Codice di Procedura Penale art. 553 - Trasmissione degli atti al giudice dell'udienza di comparizione in predibattimentale 1 2 3 .
1. Il pubblico ministero forma il fascicolo per il dibattimento [431] e lo trasmette al giudice , unitamente al fascicolo del pubblico ministero e al decreto di citazione immediatamente dopo la notificazione4.
[1] Rubrica modificata dall'art. 32, comma 1, lett. c), n. 2, d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 che ha sostituito la parola «predibattimentale» alle parole «in dibattimento». Per l'entrata in vigore delle modifiche disposte dal citato d.lgs. n. 150/2022, vedi art. 99-bis, come aggiunto dall'art. 6, comma 1, d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, conv., con modif., in l. 30 dicembre 2022, n. 199. [2] Il libro VIII del codice, comprendente gli articoli da 549 a 567, è stato interamente sostituito dall'art. 44 , comma 1, l. 16 dicembre 1999, n. 479. [3] Articolo sostituito dall'art. 2, comma 1, d.lgs. 22 giugno 1990, n. 161. La Corte Cost., con sentenza 15 aprile 1992, n. 174, aveva dichiarato l'illegittimità costituzionale del secondo comma nella versione precedente alla sostituzione ad opera del d.lgs. n. 479, cit., nelle parti in cui prevedeva che il giudice potesse prorogare il termine per le indagini preliminari solo "prima della scadenza" del termine stesso. [4] Comma modificato dall'art. 32, comma 1, lett. c), n. 1, d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 che ha sostituito la parola «predibattimentale» alle parole «in dibattimento». Per l'entrata in vigore delle modifiche disposte dal citato d.lgs. n. 150/2022, vedi art. 99-bis, come aggiunto dall'art. 6, comma 1, d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, conv., con modif., in l. 30 dicembre 2022, n. 199. InquadramentoNel caso in cui si sia proceduto con citazione diretta a giudizio da parte del P.M., ai sensi dell'art. 550 c.p.p., l'art. 553 prevede che il pubblico ministero formi il fascicolo per il dibattimento (inserendovi gli atti indicati dall'art. 431, norma applicabile nel procedimento dinanzi al giudice monocratico in virtù del generale richiamo di cui all'art. 549: per i singoli atti suscettibili di essere inseriti nel fascicolo, si rinvia, amplius, al commento dell'art. 431), trasmettendolo al giudice, unitamente al fascicolo del pubblico ministero ed al decreto di citazione (come specificato dall'art. 32, comma 1, lett. c) della c.d. “riforma Cartabia” – d.lgs. n. 150 del 2022, in vigore dal 30/12/2022, per i decreti emessi a partire da tale data, in applicazione del principio tempus regit actum, in difetto sul punto di una normativa transitoria ad hoc), immediatamente dopo la notificazione; nel fascicolo va inserito anche il decreto di citazione, pure se non ancora notificato, in considerazione dell'effetto interruttivo della prescrizione che immediatamente (anche a prescindere dalla notificazione) deriva dalla sua emissione (cfr. sub art. 552). Nonostante il mancato rinvio all'art. 432, deve ritenersi che vadano trasmessi al giudice, unitamente al fascicolo del dibattimento, anche i provvedimenti che abbiano disposto misure cautelari in corso di esecuzione (limitatamente alla parte dispositiva): invero, al tribunale in composizione monocratica spetta, ai sensi dell'art. 91 disp. att. c.p.p., la decisione sugli incidenti cautelari nel corso della fase degli atti preliminari al dibattimento. Ed anzi, lo stesso art. 432 appare lacunoso, nella parte in cui non prevede la trasmissione anche di eventuali provvedimenti modificativi di misure cautelari in corso di applicazione (in caso contrario, infatti, il giudice del dibattimento non potrebbe avere notizia dell'applicazione di misure cautelari meno afflittive di quella in origine applicata), e, più in generale, di tutti i provvedimenti applicativi ed estintivi di misure cautelari (anche se l'applicazione delle stesse sia cessata, residua la necessità, per il giudice del dibattimento, di conoscerne la precedente applicazione, onde eventualmente provvedere, all'esito del dibattimento, sulle spese di custodia cautelare). La giurisprudenza ha, in proposito, precisato che la generica declaratoria di utilizzabilità di tutti gli