Codice di Procedura Penale art. 549 - Norme applicabili al procedimento davanti al tribunale in composizione monocratica.1Norme applicabili al procedimento davanti al tribunale in composizione monocratica.1 1. Nel procedimento davanti al tribunale in composizione monocratica, per tutto ciò che non è previsto nel presente libro o in altre disposizioni [159, 160, 162; 163-bis att.], si osservano le norme contenute nei libri che precedono, in quanto applicabili.
[1] Il libro VIII del codice, comprendente gli articoli da 549 a 567, è stato interamente sostituito dall'art. 44 l. 16 dicembre 1999, n. 479. InquadramentoPer effetto delle modifiche introdotte dalla l. n. 479/1999, il procedimento davanti al tribunale in composizione monocratica si articola in due diversi moduli processuali: a ) il primo – instaurato dalla richiesta di rinvio a giudizio – è modellato secondo i passaggi del rito davanti al tribunale collegiale; b ) il secondo – introdotto dal decreto di citazione a giudizio, formato dal pubblico ministero – si caratterizza per la mancanza dell'udienza preliminare. Si è, in tal modo, conservata la distinzione, già passata indenne al vaglio della giurisprudenza costituzionale (cfr. Corte cost. n. 22/1995), tra fattispecie (ritenute di maggiore complessità perché più gravi, prevalentemente in relazione al trattamento sanzionatorio) per le quali è necessaria la garanzia del controllo giurisdizionale sul rinvio a giudizio (e, pertanto, lo svolgimento dell'udienza preliminare), e fattispecie (meno gravi e, pertanto, compatibili con un rito semplificato) che tale esigenza non presentano. La dottrina ha, a ragione osservato, in proposito, che «un generalizzato recupero dell'udienza preliminare nell'ambito di un sistema processuale caratterizzato da un eccessivo carico di affari e da una dilatazione eccessiva dei tempi di definizione, avrebbe finito fatalmente per aumentarne le inefficienze, con conseguente effetto moltiplicatore del “rischio prescrizione”. Proprio l'attenzione agli aspetti dell'efficienza è alla base della scelta di limitare l'udienza preliminare ai casi in cui essa può essere davvero necessaria, escludendola per le fattispecie di reati minori» (Fidelbo, 69). La norma generale di cui all'art. 549 (che apre il libro VIII del codice) richiamando, attraverso un rinvio ad hoc, le norme contenute nei libri precedenti, opera come raccordo tra la disciplina dettata per il procedimento davanti al tribunale monocratico e quella per il tribunale collegiale. In particolare, l'art. 549, in attuazione della direttiva di cui all'art. 1 comma 1 lett. e) l. n. 81/1987, stabilisce che nel procedimento davanti al tribunale in composizione monocratica, per tutto ciò che non è previsto nel libro VIII del codice di rito o in altre disposizioni, si osservano le norme contenute nei libri I-VII del codice, in quanto applicabili: si tratta di «una disposizione di chiusura, funzionale ad evitare che in questo modello procedimentale possano verificarsi vuoti di disciplina. [...] In assenza di una disposizione derogativa, trovano applicazione, in base all'art. 549, le disposizioni generali che regolano istituti analoghi, con il limite del criterio interpretativo della “compatibilità” (la norma parla di “applicabilità”)» (Fidelbo-Gallucci, 310); costituisce, infatti, principio generale dell'ordinamento «quello secondo cui il rinvio ad un complesso di norme va sempre inteso nei limiti in cui le norme richiamate attraverso il rinvio risultino compatibili con la natura e la struttura della fattispecie destinata ad essere disciplinata attraverso il rinvio» (Beltrami, 48). Le incisive modifiche apportate dalla l. n. 479/1999 al «vecchio rito pretorile» hanno significativamente ridotto le «distanze» tra il rito monocratico e quello collegiale, e non consentono di ritenere che quello monocratico costituisca rito a se stante rispetto all'altro: la dottrina ha, in proposito, osservato che con le riforme introdotte dalla l. n. 479/1999 si è avuto «un tendenziale avvicinamento dei due moduli processuali, riducendo quelle differenziazioni che non si giustificano più in relazione ad una distribuzione degli affari che vede