Codice di Procedura Penale art. 531 - Dichiarazione di estinzione del reato.

Donatella Perna

Dichiarazione di estinzione del reato.

1. Salvo quanto disposto dall'articolo 129 comma 2, il giudice, se il reato è estinto [150 s. c.p.], pronuncia sentenza di non doversi procedere enunciandone la causa nel dispositivo [254 trans.].

2. Il giudice provvede nello stesso modo quando vi è dubbio sull'esistenza di una causa di estinzione del reato (1).

(1) Per i reati di competenza del giudice di pace, v. l'art. 35 d.lg. 28 agosto 2000, n. 274.

Inquadramento

L'art. 531 prevede che il giudice pronunzi sentenza di non doversi procedere per estinzione del reato, enunziandone la causa nel dispositivo, sia quando  è certa, sia quando è dubbia l'esistenza di una causa di estinzione del reato medesimo, sempre che  non risulti evidente che il fatto non sussiste o l'imputato non l'ha commesso o non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato, perchè in tale ultimo caso deve essere pronunziata sentenza di assoluzione ai sensi dell’art. 129. Il tema è quello del coordinamento tra la norma in commento e le regole di giudizio di cui all’art. 530 comma 2 e 3, che impongono al giudice la pronuncia assolutoria anche in caso di prova insufficiente e contraddittoria; in altri termini, ci si è chiesti se – nel caso di contraddittorietà o insufficienza della prova - debba prevalere o meno il proscioglimento nel merito rispetto alla dichiarazione immediata di una causa di non punibilità.

Le S.U. hanno fornito la propria interpretazione in argomento, affermando che, in presenza di una causa di estinzione del reato, il giudice è legittimato a pronunciare sentenza di assoluzione a norma dell'art. 129 comma 2,  soltanto nei casi in cui le circostanze idonee ad escludere l'esistenza del fatto, la commissione del medesimo da parte dell'imputato e la sua rilevanza penale, emergano dagli atti in modo assolutamente non contestabile, così che la valutazione che il giudice deve compiere al riguardo appartiene più al concetto di "constatazione", ossia di percezione "ictu oculi", che a quello di "apprezzamento", ed è quindi incompatibile con qualsiasi necessità di accertamento o di approfondimento.  Altrimenti, è obbligatoria la declaratoria della causa estintiva (Cass. S.U.,  n. 35490/2010).

Il principio in parola trova, però, "due temperamenti", nel senso che il proscioglimento nel merito prevale sulla causa estintiva, pur nel caso di  contraddittorietà o insufficienza della prova: a) nel caso in cui, in presenza di una causa estintiva del reato, il giudice di appello è chiamato a valutare il compendio probatorio ai fini delle statuizioni civili, ai sensi dell'art. 578 c.p.p.; b) nel caso in cui la causa estintiva del reato sopravvenga nel giudizio di appello promosso dal Pubblico Ministero avverso una sentenza assolutoria, ai sensi dell'art. 530 comma 2, e il giudice ritenga infondato nel merito il gravame (Cass. I, n. 6593/2010).

In dottrina si è affermato che la declaratoria di estinzione del reato prevale nella fase predibattimentale ed in quella degli atti introduttivi al dibattimento, in ragione della struttura del giudizio costruita sul doppio fascicolo – quello del P.M. e quello del dibattimento – che non consente all’organo giudicante di valutare ex actis la sussistenza di una delle cause di non punibilità di cui all’art. 129 comma 2 (Barg).

La prova dell'esistenza di una causa di estinzione del reato

Quanto, invece, alla prova della sussistenza della causa di estinzione del reato, essa può essere anche semipiena purché non meramente ipotetica ed astratta, e deve coesistere con l'assenza di prova certa di infondatezza dell'accusa, ovvero con la presenza di prova semipiena della fondatezza della medesima, senza tenere conto dell'imputabilità e delle cause di non punibilità; diversamente, in mancanza anche di uno solo di tali presupposti, è vietato pronunziare sentenza di improcedibilità, essendo obbligatoria la pronunzia assolutoria.

La sentenza di improcedibilità per estinzione del reato (distinta dalla sentenza, anch'essa di improcedibilità, ma per carenza originaria o sopravvenuta di una condizione di procedibilità, prevista dall'art. 529) riposa su di un presupposto negativo, la mancanza di evidenza dell'innocenza dell'imputato perché il fatto non sussiste o non lo ha commesso o non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato, e su di un presupposto positivo, consistente nell'esistenza, provata o dubbia, di una causa di estinzione del reato. In dottrina è stato osservato, sul punto, che la mancanza di evidenza dell'innocenza dell'imputato costituisce valutazione preclusa al giudice del dibattimento, che nel caso in cui le prove siano carenti, contraddittorie o insufficienti, deve assolvere  l'imputato ai sensi dell'art. 530 (Cordero, 987).

