Codice di Procedura Penale art. 568 - Regole generali.Regole generali. 1. La legge stabilisce i casi nei quali i provvedimenti del giudice sono soggetti a impugnazione [591] e determina il mezzo con cui possono essere impugnati. 2. Sono sempre soggetti a ricorso per cassazione, quando non sono altrimenti impugnabili, i provvedimenti con i quali il giudice decide sulla libertà personale [309-311] e le sentenze [111 Cost.], salvo quelle sulla competenza che possono dare luogo a un conflitto di giurisdizione o di competenza a norma dell'articolo 28. 3. Il diritto di impugnazione spetta soltanto a colui al quale la legge espressamente lo conferisce. Se la legge non distingue tra le diverse parti, tale diritto spetta a ciascuna di esse. 4. Per proporre impugnazione è necessario avervi interesse [591]1. 4-bis. Il pubblico ministero propone impugnazione diretta a conseguire effetti favorevoli all'imputato solo con ricorso per cassazione2. 5. L'impugnazione è ammissibile indipendentemente dalla qualificazione a essa data dalla parte che l'ha proposta. Se l'impugnazione è proposta a un giudice incompetente, questi trasmette gli atti al giudice competente. [1] La Corte cost., con sentenza n. 111, del 5 maggio 2022, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente comma « in quanto interpretato nel senso che è inammissibile, per carenza di interesse ad impugnare, il ricorso per cassazione proposto avverso sentenza di appello che, in fase predibattimentale e senza alcuna forma di contraddittorio, abbia dichiarato non doversi procedere per intervenuta prescrizione del reato». [2] Comma inserito dall'articolo 1, comma 1, d.lgs. 6 febbraio 2018, n. 11. InquadramentoNorma di sistema, l'articolo 568 detta le regole generali in tema di impugnazioni (tassatività di casi e mezzi, titolarità del potere, ricorrenza dell'interesse) e ne sottindende la nozione. L'attribuzione del potere di impugnare la decisione (in tutto o in parte) sfavorevole va ricollegata, in via logica e storica, alla fallibilità dei giudizi (CORDERO, 1112) e ciò sia in rapporto a potenziali difetti di osservanza della meccanica procedimentale (vitia in procedendo) che in riferimento a vizi logici in tema di attività ricostruttiva del fatto o di ricostruzione del significato delle norme applicabili (vitia in iudicando). I tradizionali rimedi, rimessi alla iniziativa della parte interessata, sono la denunzia di vizio procedimentale non sanato (querela nullitatis) e la domanda di nuovo giudizio in fatto o in diritto (appellatio) correlata alla pretesa ingiustizia della decisione. Le attuali fisionomie dei mezzi di impugnazione ordinari - appello e ricorso per cassazione - realizzano entrambe tali esigenze attraverso una diversa regolamentazione dell'effetto devolutivo, posto che in caso di appello la domanda della parte - necessariamente specifica su capi e punti - trasferisce al giudice di secondo grado il potere di riesaminare nel merito l'intero tema proposto (v. sub art. 597 comma 1) , mentre la cognizione della Corte di Cassazione è tendenzialmente limitata (salvi i casi di questioni rilevabili di ufficio in ogni stato e grado del processo o aspetti di ius superveniens) all' apprezzamento del motivo proposto (v. sub art. 609 comma1). Ciò non toglie che anche in sede di appello sia proponibile la mera denunzia di vizio procedimentale, con potenziale effetto rescindente lì dove sia rilevata, in determinati casi, una nullità o un vizio radicale di instaurazione del giudizio (v. sub art. 604). Pur nella diversità dell'assetto tipologico, dunque, i mezzi di impugnazione hanno natura comune (traducendosi in decisioni autoritative emesse da un giudice superiore, in esito all'esame della ammissibile doglianza della parte) il che giustifica la previsione di regole generali, come quelle dettate dal legislatore agli artt. 568-592. La regola di tassatività e tipicità espressa dalla norma qui in esame - relativa alla necessaria previsione ex lege dei casi e mezzi di impugnazione - va peraltro contemperata con la presa d'atto dell'esistenza di un istituto di derivazione giurisprudenziale, rappresentato dalla abnormità. In taluni casi, infatti, si ritiene impugnabile, con ricorso per cassazione, il provvedimento giurisdizionale, formalmente non assoggettato a rimedi, lì dove sussista un radicale vizio della decisione, paragonabile alla carenza di potere, in astratto o in concreto, tale da determinare una indebita regressione del procedimento o una stasi non rimediabile del medesimo. Per dettato costituzionale (art. 111 comma 7) sono sempre ricorribili per cassazione - per violazione di legge - le sentenze e i provvedimenti sulla libertà personale (anche se emessi in forma di ordinanza). Non può dirsi, pertanto, espressamente riconosciuto in Costituzione il doppio grado di giurisdizione di merito, fermo restando che l'articolo 14 comma 5 del Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici approvato dall' Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 16 dicembre 1966 prevede come inderogabile la rivedibilità in seconda istanza delle decisioni affermative di responsabilità ed analoga regola è contenuta nell'articolo 2 del Protocollo n.7 CEDU. Vi è pertanto, sia pure limitatamente alla posizione del condannato, una evidente ricaduta interna di tali principi di diritto internazionale e convenzionale, con rilievo costituzionale mediato ai sensi degli artt. 10 e 117 Cost. La qualità di parte non determina di per sè il sorgere della facoltà di impugnare, essendo necessaria una previsione normativa espressa, pur se risultano previste norme facoltizzanti in via generale. L'interesse ad impugnare va inteso nel senso della concreta e pratica utilità per l'impugnante derivante, in ipotesi, dall'accoglimento della doglianza proposta. Circa tale aspetto, va rappresentato che la particolare regola di legittimazione di cui all'art. 77 r.d. n.12/1941 (ord. giud.), e succ. mod. (Il pubblico ministero, nei casi e nelle forme stabiliti dalle leggi di procedura, può proporre ricorso per cassazione nell'interesse della legge, ed impugnare per revocazione le sentenze civili, nonché chiedere la revisione delle sentenze penali) è stata di recente inserita nel testo del codice di rito (art. 568 comma 4 bis), tramite la novellazione apportata con il d.lgs. n.11 del 6 febbraio 2018 (in GU n.41 del 19 febbraio 2018). In particolare, si è precisato che in tal caso l'impugnazione - destinata a produrre effetti favorevoli all'imputato- può avvenire esclusivamente con ricorso per cassazione. Si tratta di una disposizione che consente di derogare, in campo penale, alla ordinaria ripartizione delle facoltà processuali (basata sulla identificazione dell'imputato come unico soggetto inciso dal provvedimento e titolare del potere di impugnare), nel senso che l'organo pubblico può, con tale strumento, impugnare una decisione che ha riconosciuto fondata la tesi di accusa, lì dove ravvisi un vizio, al fine di emendare un possibile errore giudiziario (v. art. 24 comma 4 Cost.; di recente v. Cass. III n. 48581/2016). Appare opportuno l'inserimento della disposizione nel testo del codice di rito, essenzialmente per ragioni di ordine sistematico, in virtù della incidenza della norma sulla regola generale della tassatività. Non vi è reale portata innovativa della disposizione, atteso che già l'art.77 ord.giud. individuava il mezzo di impugnazione nel ricorso per cassazione. Il legislatore, inoltre, ritiene non vincolante la qualificazione attribuita dalla parte all'atto di impugnazione - in caso di erroneità della medesima - ritenendo possibile (in quanto espressione del favor impugnationis) la conversione del mezzo di impugnazione, non esperibile, in quello previsto dalla legge, sempre che il contenuto dell'atto soddisfi le condizioni di ammissibilità di quest'ultimo. In tal caso, gli atti relativi al giudizio di impugnazione vanno trasmessi al giudice competente ex lege. Analogamente, lì dove il vizio di indicazione riguardi esclusivamente la competenza territoriale e non funzionale, si provvede al mantenimento in essere della impugnazione con trasmissione degli atti all'autorità competente. Sono mezzi di impugnazione ordinari quelli che il legislatore prevede avverso provvedimenti giurisdizionali a contenuto decisorio idonei a incidere su diritti soggettivi del destinatario e non dotati del carattere della irrevocabilità, mentre i mezzi di impugnazione straordinari sono, in determinati casi, esperibili avverso decisioni definitive (la revisione, il ricorso straordinario per errore materiale o di fatto, la rescissione del giudicato). In considerazione della ampia portata del problema, è opportuno immediatamente rilevare che, secondo la giurisprudenza, ai fini dell'individuazione del regime applicabile in materia di impugnazioni, in presenza di un fenomeno di successione di leggi nel tempo, ed in difetto di specifiche disposizioni transitorie, l'applicazione del principio tempus regit actum impone di far riferimento - quanto alla individuazione della stessa facoltà di impugnazione - al momento di emissione del provvedimento impugnato e non già a quello della proposizione dell'impugnazione (Cass. S.U., n. 27614/2007; conformi, Cass. I, n. 53011/2014, Cass, n. 5697/2015, e Cass. n. 18789/2015, alle quali si rinvia per le specifiche applicazioni, tutte in materia di impugnazioni di provvedimenti assunti dalla magistratura di sorveglianza). Si è tuttavia precisato (Cass. I n. 5774/2016) che in caso di modifica di norme interne alla procedura di impugnazione il principio tempus regit actum impone di fare riferimento al concreto «segmento procedurale» interessato dalla modifica normativa. Sul tema, dopo le modifiche apportate con