attribuite al giudice singolo fattispecie di reato qualitativamente e quantitativamente significative. Il nuovo assetto delle “competenze” interne al tribunale legittima una scelta di politica giudiziaria favorevole ad adottare un modulo processuale tendenzialmente omogeneo» (Fidelbo, 69). Il rito monocratico risulta, nel suo complesso, disciplinato: a ) dalle norme di cui al libro VIII del c.p.p. (artt. 549-559); b ) dalle altre «disposizioni» evocate dall'art. 549, tra le quali vanno ricordate le disposizioni di attuazioni dedicate al rito (artt. 157-163-ter) e le norme relative all'applicazione delle sanzioni sostitutive delle pene detentive brevi (artt. 53-72 l. n. 689/1981); c ) dalle norme che regolano il procedimento dinanzi al tribunale in composizione collegiale, in quanto applicabili (libri I-VII c.p.p.), pure richiamate dall'art. 549, e che hanno carattere residuale, essendo la loro applicazione, subordinata alla duplice condizione: c. 1) che la materia di volta in volta in questione non sia regolata da una delle prime due fonti; c. 2) che le norme che regolano il procedimento dinanzi al giudice collegiale siano compatibili, sotto il profilo strutturale, con il procedimento dinanzi al giudice monocratico. Le indagini preliminariLa fase delle indagini preliminari nel rito monocratico è regolata dalle stesse disposizioni che la regolano nel rito collegiale, sia con riguardo ai termini, sia con riguardo al subprocedimento previsto per la proroga di essi, con l'eccezione delle disposizioni speciali previste per i casi in cui si proceda per i reati di cui agli artt. 589 c.p. (per il quale è, inoltre, prevista una disciplina ad hoc anche quanto ai termini di presentazione della richiesta di rinvio a giudizio previa celebrazione dell'udienza preliminare) e 590 c.p. (si rinvia, in proposito, sub artt. 405 e 416). La dottrina (Fidelbo-Gallucci, 312) ha evidenziato che si applicano al rito monocratico, tra le altre, le previsioni generali di cui all'art. 54-quater (in tema di verifica della competenza nel corso delle indagini preliminari), all'art. 415-bis c.p.p. (in tema di avviso all'indagato della conclusione delle indagini preliminari), ed agli artt. 392 ss. (in tema di incidente probatorio, ricomprendendo tutti i casi: « ne consegue che l'incidente probatorio perde il carattere di originalità che aveva originariamente nel processo pretorile, in attuazione, peraltro, della direttiva n. 103 della legge delega per il nuovo codice di procedura penale, che prevedeva la possibilità di incidenti probatori solo in casi eccezionali »). Il subprocedimento di archiviazione Anche il subprocedimento di archiviazione relativo ai reati in ordine ai quali si procede con rito monocratico è regolato (questa volta, senza eccezioni) dalle stesse disposizioni previste con riguardo ai reati in ordine ai quali si procede con rito collegiale. Il G.i.p. cui sia stata richiesta l'emissione del decreto di archiviazione, si trova di fronte all'alternativa di provvedere in conformità, ovvero restituire gli atti al p.m. per la formulazione dell'imputazione coatta: « costituisce, pertanto, atto abnorme la sentenza con la quale il predetto giudice prosciolga l'indagato ai sensi dell'art 129 c.p.p. » (Cass. V, n. 111/2000). In caso di opposizione della persona offesa alla richiesta di archiviazione per un reato suscettibile di azione mediante citazione diretta ai sensi dell'art. 550, « il giudice, salva l'eventualità che l'opposizione stessa debba essere dichiarata inammissibile, non può deliberare de plano l'accoglimento della richiesta formulata dal pubblico ministero, dovendosi procedere mediante fissazione di udienza camerale secondo il combinato disposto degli artt. 409 e 410, norme richiamate “in quanto applicabili” dalle disposizioni generali per il procedimento davanti al tribunale in composizione monocratica (art. 549 c.p.p. » (Cass. IV, n. 6500/2003 e Cass. I, n. 30270/2003, per la quale « è abnorme il provvedimento con cui il G.i.p., che non ritenga di accogliere la richiesta di archiviazione del p.m., ordini a quest'ultimo de plano di formulare l'imputazione senza fissare udienza in camera di consiglio per provvedere