art. 516 (Cass. IV, n. 40449/2002). Non costituisce contestazione di un fatto nuovo ex art. 518, c.p.p. bensì di un fatto diverso ai sensi dell'art. 516, c.p.p. la modifica dell'imputazione da appropriazione indebita a bancarotta fraudolenta - reato complesso in cui sono assorbiti gli elementi costitutivi del reato di cui all'art. 646 c.p.(Cass. V, n. 2295/2015). Non costituisce contestazione di un fatto diverso, bensì di un fatto nuovo la trasformazione dell'originaria imputazione di circonvenzione di incapaci in quella di tentata estorsione, attesa la diversità radicale della condotta nelle due fattispecie delittuose (Cass. II, n. 16821/2019). BibliografiaV. sub Art. 516. Archiluzzi, Art. 188 d. legisl. 19 febbraio 1998, n. 51, in Chiavario-Lupo, Commento alla normativa delegata sul giudice unico, vol. II, Torino, 2000, 174; Carcano, Le disposizioni sul processo penale, in Lattanzi (a cura di), Il giudice unico, Milano, 2000, 323. |