legge numero 103 del 23 giugno 2017 sono di recente intervenute le Sezioni Unite della Cassazione, sia pure attraverso un obiter , nella decisione Cass. S.U., n. 8914/2018. In particolare, occupandosi dell'avvenuta abolizione della facoltà di proporre ricorso personale per cassazione (aspetto che formava oggetto della rimessione alle S.U., su cui è stata ribadita la portata generale della riforma, con esclusione di ricorribilità per cassazione con atto personale anche nell'ipotesi di cui all'art. 311 c.p.p.) si è precisato che la titolarità del diritto di proporre impugnazione resta dell'imputato (legittimazione) anche se le modalità di esercizio del diritto (jus postulandi) sono state variate, con attribuzione esclusiva al difensore della facoltà di redigere e sottoscrivere l'atto. Da ciò è derivata la conclusione per cui non si tratta di una 'variazione dell'an' (ossia di una soppressione della facoltà di impugnare in quanto tale) ma del quomodo (ossia delle modalità di proposizione dell'atto). La ricaduta di tale inquadramento sul profilo della successione di leggi nel tempo è quella per cui la nuova norma regolatrice si applica anche nella ipotesi di provvedimento emesso prima del 3 agosto 2017 (data di entrata in vigore della legge n.103/2017) lì dove il sorgere della facoltà di impugnazione (con notifica dell'avviso di deposito) sia posteriore al 2 agosto del 2017. Viene pertanto ripresa dalle S.U. la distinzione già realizzata in taluni arresti posteriori alle modifiche apportate al regime delle impugnazioni cautelari dalla legge n. 47 del 2015 (v. Cass. I n. 5774/2016). L'interesse ad impugnareL'impugnazione può essere proposta solo da chi vi abbia interesse, perché patisce uno svantaggio o un danno a causa del provvedimento e può ricevere un legittimo vantaggio dall'accoglimento dell'impugnazione, sicché l'interesse ad impugnare va valutato in base al concetto penalistico di utilità concreta e legittima e non già al concetto civilistico di soccombenza (Cass. S.U., n. 51515/2018; Cass. S.U., n. 6624/2012; Cass. S.U., n. 10372/2005; Cass. S.U., n. 42/1995), secondo una precisa scelta legislativa ben individuata dalla migliore dottrina (Cordero, 1102). La sussistenza dell'interesse, peraltro, va valutata con riferimento alla prospettazione contenuta nell'atto d'impugnazione e non già alla effettiva fondatezza del ricorso, che costituisce valutazione distinta e logicamente successiva (Cass. S.U. n.28911/2019). La carenza di interesse può essere originaria o sopravvenuta. Quest'ultima si configura allorché, a fronte di un interesse sussistente al momento della proposizione del gravame, siano sopravvenute e sussistano al momento della decisione circostanze di fatto idonee a determinare la cessazione di tale interesse, o perché l'utilità ricercata sia stata conseguita, o perché non sia più concretamente e legittimamente conseguibile, nel qual caso l'impugnazione è inammissibile (Cass. S.U., n. 6624/2012). In materia di libertà personale, la permanenza dell'interesse - in ipotesi di intervenuta revoca o inefficacia del titolo cautelare - è correlata, in prospettiva, alla normativa in tema di ingiusta detenzione (art. 314 comma 2). Tuttavia la volontà di ottenere, pur in presenza di tali fatti sopravvenuti, la pronunzia del giudice della impugnazione, deve risultare da specifica deduzione formulata dall'interessato o da procuratore speciale (Cass. S.U. n. 7931/2011). In materia di sequestro si è ritenuto che l'avvenuta restituzione della cosa sequestrata determina carenza sopravvenuta di interesse (Cass. S.U., n. 18253/2008). L'interesse deve dunque consistere nella concreta possibilità di perseguire un risultato vantaggioso (Bargis, 917). L'interesse del pubblico ministero In applicazione dei citati principi, il pubblico ministero ha interesse ad impugnare per garantire l'esatta applicazione della legge processuale esclusivamente nel caso in cui l'impugnazione sia concretamente idonea a rimuovere effetti pregiudizievoli derivanti dal provvedimento impugnato, così perseguendo un risultato non solo teoricamente corretto ma anche praticamente favorevole (Cass. S.U., n. 29529/2009;Cass. S.U., n. 9616/1995; Cass. S.U., n. 42/1995; Cass. III, n. 38544/2015; Cass. VI, n. 6181/2009), anche in favore dell'imputato (Cass. S.U., n. 6203/1993); v. sul tema quanto precisato in sede di inquadramento, in relazione alla modifica normativa di cui all'art. 1 comma 1 del d.lgs. n. 11/2018. Coerentemente, il pubblico ministero non ha interesse a impugnare la sentenza di proscioglimento dell'imputato per estinzione del reato dovuta a remissione di querela tacitamente accettata allorché, quando risulti che la persona offesa abbia avuto notificazione della sentenza, essa non l'abbia impugnata autonomamente, perché in tal caso l'effetto estintivo si è consolidato e l'impugnazione non può dunque più conseguire alcuna utilità (Cass. S.U., n. 27610/2011). Nemmeno ha interesse ad impugnare la sentenza di assoluzione perché il fatto non costituisce reato ove intenda pervenire alla diversa formula per cui il fatto non sussiste, dato che il pubblico ministero è estraneo ai rapporti civili ed amministrativi tra le parti private; il p.m. non è legittimato ad impugnare un provvedimento all'esclusivo fine di tutelare gli interessi civili della parte privata, né a surrogarsi all'eventuale inerzia di quest'ultima che rimanga acquiescente alla decisione a sé pregiudizievole, consentendo il formarsi del giudicato sul punto (Cass. I n.14174/2018; Cass. VI, n. 43952/2015). Il pubblico ministero ha altresì interesse a proporre ricorso immediato per cassazione avverso sentenza affetta da nullità per carenza grafica della motivazione, che non risulta cioè affatto estesa, quando si tratti di sentenza di assoluzione, sia pure nell'obiettiva impossibilità di articolare motivi di censura (Cass. I, n. 48655/2015; Cass. V, n. 43035/2015; Cass. V, n. 20344/2015). Il pubblico ministero ha invece interesse, in materia cautelare, ad impugnare l'ordinanza con cui il tribunale del riesame, pur confermando l'applicazione della misura cautelare, escluda una circostanza aggravante ad effetto speciale, determinando l'applicazione di un termine di durata della custodia cautelare di minore estensione (Cass. II, n. 32655/2015). Sempre in tema cautelare le Sezioni Unite, (Cass. S.U., n.19214/2020) hanno precisato che in caso di pronunzia emessa dal Tribunale del riesame contenente declaratoria di incompetenza del GIP emittente la misura e contestuale annullamento (per assenza delle particolari condizioni di applicabilità di cui all’art. 291 comma 2 cpp) del titolo genetico, sussiste l’interesse del pubblico ministero a proporre ricorso per cassazione lì dove non venga contestata la declaratoria di incompetenza ma venga contestata l’assenza dei presupposti per l’applicazione provvisoria della misura ai sensi dell’art.27 (v. anche sub art. 311). Va ritenuto inammissibile, per difetto di interesse, il ricorso per cassazione con il quale il pubblico ministero deduca profili di carenza nell'accertamento dei fatti in ordine a pronuncia assolutoria adottata dal giudice di secondo grado con la formula "perché il fatto non sussiste", quando la causa estintiva della prescrizione del reato era già intervenuta in epoca antecedente all'emissione della sentenza di primo grado, atteso che il mezzo di impugnazione deve perseguire un risultato non solo teoricamente corretto, ma anche praticamente favorevole; né la mera presenza delle parti civili, che non abbiano impugnato la sentenza d'appello, determina l'operatività dell'art. 578, atteso il contenuto assolutorio delle sentenze di primo e secondo grado (Cass. I n.2209/2018; Cass. II n. 24458/2018). Sul tema è stato tuttavia osservato (Cass. VI n. 2025/2019) che pur in presenza di maturazione della prescrizione può ravvisarsi l'interesse del pubblico ministero ad impugnare la sentenza di assoluzione in presenza di ragioni esterne al processo obiettivamente riconoscibili (ad esempio l'avvenuta sottoposizione del soggetto assolto a custodia cautelare, con volontà dell'impugnante di inibire la riparazione per ingiusta detenzione conseguente al passaggio in giudicato della pronunzia assolutoria). L'interesse dell'indagato, dell'imputato e del condannato La giurisprudenza ha affermato che la facoltà di attivare i procedimenti di gravame non è assoluta e indiscriminata, ma è subordinata alla presenza di una situazione in forza della quale il provvedimento del giudice risulta idoneo a produrre la lesione della sfera giuridica dell'impugnante e l'eliminazione o la riforma della decisione gravata rende possibile il conseguimento di un risultato vantaggioso. In altri termini, la legge processuale non ammette l'esercizio del diritto di impugnazione avente di mira la sola esattezza teorica della decisione, senza che alla posizione giuridica del soggetto derivi alcun risultato pratico favorevole, nel senso che miri a soddisfare una posizione oggettiva giuridicamente rilevante e non un mero interesse di fatto (Cass. S.U., n. 10372/1995). In applicazione di tali principi, si è sostenuto che l'imputato non ha interesse ad impugnare la sentenza di assoluzione, per non aver commesso il fatto, pronunziata per insufficienza o contraddittorietà della prova ai sensi dell'art. 530, secondo comma, perché l'accoglimento dell'impugnazione non potrebbe consistere in un provvedimento di maggior favore, a meno che egli non deduca che l'accertamento di specifiche circostanze di fatto contenuto nella motivazione della sentenza siano idonee a pregiudicare i suoi interessi nei giudizi civili o amministrativi di danno (Cass. S.U., n. 45276/2003; Cass. V, n. 49580/2014; Cass. III, n. 23485/2014; Cass. IV , n. 41369/2018). Medesimo principio si applica nel caso in cui l'imputato impugnante lamenti che la sentenza di assoluzione perché il fatto non costituisce reato avrebbe dovuto essere pronunziata per insussistenza del fatto, quando l'accertamento di fatto contenuto nella motivazione escluda effettivamente l'elemento oggettivo del reato, sicché è tale accertamento che farà stato nei giudizi civili o amministrativi di danno, e pertanto l'appello è inammissibile per carenza di interesse (Cass. VI, n. 6692/2015; Cass. VI, n. 49855/2013). In via generale la impugnazione dell'imputato avverso la sentenza di assoluzione perchè il fatto non costituisce reato, al fine di ottenere più ampia formula liberatoria è consentita (Cass. VI, n. 16843/2018). Specularmente, l'imputato ha interesse ad impugnare la sentenza di proscioglimento per prescrizione del reato, dal momento che ove l'impugnazione fosse accolta con pronunzia di sentenza di assoluzione nel merito, egli potrebbe giovarsene nei giudizi civili ed amministrativi di danno (Cass. V, n. 24300/2015). Analogamente, l'imputato ha interesse ad impugnare per cassazione la statuizione, contenuta nella sentenza di assoluzione perché il fatto non è previsto dalla legge come reato, con il quale è disposta la trasmissione degli atti all'autorità amministrativa, dal momento che a seguito di tale trasmissione l'autorità amministrativa può infliggere le sanzioni amministrative previste dalla normativa sopravvenuta in sostituzione delle sanzioni penali (Cass. S.U., n. 25457/2012). L'imputato non ha invece interesse a impugnare l'accertamento di circostanze aggravanti relative a reato satellite unificato in continuazione (Cass. VI, n. 47498/2015) o dichiarate subvalenti rispetto alle circostanze attenuanti (Cass. II, n. 38697/2015; Cass. III; n. 3214/2015; Cass. III, n. 16717/2011; Cass. I, n. 16398/2008), sebbene su tale ultimo punto sussista un robusto orientamento contrario ( v. Cass. I n.9019/2024, Cass. I, n. 35429/2014; Cass. I, n. 27826/2013; Cass. VI, n. 19188/2013; Cass. VI, n. 3174/2012; Cass. V, n. 37095/2009), salvo che il riconoscimento della circostanza aggravante rechi specifici svantaggi all'imputato, come nel caso in cui sia ostativa alla concessione di benefici (Cass. IV, n. 45353/2010).Di recente si è precisato – sul punto - che sussiste l'interesse dell'imputato alla impugnazione finalizzata ad ottenere l'esclusione di una circostanza aggravante, pur non incidente sulla misura della pena, che inerisca alla quantità e qualità della condotta criminosa e alla personalità dell'agente (Cass. I n. 38822/2022). In senso analogo, si è ritenuto sussistente l'interesse ad impugnare la sentenza che abbia riconosciuto l'esistenza della recidiva, anche nel caso in cui non ne sia conseguito alcun aumento di pena in ragione del giudizio di prevalenza delle attenuanti (Cass. V n. 24622/2022). L'indagato ha altresì interesse ad impugnare l'ordinanza che applichi misure cautelari nei suoi confronti, anche se essa sia stata revocata o dichiarata inefficace o sostituita con misura non custodiale (Cass. S.U., n. 26795/2006), nel caso in cui deduca specificamente il proprio interesse ad utilizzare il positivo esito dell'impugnazione a fondamento della futura richiesta di riparazione per l'ingiusta detenzione, e dunque a condizione che censuri la ritenuta sussistenza dei gravi indizi o della ricorrenza dei presupposti previsti dall'art. 280, non già esclusivamente la carenza di esigenze cautelari (Cass. S.U., n. 7931/2011; Cass. S.U., n. 8388/2009). Per questo motivo, al contrario, l'indagato non ha interesse alla decisione sull'impugnazione della misura cautelare non custodiale nel frattempo revocata (Cass. S.U., n. 22/1993) né alla decisione sull'impugnazione del provvedimento cautelare reale, quando il bene sia stato nel frattempo restituito, nemmeno se sia stata ordinata l'esibizione di atti e documenti, poiché in tale caso non ricorrono i presupposti per alcun genere di riparazione e l'ordine di esibizione è autonomo rispetto al provvedimento cautelare e di per sé non impugnabile (Cass. S.U., n. 18253/2008), salvo che la restituzione sia stata disposta nei confronti di una persona diversa dal possessore del bene al momento dell'esecuzione del sequestro (Cass. V, n. 34552/2014). In materia di misure cautelari reali, inoltre, il coindagato ha interesse ad impugnare il sequestro preventivo finalizzato alla confisca che riguardi i beni dei coindagati, perché esso potrebbe essere esteso ai suoi beni (Cass. VI, n. 38302/2015), e più in generale l'indagato che non sia formalmente titolare dei beni sequestrati ha interesse ad impugnare il decreto di sequestro quando deduca che i beni siano di sua proprietà sebbene fittiziamente intestati a terzi (Cass. II, n. 17852/2015; Cass. III n. 9947/2016). Sempre in materia cautelare, l'indagato ha interesse ad impugnare l'ordinanza cautelare in relazione anche ad uno soltanto tra i reati per i quali la misura è stata applicata (Cass. S.U., n. 7/1993; Cass. I, n. 1067/2000; Cass. I, n. 4038/1995), mentre egli perde interesse ad una decisione sull'impugnazione tendente a sostenere l'intervenuta scadenza del termine di custodia cautelare nel caso in cui sopravvenga, prima di tale decisione, sentenza irrevocabile di condanna a pena detentiva superiore alla custodia cautelare già sofferta, perché in tal caso la liberazione, che è il vantaggio al quale tende l'impugnazione, è preclusa dall'inizio dell'esecuzione della pena (Cass. S.U., n. 31524/2004; Cass. I, n. 33913/2015). Egli conserva invece interesse alla decisione circa l'impugnazione dell'ordinanza di proroga del termine di fase di custodia cautelare anche quando sopravvenga il provvedimento che determini il mutamento di fase, perché quest'ultimo può computarsi esclusivamente se non sia spirato il termine della fase precedente, con conseguente interesse dell'indagato alla liberazione per scadenza del termine di fase ora per allora (Cass. S.U., n. 33541/2001; Cass. S.U., n. 26350/2002). L'imputato ha inoltre interesse ad impugnare per cassazione la sentenza con cui il giudice d'appello dichiari nulla la sentenza di primo grado e restituisca gli atti al primo giudice per un nuovo giudizio (Cass. S.U., n. 29529/2009; Cass. S.U., n. 2477/1992; Cass. VI, n. 34828/2009; Cass. V, n. 2027/2003), nel caso in cui la sentenza dichiarata nulla contenesse statuizioni o prospettazioni più favorevoli per l'imputato rispetto a quelle contenute nella sentenza d'appello che ha dichiarato la nullità; pertanto, l'imputato ha interesse ad impugnare una riqualificazione del fatto in senso più grave ma non una pronunzia che dichiari la nullità per ragioni squisitamente processuali (Cass. IV, n. 11228/2015; Cass. IV, n. 51751/2014; Cass. II, n. 17879/2014; Cass. I, n. 9665/2014; Cass. VI, n. 26284/2013; Cass. V, n. 14366/2012; Cass. V, n. 22262/2011). L'imputato non ha invece interesse ad impugnare i provvedimenti conseguenti (cancellazione, ripristino, rinnovazione, riforma) alla dichiarazione di falsità dell'atto contenuta nella sentenza, dal momento che essi tendono alla tutela dei diritti dei terzi, non già dell'imputato (Cass. S.U., n. 20/1999). Sussiste altresì l'interesse dell'imputato, in presenza di potenziale controversia civile, ad impugnare la decisione emessa dal Giudice di Pace che dichiari, ai sensi dell'art. 34 d.lgs. n.274/2000, la improcedibilità per la particolare tenuità del fatto. Ciò perché ferma restando l'assenza di autorità di giudicato in sede civile - quanto alla sussistenza del fatto -, detta decisione non determina effetti preclusivi all'esercizio dell'azione civile e non è pertanto epilogo decisorio del tutto satisfattivo per l'imputato (Cass. V, 25786/2019). Sussiste l'interesse dell'imputato ad impugnare con ricorso per cassazione la sentenza di appello che abbia annullato quella di primo grado e disposto – ai sensi dell'art. 521 c.p.p. - la trasmissione degli atti al pubblico ministero (Cass. II n. 455/2022). Sussiste l'interesse dell'imputato a proporre ricorso per cassazione avverso la sentenza d'appello che, in fase predibattimentale e senza contraddittorio, abbia dichiarato non doversi procedere per estinzione del reato dovuta a prescrizione (Cass. V n.44417/2022). L'interesse della parte civile In applicazione dello stesso principio, la parte civile non ha interesse ad impugnare la sentenza censurandone esclusivamente la motivazione ma chiedendo la conferma del dispositivo (Cass. V, n. 1036/2015), né ha interesse ad impugnare la sentenza, anche predibattimentale (Cass. VI, n. 26819/2015), di proscioglimento dell'imputato pronunziata per difetto o remissione di querela o perché l'azione penale non doveva essere iniziata o proseguita per vincolo di precedente giudicato processuale, trattandosi di pronunzia meramente processuale che non determina alcun giudicato di merito o altro effetto pregiudizievole nell'ambito del giudizio civile (Cass. S.U., n. 35599/2012; Cass. II, n. 34724/2014). Coerentemente, la parte civile non ha interesse ad impugnare la sentenza che abbia assolto l'imputato, ricorrendo una causa di giustificazione, con l'erronea formula “il fatto non sussiste”, invece di utilizzare la corretta formula “il fatto non costituisce reato”, al solo di ottenere la modificazione della formula, dal momento che l'accoglimento dell'impugnazione non muterebbe l'effetto del giudicato, dal punto di vista del contenuto, sui giudizi civili o amministrativi di danno (Cass. S.U., n. 40049/2008). La parte civile, per le stesse ragioni, ha interesse ad impugnare la sentenza d'appello declaratoria di nullità della sentenza di primo grado per diversità del fatto esclusivamente ove deduca un concreto vantaggio che possa