atti contenuti nel fascicolo del dibattimento, compresa l'ordinanza di custodia cautelare che sia stata trasmessa unitamente al fascicolo per il dibattimento ai sensi dell'art. 432, non seguita da un'effettiva utilizzazione ai fini della decisione di detta ordinanza, né come argomento, né come elemento di prova, non esercita «alcuna influenza sulla formazione del convincimento di responsabilità da parte del giudice di merito e, conseguentemente, sulla decisione di condanna» (Cass. II, 16 giugno 1993, F. ed altro, in Guariniello, 181). In questi casi, la formazione del fascicolo del dibattimento appartiene, quindi, alla competenza funzionale del pubblico ministero: proprio tale competenza funzionale del p.m., unitamente alla mancata previsione della possibilità che la formazione del fascicolo avvenga in contraddittorio, accentua le differenze tra i casi nei quali si procede con citazione diretta a giudizio da parte del p.m. ed i casi in cui la citazione avviene all'esito dell'udienza preliminare da parte di un giudice terzo (« per questa seconda eventualità sono state introdotte garanzie prima non ipotizzate » exart. 431: Marzaduri, 75). In dottrina si è osservato che « la diversa disciplina non altera decisivamente la “parità delle armi” tra accusa e difesa, ed appare ben compatibile con le esigenze di maggior semplificazione, inversamente proporzionali alla gravità delle fattispecie per le quali è possibile procedere con citazione diretta a giudizio da parte del P.M.: invero, se da un lato la possibilità che si formi il consenso delle parti ad un'acquisizione extra ordinem (non è eliminata, bensì) è spostata “in avanti” alla prima udienza di comparizione (cfr. art. 555, comma 4), dall'altro, la parte che intenda dolersi di un'allegazione indebita di atti nel fascicolo del dibattimento potrà, comunque, attivarsi per eccepire la questione ex art. 491, comma 2, (senz'altro applicabile, in forza del generale rinvio di cui all'art. 549 c.p.p.), rimettendone la decisione al giudice; inoltre, il potere-dovere del giudice di non utilizzare ai fini della decisione (anche a prescindere dall'eccezione di parte) gli atti comunque inseriti indebitamente nel fascicolo (cfr. art. 526), conferma la rilevanza marginale della diversità di rito » (Beltrani, 73). Appare tuttora valido l'orientamento a parere del quale il mancato inserimento, nel fascicolo del giudice del dibattimento, di atti contenenti prove a carico dell'imputato non comporta alcuna nullità del decreto di citazione a giudizio, sia perché non prevista — in regime di tassatività — dall'art. 552, comma 2, o da altre norme del vigente codice di rito, sia perché la formazione ed acquisizione della prova è, nell'attuale sistema processuale, riservata alla fase del giudizio, nel corso del quale il giudice può — ai sensi dell'art. 507 — disporre, anche d'ufficio, l'assunzione di nuovi mezzi di prova ed, a maggior ragione, l'acquisizione di prove regolarmente assunte nella fase delle indagini preliminari (Cass. III, n. 2556/1997: nella specie, relativa a rigetto di ricorso, la Corte ha osservato che il mancato, tempestivo inserimento, nel fascicolo del dibattimento, dei risultati delle analisi effettuate, su richiesta degli indagati e nel rispetto delle garanzie di difesa, in sede di revisione, non aveva inciso in alcun modo sull'esercizio del diritto degli imputati di chiedere alcuno dei riti alternativi previsti dalla legge, in quanto, fra l'altro, la ritenuta mancanza di prove a carico ben avrebbe dovuto indurre gli stessi a chiedere il giudizio abbreviato allo stato degli atti). Si è anche osservato che, appartenendo la formazione del fascicolo per il dibattimento alla competenza funzionale del P.M., se il giudice dibattimentale monocratico restituisce gli atti al P.M. al solo scopo di consentirgli il predetto adempimento, non compie un atto abnorme, ma provvede ad eliminare la lacuna rilevata nel modo più conforme al nuovo sistema processuale, che vuole che — nei casi in cui si procede con citazione diretta a giudizio da parte del P.M. — sia riservata proprio al P.M. la formazione del fascicolo in questione; né la restituzione degli atti allo stesso p.m. al solo fine indicato attua un