Analogamente a quanto argomentato in relazione al dubbio, derivante da prova semipiena, che impone l'assoluzione dell'imputato ai sensi dell'art. 530, deve ritenersi che laddove una causa di estinzione del reato non sia oggetto di mera indicazione astratta, ma sia sostenuta da un principio di prova, anche insufficiente, ma idonea a generare un ragionevole dubbio sulla sussistenza dell'estinzione, deve essere pronunziata sentenza di improcedibilità.

Sul punto, la giurisprudenza ha altresì chiarito che il dubbio circa la sussistenza della causa di estinzione del reato può riguardare esclusivamente l'attività relativa al fatto criminoso, non già le condotte dell'imputato successive al reato, specie quando queste debbano confluire, per dare luogo all'estinzione, in atti e documenti, anche con fede pubblica (Cass. III, n. 18772/2006). Quando l'estinzione del reato viene in rilievo in appello, promosso dal pubblico ministero avverso sentenza di assoluzione, la sentenza di improcedibilità può essere pronunziata esclusivamente ove l'appello sia ritenuto fondato (Cass. V, n. 19268/2015), dal momento che altrimenti prevale l'assoluzione.

Concorrenza tra diverse formule di proscioglimento

In tema di delibazione di prevalenza tra le diverse formule di proscioglimento potenzialmente concorrenti, la giurisprudenza ha opportunamente precisato che la declaratoria di improcedibilità per estinzione del reato prevale su quella di non punibilità per particolare tenuità del fatto, dal momento che la seconda lascia inalterato l'accertamento di illiceità del fatto nella sua materialità, antigiuridicità e colpevolezza (Cass. I, n. 43700/2021; Cass. VI, n. 11040/2016) e prevale altresì sulla sentenza di assoluzione per insufficienza o contraddittorietà della prova, pronunziata ai sensi del capoverso dell'art. 530, ad eccezione del caso in cui sia necessario statuire sulle richieste della parte civile e del caso in cui sia ritenuto infondato l'appello proposto dal pubblico ministero avverso sentenza di assoluzione, quando si sia nelle more verificata la causa estintiva del reato (Cass. S.U., n. 35490/2009; Cass. IV, n. 55519/2018).

Va inoltre precisato che la proposizione del ricorso della parte civile non è idonea ad instaurare un valido rapporto processuale anche per gli aspetti penali del giudizio, sicché, ove nelle more del procedimento sia sopravvenuta la prescrizione del reato e l'impugnazione dell'imputato sia stata giudicata inammissibile, non può dichiararsi l'estinzione del reato (Cass. III, n. 12025/2020).

Interesse ad impugnare

Qualora sia stata pronunciata sentenza di improcedibilità per estinzione del reato, la parte civile non ha interesse ad impugnarla, poiché la sua partecipazione al procedimento penale, comportando esclusivamente la coltivazione della domanda di restituzione e risarcimento danni, rimane estranea al rapporto tra pubblico ministero, che esercita l'azione penale, ed imputato (Cass. II, n. 15821/2019);  l'imputato vi ha interesse esclusivamente laddove abbia rinunziato alla causa estintiva rilevata (Cass. II, n. 17102/2011); il pubblico ministero non ha interesse ad impugnare una sentenza di assoluzione per ottenere la declaratoria di estinzione del reato (Cass. VI, n. 45330/2009) e il responsabile civile vi ha interesse esclusivamente se essa abbia pronunziato statuizioni circa le richieste formulate dalla parte civile (Cass. IV, n. 37992/2008).

È stato superato l'orientamento secondo cui la sentenza che dichiari l'estinzione del reato per prescrizione, confermando le statuizioni civili della sentenza impugnata, non è suscettibile di revisione: le S.U., pronunciandosi in argomento, hanno affermato che è ammissibile, sia agli effetti penali che agli effetti civili, la revisione, richiesta ai sensi dell'art. 630, comma 1, lett. c), della sentenza del giudice dell'appello che, decidendo anche sull'impugnazione ai soli effetti delle disposizioni e dei capi concernenti gli interessi civili, in applicazione della disciplina dettata dall'art. 578 c.p.p., abbia prosciolto l'imputato per l'intervenuta prescrizione del reato, e contestualmente confermato la sua condanna al risarcimento del danno nei confronti della parte civile (Cass. S.U., n. 6141/2019).

Le cause di estinzione del reato-indicazione

Le cause di estinzione del reato sono disciplinate dagli articoli 150-170 c.p.: morte del reo, amnistia, remissione accettata della querela, prescrizione, oblazione, sospensione condizionale della pena, sospensione del procedimento con messa alla prova, perdono giudiziale per i minori; sussistono poi cause di estinzione disciplinate da leggi penali speciali, ad esempio in materia edilizia, ambientale, antiinfortunistica. In tutti i casi in cui sia offerta prova, anche semipiena purché non consistente in astratta allegazione, della sopravvenienza di una di tali cause di estinzione del reato, deve essere pronunziata sentenza di improcedibilità. La prova semipiena della sussistenza di una delle citate cause di estinzione del reato mal si attaglia all’amnistia, alla remissione di querela, all’oblazione, alla messa alla prova, sicché in linea generale ove di tali cause di estinzione non sia fornita prova piena, dovrà ritenersi assolutamente mancante la prova medesima, non già sussistente un principio di prova sufficiente a fondare un dubbio che imponga la pronunzia di sentenza di improcedibilità (Lozzi, 603).