derivarle dall'accoglimento dell'impugnazione (Cass. IV, n. 11228/2015). In base allo stesso principio, nei procedimenti di competenza del giudice di pace, la parte civile non ha interesse ad impugnare né la sentenza di proscioglimento per difetto di querela (Cass. V, n. 36639/2005), né la sentenza pronunziata ai sensi dell'art. 35 d.lgs. n. 274/2000, perché quest'ultima si limita ad accertare la congruità della somma offerta quale riparazione ai fini dell'estinzione del reato e non produce pertanto alcuna efficacia di giudicato nel giudizio civile (Cass. S.U., n. 33864/2015; Cass. IV, n. 4610/2015; Cass. V, n. 30535/2014; Cass. IV, n. 46368/2014). Analogamente, il decreto pronunziato dal giudice di pace ex art. 26, comma 2, d.lgs. n. 274/2000, con cui sia dichiarato inammissibile il ricorso immediato per la citazione a giudizio proposto dalla persona offesa non è impugnabile per carenza di interesse, avendo contenuto interlocutorio e non decisorio, insuscettibile di pregiudicare i diritti delle parti (Cass. S.U., n. 36717/2008; Cass. IV, n. 51520/2013; Cass. V, n. 41212/2007; Cass. II, n. 2578/2006). È inammissibile per carenza di interesse il ricorso della parte civile avverso la sentenza di assoluzione con la formula "perché il fatto non costituisce reato", trattandosi di accertamento che non ha efficacia di giudicato nell'eventuale giudizio civile per le restituzioni e il risarcimento del danno (Cass. III n. 24589/2017; Cass. IV n. 18781/2019); vedi però la diversa opinione secondo cui sussiste l'interesse della parte civile ad impugnare, ai fini civili, la sentenza di assoluzione dell'imputato con la formula "perché il fatto non costituisce reato" (per mancanza dell'elemento psicologico), in quanto, ai sensi dell'art. 652 c.p.p., l'azione civile per il risarcimento del danno da fatto illecito è preclusa, oltre che nei casi in cui l'imputato sia stato assolto per non avere commesso il fatto o perché il fatto non sussiste, anche quando egli sia stato assolto perché il fatto non costituisce reato, data l'identità di natura e di intensità dell'elemento psicologico rilevante ai fini penali e a quelli civili, con la conseguenza che un'eventuale pronuncia del giudice civile che dovesse affermare la sussistenza di tale elemento, escluso o messo in dubbio dalla sentenza penale irrevocabile, si porrebbe in contrasto con il principio dell'unità della funzione giurisdizionale (Cass. V n. 9518/2016). Ed ancora, si è ritenuto sussistente l'interesse della sola parte civile a proporre appello avverso una sentenza che a seguito di accertamento del fatto e sua diversa qualificazione abbia prosciolto l'imputato per assenza di querela (sul reato diversamente qualificato). Ciò in rapporto alla possibilità di giovarsi della ricostruzione probatoria realizzata in sede penale e della diversa valutazione in termini di gravità del fatto (con ripristino della imputazione più grave originariamente contestata), ferma restando la impossibilità di raggiungere, in assenza della impugnazione del P.M., l'effetto di cui all'art.651 c.p.p. (Cass. II n. 29323/2019). Si è ritenuto sussistente l'interesse della parte civile a contraddire in sede di legittimità sulla ravvisabilità di circostanze attenuanti, in rapporto alla correlazione tra gravità del reato ed entità del patema d'animo sofferto (Cass. IV, n. 47782/2018). Si è altresì ritenuto sussistente l'interesse della parte civile ad impugnare la sentenza di condanna che abbia escluso la ricorrenza della circostanza aggravante di cui all'art.416bis1. c.p., in ragione della possibile incidenza di simile aggravante sulla quantificazione del danno morale da reato (Cass. II, n. 23970/2022). Quanto alla sentenza di proscioglimento per intervenuta prescrizione, le Sezioni Unite (Cass. S.U., n. 28911/2019) hanno affermato che è ammissibile la impugnazione proposta, ai soli effetti civili, avverso tale tipologìa di decisione, lì dove se ne deduca la erroneità, in riferimento a quanto previsto dall'art.576. È stato riconosciuto l'interesse della parte civile ad impugnare la sentenza del giudice di pace dichiarativa dell'improcedibilità per particolare tenuità del fatto contestato (ex art. 131-bis c.p.), viziata dall'erronea attribuzione ad esso di una qualificazione giuridica rientrante nella propria competenza (Cass. V, n. 7264/2016: fattispecie nella quale il fatto contestato, integrante gli estremi della diffamazione aggravata, era stato erroneamente qualificato come ingiuria). Sulla medesima linea interpretativa si colloca l'affermazione per cui sussiste l'interesse della parte civile ad impugnare la sentenza di non doversi procedere per particolare tenuità del fatto, pronunciata dal giudice di pace in assenza di attività istruttoria, in quanto il mancato accertamento del fatto, della sua rilevanza penale e della sua attribuibilità all'imputato comporta, ex art. 651-bis, che detta pronuncia non abbia efficacia di giudicato nel giudizio civile (Cass. V , n. 3784/2017). Non vi è interesse della parte civile ad impugnare la sentenza di proscioglimento per violazione del divieto di un secondo giudizio, trattandosi di pronuncia di carattere processuale che non determina pregiudizio al danneggiato (Cass. V n. 2679/2022). Casistica Quando la persona destinataria di un mandato di cattura internazionale, sia nell'ambito dell'applicazione del mandato di arresto europeo sia in sede di applicazione della ordinaria procedura estradizionale passiva, sia stata fisicamente consegnata allo Stato estero richiedente o mandante, essa perde interesse ad impugnare, anche per cassazione, i provvedimenti che riguardano la sua libertà personale adottati in relazione al procedimento estradizionale o di consegna, né alcun interesse può essere prospettato in relazione ad una futura richiesta di riparazione per l'ingiusta detenzione, trattandosi di misure esecutive di mandati di cattura emessi dallo Stato estero (Cass. S.U., n. 6624/2012). Analogamente, quando la persona richiesta in consegna abbia richiesto ed ottenuto dalla corte di appello la pronunzia di sentenza di rifiuto della consegna con contestuale ordine di espiazione della pena in Italia ai sensi dell'art. 18, lett. r, l. n. 69/2005, perde interesse ad impugnare essa sentenza, sia perché essa ha accolto la sua richiesta, sia perché, se anche la persona richiesta si sia riservata di richiedere allo Stato di emissione la revisione o la revoca della sentenza, la proposizione di tale incidente non è preclusa dal giudicato di riconoscimento della sentenza straniera ai fini dell'esecuzione in Italia, anche perché l'accoglimento dello stesso, privando la sentenza straniera di efficacia di giudicato, imporrebbe di disporre la consegna del ricorrente allo Stato di emissione (Cass. VI, n. 25909/2015; Cass. VI, n. 49084/2013). Il mandato di arresto europeo emesso dall'autorità giudiziaria italiana e trasmesso allo Stato estero richiesto, sia per la consegna sia per l'estensione della consegna di una persona che si trovi al di fuori del territorio nazionale, non è impugnabile, nemmeno per cassazione, in Italia, ma può essere impugnato esclusivamente innanzi all'autorità giudiziaria dello Stato estero richiesto (Cass. S.U., n. 30769/2012; Cass. VI, n. 45769/2007; Cass. VI, n. 18466/2007), mentre innanzi al giudice italiano può essere impugnato il provvedimento cautelare interno per la cui esecuzione all'estero è emesso il mandato di arresto europeo. Il ricorso per cassazione proposto avverso l'ordinanza di correzione di errore materiale, quando si censuri esclusivamente il fatto che essa sia stata assunta de plano, senza formalità, invece che nel contraddittorio delle parti, è ammissibile esclusivamente laddove il ricorrente deduca specifiche ragioni per le quali la sua audizione in contraddittorio avrebbe sortito esiti decisori a lui favorevoli (Cass. VI, n. 42622/2015), ragioni che vanno adeguatamente documentate (Cass. II, n. 4257/2015). I provvedimenti in materia di competenzaI provvedimenti in materia di competenza, di carattere negativo, che possono dare luogo a conflitto di giurisdizione o di competenza, non possono in generale venire impugnati (atteso che trattasi di provvedimenti con cui si declina la competenza in favore di altro giudice, con potenziale conflitto negativo immediatamente risolvibile), nemmeno per cassazione. In particolare è inoppugnabile, salvo che sia abnorme, il provvedimento con il quale il giudice per le indagini preliminari dichiari la propria incompetenza e restituisca gli atti al pubblico ministero, ai sensi dell'art. 22 (Cass. S.U., n. 42030/2014; Cass. VI, n. 9729/2014; Cass. I, n. 15792/2011). Resta ferma, anche in caso di questione di competenza proposta e respinta nel corso del giudizio per affermata titolarità del potere giurisdizionale da parte del giudice procedente - la proponibilità del vizio di incompetenza come motivo di impugnazione, in riferimento alle previsioni di legge di cui agli articoli 20/23. Si è di recente precisato, sul tema, che anche la decisione di incompetenza può, tuttavia, essere impugnata per abnormità, allorché si ponga al di fuori del sistema processuale e non consenta l'accesso allo strumento risolutivo del conflitto negativo di competenza (Cass. V, n. 1276/2019). I provvedimenti endoprocessuali in materie diverse dalla libertà personaleI provvedimenti endoprocessuali che non hanno né forma né contenuto di sentenza e non incidono direttamente sulla libertà personale non sono, salva espressa disposizione di legge, impugnabili nemmeno per cassazione. In particolare, è inoppugnabile il decreto di giudizio immediato, perché nessun controllo circa l'evidenza della prova, ulteriore rispetto a quello attribuito al giudice per le indagini preliminari, è