illegittimo regresso del procedimento ad una fase ormai irrevocabilmente superata, a causa dell'emissione del decreto di citazione per il giudizio, perché il P.M. è legittimato esclusivamente al compimento dell'adempimento richiesto; dopo di che, il procedimento sarà restituito nella medesima situazione nella quale si trovava e nella fase cui era validamente pervenuto in base all'originario decreto di citazione e con le richieste di prove testimoniali già demandate tempestivamente dal p.m. ed in ipotesi già ammesse, senza possibilità d'ingresso di nuove richieste (argomenta da Cass. III, n. 5124/1990). La restituzione degli atti al p.m.Per le tematiche inerenti alla rinnovazione della citazione in dibattimento ex art. 143 disp. att. c.p.p., si rinvia sub art. 552. Un orientamento ha ritenuto non abnorme il provvedimento del giudice dibattimentale il quale disponga la restituzione degli atti al pubblico ministero nel caso risultino del tutto omesse le attività di notificazione del decreto di citazione a giudizio previste dall'art. 553: « la regola generale in tema di citazione a giudizio fissata dall'art. 484 comma 2-bis c.p.p. (attraverso il rinvio all'art. 420-quater e, da questo, all'art. 420, comma 2), è che il giudice, tanto collegiale quanto monocratico, dopo aver provveduto agli accertamenti relativi alla costituzione delle parti, deve ordinare la rinnovazione degli avvisi, delle citazioni, delle comunicazioni e delle notificazioni di cui dichiara la nullità e l'ordine è rivolto alla propria cancelleria e non al giudice per le indagini preliminari o al pubblico ministero. Diverso è invece il caso limite in cui l'ufficio del pubblico ministero omette l'attività di notificazione. In questo caso, infatti, la trasmissione degli atti al giudice del dibattimento avviene in violazione dell'art. 553 e si giustifica la restituzione degli atti stessi al pubblico ministero perché curi lo svolgimento dell'attività indebitamente omessa » (Cass. VI, n. 21167/2007; conforme, Cass. III, n. 6460/2008). È stata considerata abnorme l'ordinanza con la quale il tribunale monocratico, in un caso di citazione diretta a giudizio, aveva disposto non farsi luogo all'udienza, con contestuale restituzione degli atti al P.M., assumendo che, in violazione dell'art. 553, il fascicolo per il dibattimento (unitamente ad altri 96, fissati per la stessa udienza) era stato trasmesso dal p.m. lo stesso giorno dell'udienza, e perciò in tempi tali da non consentire il puntuale inizio della medesima, senza, peraltro, rilevare né dichiarare alcuna invalidità dell'esercizio dell'azione penale (Cass. VI, n. 16711/2003). La pendenza del procedimento avente ad oggetto reati procedibili a citazione direttaUna acuta giurisprudenza di merito (Trib. Roma, 7 gennaio 2003, Giur. merito 2003, 1212), con riguardo all'interpretazione di norme recanti modifiche della competenza territoriale, in ragione dell'istituzione di nuove sedi giudiziarie, ha osservato che — essendo l'azione penale irretrattabile, ed essendo irrevocabile il decreto di citazione a giudizio già emesso — non può dubitarsi del fatto che nel rito monocratico a citazione diretta il giudizio “penda” irrevocabilmente dinanzi al giudice del dibattimento ogniqualvolta il pubblico ministero abbia emesso (con data certa certificata dalla segreteria) decreto di citazione diretta completo di data d'udienza richiesta ex art. 160 disp. att. c.p.p., seppure non ancora notificato e formalmente depositato: « poiché non sussiste un termine iniziale entro il quale il pubblico ministero debba necessariamente passare in notifica il decreto di citazione a giudizio, e potendo il fascicolo essere trasmesso al giudice ex art. 554 c.p.p. solo “dopo la notificazione”, il ritenere che il processo sia “pendente” dinanzi al giudice del dibattimento, con gli effetti del caso sulla competenza, solo con la ricezione da parte di questi del fascicolo del dibattimento significa interpretare la norma nel senso che consente in tutta una serie di casi al pubblico ministero di scegliersi arbitrariamente il giudice, ritardando o anticipando la notifica del decreto e la trasmissione degli atti al giudice ». 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