Estinzione del reato ed innocenza

Il presupposto negativo della pronunzia di sentenza di improcedibilità per estinzione del reato è che non risulti evidente che il fatto non sussiste o l’imputato non lo ha commesso o non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato. Deve dunque ritenersi che laddove tale evidenza sussista, deve essere pronunziata sentenza di assoluzione e non già sentenza di improcedibilità per estinzione del reato, in ossequio al generale principio di favore per l’imputato. Occorre segnalare che l’evidenza della prova impediente rispetto alla pronunzia di sentenza di improcedibilità per estinzione del reato non si estende a tutte le cause previste dall’art. 530 per la sentenza di assoluzione, dal momento che nell’elenco previsto dal capoverso dell’art. 129 non sono comprese l’assenza di imputabilità e la presenza di cause di non punibilità. Deve pertanto ritenersi che la pronunzia di sentenza di improcedibilità per estinzione del reato non sia impedita dalla presenza di prova, anche evidente, circa la non imputabilità  dell’imputato o la presenza di cause di non punibilità, ma solo dalla prova evidente della carenza di materialità del fatto, di colpevolezza dell’imputato, di antigiuridicità del fatto, di incriminazione della fattispecie sia all’epoca del fatto sia all’epoca della pronunzia della sentenza

Il significato dell’evidenza della prova

L’evidenza della prova è prevista dall’art. 129, norma che applica il principio di economia processuale imponendo al giudice di fermare al più presto, con sentenza ufficiosa di proscioglimento pronunziata in ogni stato e grado del giudizio, processi sicuramente destinati ad un esito favorevole per l’imputato. In questo spirito legislativo, il concetto di evidenza della prova dell’insussistenza del fatto, dell’assenza del nesso causale, dell’assenza di colpevolezza, di antigiuridicità o di incriminazione del fatto, deve individuarsi nella presenza agli atti del giudizio di prova positiva ed attendibile di tali circostanze, oppure nell’assenza di prova contraria, prevedibilmente non acquisibile.

La S.C. ha precisato che in presenza di una causa estintiva del reato, il giudice può pronunciare sentenza di assoluzione "ex" art. 129, comma II, soltanto nei casi in cui le circostanze idonee ad escludere l’esistenza del fatto, la sua rilevanza penale ovvero la non commissione del medesimo da parte dell’imputato emergano dagli atti in modo assolutamente incontestabile; la "evidenza" richiesta dall’art. 129, comma 2, presuppone, infatti, la manifestazione di una verità processuale così chiara, manifesta ed obiettiva da rendere superflua ogni dimostrazione, concretizzandosi in qualcosa di più di quanto la legge richiede per l’assoluzione ampia  (Cass. II.,  n. 9174/2008).

Va pertanto esclusa dal concetto di evidenza della prova ogni ipotesi in cui esista un principio di prova di fondatezza dell’accusa. Se dunque il giudice ritenga sussistente tale principio di prova, dovrà pronunziare sentenza di improcedibilità per estinzione del reato, mentre laddove tale  principio manchi del tutto o sia totalmente smentito dalla prova positiva dell’infondatezza dell’accusa, dovrà pronunziare sentenza di assoluzione.

Casistica

La dichiarazione di improcedibilità preclude la condanna dell'imputato al pagamento delle spese processuali (Cass. IV, n. 6792/2014).

La sentenza di non doversi procedere per estinzione del reato, resa in udienza pubblica dopo il controllo della costituzione delle parti e prima dell'apertura del dibattimento, non è qualificabile come sentenza predibattimentale: ne consegue che il P.M. può appellarla e, in presenza dei presupposti di cui all'art. 539, può appellarla anche l'imputato; pertanto, in caso di appellabilità della sentenza, il ricorso immediato in cassazione per violazione di legge costituisce ricorso "per saltum", cosicchè, se il suo accoglimento comporta l'annullamento con rinvio, il giudice di rinvio è individuato in quello che sarebbe stato competente per l'appello (Cass. II, n. 673/2020).

All'esito del giudizio d'appello proposto dall'imputato avverso la sentenza di primo grado di non doversi procedere per estinzione del reato per prescrizione, il proscioglimento nel merito, in caso di contraddittorietà o insufficienza della prova, non prevale rispetto alla dichiarazione immediata di una causa di non punibilità (Cass., IV, n. 55519/2018).

Bibliografia

Lozzi, Lezioni di procedura penale, Milano, 2013.

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