previsto dalla legge, sicché da un lato nessuna impugnazione è consentita e d'altro lato il giudice del dibattimento può rilevare esclusivamente la nullità di ordine generale a regime intermedio che vizia il giudizio immediato nel caso in cui esso non sia stato preceduto da un valido interrogatorio o dall'invito a presentarsi (Cass. S.U., n. 42979/2014). Del pari, l'ordinanza di esclusione della parte civile è inoppugnabile, mentre l'ordinanza che denega la richiesta di esclusione della parte civile è impugnabile esclusivamente con la sentenza (Cass. S.U., n. 12/1999; Cass. V n.1391/2022), ma qualora la richiesta di esclusione venga accolta dal giudice dell'impugnazione, la parte civile ha diritto ad impugnarla per cassazione unitamente con la sentenza d'appello (Cass. IV, n. 4101/2013). Non è inoltre impugnabile il provvedimento con cui il giudice del dibattimento o dell'udienza preliminare, rilevando un difetto di notifica o altro vizio formale del procedimento nella fase delle indagini preliminari, dichiari nullo il decreto di citazione diretta a giudizio o la richiesta di rinvio a giudizio e disponga la restituzione degli atti al pubblico ministero (Cass. S.U., n. 25957/2009; Cass. II, n. 3738/2015; Cass. VI, n. 25810/2014; Cass. IV, n. 7377/2014; Cass. VI, n. 5151/2014; Cass. IV, n. 10664/2013; Cass. IV, n. 14579/2010), né il provvedimento con cui il giudice del dibattimento restituisca gli atti al giudice dell'udienza preliminare in conseguenza della rilevata nullità del decreto che dispone il giudizio (Cass. S.U., n. 17/1998), né il provvedimento con il quale il giudice per le indagini preliminari rigetti la richiesta di giudizio immediato custodiale (Cass. IV, n. 17700/2015), né l'ordinanza con cui il giudice per le indagini preliminari dispone la proroga del termine per le indagini preliminari, anche a seguito di opposizione (Cass. VI, n. 2468/1996; Cass. VI, n. 4416/1995; Cass. VI, n. 613/1995; Cass. I, n. 600/1995). Vi è contrasto sulla impugnabilità della decisione con cui ai sensi dell'art. 263 comma 3 e 676 comma 2 il giudice rimette la risoluzione della controversia al giudice civile in caso di controversia sulla proprietà delle cose sequestrate (o confiscate), con mantenimento temporaneo del sequestro, lì dove non vi siano esigenze probatorie di natura penale. A favore della non impugnabilità per la natura interlocutoria della decisione, tra le altre, Cass. II, n. 23662/2010 ; Cass. I n. 31088/2018 ; si è però ritenuto che in caso di controversia solo potenziale, non potendo l'istante ottenere immediata tutela in sede civile il provvedimento de quo va ritenuto impugnabile, anche al fine di sottoporre a verifica l'avvenuta delibazione della effettiva serietà della potenziale controversia, presupposto della omessa restituzione del bene (Cass. II, n. 26914/2013; Cass. I, n. 23333/2014). Non sono impugnabili le ordinanze interlocutorie emesse dal GUP su questioni preliminari o singole eccezioni, trattandosi di provvedimenti meramente interlocutori e strumentali rispetto alla emissione del decreto che dispone il giudizio (Cass. III n. 36372/2021); non è impugnabile il decreto che dispone il giudizio (Cass. III n. 33819/2021); non sono impugnabili le ordinanze istruttorie emesse dal giudice in sede di incidente probatorio (Cass. I n. 3317/2024).
Gli atti abnormiLa categoria dogmatica della abnormità è di creazione giurisprudenziale e sorge per porre rimedio a comportamenti procedimentali posti in essere dall'organo giudicante da cui derivino atti non altrimenti impugnabili - in virtù del principio di tassatività - ma espressivi, in concreto, di uno «sviamento» della funzione giurisdizionale, non più rispondente al modello previsto dalla legge. La lunga elaborazione sul tema (a partire dalle decisioni elaborate nella vigenza del codice del 1930, ove definiva abnorme il provvedimento che per la singolarità e stranezza del suo contenuto sta al di fuori non solo delle norme legislative ma dell'intero ordinamento processuale, tanto da doversi considerare imprevisto e imprevedibile dal legislatore) è stata riassunta e precisata dalla decisione Cass S.U., n. 25957/2009. L' abnormità strutturale va limitata al caso di esercizio da parte del giudice di un potere non attribuitogli dall'ordinamento processuale (carenza di potere in astratto) ovvero di macro-deviazione del provvedimento giudiziale rispetto al proprio modello legale, nel senso di esercizio di un potere astrattamente previsto dall'ordinamento, ma in concreto esercitato del tutto al di fuori dei casi consentiti ed al di là di ogni ragionevole limite (carenza di potere in concreto). L'abnormità funzionale, è invece, da inviduarsi nel caso di stasi del processo e di impossibilità di proseguirlo e va limitata all'ipotesi in cui il provvedimento giudiziario imponga al pubblico ministero il compimento di un atto nullo (rilevabile come tale nel corso futuro del procedimento). Non può pertanto, secondo tale recente orientamento, ritenersi abnorme l'atto semplicemente erroneo (perchè frutto di valutazioni in fatto o in diritto non condivisibili) lì dove la decisione sottostante risulti espressione di un potere conferito all'organo giudicante dalla legge (ad esempio il potere di dichiarare una nullità, pur se - in tesi - male esercitato), se non nel caso in cui la copertura del modello legale risulti solo apparente, essendo stato emesso al di fuori dei casi consentiti e al di là di ogni ragionevole limite. Inoltre, va realizzata, in caso di abnormità funzionale, l'analisi delle conseguenze dell'atto in questione, che potrà dirsi abnorme solo ove imponga il compimento di una ulteriore attività viziata sì da porre in pericolo l'equilibrio funzionale del procedimento e la stessa nozione di processo come «serie ordinata» di atti tendenti alla stabilità della sua conclusione. Da tali considerazioni deriva una visibile linea interpretativa che, in tempi recenti, porta a restringere l'ambito applicativo della categoria della abnormità. In tale direzione si pone, Cass. S.U. n. 20569/2018, intervenuta sul potere del giudice per le indagini preliminari, investito di richiesta di emissione del decreto penale di condanna, di restituire gli atti al pubblico ministero perchè l'organo pubblico di accusa valuti la possibilità di chiedere l'archiviazione del procedimento per la particolare tenuità del fatto ai sensi dell'art.131-bis c.p. L'esercizio di siffatto potere è stato ritenuto possibile senza che ciò possa dar luogo ad abnormità della decisione provvisoria. Si è, in particolare, riaffermato che. la categoria dell'abnormità presenta carattere eccezionale e derogatorio al principio di tassatività dei mezzi d'impugnazione, sancito dall'art. 568 c.p.p., mantenuto inalterato nel suo testo anche dopo la riforma introdotta con la l. n. 103/2017, ed al numero chiuso delle nullità deducibili secondo la previsione dell'art. 177 c.p.p. E', dunque, riferibile alle sole situazioni in cui l'ordinamento non appresti altri rimedi idonei per rimuovere il provvedimento giudiziale, che sia frutto di sviamento di potere e fonte di un pregiudizio altrimenti insanabile per le situazioni soggettive delle parti. L'atto abnorme è soggetto al solo ricorso per cassazione, sicché gli atti che di per sé sono normalmente inoppugnabili, diventano ricorribili per cassazione se qualificabili come abnormi, perché del tutto eccentrici ed estranei all'ordinamento oppure perché causa di stasi irreversibile del procedimento (con le precisazioni di cui sopra). Si ritiene che per impugnare l'atto abnorme deve, in ogni caso, ricorrere l'interesse nonchè la legittimazione, in via ordinaria, alla sua reclamabilità (Cass. VI n. 31273/2016). Va inoltre rispettato il termine ad impugnare in riferimento a quanto previsto dall'art. 585 (Cass. S.U. n. 11/1997) con decorrenza dal momento in cui l'interessato abbia avuto conoscenza effettiva dell'atto medesimo (Cass. S.U. n. 34536/2011). In particolare, è abnorme il provvedimento con il quale il giudice per le indagini preliminari, investito di richiesta di archiviazione, ordini la formulazione dell'imputazione nei confronti di persona non indagata oppure in relazione a reati diversi da quelli in ordine ai quali l'archiviazione era stata richiesta, dovendosi egli limitare ad ordinare l'iscrizione della persona o dei reati ulteriori nel registro generale delle notizie di reato (Cass. S.U., n. 4319/2014). È altresì abnorme e come tale impugnabile per cassazione il provvedimento con il quale il giudice, preliminare o dibattimentale, disponga la restituzione degli atti al pubblico ministero rilevando la genericità dell'imputazione senza però averne richiesto la precisazione al medesimo pubblico ministero (Cass. S.U., n. 5307/2008; Cass. I, n. 39234/2014; Cass. VI, n. 3742/2014; Cass. III, n. 42161/2013), oppure rilevando il difetto di notifica del decreto di citazione a giudizio, invece di provvedere alla rinnovazione di essa (Cass. S.U., n. 28807/2002; Cass. I, n. 39575/2014; Cass. I, n. 43563/2013), sebbene tale ultimo orientamento sia controverso sotto il profilo dell'abnormità del provvedimento (Cass. IV, n. 27027/2015; Cass. V, n. 52255/2014; Cass. V, n. 51402/2013). Si è di recente affermato, però, che il giudice del dibattimento in caso di rilevazione della genericità o indeterminatezza del fatto descritto nel capo di imputazione (con declaratoria di nullità) non è tenuto a porre in essere alcuna previa sollecitazione al pubblico ministero affinchè provveda ad integrarlo (a differenza di quanto si ritiene per l'udienza preliminare) e pertanto non può ritenersi abnorme la relativa decisione (Cass. VI n. 23832/2016, in contrasto con il filone interpretativo citato in precedenza, cui invece