in contraddittorio con la persona offesa »). Nell'ipotesi in cui il G.i.p. — respinta la richiesta di archiviazione — ordini di formulare l'imputazione per un reato ricompreso tra quelli per i quali, ai sensi dell'art. 550, si deve procedere con citazione diretta a giudizio, il p.m. ha l'obbligo di emettere decreto di citazione a giudizio a norma dell'art. 552, e non deve restituire gli atti al g.i.p. perché fissi l'udienza preliminare, come è invece previsto dell'art. 409, comma 5 (Cass. VI, n. 22138/2002: nella fattispecie, è stata ritenuta legittima la restituzione degli atti al p.m. che aveva richiesto al G.i.p., dopo avere formulato l'imputazione, di fissare l'udienza preliminare; conforme, Cass. V, n. 22670/2004). In tal caso, infatti, la legge non prevede alcuna deroga espressa rispetto ai criteri generali per la distinzione fra procedimenti con udienza preliminare e procedimenti a citazione diretta, né tale schema procedimentale priva l'imputato della facoltà di domandare una verifica della propria posizione prima del rinvio a giudizio, essendo comunque doverosa la notificazione dell'avviso di conclusione delle indagini ex art. 415-bis (Cass. V, n. 20563/2014: in applicazione del principio, la S.C. ha ritenuto l'abnormità dell'ordinanza del giudice del dibattimento che aveva dichiarato la nullità dell'avviso di conclusione indagini e del decreto di citazione a giudizio emessi dal pubblico ministero senza richiesta di previa fissazione dell'udienza preliminare). Sarebbe abnorme il provvedimento con il quale il G.i.p., a seguito dell'opposizione della parte offesa alla richiesta di archiviazione, disponga, senza fissare l'udienza camerale, che il p.m. formuli l'imputazione coatta nei confronti degli indagati ed invii ai predetti l'avviso ex art. 415-bis, c.p.p. dovendo il G.i.p. limitarsi a fissare l'udienza camerale o a dichiarare inammissibile l'opposizione (Cass. IV, n. 20215/2007: la S.C. ha precisato che l'avviso ex art. 415-bis non è dovuto, poiché il procedimento de quo prevede che il contraddittorio sia anticipatamente assicurato proprio dall'udienza camerale; conformi, Cass. V, n. 28571/2007 e Cass. IV, n. 48033/2009). Con riguardo al procedimento dinanzi al giudice di pace, si è ritenuto non abnorme il provvedimento con il quale il giudice di pace — rigettata la richiesta di archiviazione e restituiti gli atti per la formulazione dell'imputazione al p.m., il quale, a sua volta, li abbia ritrasmessi al giudice in adempimento della richiesta — li restituisca nuovamente all'organo dell'accusa perché autorizzi la polizia giudiziaria a citare il soggetto nei cui confronti l'imputazione sia stata formulata: « detto provvedimento, infatti, non si configura come impositivo dell'esercizio di un potere di impulso processuale, ma come restitutorio di un potere autorizzativo dell'iniziativa meramente materiale della chiamata in giudizio, in relazione alla riformulata imputazione, riservata per scelta legislativa alla polizia giudiziaria » (Cass. V, n. 28717/2005 e Cass. II, n. 29595/2006). Questioni di costituzionalità È stata ritenuta la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 409, comma 5, 415-bis e 552, comma 2, c.p.p., censurato, in riferimento agli artt. 24, 101 e 112 Cost., nella parte in cui prevede che, nei reati a citazione diretta — in esito a richiesta di archiviazione, avanzata dal p.m. oltre la scadenza dei termini di indagine e non accolta dal g.i.p. — il pubblico ministero, richiesto di formulare dal giudice l'imputazione, debba provvedere a tale adempimento ed alla successiva emissione del decreto che dispone il giudizio senza il previo invio, all'indagato, dell'avviso di conclusione delle indagini preliminari di cui all'art. 415-bis, per l'avvenuta scadenza del termine delle stesse. La Corte costituzionale (Corte cost. ord. n. 460/2002) ha osservato che « la lettera della legge è chiara nell'affermare che l'avviso in questione — la cui funzione è chiaramente quella di assicurare una fase di “contraddittorio” tra indagato e p.m., in ordine alla completezza delle indagini — deve essere notificato soltanto nell'ipotesi in cui il pubblico ministero non debba “formulare richiesta di archiviazione ai sensi degli artt. 408 e 411” del codice di rito e cioè quando intenda coltivare una prospettiva di esercizio dell'azione penale che giustifichi detta fase e uno specifico ius ad loquendum dell'indagato. Nella specie, invece, il contraddittorio stesso trova necessariamente sede nell'udienza in camera di consiglio che il giudice è tenuto a fissare, per cui, ove la citazione diretta sia imposta dal giudice, va esclusa qualsiasi nullità derivante dal mancato avviso di conclusione delle indagini ex art. 415-bis [c.p.p.] e, conseguentemente, la lesione dei parametri invocati ». Le giurisdizioni speciali
La giurisdizione militare La giurisprudenza ha ritenuto che al processo penale militare non si estendono — nel silenzio della legge di riforma ordinamentale e processuale sull'istituzione del giudice unico di primo grado — le novellate disposizioni contenute nel libro VIII del codice di procedura penale sul procedimento davanti al tribunale in composizione monocratica, in quanto dal principio di complementarità di cui all'art. 261 c.p.mil.p. non può impropriamente desumersi l'esistenza di un meccanismo di automatica operatività, nel processo militare, delle regole generali del diritto processuale comune, salvo che nell'ipotesi di palese e radicale incompatibilità della disposizione speciale derogatoria con le linee-guida del modello accusatorio e con l'opzione garantistica in tema di libertà personale, cui risulta ispirato il nuovo sistema processuale in riferimento ai valori fondamentali espressi nella Carta costituzionale. Ne consegue che il tribunale militare continua a giudicare, nella fase dibattimentale, in composizione collegiale mista, con l'intervento di due giudici togati e di un membro laico, ufficiale delle Forze armate di grado almeno pari a quello dell'imputato, il cui apporto qualificato nel ruolo di esperto della vita e dell'ambiente militare, quantunque non vincolato costituzionalmente, è stato ritenuto dal legislatore, con scelta discrezionale non irragionevole, opportuno e non altrimenti surrogabile nel giudizio (Cass. I, n. 4488/2000). BibliografiaBELTRANI, Il dibattimento penale monocratico, Torino, 2003; CORBETTA, Il procedimento dinanzi al tribunale in composizione monocratica, in AA.VV., Il processo penale dopo la riforma del giudice unico, a cura di PERONI, Padova, 2000, 589; FELICI, Esiste un termine per le indagini preliminari nel rito a citazione diretta?, in Cass. pen. 2005, 2450; FIDELBO, Con l’udienza preliminare il monocratico acquista le garanzie del rito collegiale, in Dir. giust. 2000, n. 2, 69; FIDELBO-GALLUCCI, Sub art. 549, in Codice di procedura penale. Rassegna di giurisprudenza e di dottrina, diretta da LATTANZI-LUPO, VI, Agg. 2003-2007, (artt. 465-567), a cura di D’ANDRIA-FIDELBO-GALLUCCI, Milano, 2008, 307; GARUTI, Imputazione “coatta” e reati perseguibili mediante citazione diretta a giudizio, in Dir. pen e proc. 2002, 1397; GARUTI, Il procedimento per citazione diretta a giudizio, in Trattato di procedura penale, diretto da UBERTIS-VOENA, XXXVI.1, Milano, 2003; NUZZO, Nel caso di imputazione “coatta” il diritto di difesa è garantito: non è necessario l’avviso ex art. 415-bis c.p.p., in Cass. pen. 2003, 1170; RIVIEZZO, Giudice unico e processo penale, in Cass. pen. 1998, 3495; RIVIEZZO, Il procedimento davanti al tribunale in composizione monocratica, in AA.VV., Il nuovo processo penale davanti al giudice unico, Milano, 2000, 189; RUGGIERI, Il procedimento davanti al tribunale monocratico, in AA.VV., Giudice unico e garanzie difensive. La procedura penale riformata, 2000, 39; SIRACUSANO, L’udienza di comparizione e il dibattimento avanti al giudice monocratico, in AA.VV., Le recenti modifiche al codice di procedura penale, II, Le innovazioni in tema di giudizio, a cura di PIERRO, Milano, 2000, 67; SPANGHER, Urge modificare le norme del procedimento pretorile, in Dir. pen e proc. 1998, 366; VELE, Avviso di conclusione delle indagini e imputazione “coatta”, in Cass. pen. 2006, 132; VERGINE, Invalidità del decreto di citazione diretta a giudizio e interferenze sulla costituzione di parte civile, in Dir. pen e proc. 2007, 1058. |