Codice di Procedura Penale art. 532 - Provvedimenti sulle misure cautelari personali.

Donatella Perna

Provvedimenti sulle misure cautelari personali.

1. Con la sentenza di proscioglimento, il giudice ordina la liberazione dell'imputato in stato di custodia cautelare [284-286] e dichiara la cessazione delle altre misure cautelari personali [280-283, 287-290, 312, 313, 530 4] eventualmente disposte [300 1, 306].

2. La stessa disposizione si applica nel caso di sentenza di condanna che concede la sospensione condizionale della pena [300 3; 163 c.p.].

Inquadramento

L'art. 532 impone che con la sentenza di proscioglimento e con quella di condanna a pena condizionalmente sospesa, il giudice dichiara la liberazione dell’imputato che si trovi in stato di custodia cautelare, nonché la cessazione delle altre misure cautelari eventualmente disposte.

Le sentenze di proscioglimento

Nell’ambito delle sentenze di proscioglimento si ricomprendono sia quelle di assoluzione, che quelle di non doversi procedere per mancanza di una condizione di procedibilità, originaria o sopravvenuta, o per estinzione del reato. In tali casi, la permanenza dell'applicazione di misura cautelare personale è naturalmente priva di senso, sicché l'imputato va immediatamente liberato, se in custodia cautelare, oppure sollevato dagli obblighi e dai divieti imposti in esecuzione di misure cautelari personali diverse.

Si è rilevato in dottrina che la norma in commento presenta dei problemi di coordinamento con gli artt. 530 comma 4 e 300 comma 2, laddove questi consentono l’applicazione della misura di sicurezza, anche detentiva, in caso di proscioglimento; si è pertanto ritenuto che la disposizione in esame possa produrre i suoi effetti solo per le situazioni in cui la pronuncia di assoluzione si ponga in rapporto di incompatibilità logico-giuridica con la prosecuzione della misura di sicurezza, con esclusione delle situazioni in cui siffatto provvedimento rafforzi, invece, la valutazione che stava già alla base della applicazione della misura, come nel caso di assoluzione di soggetto non imputabile considerato socialmente pericoloso (MARZADURI).

La condanna a pena sospesa

Nel caso in cui il giudice pronunzi condanna, ma ordini la sospensione condizionale della pena, egli opera una prognosi secondo cui il condannato si asterrà dal commettere in futuro ulteriori reati, cosicchè le misure cautelari personali, che si basano invece sul pericolo di reiterazione criminosa, devono cessare immediatamente: ove sia stata applicata la custodia cautelare, carceraria o domiciliare, deve essere ordinata la liberazione del condannato; ove siano state applicate misure d'obbligo o di divieto, deve essere dichiarata la cessazione dei loro effetti obbligatori o proibitivi.

La giurisprudenza ha precisato che l'ordinanza, contestuale alla sentenza, con la quale è dichiarata la cessazione dell'efficacia della misura cautelare, è immediatamente impugnabile innanzi al tribunale per il riesame (Cass. V, n. 18779/2015).

L'omissione della dichiarazione di cessazione

Qualora il giudice ometta di dichiarare, nel dispositivo della sentenza, cessati gli effetti delle misure cautelari personali e di ordinare la liberazione dell'imputato sottoposto a custodia cautelare, il provvedimento può essere assunto, senza che ricorra alcuna nullità, anche successivamente, con separato provvedimento, dallo stesso giudice, fino a che il fascicolo sia depositato presso la sua cancelleria, ed in séguito dal giudice d'appello o dell'esecuzione, dal momento che la tutela della libertà personale, costituzionalmente garantita, prevale sull'assenza di norma processuale che specifichi quali siano le conseguenze dell'omessa dichiarazione della cessazione dell'efficacia delle misure cautelari personali.

L'immediata esecuzione della revoca delle misure personali

Diversamente dai capi della sentenza che riguardano le statuizioni di merito, l'ordine di immediata liberazione e di cessazione degli effetti delle misure d'obbligo è immediatamente esecutivo e non deve attendere l'irrevocabilità della sentenza. È obbligo del giudice assicurare, attraverso la cancelleria, l'immediata comunicazione della liberazione o della revoca agli organi competenti per l'esecuzione — l'istituto di custodia o la polizia giudiziaria delegata per i controlli.

L’art. 154 bis disp. att. regola le modalità di attuazione della liberazione dell’imputato prosciolto, disponendo che esso sia immediatamente liberato dopo la lettura del dispositivo in udienza, se non detenuto per altra causa, e sia accompagnato – separatamente dagli altri soggetti da tradurre – presso l’istituto penitenziario, per il disbrigo delle pratiche burocratiche conseguenti alla liberazione; su sua richiesta, l’imputato prosciolto e rimesso formalmente in libertà, può anche recarsi presso l’istituto penitenziario senza accompagnamento. In ogni caso è vietato l’uso di mezzi di coercizione fisica.

I limiti

La revoca delle misure cautelari personali attiene esclusivamente al reato in ordine al quale sia stata pronunziata la sentenza di proscioglimento o di condanna a pena condizionalmente sospesa. Ne consegue che qualora l'imputato, nella stessa sentenza, sia condannato a pena non condizionalmente sospesa in ordine ad altri fatti, la revoca della misura cautelare ha effetto ai soli fini dell'annotazione, limitatamente ai reati per cui è stata pronunziata sentenza favorevole. Altrettanto dicasi con riferimento all'ipotesi in cui l'imputato risulti sottoposto a custodia cautelare per altra causa, cioè giusta ordinanza cautelare applicata in un altro e diverso procedimento.

Casistica

In tema di riparazione per ingiusta detenzione, va riconosciuta, sulla base di un'interpretazione sistematica dell'art. 314, comma 2, l'ingiustizia formale della detenzione patita dal soggetto sottoposto a misura custodiale per un reato per il quale sia stato condannato a pena condizionalmente sospesa, in relazione all'intera durata della misura, se eseguita successivamente alla detta sentenza di condanna, ovvero al periodo di mantenimento in regime custodiale successivo alla sentenza stessa (Cass. IV, n. 17192/2017). Nella fattispecie la Corte ha annullato con rinvio l'ordinanza della corte d'appello che aveva rigettato l'istanza del ricorrente in relazione al periodo di custodia cautelare sofferto successivamente alla condanna irrevocabile a pena sospesa, ed ha affermato che il compito di impedire che la misura custodiale, emessa nel corso del procedimento, venga eseguita o mantenuta successivamente all'emissione di una sentenza di condanna a pena sospesa, in assenza del provvedimento di cui all'art. 300, comma 3, non può essere posto a carico delle Forze dell'Ordine o dell'Amministrazione Penitenziaria, come, invece, sostenuto dalla corte territoriale, in quanto spetta esclusivamente all'autorità giudiziaria.

Bibliografia

Spangher, Atti processuali penali, Torino, 2013.

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