aderisce Cass. VI n. 7756/2015). Non è invece abnorme il provvedimento con cui il giudice del dibattimento o dell'udienza preliminare, rilevando erroneamente un difetto di notifica o altro vizio formale del procedimento nella fase delle indagini preliminari, dichiari nullo il decreto di citazione diretta a giudizio o la richiesta di rinvio a giudizio e disponga la restituzione degli atti al pubblico ministero (Cass. S.U., n. 25957/2009). Nemmeno è abnorme il provvedimento del giudice per le indagini preliminari di limitazione a sei mesi dell'autorizzazione rilasciata al pubblico ministero per proseguire le indagini contro ignoti (Cass. S.U., n. 13040/2006), né il decreto di confisca e distruzione emesso dal giudice per le indagini preliminari in sede di archiviazione (Cass. IV, n. 46422/2015). Il rigetto della richiesta di emissione del decreto penale, con mera restituzione degli atti (senza emissione di sentenza ex art. 129) è da ritenersi abnorme lì dove sia motivato da generiche ragioni di opportunità, mentre è consentito lì dove derivi dalla rilevazione di profili attinenti alla legittimità del rito o di idoneità e adeguatezza della pena con riferimento al caso concreto (Cass. VI n. 23829/2016). Sempre in tema di decreto penale è da ritenersi ammissibile la domanda di oblazione formulata in sede di opposizione in via subordinata rispetto ad una richiesta di applicazione dell'art. 129 e il G.i.p. non può declinare la propria competenza a provvedere (Cass. I n. 23856/2016). L'ordinanza con la quale il giudice del dibattimento dispone, ai sensi dell'art. 521 comma 2 la restituzione degli atti al pubblico ministero per diversità del fatto non è impugnabile, anche nel caso sia erronea, nè può qualificarsi abnorme, atteso che la restituzione degli atti non configura un provvedimento avulso dal sistema processuale (Cass. V n. 22550/2016). Non è abnorme il decreto con il quale il pubblico ministero revochi un proprio provvedimento di dissequestro non ancora eseguito, purchè ne siano succintamente indicate le ragioni, in quanto, rientrando nella sfera dei poteri dell'organo che lo ha emanato, esso non si colloca al di fuori del sistema ordinamentale vigente (Cass. II n. 28793/2016). Non è stata ritenuta abnorme l'ordinanza con cui il GIP non accolga la richiesta di archiviazione e restituisca gli atti al pubblico ministero perché effettui nuove indagini consistenti nell'interrogatorio dell'indagato, trattandosi di provvedimento non solo non avulso dall'ordinamento processuale ma anzi espressione di poteri riconosciuti al giudice, e ciò anche nel caso in cui l'interrogatorio debba espletarsi con riguardo ad un reato diverso da quello per il quale l'archiviazione sia stata richiesta (Cass. S.U. n.10728/2022). E' stata ritenuta abnorme l'ordinanza di esclusione della parte civile dal giudizio di secondo grado, in ragione della tardività dell'appello da essa proposto, in quanto contrastante con il principio di immanenza della costituzione di parte civile nel processo penale (Cass. III, n.20365/2021). Il proscioglimento dal decreto penale di condannaNel caso in cui il giudice, richiesto dell'emissione di decreto penale di condanna, pronunzi sentenza di proscioglimento, essa può essere impugnata esclusivamente per cassazione (Cass. S.U., n. 43055/2010; Cass. S.U., n. 6203/1993; Cass. IV, n. 11236/2015; Cass. V, n. 14178/2010; Cass. V, n. 4387/2009; Cass. VI, n. 45679/2008). Le spese processualiLa parte civile ha sempre diritto di impugnare per cassazione i capi delle sentenze che la condannino al pagamento delle spese processuali anticipate dallo Stato, perché nessuna norma le attribuisce specificamente altro mezzo d'impugnazione (Cass. S.U., n. 41476/2005). La sospensione del procedimento per messa alla provaIl provvedimento con cui il giudice per le indagini preliminari disattende, stante il parere contrario del pubblico ministero, l'istanza di sospensione del procedimento con messa alla prova formulata nel corso delle indagini preliminari, non è impugnabile neanche per cassazione, nemmeno se assunto senza formalità e senza sentire le parti, dal momento che si tratta di un provvedimento interinale e provvisorio, perché l'istanza può essere riproposta al giudice del dibattimento, che non incide sulla libertà personale (Cass. VI, n. 4171/2016). L'ordinanza di rigetto della richiesta di sospensione del procedimento con messa alla prova, emessa dal giudice del dibattimento, non è immediatamente impugnabile ma è appellabile unitamente alla sentenza di primo grado, ai sensi dell'art. 586, in quanto l'art. 464 quater co.7, nel prevedere il ricorso per cassazione si riferisce unicamente al provvedimento con il giudice - in accoglimento della richiesta dell'imputato, abbia disposto la sospensione del procedimento con messa alla prova (Cass. S.U. n. 33216/2016, con soluzione di conflitto insorto sul tema). I provvedimenti del pubblico ministeroI provvedimenti del pubblico ministero, stante la sua qualità di parte, per quanto pubblica, non sono suscettibili di impugnazione né qualificabili come abnormi in ragione dell'assenza della natura giurisdizionale (Cass. S.U., n. 34526/2001). Sono altresì inoppugnabili i provvedimenti del pubblico ministero che abbiano carattere meramente ordinatorio (Cass. S.U., n. 26/2000) e più in generale i provvedimenti del pubblico ministero in materia di esecuzione penale, sicché il ricorso per cassazione va dichiarato inammissibile e non riqualificato come opposizione (Cass. S.U., n. 27/2000). Va in ogni caso precisato che le doglianze del soggetto destinatario di un provvedimento di esecuzione della pena emesso dal Pubblico Ministero possono essere rivolte al giudice della esecuzione il quale, se richiesto dalla parte interessata, dovrà pronunciarsi, osservando le garanzie giurisdizionali proprie del procedimento previsto dall'art. 666 con ordinanza ricorribile per cassazione (Cass. I n. 3922/1991). Analogamente vi è competenza funzionale del giudice della esecuzione (Cass. I n. 36007/2011) lì dove il condannato formuli doglianze relative alla mancata sospensione dell'ordine di carcerazione emesso dal Pubblico Ministero, nelle ipotesi previste dall'art. 656 comma 5 e comma 10. Sono soggetti a ricorso per cassazione i soli provvedimenti del pubblico ministero che, assumendo un illegittimo contenuto giurisdizionale, si pongono per questo motivo al di fuori dell'ordinamento, divenendo sostanzialmente abnormi, come nel caso in cui il pubblico ministero ordini la demolizione di un manufatto, che il giudice non abbia ordinato (Cass. III, n. 18079/2003). I titolari del diritto all'impugnazioneQuanto alla individuazione dei titolari del diritto alla impugnazione, va evidenziato che occorre sempre distinguere tra il soggetto processuale cui è attribuita la facoltà (titolare del diritto, dunque legittimato) e le concrete modalità di esercizio della facoltà medesima (jus postulandi). Ciò perchè l'attribuzione del diritto di impugnare non comporta che l'atto di impugnazione possa essere sempre redatto dall'interessato (v. sul tema Cass. S.U., n. 8914/2018 quanto alla limitazione introdotta per il ricorso per cassazione ai sensi dell'art.613, nonchè Cass. S.U., 47239/2014 circa la necessità di procura speciale per l'esercizio della facoltà di impugnazione da parte del soggetto terzo, titolare di diritto reale, inciso da un provvedimento di confisca emesso in sede di prevenzione). Va inoltre precisato che con l'emanazione della l. n. 161/2017 (in G.U. n. 258 del 4 novembre 2017) sono da ritenersi titolari del potere di impugnare, anche in sede penale, ai sensi dell'art.31 di detta legge (con disposizione successivamente inserita nel corpo dell'art. 104 bis disp. att., ai sensi dell'art. 6 d.lgs. n. 21/2018) i soggetti terzi titolari di diritti reali o personali di godimento su beni in sequestro - ai sensi dell'art. 12-sexies l. n. 356/1992, disposizione ora riportata all'art. 240 bis cp- di cui sia stata disposta in sentenza la confisca. Ciò in rapporto, da un lato, alla avvenuta assunzione di qualità di parte (di tali soggetti è ora prevista l'obbligatoria citazione in giudizio) dall'altro in virtù della generale previsione di cui all'art. 579 comma 3. La modifica legislativa tende infatti ad equiparare la condizione di tali soggetti terzi (cd. intestatari potenzialmente fittizi) nel procedimento penale rispetto a quella già regolamentata in sede di misure di prevenzione (circa l'effetto della novellazione v. Corte cost. 253/2017). L'impugnazione è proponibile esclusivamente dai soggetti espressamente indicati dalla legge, e da tutte le parti ove la legge non la limiti solo ad alcune di esse. In applicazione di tale principio, il procuratore generale, che esercita funzioni di pubblico ministero presso la corte d'appello e non presso il tribunale, non è titolare del potere di impugnare le ordinanze emesse dal tribunale del riesame o dell'appello cautelare avverso ordinanze cautelari emesse dalla corte di appello, a meno che egli stesso abbia chiesto l'applicazione della misura (Cass. S.U., n. 31011/2009). In base allo stesso principio, nei procedimenti per reati previsti dall'art. 51, comma 3-bis, titolare del potere di impugnare le ordinanze del tribunale del riesame o dell'appello cautelare è esclusivamente il pubblico ministero distrettuale, dal momento che esso è sia l'organo richiedente sia il pubblico ministero presso il tribunale distrettuale, né rileva la delega rilasciata al pubblico ministero circondariale, essendo essa limitata alle funzioni requirenti per il solo dibattimento (Cass. S.U., n. 3/2000). Nel caso di sentenza di proscioglimento per morte del reo che disponga la confisca di beni di quest'ultimo, l'erede dell'imputato, estraneo al giudizio e, quindi, impossibilitato ad esperire qualunque mezzo di impugnazione avverso la decisione, è legittimato ad agire, mediante incidente di esecuzione, per ottenere la restituzione del bene, ma gli sono precluse valutazioni di merito in ordine al reato contestato (Cass. II, n. 11834/2018). La conservazione dei mezzi di impugnazioneQuando l'impugnante abbia manifestato la volontà di proporre l'impugnazione con un mezzo diverso da quello previsto per la fattispecie, il giudice adito non deve dichiarare inammissibile il gravame ma, verificate l'impugnabilità del provvedimento e la sussistenza di reale volontà d'impugnarlo nei modi consentiti, deve riqualificarlo nel mezzo d'impugnazione previsto dalla legge e trasmetterlo al giudice competente per legge a delibarlo (Cass. S.U., n. 45371/2001; Cass. VI, n. 38253/2018). La diversa qualificazione della impugnazione ai sensi dell'art.568 comma 5 presuppone la verifica, da parte del giudice investito, della esistenza in capo al soggetto proponente del potere di introdurre un atto di impugnazione (Cass. I, n. 8084/2020). Sul punto la dottrina ha sottolineato come l'intento della norma in commento sia proprio quello di evitare che, in presenza della manifestata volontà di sottoporre a censura un provvedimento, l'impugnazione sia dichiarata inammissibile esclusivamente per l'errore commesso nella individuazione del mezzo previsto (Bargis, 920). La necessaria verifica di impugnabilità del provvedimento determina che nel caso in cui sia stata proposta impugnazione avverso provvedimenti inoppugnabili, quali quelli del pubblico ministero che abbiano carattere meramente ordinatorio (Cass. S.U., n. 26/2000) e più in generale avverso provvedimenti del pubblico ministero in materia di esecuzione penale, avverso i quali avrebbe dovuto essere proposta opposizione al giudice dell'esecuzione, l'inoppugnabilità dei provvedimenti in parola determina che l'impugnazione va dichiarata inammissibile e non riqualificata come opposizione, fermo restando il diritto dell'interessato di promuovere autonomamente il giudizio di opposizione innanzi al giudice dell'esecuzione (Cass. S.U., n. 27/2000; Cass. I, n. 38628/2010; Cass. I, n. 23287/2001). Diversamente, nel caso in cui risulti che l'impugnante non abbia commesso un errore nell'individuazione del mezzo di gravame ammesso, ma abbia specificamente voluto proporre il mezzo di gravame non previsto, l'impugnazione va dichiarata inammissibile, perché il giudice deve rimediare all'errore commesso dall'impugnante, non già sostituirsi alla sua espressa volontà (Cass. S.U., n. 16/1998; Cass. II, n. 47051/2013; Cass. VI, n. 7182/2011). Una volta eseguita la riqualificazione, tuttavia, il giudice competente cui siano stati trasmessi gli atti deve comunque delibare il rispetto della disciplina che regola il mezzo di gravame correttamente riqualificato, sicché nel caso in cui l'appello proposto da avvocato non iscritto all'albo dei cassazionisti sia riqualificato in ricorso per cassazione, esso è inammissibile per la carenza dell'iscrizione in capo al professionista redattore (Cass. S.U., n. 31297/2004). La riqualificazione, inoltre, è preliminare alla delibazione dell'impugnazione. Nel caso in cui il giudice abbia erroneamente provveduto all'esito del contraddittorio delle parti in una procedura in cui è previsto il provvedimento de plano, senza formalità, soggetto a opposizione innanzi allo stesso giudice, come accade nei casi previsti dall'art. 667, quarto comma, l'impugnazione ammessa è comunque la sola opposizione innanzi allo stesso giudice e non già il ricorso per cassazione (Cass. III, n. 49317/2015; Cass. I, n. 6290/2015; Cass. I, n. 25226/2015; Cass. VI, n. 13445/2014), sicché il ricorso erroneamente proposto per cassazione non va dichiarato inammissibile ma convertito in opposizione e trasmesso al giudice competente per l'opposizione. Sul tema, si è precisato che lì dove la confisca cd. estesa (ex art. 12-sexiesl. n. 356/1992) sia stata disposta in sede esecutiva, la esistenza di una doppia valutazione di merito in virtù della opposizione assicura il rispetto del contraddittorio e rende immune l'ablazione reale da vizi di incostituzionalità (Cass. I, n. 52058/2014); la doppia valutazione di merito in sede esecutiva va assicurata anche nel caso di istanza di revoca della confisca estesa proposta dal terzo rimasto estraneo al giudizio penale di cognizione, con qualificazione in opposizione del proposto ricorso per cassazione (Cass. VI, n. 21741/2018; Cass. I, n. 32418/2016) . Per lo stesso principio, il ricorso per cassazione proposto avverso il decreto penale di condanna va riqualificato in opposizione (Cass. IV, n. 27209/2015; Cass. III, n. 22443/2013), sebbene si registri altro orientamento, di segno contrario, che si fonda sull'assenza di natura impugnatoria dell'opposizione al decreto penale (Cass. IV, n. 45556/2013; Cass. III, n. 12784/2012; Cass. IV, n. 14514/2010; Cass. IV, n. 3599/2010). La richiesta di incidente di esecuzione, tuttavia, non può essere riqualificata come richiesta di rescissione del giudicato, posto che l'incidente di esecuzione non è un mezzo di impugnazione, né ordinario né straordinario (Cass. S. U., n. 15498/2021). In materia cautelare personale il ricorso proposto per vizio di motivazione e non per violazione di legge va qualificato come richiesta di riesame, con conseguente trasmissione degli atti al Tribunale competente (Cass. V, n. 9151/2016). In materia cautelare reale, se sia stato proposto ricorso immediato per cassazione avverso decreto di rigetto della richiesta di sequestro preventivo, esso va riqualificato in appello cautelare (Cass. III, n. 17132/2015). Avverso il decreto di dissequestro e restituzione dei beni già sottoposti a sequestro preventivo è esperibile esclusivamente l'appello al tribunale distrettuale, con esclusione del ricorso per cassazione, sicché ove tale ultimo ricorso sia stato erroneamente proposto, esso va riqualificato in appello cautelare (Cass. VI, n. 2337/2015). CasisticaNon è impugnabile per cassazione perché non ha contenuto decisorio e non è abnorme perché non determina la stasi del processo l'ordinanza che dichiara irrilevante l'eccezione di legittimità costituzionale (Cass. VII, n. 46775/2015). Va però precisato che il ricorso proposto avverso la relativa sentenza può contenere come unico motivo la riproposizione della questione di legittimità costituzionale della norma ritenuta incidente nel giudizio, trattandosi in ogni caso di censura che rientra nel concetto di violazione di legge (Cass. I n. 409/2008; Cass. I n. 8317/2016) . Non è impugnabile il decreto di archiviazione (con qualsiasi formula emesso), da parte della persona sottoposta a indagini, trattandosi di provvedimento che in alcun modo pregiudica gli interessi del destinatario (Cass. III, n. 818/2015). Non è impugnabile l'ordinanza del GIP di rigetto della richiesta di riapertura delle indagini (Cass. IV, n.16270/2022). Non è legittimato a impugnare il sequestro preventivo di beni societari alcun soggetto privo del potere di amministrazione della società, anche se sia il socio unico (Cass. VI, n. 15933/2015). In materia di prevenzione, è inammissibile il ricorso per cassazione avverso il decreto di rigetto dell'istanza di revoca della cauzione, che può essere impugnato esclusivamente insieme con il decreto impositivo della misura, mediante ricorso alla corte d'appello (Cass. VI, n. 39855/2015). In materia di prevenzione trova applicazione il principio generale di conservazione della impugnazione di cui all'art. 568 comma 5. Lì dove sia stato proposto ricorso per cassazione avverso la decisione con cui il Tribunale, in virtù di quanto previsto da Corte cost. n. 291/2013, dichiara eseguibile una misura di prevenzione personale rimasta sospesa per lo stato detentivo del destinatario (decisione appellabile) va operata conversione del ricorso in appello (Cass. I, n. 4001/2014). In materia di prevenzione, è inoppugnabile il decreto con cui la corte d'appello decide circa la richiesta del pubblico ministero appellante di sospensione dell'efficacia esecutiva dell'impugnato decreto di revoca del sequestro (Cass. VI, n. 33235/2015). In materia di prevenzione i provvedimenti adottati dal giudice delegato (in sede di sequestro) non sono autonomamente impugnabili nè avverso gli stessi è ammissibile opposizione, eccezion fatta per quelli che concernono l'assegno alimentare e l'autorizzazione ad abitare nella casa di proprietà (Cass. I , n. 19560/2018). E' stato però osservato che in materia di procedimento di prevenzione reale, non sono impugnabili, in difetto di un'esplicita previsione di legge, gli atti gestori del giudice delegato e del tribunale, salvo che, essendo destinati a divenire definitivi e ad incidere su diritti soggettivi, assumano in concreto natura di sentenza, nel qual caso, avverso gli stessi è ammissibile il ricorso straordinario per cassazione ai sensi dell'art. 111 Cost. (Cass. I, n. 35536/2019). Ancora in tema di prevenzione si è ritenuto non autonomamente impugnabile il provvedimento con cui il Tribunale competente approvi il programma di gestione dell'azienda sequestrata – ovvero ne disponga la messa in liquidazione – ai sensi dell'art.41 d.lgs. n.159 del 2011 (Cass. I n.36343/2022). Con riferimento alla domanda di revoca del sequestro di prevenzione (e ferma restando, come si è detto, la impugnabilità del provvedimento genetico) è stato ribadito (Cass. II n. 4729/2018) che anche a seguito della modifica dell'art.27 d.lgs. n. 159/2011 il provvedimento di rigetto della domanda di revoca è inoppugnabile e pertanto l'unica forma di critica possibile è rappresentata dalla opposizione (con successivo ricorso per cassazione) ai sensi dell'art. 667 comma 4. Vedi però la tesi per cui in tal caso non sarebbe applicabile neanche il rimedio della opposizione, in virtù della assenza di impugnabilità e rivedibilità ( Cass. I n. 17489/2022). In tema di misure di prevenzione patrimoniali, nel caso di confisca dell'intero capitale sociale di una società e di beni formalmente intestati alla stessa, legittimati a costituirsi in giudizio, ai sensi dell'art. 23, comma 2, d.lgs. n. 159/2011, e a proporre impugnazione sono solo le persone fisiche titolari dei diritti nascenti dalle quote sociali e non, invece, la persona giuridica in quanto tale (Cass. I, n. 42238/2017). Il decreto di confisca e distruzione emesso dal giudice per le indagini preliminari in sede di archiviazione non è impugnabile per cassazione ma è soggetto a opposizione innanzi allo stesso giudice (Cass. IV, n. 46422/2015). Il decreto di perquisizione non è impugnabile, ma può essere travolto dagli effetti della decisione dell'impugnazione avverso il sequestro che ne è scaturito, tuttavia il giudice dell'impugnazione del sequestro non può delibare le censure rivolte specificamente al decreto di perquisizione (Cass. S.U. , n. 23/1997). Va però segnalato che con la novellazione apportata dal d.lgs. n.150 del 10.10.2022 è stata introdotta (v. sub art.252 bis) la facoltà di opposizione esperibile nei confronti della perquisizione non seguita da sequestro. Titolari del relativo potere sono la persona sottoposta alle indagini e quella nei cui confronti la perquisizione è stata eseguita. È inammissibile il ricorso per cassazione avverso il decreto di ispezione emesso ai sensi degli artt. 244 e ss., non avendo lo stesso natura decisoria, né incidendo sulla libertà personale, salva l'ipotesi in cui lo stesso sia qualificabile come atto abnorme (Cass. III n. 28770/2018). In tema di ordinamento penitenziario sono impugnabili con ricorso per cassazione i provvedimenti che decidono su istanze di colloquio dei detenuti, potendosi risolvere in un inasprimento del grado di afflittività delle misure cautelari (Cass. VI n. 3729/2015); non sono ritenute impugnabili le decisioni reiettive del ricovero in luogo di cura esterno (art. 11 l. n. 354 del 1975) trattandosi di provvedimenti aventi natura amministrativa e ferma restando la possibilità per il detenuto di chiedere il differimento della pena o la detenzione domiciliare per ragioni di tutela del diritto alla salute (Cass. I, n.32470/2015); sono impugnabili con ricorso per cassazione, da entrambe le parti processuali e in rapporto all'interesse, i provvedimenti con cui il Magistrato di Sorveglianza decide le istanze in tema di modifica delle prescrizioni del detenuto ammesso alla detenzione domiciliare (Cass. I n. 25639/2013). In tema di esercizio della facoltà di impugnazione dei provvedimenti emessi dalla Magistratura di Sorveglianza, in generale, v. amplius sub art. 677-684 Una volta che l'imputato abbia formulato uno specifico motivo di gravame sulla mancata applicazione della continuazione, il giudice dell'impugnazione ha l'obbligo di pronunciarsi sul tema di indagine devolutogli, per l'evidente ragione che al principio devolutivo è coessenziale il potere-dovere del giudice del gravame di esaminare e decidere sulle richieste dell'impugnante: sicché, stante la correlazione tra motivi di impugnazione e ambito della cognizione e della decisione, non è ammissibile che il giudice possa esimersi da tale compito, riservandone la soluzione al giudice dell'esecuzione e possa, così, sovrapporre all'iniziativa rimessa al potere dispositivo della parte la propria valutazione circa l'opportunità di esaminare, o non, l'istanza dell'impugnante. Ne consegue che, qualora il giudice di appello abbia omesso di pronunciare sulla richiesta di continuazione formulata con specifico motivo di impugnazione, sussiste l'interesse dell'imputato al ricorso per cassazione per la mancata pronuncia sul punto (Cass. S.U. , n. 1/2000). La sospensione condizionale della pena non può risolversi in un pregiudizio per l'imputato in termini di compromissione del carattere personalistico e rieducativo della pena; l'interesse all'impugnazione, condizionante l'ammissibilità del ricorso, si configura pertanto tutte le volte in cui il provvedimento di concessione del beneficio sia idoneo a produrre in concreto la lesione della sfera giuridica dell'impugnante e la sua eliminazione consenta il conseguimento di una situazione giuridica più vantaggiosa. Il pregiudizio addotto dall'interessato, tuttavia, in tanto è rilevante in quanto non attenga a valutazioni meramente soggettive di opportunità e di ordine pratico, ma concerna interessi giuridicamente apprezzabili in quanto correlati alla funzione stessa della sospensione condizionale, consistente nella “individualizzazione” della pena e nella sua finalizzazione alla reintegrazione sociale del condannato (Cass. S.U. , n. 6563/1994). E' inammissibile – per carenza di interesse – il ricorso per cassazione proposto dall'imputato avverso la sentenza di secondo grado che abbia ritenuto il fatto diverso da come contestato, con annullamento della decisione di primo grado e trasmissione degli atti al pubblico ministero (Cass. III, n. 14636/2024). Vedi però in senso contrario (nel caso di sentenza di primo grado assolutoria) Cass.II n. 31574/2023. E' inammissibile il ricorso per cassazione avverso il provvedimento con cui il giudice nega al richiedente l'accesso ai programmi di giustizia riparativa ai sensi dell'art. 129-bis c.p.p. non avendo lo stesso natura giurisdizionale (Cass. II, n. 6595/2024). Il ricorso individuale presso la Corte EDU. CenniParticolare natura ha il ricorso individuale presso la Corte EDU previsto dall'art. 34 della CEDU . Tale ricorso, di per sè non assimilabile ad una impugnazione quanto alla denunzia di un danno derivante dalla - prospettata - inosservanza della Convenzione, può essere proposto dalla persona che prospetti la particolare qualità di vittima di una violazione dei diritti, come riconosciuti dalla Convenzione o dai suoi protocolli (rilevano in particolare i contenuti dell'art. 6 e 7 della Convenzione), per l'agire dello Stato italiano, in quanto parte contraente della CEDU . La caratteristica essenziale di tale rimedio sta nell'obbligo - dettato dal successivo art.35 - del previo esaurimento delle vie di ricorso interne (principio di sussidarietà). Dunque la prima condizione di ricevibilità di tali ricorsi è quella di aver effettivamente proposto - a fronte di un provvedimento giudiziario che si ipotizza lesivo - l'intera serie delle impugnazioni ordinarie interne (sempre che le stesse siano adeguate ed effettive) sino alla emissione di una decisione non impugnabile (Corte EDU Civet c. Francia 28 settembre 1999). Il ricorso può essere proposto entro il termine di sei mesi, decorrenti dalla data della decisione interna definitiva. Tale regola procedurale determina l'apparente natura di impugnazione straordinaria, ma in realtà la Corte Edu non agisce come giudice della impugnazione ma come garante dell'osservanza della Convenzione da parte - anche - degli organi giurisdizionali interni. Da ciò deriva che lì dove la Corte EDU - in tale ambito - rilevi l'esistenza di una violazione della Convenzione, nel singolo caso scrutinato, sorge questione in tema di modalità di attuazione di tale particolare decisione, che si rivolge allo Stato italiano, in virtù dell'obbligo di conformazione previsto in via generale dall'art. 46 CEDU. Sul tema, di particolare complessità interpretativa, vi è carenza di disciplina legislativa. Tale lacuna è stata in parte colmata da Corte cost. n. 113 del 2011, decisione additiva con cui è stato introdotto nel sistema delle impugnazioni straordinarie un caso aggiuntivo di revisione (v. sub art. 630) lì dove ciò sia necessario per dare attuazione alla sentenza emessa dalla Corte EDU. In tal caso, l'effetto di una decisione favorevole al ricorrente può essere quello della riapertura del giudizio o della modifica del giudicato interno (v. anche sub art. 673) . Quanto alla possibile riapertura del procedimento che ha dato luogo, in simili casi, al giudicato interno va segnalato che con il d.lgs. n.150/2022 è stato introdotto (v. sub art.628 bis) lo specifico strumento processuale (richiesta per l'eliminazione degli effetti pregiudizievoli delle decisioni adottate in violazione della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali o dei Protocolli Addizionali). Il titolare del potere di introdurre la richiesta è il soggetto destinatario di una decisione emessa dalla Corte Edu che abbia accertato (anche in forza di un riconoscimento unilaterale da parte dello Stato) la violazione di un diritto riconosciuto dalla Convenzione. Si è pertanto realizzata la tipizzazione legislativa dei contenuti additivi introdotti dalla nota decisione numero 113 del 2011 Corte Cost. Il nuovo regime di impugnazione del provvedimento di archiviazione.Il legislatore è intervenuto con il recente intervento di novellazione (l. 23 giugno 2017, n. 103) sullo statuto di impugnabilità del provvedimento di archiviazione, da parte della persona offesa opponente o pretermessa in sede di avviso (v. sub art. 410-bis ) con affidamento del relativo potere di decisione del reclamo al Tribunale in composizione monocratica (che provvede con ordinanza non ulteriormente impugnabile), nonché da parte dell'indagato destinatario di provvedimento di archiviazione per ritenuta assenza di punibilità dovuta a particolare tenuità del fatto, v. sub art. 411 comma 1-bis). BibliografiaBargis, Impugnazioni, in Conso-Grevi-Bargis, Compendio di procedura penale, Padova, 2012; Chiavario, Diritto processuale penale, Torino, 2012; Cordero, Procedura penale, Milano, 2012. |